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Autore: Sacu    07/06/2011    2 recensioni
"Si tratta di una chiave per aprire un Portale per il luogo da cui vengo."
"Se i Drow avessero la chiave non esisterebbero un attimo ad inviare il loro esercito per tentare di conquistarlo."
“Se la tua amica dovesse fallire, presto il nord entrerebbe in guerra."
Ispirato a D&D.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel sottosuolo, tra il Bosco della Luna e le montagne della Spina Dorsale del Mondo, 3km sotto la valle del fiume Surbin, sorgeva Menzoberranzan, la più grande città Drow. Solo un terzo della sua popolazione viveva libera, il resto era relegato allo stato di schiavo e ogni atto di violenza contro di essi veniva incoraggiato.
Imreenice amava quello spettacolo: possenti stalattiti dipartivano dalla volta del soffitto alto 300m fino a fondendosi con le corrispettive stalagmiti. I nobili più potenti vivevano in queste colonne scavate accuratamente dagli schiavi, ma lei non aveva avuto la fortuna di nascere nobile. Libera sì, ma non nobile.
C'erano poche strutture importanti, tutte ben visibili. La più importante in assoluto era la Grande Colonna chiamata anche Narbondel, situata al centro della grotta: questa, illuminata in base alle ore del giorno dall'Arcimago capo di Sorcere, fungeva da orologio per tutta la città e la rendeva vivibile.
Ma era a nord dove tutti sognavano di andare: a Tier Breche. Questa era una zona più alta della grotta dove sorgevano tre strutture: Melee Magthere, a forma di piramide, da dove uscivano i guerrieri; Sorcere, la torre degli incantatori; e Arach Tinilith, l'accademia a forma di ragno dove venivano addestrate le chieriche di Lolth.
La città era in fermento come al solito. Oltre alla popolazione residente c'erano anche i mercanti che riempivano le strade; Menzoberranzan era famosa per le sue leggi permissive in fatto di compravendite ed era una meta ambita da molti. Si era liberi di vendere e comprare praticamente di tutto. Ma se cercavi armi di alta qualità e di valore c'era solo un posto dove andare: da Thorgar il Fabbro. Figlio di un Nano e di una Drow (durante un giorno di festa sua madre si era ubriacata e sottoposta ad una pittura iridata rossa, la quale aumenta l'eccitazione sessuale. Per caso lì vicino c'era un Nano di Mithral Hall, in città per vendere del materiale... be', diciamo che il Nano non si è rifiutato), è il miglior forgiatore di armi e armature di tutto il nord. Alto 1,40m, la sua corporatura era più piccola di quello di un Nano puro; aveva la pelle molto scura, i capelli e la lunga barba neri come l'ebano; i suoi occhi erano piccoli e affusolati e le orecchie a punta come quelli della madre.
Era proprio alla sua bottega che era diretta Imreenice. Se c'era una persona che poteva sapere qualcosa sulla spada portata dall'Elfa, era senz'altro lui.
Il negozio si trovava proprio sotto Tier Breche. Un tempo era più lontano, ma da quando molti degli allievi di Melee Magthere aveva cominciato a servirsi da lui si era spostato lì vicino.
Thorgar non c'era quando Imreenice arrivò, era nel retrobottega che fungeva da fucina e la fece aspettare un po'. Quando entrò nella stanza la squadrò sprezzante, lei non era certo il genere di gente con cui era abituato a trattare! Lui lavorava con guerrieri di nobile famiglia e quando era fortunato anche con le chieriche di Lolth! La sua abilità era famosa e i suoi prezzi molto cari.
“Non penso tu possa permetterti uno dei miei capolavori.”
“Non sono qui per acquistare, Mastro Thorgar.”
Sputò a terra. “Se vuoi vendere qualche cianfrusaglia rivolgiti a quei pezzenti per le strade. Io non compro mai, vendo e basta.”
“Aspettate, lasciatemi parlare. Sono qui per chiedere informazioni...” non riuscì a finire, Thorgar l'aveva preso per un braccio con la sua grossa mano piena di calli e la stava trascinando verso l'esterno. Imperterrita, Imreenice riprese cercando le parole più rapide per destare la sua attenzione: “...riguardo una tua spada nelle mani di un'Elfa!”.
Ci era riuscita. Il fabbro la lasciò andare. Capitava che delle sue armi finissero usate dai non-Drow, ma lui pensava fosse una cattiva pubblicità e faceva il possibile per recuperarle. “Come dici?”
“So di una giovane druida che porta con sé una piccola spada, sottile, mai vista prima. E' sicuramente forgiata da un Drow e porta un'incisione su un lato, non so di preciso quale. Il fodero è in legno scuro, con la parte inferiore e quella superiore rivestite da metallo. La corda che la tiene agganciata alla cintura si attacca ad una fascetta anch'essa di metallo nella zona centrale. Sembra quasi un giocattolo, ma le decorazioni sull'elsa sono ben curate e tipiche di Menzoberranzan. Una simile opera poteva essere solo opera vostra.”
Thorgar impallidì. Non poteva essere! Non dopo tutti quegli anni! Nessuno ne aveva più traccia! E ora così senza preavviso, come un fulmine caduto dal cielo...
“Dici il vero?”
“Ti do la mia parola.”

