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Autore: MaryKei_Hishi    07/06/2011    3 recensioni
La cosa più bella dello stare con Yoite non era l'atto di per sé di fare l'amore; era come lui, in quei momenti , passava le sue braccia sulle mie spalle e mi stringeva i capelli attirandomi a sé, desideroso di qualche bacio o attenzione. quelli erano i momenti in cui davanti a me c'era un essere umano dalle mani calde, non una bambola assassina con il nome del mio gatto.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kazuhiko Yukimi, Kazuho Amatatsu, Miharu Rokujou, Yoite
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Avevo un gatto che si chiamava Yoite

Autore: MaryKei-Hishi

Serie: Nabari no Ou

genere: Sentimentale; azione; lime; YAOI; and if?.

Raiting: arancione/rosso

Pairing: Yukimi-Yoite / accenni Yoite-Miharu. (se pur non all'inizio)

 

Note: è la prima volta che compro un quadernino con un gatto decisamente carino in copertina, nonostante abbia delle righe da terza elementare e l'ho fatto per questa storia. -non che abbia mai avuto quaderni con gatti brutti in copertina, ovviamente.

È la prima volta che mi cimento in una fiction su Nabari e spero di riuscire a portarla a termine o quantomeno di arrivare a quel punto in cui i personaggi vanno da sé e la storia continua a scriversi da sola.

P.S.: sto guardando desperate housewife e continuo ad adorare questo telefilm; voglio il cofanetto della seconda serie. Seconda.

 

 

****

 

Prologo:

“Avevo un gatto di nome Yoite.”

 

****

 

Kazuhiko Yukimi, nel pomeriggio, quando non aveva in lista consegne del suo lavoro ordinario, era solito elaborare i dati che i sottoposti di Hattori gli inviavano sul computer e quel pomeriggio non faceva eccezione.

Era da poco tornato al computer dopo una breve visita in cucina e aveva posato la sua birra preferita sulla scrivania, accanto al tappetino del mouse; aveva dovuto però spostare qualche cartaccia accartocciata lasciata distrattamente in disordine là sopra, con quello spostamento, da che i mobili non sono spazi infiniti ne fece cadere altre a terra superando quel limite del non ritorno; sembravano quasi le tessere di un domino cinese.

-forse è ora di riordinare- ammise a se stesso storcendo il naso e lasciò che le parole volassero al vento senza ascoltarsi, sembrava più il rimprovero inudito di una mamma o di una sorella maggiore che la propria considerazione cosciente.

Riprese in mano la lattina e sorseggiò la sua birra beneficiando della freschezza di quella bevanda appena tolta dal frigo, era primavera inoltrata e le giornate ormai stiepidite dal tempo lasciavano ben intendere che l'estate era veramente alle porte.

Sentì il campanello suonare e aggrottò le sopracciglia, proprio non aspettava nessuno in quella bella giornata di primavera.

Andò ad aprire e vide il suo capo dallo spioncino della porta, lo salutò come conveniva e lo lasciò entrare vergognandosi per la prima volta del proprio disordine, notando come quello, dietro le lenti scure dei suoi occhiali si stava guardando intorno.

-buon giorno signore.- gli disse il biondo cercando di attirare la sua attenzione nuovamente sulla propria figura -sono venuto per affidarti una missione- gli confidò l'uomo e quello se ne sorprese -lei? Di persona?- chiese allibito Yukimi, era una cosa di tal importanza da scomodare addirittura Hattori in persona?

Il biondo guardò il suo capo non trovandovi alcuna reazione alla sua domanda tanto avventata quanto priva di garbo e raffinatezza -sono venuto ad affidarti lui.- e lo vide muoversi di poco e spingere in avanti con la mano qualcosa.

Abbassò lo sguardo vedendo un bambino spinto appena dalla sua mano, dallo sguardo basso e silenzioso, un bambino che attendeva solo di essere depositato nella sua nuova casa.

-un ragazzino?- chiese sconvolto -io?- continuò -non riesco a mantenere in vita una pianta come può pensare che possa occuparmi di un moccioso?- e tornò a guardare il ragazzino che pareva non aver reazione, si era limitato a stare lì, in piedi a fissare il vuoto.

