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Autore: Dragana    09/06/2011    11 recensioni
Presente Leah?
Sì, quella che, una volta chiuso Breaking Dawn, tutti si sono chiesti "Ma... e Leah?".
Ecco, poniamo che dopo quattro libri di sfighe ininterrotte finalmente cominci ad andarle tutto bene. Regaliamole un lieto fine. Se solo smettesse di polemizzare su ogni cosa...
Storia in cui non succede nulla, a parte un lungo lieto fine.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Quileute, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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CAPITOLO 1
Di quando accadde l’irreparabile e delle seghe mentali che ne conseguirono

Comunque si ritorna al punto da cui ero partita, e cioè che le cose nel complesso andavano decisamente meglio. Senza elementi di distrazione (leggasi Sam&Emily, che cercavo ovviamente di evitare il più possibile) mi stavo lentamente ricostruendo: ero come un’automobile di Lego, talmente abituata ad essere sempre e solo un’automobile da disperarmi quando mi avevano smontata, senza rendermi conto che potevo essere anche un aeroplano o un motoscafo. Ok, ok, questa mi era venuta in mente guardando Jake e Nessie che ci giocavano, ma non è questo il punto. Il punto è che mi sentivo più serena, quindi più simpatica, quindi più bella. Evviva. Avevo perfino ripreso a studiare, perché accarezzavo l’idea di entrare al college e fare una vita normale, in cui le parole “lupi mannari e vampiri” fossero sempre e solo precedute dalla proposizione “andiamo a vedere un film di”.
Poi, un giorno, accadde l’impossibile.
Mammà era stata tamponata in auto da un cretino che non voleva riconoscerle la ragione; per fortuna lei non si era fatta male, a parte un piccolo colpo di frusta (-Così adesso in famiglia abbiamo tutti bisogno del collare-, aveva commentato… Quella donna è preoccupante, più invecchia e più peggiora). Io e Seth saremmo volentieri andati a spaccare la faccia al tizio, o quantomeno la macchina, ma lo sceriffo Swan ci fece presente che non era il caso e che in cambio ci avrebbe pensato lui a procurare a mammà un buon avvocato.
Il Giorno Fatidico tornavo da una corsa nel bosco in forma di lupo (ogni tanto tendo a rimarcare il fatto che sono la Più Veloce, e zitti… l’orgoglio, gran brutta cosa!) e perciò al mio rientro avevo le foglie nei capelli, la maglietta vecchia che implorava disperata di essere rammendata o uccisa, e i pantaloncini stracciati a giro chiappa che usavo portarmi dietro quando intendevo trasformarmi. Madre mi urlò contro di andarmi subito a cambiare, che Charlie era stato così carino da pregare l’avvocato di passare lui a casa nostra, e non potevo mica presentarmi in quello stato, che figura facevamo con l’avvocato Custer. No, capito?
L’avvocato Custer. In una riserva indiana.
Se Madre aveva una qualche autorevolezza, in quel momento crollò come un castello di carte. Io ho cominciato a ridere come una matta, per poi prendere una lattina di birra dal frigo (mammà le comprava per Charlie Swan? E allora adesso che imparasse!) e una bella coscia tutta unta del pollo che stava in forno, perché i lupi sono affamati per antonomasia. Nonostante gli strilli della mia augusta genitrice mi scaraventai sul divano, continuando a ridere come una matta.
–Ma dai! L’avvocato Custer?- stavo ancora latrando tra un morso di pollo e un sorso di birra, quando il suddetto bussò alla porta e Madre andò ad aprire, incenerendomi con lo sguardo denominato “Dopo Facciamo I Conti”.
Ora.
Questo è ciò che chiunque avrebbe visto e, attenzione, solo se Chiunque fosse stato un bravo osservatore: un bianco sulla quarantina, vestito in maniera formale, piuttosto magro, capelli biondicci, pacato ma dallo sguardo vivace.
Quello che invece vidi io furono le scintille d’intelligenza dentro gli occhi chiari, la piega divertita ed ironica del sorriso, gli atteggiamenti calmi di chi fa il primo della classe per poter combinare danni senza che nessuno sospetti di lui… Vidi la fronte distesa di chi non si fa problemi inutili, le mani lunghe e precise di chi sa accarezzare con cura, la pelle leggermente colorita di chi sa godersi una giornata di sole.
Mi guardò, e fu proprio come avevano detto gli altri: tutti i poli magnetici si spostarono di colpo, riconfigurandosi in base a Lui.
Peccato che scelsero di farlo proprio mentre io stavo inghiottendo un pezzo di pollo, che naturalmente mi andò di traverso rischiando di uccidermi nel sacro momento della mia Epifania. Il Generale Custer chiese se andava tutto bene, io mi ripresi in fretta e Lui si presentò a mia madre e poi a me, tendendomi la mano. Feci per tendergliela a mia volta ma, ricordando che ci avevo tenuto il pollo bisunto fino a qualche istante prima, presa dalla confusione del momento non trovai nulla di meglio da fare che ripulirmela con infinita classe nei calzoni (che, ricordo, erano veramente cortissimi quindi di fatto mi sfregai la mano sulla chiappa destra) per poi porgergliela, sotto lo sguardo terrificante di Madre. In suo onore c’è da dire che Lui non fece una piega e me la strinse lo stesso con quella che io definivo La Stretta Perfetta, forte e ferma.
Porca merda. Avevo avuto il mio fottuto imprinting ed ero sporca, spettinata, sdrucita e mangiavo pollo con le mani e birra in lattina. Viso Pallido Custer, noi prendere tuo scalpo. Augh.