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Misao aveva tutti i documenti necessari e aveva la legge dalla sua parte! Il sospettato era il fratello di Parnis Umarth: corrispondeva perfettamente alla descrizione e col dettaglio dell'orecchio lo aveva in pugno! Ce n'era già abbastanza per farlo arrestare.
Non solo non doveva più inventarsi una scusa per andare ad interrogare la Sacerdotessa, adesso era costretta per legge a farlo! Come vincere i giochi il giorno di fiera.
Accompagnata da due guardie si recò al Tempio di Tyr. La Sacerdotessa aveva appena finito di pregare e accettò di riceverli; era sempre disposta a collaborare con le guardie cittadine.
La stanza di Parnis era molto ordinata, tranne per un paio di guanti, uno bianco e uno nero, appoggiati distrattamente sul letto. Particolare era l'arazzo che ricopriva la parete più piccola; raffigurava al centro Tyr che impugnava con la mano sinistra una spada lunga, mentre agli angoli erano rappresentati dei guanti neri. La Sacerdotessa indossava la sua solita tunica blu e viola, con una fascia bianca in vita, che richiamava i colori dell'arazzo.
“Buongiorno Lady Misao. E' un piacere vedervi. A cosa devo la visita?”
“Buongiorno Sacerdotessa. Mi dispiace disturbarvi, ma sono qui per svolgere i miei doveri.”
Parnis fece accomodare Misao e le si sedette di fronte. Le guardie invece rimasero in disparte.
“Stiamo cercando vostro fratello e vorrei sapere dov'è in questo momento.”
“Mio fratello? Non capisco...”
“Quello che sto per dirvi è alquanto delicato, ma non vi nasconderò la verità. Abbiamo testimonianze firmate che affermano che vostro fratello ha venduto un pugnale illegale. Le prove sono certe, abbiamo già arrestato i compratori e sequestrato l'arma che avevano con sé; l'abbiamo fatta identificare da Mastro Eldak che l'ha riconosciuta come forgiata da un Drow e incantata illegalmente. Dopo l'interrogatorio, i Mezzorchi hanno confermato l'identità del venditore. Sono veramente desolata di darvi questa notizia, immagino non ne foste a conoscenza.”
Parnis era scossa, ma non così sorpresa come si era aspettata Misao.
“Ho sempre negato l'evidenza a me stessa... Voi non avete fratelli e forse non riuscite a comprendermi, ma io gli sono molto legata, è la mia famiglia. Tutte quelle assenze... Avevo intuito che c'era qualcosa di sbagliato, ma i sentimenti mi hanno resa cieca e non ho capito.
Vi chiedo perdono da parte sua, un tempo era una brava persona, dev'essere stata l'influenza di sua moglie a cambiarlo.”
“Vi capisco molto bene.” disse Misao pensando a Lady Isilrill. “Posso immaginare come vi sentiate, e sono dolente di chiedervi di collaborare...”
“Oh, ma certo Lady Misao, voi dovete fare il vostro lavoro. Prego, chiedetemi tutto ciò che ritenete necessario. Ne so poco, ma sarò felice di condividerlo con voi.”
In effetti, Parnis non sapeva niente dell'attività del fratello. Ma dalle sue informazioni la samurai riuscì a capire che la cognata Imreenice era una combattente Psion nata a Menzoberranzan e quali rapporti ci fossero con Nyatar. Era cominciato tutto anni prima, da una collaborazione che li unì nel salvare una giovane nobile. Quando l'incarico finì, il Mezzodrow sposò Imreenice e mantenne l'amicizia con Nyatar.
Atharal e sua moglie non erano più in città, erano tornati a Menzoberranzan, ma quel tassello del puzzle poteva aspettare: ora voleva dedicarsi al Custode della Grande Quercia.