-ti conviene mantenerlo in vita, sa usare il kira.- ammise Hattori e a quella rivelazione, Yukimi, si ghiacciò sul posto -il kira?- chiese sgomento -.come può essere? Avrà al massimo otto anni- mormorò subito dopo aggrottando le sopracciglia in un vortice di pensieri e ipotesi.

Prima che l'uomo potesse rispondere alle sue repentine domande una delle sua guardie del corpo di affacciò dal pianerottolo  -signore l'elicottero è arrivato.- gli comunicò guardandolo e vide il suo superiore annuire -buona convivenza- mormorò al biondo prima di lasciarlo solo on il bambino.

 

Yukimi guardò nuovamente il ragazzino e gli girò intorno un paio di volte -e io ora come lo cresco un ragazzino? - si chiese e gli posò una mano sul cappello sfilandoglielo dal capo e i suoi capelli neri brillarono alla luce muovendosi di poco -dammi il cappotto- gli disse il maggiore e vide che quello diligentemente se lo sfilò porgendoglielo.

Mentre l'uomo lo prendeva andandolo poi a posare sull'attaccapanni all'ingresso il bambino si addentrò nella casa raggiungendo ben preso il divano e vi si mise seduto raccogliendo le ginocchia al petto.

Gli approcci di Yukimi verso quello scricciolo furono tre: gli chiese il nome e quello non rispose; gli chiese  se andava tutto bene e  nemmeno quella volta ebbe alcuna risposta e, in fine, gli chiese bruscamente se fosse o meno muto, o sordo, o qualsiasi altra cosa giustificasse il fatto che lo stava ignorando tanto palesemente.

Quel ragazzino gli stava dando già urto al sistema nervoso.

 

Lo prese per il collo della maglietta -sto parlando con te.- gli ringhiò in faccia e quel ragazzino lo guardò con i suoi occhi cerulei, freddi e distanti.

Quello lasciò la presa, vedere un moccioso con quello sguardo gli aveva fatto impressione.

 

Se avessi mai visto gli occhi di un morto, aperti, sarebbero

stati identici ai suoi in quel momento.

 

Lo lasciò solo sul divano intento a non far nulla e se ne andò borbottando in cucina, tornò lì, davanti a lui una  mezz'ora più tardi osservandolo nella medesima posizione nella quale lo aveva lasciato poco tempo addietro  -emh, hai fame?- provò a domandargli sperando in una risposta almeno questa volta e a differenza delle altre volte quel ragazzino si volse a guardarlo, dritto negli occhi e Yukimi ebbe la medesima impressione di poco tempo prima.

-non guardarmi a quel modo ragazzino.- e nonostante quello distolse lo sguardo da suo ebbe l'impressione che non lo avesse fatto perché glielo aveva detto, bensì credette che lo avesse fatto per il suo volere personale, una sorta di disinteressamento nei suoi confronti, nulla di più.

Gemette frustrato scuotendo il capo in segno di niego allontanandosi nuovamente, avere quella presenza in casa che non parlava, non si muoveva e che lo ignorava gli dava un senso di inquietudine, qualcosa di simile alle situazione di silenzioso imbarazzo, come quando incontrava qualche condomine in ascensore e si alimentava quel silenzio ansiogeno fino all'arrivo al piano di uno dei due.

-pensi di potermi ignorare vita natural durante?- chiese ovvio il biondo pestando un piede a terra, quasi fosse lui il bambino tra i due.

 

Si fece ben presto ora di cena e visto che quel moccioso si ostinava a non parlargli, lui semplicemente non gli preparò alcun pasto; mangiò davanti a lui quasi a volerlo sfidare, e, come era intuibile ottenne solo indifferenza.

Gli montò ulteriormente un nervoso beffardo, gli pareva di perdere  delle stupide battaglie mentali, che si era auto imposto, oltretutto.

Mangiò silenziosamente guardandolo e fissandolo, sperando così di infastidirlo magari e si versò da bere parecchie volete.

 

Passarono due giorni nei quali quel ragazzino non disse nulla , non mangiò niente ne si mosse, fin quando, forse sfinito di quella silente ribellione si stese sul divano.

