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Autore: Nhora    09/06/2011    6 recensioni
Avevo imparato a scrivere piccoli pezzi di canzoni ultimante, sfruttavo la rabbia e l'incapacità di esprimermi per aprirmi attraverso delle piccole parole.
I piccoli tentativi non furono un granché, anzi, quasi patetici risultavano.
C'era poco scavo, poca finezza.
Era tutto troppo gridato. Ma più avanti, iniziarono a nascere pezzi buoni, o almeno così mi sembrava.
Tutto questo portò solo benefici.
Iniziai a scoprire dettagli su di me, sulle vera me.
Andando incontro al cambiamento radicale.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rewind

 

 

 

 

You can’t touch me now
There’s no feeling left
If you think I’m coming back
Don’t hold your breath
What you did to me
Boy I can’t forget
If you think I’m coming back
Don’t hold your breath
Don’t hold your breath

Non puoi toccarmi adesso
Non c’è rimasta nessuna emozione
Se pensi che sto tornando indietro
Non trattenere il respiro
Quello che mi hai fatto
Ragazzo, non posso dimenticarlo
Se pensi che sto tornando indietro
Non trattenere il respiro
Non trattenere il respiro

Don’t hold your breath- N.S










-Allora hai sentito la bellissima notizia?- Mi chiese Kelly.

Sbattei le palpebre. -Vale a dire?-.

Rise, cristallina.

-Bieber-. A quel nome mi si drizzarono i capelli.

-Ah, sì-. Dissi con distacco.

- Ormai lo sanno tutti in sta cazzo di città che tornerà per un po' a farci visita-. Questa volta intervenne Shona.

Scossi le spalle con noncuranza, chiudendo la rivista patinata che avevo fra le mani.

Infondo a me cosa poteva importare?

Ero cresciuta, ero diventata più matura, no?

No.

Che stupidaggini.

Volevo che soffrisse come avevo fatto io per colpa sua.
Ma come?

 

-Alex, guarda come si è ridotta la Gomez-. La bionda mi indicò con un lungo dito curato la foto di una ragazza, Selena.

Effettivamente da quando si era lasciata con Justin si era trascurata molto esteticamente.

Non chiedetemi il motivo della loro separazione. Non sono un'indovina e non credo che loro siano così idioti da spiattellare ai quattro venti i loro problemi.

Anche se da Bieber me lo potrei pure aspettare.

-Già, sembra molto stanca...-. Risposi osservando lo scoop.

- Chissà se si amavano davvero...-. Aggiunse Shona.

Osservai quest'ultima.

Ne era passato di tempo da quando alle medie assomigliava a una pulce.

Ora si era alzata e non di poco.

I suoi capelli erano di un nero splendente e gli occhi, non più coperti da un paio orrendo di occhiali, erano di un castano dorato.

Era davvero un bella ragazza. Non una delle solite bellezze, una di quelle particolari; quasi misteriose. Aveva fascino, e con il tempo aveva imparato ad usarlo.

Kelly invece era sempre la stessa, negli utlimi tre anni non era cambiata molto.

Soliti capelli biondi, ora un po' più chiari per via dei colpi di sole, occhi azzurri e un fisico altletico.

Poi, beh.

Rimanevo io.

Alex Baker.

E si.
Avevo subito anche io un cambiamento.
Avevo capito che se volevo che la situazione finisse e che la gente la smettesse di additarmi come qualcuno che non ero, era ora di affrontare le cose di petto, mettendomi in gioco.

Insomma dovevo farmi valere, far capire chi ero veramente.

No, che stronzata enorme.

Ci avete creduto, però, verò?

Solo nei film accadono queste cose, la vita è tutt'altro che una messa in scena dove dietro alle difficoltà c'è sempre il ciel sereno.

Solo chi ha culo può riuscire a essere felice, almeno per un secondo.

Comunque, ero cambiata si, ma l'avevo fatto involontariamente.

Nel periodo buio - l'ultimo anno delle medie - il mio stomaco si era chiuso. Non riuscivo a mangiare, dormire o sorridere.