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Thorgar si era fatto raccontare tutto da Imreenice e ripetere più e più volte. Tutto combaciava!
Si precipitò fuori scordandosi il lavoro e catapultandosi a Sorcere. Doveva subito avvisare Zagal. Gli studenti dell'ultimo anno di Melee Magthere, adibiti alla sorveglianza della Torre, gli impedirono di entrare, ma essendo lui una persona rispettata e trovatolo in stato di confusione, fecero chiamare subito l'Arcimago.
Si incontrarono dietro la Torre, lontano da orecchie indiscrete.
“Spero sia questione di vita o di morte.”
“Oh, mio Signore, altroché se lo è!”

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Si era appena congedata da Parnis Umarth ed era diretta da Nyatar. Passava la mano sull'elsa della spada, lo faceva sempre quando stava per iniziare un confronto. Non vedeva l'ora di avere l'Elfo faccia a faccia. No, non avrebbero usato la violenza, nessuno dei due era così folle da iniziare un combattimento in pieno giorno; non uno che prevedeva le armi per lo meno.
Si fermò con le due guardie al cancelletto della Grande Quercia. Anche se doveva interrogarlo, non le era consentito oltrepassare quella soglia.
Nyatar non la fece attendere.
“Come mai ti fai vedere da queste parti? Non dovresti essere a proteggere la città?”
“Non temete, lo sto facendo. Sono qui per farvi delle domande.”
“Se è ancora per la storia degli animali, ti ho già detto...”
“No, sono qui per un altro motivo. Sappiamo che siete amico del fratello della Somma Sacerdotessa Parnis Umarth.”
“Se anche fosse?”
“E' accusato di aver trafficato armi illegalmente. Voi ne sapete qualcosa?”
“Assolutamente niente. Ora, se non ti spiace avrei da fare!”
“Ancora una cosa. I Mezzorchi che hanno comprato delle armi dal Mezzodrow hanno detto che volevano uccidere un guardiaboschi di nome Danarr. A noi risulta che sia una vostra conoscenza.”
“Danarr? Sì, l'ho visto qualche volta, sai noi druidi collaboriamo spesso con i guardiaboschi, non c'è niente di strano.”
“Vedete, la cosa strana è che Danarr è scomparso da diversi giorni; l'ultima volta è stato visto oltrepassare questo cancelletto. Da allora nessuno ne sa niente.”
Misao non scorse alcun cambiamento nell'Elfo. Era bravo a bluffare.
“Sì, può essere. Era venuto per certe sue questioni personali. Non penserai certo che io sia la causa della sua scomparsa, vero Misao?”
“Sto solo facendo il mio lavoro. Devo far perquisire la zona.”
“Come come? Tu, ragazzina, vieni qui e pretendi di mettere a soqquadro la mia casa? Non se ne parla proprio, l'accesso è vietato ai non-druidi! Gira i tacchi e vattene!”
“E se facessi perquisire dai druidi?”
Eccolo, ora sì che l'aveva spaventato. Ma Nyatar ritrovò subito il suo sangue freddo.
“Certo, vai dal Capo Druido, magari viene lui in persona!”
“Lui no, ma Roger o Reya forse. Loro sono vostri superiori, o sbaglio?”
L'Elfo la fissò dritto negli occhi e Misao ricambiò il suo odio. L'aria si fece elettrica e le guardie, impaurite, fecero un passo indietro.
“Quando si tratta di animali che soffrono non fai niente, ma per cercare un guardiaboschi che sicuramente è ubriaco in qualche taverna smuovi mezzo mondo! Complimenti, ligia al dovere!”
“Io ho le mie procedure da seguire!”
“Be', allora seguile e va' a cercare quel Mezzelfo in un posto più appropriato! Ti assicuro che qui non c'è.”
Nessuno dei due aggiunse altro, le parole non avevano più alcun significato: i loro sguardi parlavano per loro.
Nyatar si voltò per tornare ai suoi affari. Misao si diresse alla Caserma.

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Keid era più nervoso del solito. La vita tranquilla in città non era il suo forte e sentiva il bisogno di ricordare come si usa un'ascia; per il momento si accontentava di prendere un po' d'aria facendo compagnia a Isilrill mentre portava Ziwa nei prati vicini.
Rigel invece aveva trovato un buon modo per ingannare il tempo: aveva incontrato un Sergente Elfo della guardia cittadina e passava tutto il tempo ad allenarsi.
Stavano tutti aspettando che Brendon memorizzasse la mappa. Quarion aveva detto che un paio di giorni al massimo sarebbero bastati, ma la sera del secondo giorno il mago annunciò che doveva fare un discorso.