Yukimi lo notò solo quando, passandogli accanto non lo vide tremare.

 

Per la prima volta o vidi per quello che era

un piccolo fagottino d'ossa tremante.

 

-ehi- lo richiamò non potendolo fare con il suo nome e andò a scuoterlo appena muovendolo dalla spalla. -ehi, non credi sia il caso che.- si interruppe quando vide le sue gote arrossate e gli occhi lucidi che lo guardavano -tu hai la febbre.- sentenziò passandogli una mano sulla fronte ma il cucciolo, nonostante tutto scansò la sua mano; Yukimi lo guardò tristemente e prese il cellulare allontanandosi di qualche passo il bambino lo seguì con lo sguardo e vide la sua schiena grande e forte mostrarsi a lui e i suoi capelli corti tenuti indietro dalla fascia e si rese conto che se pur in pochi giorni non lo aveva mai visto privo di quel particolare.

Gli parve una considerazione stupida per uno che lo stava per mandare via, di nuovo, nessuno lo voleva per più di una settimana.

-ehi ciao- gli sentì dire con voce dolce e lo vide voltarsi a guardarlo mentre raccontava al suo interlocutore che un bambino cattivo era piombato nella sua vita -sì, grazie, ti aspetto.- disse per poi richiudere il telefono star-tak per poi riporlo nella tasca;

Yukimi si avvicinò a lui sul divano -mia sorella mi sgriderà per il disordine- gli disse senza un perché e il bambino lo guardò appena -vado a prenderti una coperta- gli disse per poi alzarsi, ma si sentì afferrare per la maglia e vide quel piccolo fagottino tremante guardare altrove un secondo dopo che i loro occhi si era incontrati.

Il maggiore sorriso intenerito -ehi non preoccuparti, torno subito.- ammise mantenendo poi la sua promessa con l'aggiunta di una coperta che l'avrebbe tenuto al caldo, come in un dolce abbraccio.

Quando tornò da lui, in salone lo trovò nuovamente seduto e si mise accanto a lui posandogli la coperta sulle spalle, facendo attenzione ad accostarla bene al suo collo; -appena ti senti meglio andiamo a comprare un pigiama e qualche vestito.- gli confidò con dolcezza e gli accarezzò i capelli.

 

Fui certo di vederlo arrossire in quell'occasione, mentre

abbassava la testa per annuire debolmente,

nonostante le sue guance erano già rosse per via della febbre.

 

Quando Amatatsu, la sorella minore di Kazuhiko arrivò li trovò entrambi sul divano e vide suo fratello fare spallucce, cercando di muoversi il meno possibile e guardo il bambino che lui le indicava -dorme, che dolce- mormorò lei e gli si avvicinò -gli hai misurato la febbre?- chiese al fratello ma quello negò -credo che il termometro sia in bagno, in un qualche cassetto lì- ammise e lei lo guardò inarcando un sopracciglio. -non guardarmi così io non me ne faccio niente di un termometro!- borbottò il biondo e quello lo picchiettò sulla testa intimandogli di fare silenzio o avrebbe svegliato il bambino. -oh a proposito, come si chiama?- domandò ma lui gli rispose che fino a quel momento non aveva detto niente, non aveva fatto alcun che ne aveva, per ovvi motivi, mangiato.

-sembra quasi una bambola.- mormorò rattristandosi senza sapersene spiegare il perché.

 

Ci fu un piccolo momento di silenzio e poi lui scosse il capo -non dire queste stupidaggini-  mormorò -vado a preparargli qualcosa, deve comunque mangiare qualcosa prima di prendere qualsivoglia medicinale.- spiegò tecnica e lasciò suo fratello sul divano intento ad accarezzare i capelli del nuovo arrivato

 

-questo odorino mi sta facendo venire fame- ammise il biondo al ragazzino che nel contempo si era svegliato e pochi istanti più tardi Amatatsu comparve con un vassoio tra le mani con su una ciotola colma di riso ai frutti di mare -che aveva trovato nel freezer del fratello. Andò a sedersi sul tavolinetto di fronte al divano e dovette incastrare le gambe con quelle del fratello per entrarvi -oh ciao- disse al ragazzino e quello si nascose bambinescamente -quale era- vicino a Kazuhiko che scoppiò a ridere -ahahha sorellina incuti timore a chiunque- la prese in giro e lei gonfiò le guance offesa -ma ho detto solo ciao!- si lamentò -e tu non ridere.- intimò al fratello.