E fu per questo che dimagrii drasticamente.

Iniziate le superiori mi chiusi in me stessa, la gente per i corridoi mi evitava, mangiavo chiusa in un bagno per superare la vergogna del sedermi da sola in mensa; Alex Baker in quella scuola non esisteva.

Kelly e Shona avevano smesso di frequentarmi, dicevano che non mi riconoscevano più e altre stupidaggini del genere.

Ero invisibile agli occhi di tutti. Ma non mi lamentavo, c'era di peggio, almeno credevo. Ero alquanto stupida e mi accontentavo di poco all'epoca, cercate di capire.

Ma tutto iniziò a cambiare l'estate della seconda superiore, quando andai in vacanza con i miei in California.

Mamma si era presa una pausa dal lavoro, le avevano concesso un mese, nulla di più.

Affittammo una casa, non era male.

Mi piaceva il fatto che fosse piena di vetrate, era come abitare dentro una casa di cristallo, mi divertiva quell'idea.

Durante quell'estate conobbi un ragazzo; Zack Davis.
Era così...carino.

Solita bellezza californiana, capelli di un biondo sbiadito, occhi azzurri, fisico palestrato e abbronzatura dorata.

Non gli importava se avevo i capelli crespi, o, che so...la pelle troppo lucida.

Ero basita quando iniziò a mostrare interesse per me, insomma, io ero così sciatta.

Era incuriosito dal modo in cui affrontavo la vita, a detta sua.

Mi definiva come una quarantenne dentro il corpo di una sedicenne.

Quando me lo disse fui presa in contro piede, era un complimento o una critica?

Mi spiegò che ne dovevo essere fiera, ma anche che mi dovevo lasciare andare.

Ed infatti seguii il suo consiglio, iniziai a lasciarmi andare.

Fu lui il primo a cui diedi il mio primo bacio.

Erano passate tre settimane dal giorno in cui lo conobbi quando lo feci.

Ero appena tornata a casa dal mare con Caroline, una ragazza che avevo conosciuto in spiaggia due giorni dopo essermi trasferita.

Era matta da legare, ma anche la mia salvezza.

Approfondirò questo più avanti, se vi interessa.

Tornando a Zack, lo chiamai al telefono da casa mia con il numero privato, dicendogli di fare un salto da me.

Lui stava giocando con un pallone - non ricordo di preciso se basket, pallavolo o basket - fatto sta che non poteva venire subito.

Così lo aspettammo.

Caro ed io ci sedemmo vicino alla vetrata del salone per chiacchierare ore e ore, finchè lui insieme ad uno dei suoi migliori amici - Chaz -.non spuntarono insieme in cima alla strada.

Proprio di fronte alla mia casa, due strade si incontravano formando una specie di T rovesciata, e lui camminava in mezzo alla via dritto verso di noi. Era salito sul marciapiede e aveva fatto un passo di fronte casa. Papà aveva fatto andare il sistema d'irrigazione per tutta la mattina, perciò l'erba era bagnata e il piede gli scivolò in avanti, facendogli fare una spaccata. Chaz aveva gli occhi puntati dritti sulla finestra, nel tentativo di radiografare la nuova amica di Caroline -ovvero la sottoscritta- ed inciampò sopra di lui, finendo anche lui lungo disteso sul marciapiede.

Zack lo spinse via per poi rialzarsi. E Chaz si issò su anche lui, mentre lo guardò senza sapere che pesci pigliare. E alla fine cosa fecero ?Se la diedero a gambe mentre io e Caro ridavamo a crepapelle alla finestra.

Poi arrivò il giorno in cui Caroline gli diede il mio numero di cellulare. Comunque, mi chiamò un venerdì sera quando ero appena uscita da una fresca e rilassante doccia. Mamma era in camera con me, mi stava chiedendo se le potevo prestare un paio di sandali. Risposi sotto il suo sguardo indagatore, era raro che qualcuno mi chiamasse.