La sfuriata di Madre scivolò su di me come brezza primaverile. Mandai a fare in culo mio fratello quando mi prese in giro, lui mi diede un pugno da lupo e io non mi sforzai neppure di evitarlo, così venni scaraventata con forza sul tavolinetto basso del salotto, che si ruppe. Seconda sfuriata di Madre comprendente anche Seth, questa volta. Lui, preoccupato, mi chiese che diamine mi era successo; dato che rispondevo a ringhi e non gli dicevo nulla, mi propose “una corsetta nel bosco così, per sfogarmi”. Gli feci presente che ancora non mi ero completamente rincoglionita e avevo capito benissimo dove voleva andare a parare. E no, non mi avrebbe fatto bene parlarne con i miei fratelli lupi, grazie.
Il giorno seguente non uscii di casa. Per fortuna Seth era troppo piccolo per sgamare la situazione e troppo abituato ai miei malumori improvvisi per vedere in questo qualcosa di diverso dal solito; in quanto agli altri, Essi erano talmente presi dai loro Eterni Amori da non notare affatto la mia breve assenza.
Il fatto era che, certo a causa della mia non felice esperienza con Sam, dopo una prima e disperata fase in cui speravo di innamorarmi di qualunque cosa mi passasse davanti pur di non pensare a lui, avevo cominciato a detestare il concetto stesso di imprinting. Ci avevo pensato su, ed ero giunta alla conclusione che fosse una orrenda, squallida, schifosa scorciatoia della natura per accoppiarci col partner migliore, manco fossimo stalloni da monta. Insomma, l’amore è sicuramente una questione di attrazione, ma è anche e soprattutto conoscenza, stima, rispetto, affinità. Ed io cosa sapevo di questo avvocato Custer? A malapena il nome di battesimo (Abraham). Non sapevo neanche quanti anni aveva (pareva essere sulla quarantina, probabilmente qualcosa in meno), se era sposato (ma la fede non la portava), come fosse di carattere (pacato, con uno strano fuoco all’interno). Mi avrebbe attratta, se io non fossi mai stata un lupo? Magari era un noioso avvocato sbruffone e pieno di sé, ed io non sarei mai riuscita a capirlo, ottenebrata dall’imprinting. Inoltre, diciamocelo, avevo paura che fosse già impegnato sentimentalmente, e non avendo io un nome che inizia per “Emily” e finisce per “Young” non avrei mai voluto mettermi in mezzo. E se non fosse stato impegnato peggio ancora: come dice il Saggio, se uno alla sua età è single deve per forza avere qualcosa che non va.
Insomma…com’è possibile vedere uno sconosciuto e innamorarsene? Scorciatoia, diceva Sam. Ma io ero infine giunta alla decisione che volevo farmi la strada lunga, cazzo, ed innamorarmi con calma, per conto mio, per poter prendere con gioia questo mio imprinting. Volevo essere certa che il mio amore fosse reale e non viziato da strane reazioni soprannaturali. Volevo… non so cosa volessi. Non avere l’imprinting, ecco. Volevo il vaccino.