 

-prova a mangiare un pò- disse tralasciando il biondo che riteneva un cretino e si rivolse dolcemente al bambino cercando di non intimorirlo più.

Quello sentì che il biondo aveva iniziato ad accarezzargli i capelli; in quel momento percepì uno strano calore al petto e si rese conto di non averlo quasi mai provato quello strano qualcosa e che non gli dispiaceva provarlo.

Prese il cucchiaio odorando quasi fosse un gatto diffidente quel cibo e lo assaggiò stupendosi del gusto nuovo che non aveva mai provato tra le cose che gli erano sempre state date da mangiare.

Afferrò la ciotola e cominciò a mangiare quel riso che tanto premurosamente Amatatsu gli aveva preparato sotto gli occhi sorridenti di Yukimi e sua sorella.

 

A fine serata il bambino crollò addormentato sul divano e il biondo lo portò per la prima volta sul letto, sul suo letto che da quel momento avrebbero diviso; quel suo letto che diventò il loro letto.

Quando Yukimi riuscì dalla camera trovò sua sorella intenta a riordinare un minimo -ehi lascia, faccio io.- si propose Kazuhiko togliendole di mano le lattine vuote di birra che si erano accumulate in quei giorni.

Lei negò sorridendo -ora che non sei più solo sai che non puoi più limitarti a gestire un porcile, vero?- chiese e vide il fratello limitarsi a far spallucce -se proprio devo- mormorò facendo ridacchiare la compagna -stai facendo rivoltare mamma nella tomba- ammise trovando la cosa alquanto spiritosa.

Yukimi sorrise appena spostando lo sguardo dalla sorella al resto della casa e si avvicinò alla finestra guardando fuori la città vivere notturna, -quella befana non voleva proprio morire.- ammise -ti ricordi?- gli chiese sorridendo al suo riflesso e la vide avvicinarsi -ci sono volute tutte le nostre forze- mormorò lei e gli prese il braccio tra le mani -ora continuiamo a riordinare, non farmi credere che le tue sono veramente promesse da marinaio, su!- lo incitò prendendo il vassoio con la ciotola e le bacchette per poi portarlo in cucina e Kazuhiko la osservò allontanarsi;

la seguì e la vide intenta a gettare i rimasugli di riso nel pattume prima di depositarla nel lavabo assieme alle bacchette.

Kazuhiko andò in frigo prendendo un paio di birre e ne porse una alla sorella -rilassati e facciamo una pausa- propose e vedendo che lei afferrava la birra intuì che era d'accordo.-sembriamo una famiglia, vero?- le chiese e la fece sorridere. -tralasciando che avremmo commesso incesto, io dovrei essere anche una puttana adultera?- gli chiese tirando la linguetta della lattina sorseggiando subito dopo la bevanda fresca.

Amatatsu ammiccò alla camera da letto dove il ragazzino riposava in predo all'effetto dei medicinali che gli aveva somministrato. -da dove sono usciti fuori capelli e occhi neri come la notte?- chiese e il fratello rise -tu sei matto- mormorò e fece tintinnare le loro lattine -me ne ero scordata prima- ammise facendogli bambinescamente la linguaccia e per un momento sembrarono essere tornati ai loro anni di adolescenza, dove tutto era un gioco.

 -la mamma è morta inutilmente.- ammise lui -che riposi comunque in pace.- rispose lei freddamente, quell'attimo di ricordo era evaporato facendoli tornare al presente delle loro azioni. -l'abbiamo ammazzata inutilmente- rimboccò lui comprendendo che la sorella voleva uscire al più presto da quel discorso e calcò appositamente quel termine per rendere meglio quel che provava,  avrebbe potuto pronunciare sinonimi più signorili ma lui era solito non definirsi tale, i convenevoli non avevano mai fatto per lui, sembrava un essere nato dalla terra stessa.