-Ehi Caro!- Dissi con un sorriso tirato, sperando che lui mi reggesse il gioco.

-Ah, mamma nei paraggi-. Rise. - Beh, Alex, mi chiedevo se ti andrebbe di andare a fare un giro con me, Caroline Foley, tra poco-.

Mamma mi guardò con insistenza.

- Mh, Caro, non so se mi lascia mamma, aspetta un secondo -. Subito la guardai supplicandola con lo sguardo. Scosse la testa rassegnata, annuendo per poi uscire dalla stanza.

Avevo vinto.

-Certo!- Ho subito mandato a quel paese i consigli di June, mia cugina, sul farsi desiderare.

-Bene, allora ci vediamo tra quindici minuti al parco dove c'è l'astronave? -.

-Perchè no-. Sorrisi entusiasta. Ero felice, davvero.

-Bene, allora a dopo -.

-Ciao-.

-Ciao-. Chiusi la telefonata.

Non sapevo cosa aspettarmi, ma ero consapevole di ciò che volevo.

Volevo solo un bacio. Ero una ragazza di sedici anni che non era mai stata baciata. Mai. Ma mi piaceva un ragazzo, ed io piacevo a lui, cosa davvero strana. Quindi non avevo alcuna intenzione di farmi scappare un occasione del genere.

Mi infilai un vestito di tutta fretta e corsi fuori di casa.

Arrivai prima di lui, e così salii sull'astronave, tanto per passare il tempo.

Aveva un pomello rosso puntato diritto verso il cielo. Sbarre metalliche che univano il pomello a una serie di pinne verdi. Queste servivano a sollevare l'astronave da terra, facendola sembrare sospesa nel cielo. Fra il pomello e le pinne c'erano tre piattaforme, collegate da tre scalette. Su quella superiore c'era un finto volante. Su quella centrale, uno scivolo che portava fino a terra.

Solitamente ci andavo spesso in quel parco, quasi tutte le sere dopo aver cenato, salivo sopra l'astronave e mi sdraiavo con la testa appoggiata al volante. La brezza notturna che soffiava tra le sbarre era rassicurante. Mi bastava chiudere gli occhi e pensare a casa mia.

Comunque, mi trovavo sopra di essa quando lo vidi.

Era appena entrato nel parco.

Controllava l'orologio ogni due passi e si diresse verso lo scivolo, guardando sempre in giro ma mai in alto.

Ruotai il volante il più velocemente possibile così da farlo cigolare. Lui indietreggiò, alzò la testa e mi chiamò.

- Scendo subito-. Gli dissi.

Ma lui mi rispose di non muovermi. Voleva salire su anche lui.

Così gli gridai: -No! Fammi prendere lo scivolo-.

E a quel punto, come mi ero immaginata io, pronunciò quelle magiche parole: -Ti prendo io!-.

Non potevo fare a meno di sorridere mentre scendevo lungo la scaletta superiore. Mi sedetti in cima allo scivolo; il cuore mi batteva all'impazzata.

"Ci siamo", mi ripetevo.

Il mio primo bacio attendeva in fondo allo scivolo, proprio come lo avevo sempre sognato io.

Non dovevo far altro che darmi la spinta. Cosa che feci.

Sapevo che non era andata davvero così, ma ripensandoci, vidi tutto al rallentatore.

La spinta. La discesa. I capelli che mi svolazzavano dietro le spalle. Lui che spalancava le braccia per prendermi. Io che le alzavo per facilitargli le cose.

Il mio primo pensiero quando le labbra si giunsero fu: mi sa che qualcuno ha mangiato chili-hot dog.

Imbarazzante, ma fu la prima cosa che mi passò in testa.

Ero così ansiosa di scoprire che tipo di bacio sarebbe stato - perchè Caroline me ne aveva descritti così tanti - e alla fine si rivelò quello il bello.

Non mi infilò la lingua in gola. Non si aggrappò tantomeno al mio sedere. Unimmo semplicemente le nostre labbra... e per poi baciarci.