E tuttavia non riuscivo a smettere di pensare a un modo per rivederlo di nuovo. Una volta sola. Giusto per far contenta mammà, che l’avvocato non pensasse che aveva tirato su una selvaggia maleducata. Volevo vedere gli angoli della sua bocca alzarsi per formare quel sorrisetto ironico. Volevo sentire il tono basso e misurato della sua voce. Volevo le scintille dietro i suoi occhi.
Il giorno successivo, dopo aver cogitato tutta la notte ed essermi addormentata tardissimo alzandomi di conseguenza, ero giunta alla conclusione che non l’avrei cercato in nessun modo; se davvero il Destino Porco Bastardo aveva in serbo qualcosa per noi due che la smettesse una buona volta di accanirsi e provocasse quegli incontri fortuiti e casuali che si vedono in ogni cazzo di commedia romantica, e magari mi sarei rassegnata. Forse. Fino a quel momento non avrei fatto assolutamente nulla per interagire con Lui. O mi cercava (alquanto improbabile) o lo avrei incontrato per caso, e niente e nessuno al mondo avrebbero potuto smuovere questa mia presa di posizione. Sarei stata più forte dell’imprinting, io. Mica come Sam.
Forte e fiera di questa mia decisione immobilista degna di un’eroina di Jane Austin scesi baldanzosa per colazione, e fu così che mammà mi disse che l’aveva chiamata l’avvocato, aveva bisogno di altri documenti e quindi nel pomeriggio sarebbe passata a portarglieli.
-Li porto io mamma, non preoccuparti!- mi udii dire. Non col cervello, giuro. L’ordine partì direttamente dal midollo spinale. Merda. Per fortuna lei mi guardò disgustata, un po’come si guardano gli scarabei stercorari, per capirci, e ribattè stizzosa: -Non ci pensare neppure, dopo la figuraccia che mi hai fatto fare ieri, signorina!-
Olè, salvata in corner. Meno male. Fu lì, dunque, che non capii proprio perché, perché, perché maledizione, continuai ad insistere.
-Dai ma’, tu hai ancora il collare, stai tranquilla a casa! Così almeno vede che non hai cresciuto una debosciata, insomma, mi comporterò benissimo stavolta!-
Lei sbuffò, ma parve convinta che davvero mi dispiacesse per ieri e volessi rimediare. Mi allungò uno schiaffetto sulla testa.
-A te ti ci vorrebbe il collare, per quando decidi di andare a fare quelle sciocchezze da lupo nei momenti inopportuni! Dai, non preoccuparti per me, pensa a studiare, che dall’avvocato ci mando tuo fratello.-
Ottimo. Altra possibilità di fuga. Annuisci Leah. Dì che va bene. Diglielo adesso.
-Ma figurati se Seth ha voglia di fare le commissioni! Poi casomai dovrà studiare lui, gli daranno pure dei compiti a casa, a me non cambia nulla star via un paio d’ore, no?-
Con mio sommo orrore, stavolta Madre annuì. –Sì, in effetti hai ragione. Grazie Leah. Però, mi raccomando, comportati bene!- mi disse, accigliandosi.








NOTE:Oggi, vagolando su facciabbuco, ho trovato la frase perfetta per Leah: “le mie non sono seghe mentali. Sono scopate in grande stile”.Vero che ci sta? Eh?
Sciocchezze a parte, bella gente, GRAZIE.
Grazie per i vostri commenti e per le vostre risate, grazie per aver letto ed essere passati.
Grazie mille mila!

   
 
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