Amatatsu sospirò e posò la propria bevanda sul ripiano accanto a loro e prese quella che il biondo non aveva ancora assaggiato posandola lì accanto alla propria, gli prese le mani e si avvicinò a lui inumidendosi le labbra prima di parlargli, quasi a voler temporeggiare per cercare le parole, lui la fissò, fissò le sue labbra carnose e lucide di saliva e non pensò ad altro se non a guardarla, bella come era sempre stata da che lui avesse ricordi.

Vide le sue labbra curvarsi in un timido sorriso e percepì le sue mani raggiungere il suo viso accarezzandogli le guance -Kazuhiko- disse e udire il suo nome completo detto con quella dolcezza bastò a cancellare qualsivoglia inquietudine. -eravamo ragazzini fortemente convinti che sarebbe stato per sempre.- disse cercando di tranquillizzarlo -è stato un bellissimo gesto d'amore- gli confidò andando a baciargli una guancia e lui la trattenne tra le braccia accarezzandogli piano la schiena.

Qualche istante più tardi dopo essersi distanziata da lui spingendolo dai pettorali gli sorrise -domani devi assolutamente pulire questo porcile.- gli disse e quello ridacchiò -come desidera signora- rispose scherzando -e domani passerò a controllare- ammise lei ovvia.

 

I giorni che seguirono servirono al bambino per ristabilirsi, ancora non aveva proferito parola ancora non aveva detto come si chiamava ma almeno mangiava e seguiva con gli occhi quei due che animavano tutta la giornata, da mattina a sera; pareva ascoltarli se pur senza rispondere ai loro tentativi di intentare un dialogo con lui.

Pareva quasi più paffuto quel ragazzino da quando era arrivato in casa Yukimi.

Finalmente il padrone di casa aveva iniziato seriamente a far ordine lì dentro e quella incominciava ad avere nuovamente le parvenze di un'abitazione.

 

*

 

erano appena le dieci meno venti e sua sorella se ne era appena andata, avevano riordinato e Amatatsu aveva lavato i piatti come una brava donna di casa; in quel momento Kazuhiko se ne stava vicino alla finestra seduto su una sedia che si era trascinato dietro per star comodo mentre si concedeva lo stravizio di una sigaretta dopo cena e si era messo lì, con la finestra completamente aperta per non infastidire troppo il bambino.

Fece un paio di tirate guardando il cielo scuro della notte, si voltò poi a guardare quel bambino e fu sicuro che quello deviò lo sguardo nell'attimo precedente, vedendolo immerso nell'imbarazzo dell'esser colto in fallo stando osservandolo a sua volta in quel frangente.

Sul viso del maggiore si dipinse un sorriso divertito -pensi che ora potremmo parlare?- gli chiese -se non vuoi dirmi come ti chiami dovrò trovarti un nome io stesso- ammise e notò di aver attirato la sua attenzione  -mh vediamo- propose dei nomi ma nessuno sembrava adatto a quel ragazzino, ne lui dava cenni di apprezzamento verso l'uno o l'altro.

-Yoite.- mormorò poi e il ragazzo mentre il biondo continuava a proporre altre ipotesi mormorò quello “Yoite”;

quando lo aveva pronunciato c'era qualcosa nella sua voce, un ricordo probabilmente.

All'alba del suo nuovo nome Yukimi fu sorpreso della sua scelta, contornata da un vocino inaspettato.

-Yoite. Mormorò lui e annuì -avevo un gatto che si chiamava Yoite.- ammise.

 

In quel momento non aveva solo un gatto che si chiamava Yoite, aveva un bambino che aveva scelto di chiamarsi a quel modo; avere il suo Yoite da crescere da quel momento in avanti.

 

 

 

 

 

***** grazie a tutti di aver letto, e se ci sono lettori di vincent tra voi, prometto che aggiornerò presto, sto lavorando al capitolo <3 scusate per il mio decesso improvviso, sono tornata in vita ultimamente e non vi abbandono <3
Marykei-Hishi
   
 
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