Poi, basta. Ci siamo presi per mano, abbiamo attraversato il parco giochi, e siamo andati insieme sulle altalene. Poi mi ha baciata, nello stesso identico modo.

E poi? Poi che altro, Alex? Cos'altro è successo?

E poi...basta. Lui da una parte, io dall'altra.

Le vacanze finirono ed era ora di tornare in Canada, in quella cittadina in culo al mondo dove nessuno si faceva i cazzi propri.

Quando arrivai nessuno riusciva più a riconoscermi, non sto scherzando, dico sul serio.

Non ero più la solita Alex Baker, quella fantasma e depressa.

No.

Ero Alex Baker. Una ragazza esuberante e piena di vita.

A scuola la gente si girava e si chiedeva da dove saltassi fuori.

Alex Baker da ragazza invisibile era diventata una delle più conosciute del liceo.

Non ricordavo come tutto ebbe inizio, solo che un mese dopo la scuola Shona e Kelly erano tornate da me, con la coda fra le gambe.

La cosa all'inizio non mi piacque molto, mi avevano deliberatamente ingnorata per due anni, poi, ecco; avevo subito un cambiamento che aveva portato molte attenzioni su di me e loro si facevano vive?

Ciò nonostante mi faceva da un'altra parte comodo averle alle mie spalle.

Non era bello essere sole, no no.

A noi, successivamente si unì David. Il ragazzo di Kelly. Il solito ragazzo tutto muscoli niente cervello.
Era curioso osservarlo. Era come se fosse regredito cerebralmente all'età di cinque anni. No, cinque no. Tre sì.

 

Qualcuno mi diede uno scossone.

-Alex allora che si fa?- Mi chiese Shona, inarcando un curato sopracciglio.

-Eh?-.

Kelly scosse la testa, sbuffando. Mentre la bruna portò lo sguardo al cielo, esasperata.

-Bieber. Che si fa? Sono sicura vorrai fargli...qualcosa-. Ripetè lentamente.

Ah, vero.

-Si, ma da sola non credo di riuscircela a fare-.

Kelly batté le mani, elettrizzata. -Fichissimo! Potremmo tipo rasarlo mente dorme, o...Che so. Sgonfiargli le ruote della macchina?!- Aggiunse sorridendo.

Shona la fulminò con lo sguardo. -E magari rubargli la copertina o l'orsacchiotto-.

-Perchè no?!-. Disse entusiasta.

-Stai scherzando, vero?-. Le chiesi perplessa.

Mi guardò impassibile. -Forse-.

- Ah-. Biascicai. Quella era strana forte.

-Comunque-. Shona battè la mano su una mia coscia, cercando di attirare l'attenzione. -Hai qualche idea? Perchè io sì.- Continuò, sorridendo maliziosa.

Accennai una risatina. -Spara-.

- Potresti farlo innamorare di te-. Abozzò mesta.

-Mettiamo ci riuscissi, e poi come farei a farlo soffrire?-.

-Ryan-. Rispose secca.

-Ryan?- Chiese Kelly.

Sia io che Shona la fulminammo con lo sguardo.

-Che ho fatto sta volta?- Ci chiese facendo una smorfia.

- Vivi-. Le rispose Shona.

La bionda spalancò la bocca, e la bruna per tutta risposta le diede una cuscinata. Facendo scoppiare a ridere tutte e tre.

- Stavo dicendo-. Continuò Shona cercando di acquistare un po' di serietà. -Potresti tradirlo con Ryan davanti ai suoi occhi, no?-.

Troppo meschina e bastarda.

Ma che cazzo, era un'idea fantastica!

-Ottimo!-.

-Ma ragazze...- Intervenne Kelly.

-Zitta!-. Le urlammo dietro io e Shò.

Al che la bionda prese una rivista e si distese sul letto, facendo l'offesa.

Soffocai una risatina.

-Quando arriva la star?-.

-E' già qui da ieri sera-. Aggiunsi seccata.

-Dobbiamo fare un piano-.

-Ohhhh voglio partecipare anche io-.