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Misao scrisse rapidamente i rapporti su Parnis Umarth e Nyatar, dopodiché si recò decisa dal Maestro. Non trovò ostacoli, al suo passaggio le guardie le cedevano il passo: sprigionava come un'aurea invisibile che terrorizzava tutti.
Gli raccontò ogni cosa.
“I druidi non invaderanno il territorio di Nyatar senza il consenso del Capo Druido e lui non lo darà mai. Ufficialmente perché non sono cose che riguardano il Circolo; ufficiosamente perché preferisce essere cauto.”
“Maestro, non penso che capirò mai le questioni politiche.”
“Infatti non spetta a te, i tuoi doveri sono altri.” Fece una pausa. “Adesso è giunto il momento. Devi partire e avvisare Lady Isilrill che i Drow sono sulle sue tracce.”
Non se lo fece ripetere. Era già pomeriggio inoltrato. Indossò la sua armatura, recuperò la wakizashi e il tantō, fece sellare un cavallo e partì riparandosi dal sole con la mano destra.

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Il suo padrone l'aveva inviato a cercare tracce di Isilrill e delle Ninfe presso le quali era stata qualche anno prima. Come cercare un ago in un pagliaio! Ma non aveva scelta, Nyatar era molto severo e non poteva disobbedirgli. Ricompensava bene chi gli era utile ma puniva chi tradiva la sua fiducia.
Aveva cominciato le ricerche da un paio di giorni, si era spinto verso nord, ma ancora niente. Gli altri lupi che aveva incontrato non sapevano nulla e lui non aveva alcuna traccia. Si fermò qualche minuto per bere. Il suo riflesso non era nitido, l'acqua scorreva rapida, ma nel torrente si specchiava un grosso lupo nero, con le zampe molto grosse. Comunque il suo vero vanto erano le zanne, lunghe e robuste che scalfivano anche le pelli più resistenti.
Mentre si dissetava, sentì un rumore. Si avvicinò al sentiero cercando di rimanere nascosto, e cosa vide? Una Mezzelfa dai capelli rossi! Riconobbe il suo odore, era una druida del Circolo, l'aveva vista altre volte. Finalmente una traccia!

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Erano nella loro stanza alla locanda, mentre ascoltavano il mago che parlava.
Brendon aveva avuto due giorni per preparare il discorso: spiegava finalmente ai compagni l'identità di Isilrill, ma usando parole e frasi come messaggio subliminale per farle capire che stava sbagliando tutto e che doveva rimanere in questo mondo. Aveva intuito che Isilrill aveva dei dubbi, soprattutto dopo la reazione di Ziwa di tre giorni prima, e puntava a colpire su quelli. Cominciò col rivelare che il suo nome era Jelia e soddisfatto dal sobbalzo di lei (erano novant'anni che non si sentiva chiamare a quel modo) continuò a infierire parlando di come suo padre l'avesse accolta e quanto avesse sacrificato per lei.
Via via che parlava vide il suo volto farsi sempre più buio, segno che stava avendo successo.
Rigel ascoltava rapito dal racconto come se stesse ascoltando una leggenda seduto intorno al fuoco in una serata tra amici, scordandosi che era in una locanda e che era una storia vera; e Keid finalmente si sentì sollevato sentendosi spiegare come aveva fatto Isilrill a buttarlo a terra quel giorno a Baldur's Gate.
Poi Brendon concluse. “Saremo felici di riaccompagnarti se cambierai idea.”
Guardando quel viso triste Brendon ebbe l'impulso di confortarla, ma se avesse detto qualcosa tutto il discorso che aveva appena fatto non sarebbe servito a niente.
Ziwa sentì le emozioni della padrona e le si avvicinò per leccarle la mano. Rigel provò a dire qualcosa, ma lei lo bloccò. “Devo riflettere.”
Isilrill non disse altro, si alzò e andò al suo letto. Rimase in silenzio, con lo sguardo a terra. Non si accorse di Rigel che rimproverava Brendon di essere stato troppo duro e non fece caso a Ziwa che continuava a leccarle la mano. Era come in trance.

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Nil'Chaka non ricordava da quanto non era così felice! Suo marito aveva parlato personalmente con Thorgar e quella Drow ed era certo che avrebbero finalmente rintracciato quella maledetta creatura. Presto avrebbe riavuto il diadema e non solo! Adesso sapeva anche dov'era il secondo bracciale, quello di Mystril! Avrebbe potuto realizzare il suo sogno!
“Portami il diadema e il bracciale!”
“E la creatura?”
La Sacerdotessa fissò suo marito come se la risposta fosse ovvia.
“Viva! Portamela viva. Voglio divertirmi con lei.”
“Come desideri, mia Signora.”

   
 
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