Guardai la bruna con aria supplice, la quale scosse le spalle.

-Kelly, ti affido un ruolo, mi raccomando, devi esserne fiera-. Annunciò Shò.

La bionda si alzò dal letto come una molla, portandosi la mano alla tempia come un soldato militare. -Agli ordini signora-.

-Mi serve una cartina della zona residenziale di Stratford e poi devi trovare dei vestiti per tutte e tre, davvero fichissimi, da mettere sta sera-.

Kelly saltò, facendo degli urletti simili ai versi delle oche.

-Sta sera?- Chiesi mentre K. uscì dalla stanza.

- C'è una festa nel locale che Justin frequentava quando era ancora "normale". Dubito possa mancare nel giorno  d'inauguramento-. Mi sorrise.

- Si, in effetti-.

Era raro che Bieber mancasse alle feste organizzate da Jo's.

E come festeggiare un rientro a casa se non con una bella sbronza in un locale dove servono alcolici davvero magnifici?

Subito irruppe nella stanza Kelly.

In mano teneva una pila di vestiti e nell'altra una grande valigetta, la "SAK".

SAK era l'unione delle nostre iniziali. All'intero di essa c'erano quintali di trucchi.

Un insieme di tutti quelli di noi tre.

-Ho preso tutto quello che mi hai detto, eccetto la cartina. Mamma ha detto che non le vendono per città così piccole-. Disse delusa.

-Fa niente Kay, grazie comunque-. Le sorrisi.

Mi si avvicinò e mi scoccò un bacio sulla tempia.

-Bene, sono le otto e mezza-. Aggiunse Shona con diplomazia. -Alle dieci ci troviamo da Jo's, Bieber penso che per quell'ora sarà già dentro-.

-Perfetto, allora io vado-. Dissi alzandomi e prendendo un vestito blu che Kelly mi stava porgendo.

-Baci, baci, stronzette-. Dissi mandando un bacio immaginario a tutte e due per poi aprire la porta.

-Baci, baci, stronzetta-. Mi urlarono loro in coro, anche se ero già uscita.

Ed ora iniziava il divertimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

Arrivata a casa, mi gettai nella vasca da bagno.

Avevo bisogno di sbollire i nervi.

Mentre l'acqua scorreva limpida all'interno della vasca presi carta e penna e iniziai a buttare giù qualche parola.

Era un modo per capire meglio me stessa.

In effetti, tirando le somme, non esisteva modo migliore per esplorare le proprie emozioni che scrivere quello che si pensava.

Se si era arrabbiati, non era che si doveva per forza descrivere la causa della propria rabbia. Ma si può scrivere un testo arrabbiato, come una poesia.

Dovreste provare anche voi, magari dopo averlo fatto potete provarla a decifrarla fingendo di averla appena trovata su un libro e di non sapere assolutamente niente del suo autore. Si otterrebbero risultati sorprendenti...e inquietanti. E costava meno che andare dallo psicologo.

Io lo feci per un po'. Scrivere canzoni, intendo.

Chiusi gli occhi, e ascoltai quello che mi ronzava in testa.

Tutta la frustrazione che provavo perchè Justin, nonostante fosse stato davvero stronzo con me era riuscito ad aver successo.

Perchè?

Perchè aveva una voce carina e una faccia pulita. Tutto qui.

Il bravo e dolce ragazzo che diceva di essere era solo una montatura, un modo per farsi strada e fare breccia nei cuori delle ragazzine disperate.

Patetico.

 

 

Dark around you

All your dreams won't become true

A light inside your heart

Says why you seem to disappear

 

Wrath clouds my heart

Wrath drag me to the part

Wrong part in wrong world

I hope everything will restart

 

You made me insanity

You made made me find

Something for blame

Blame you

 

Years passed under your shadow

Passed crying in my room

Now you returned

And with you returned my time

my sun will shine

Althought with a lie

But my sun will shine

 

 



 

 

 

Ormai mancavano venti minuti.

Mi infilai quel vestito di morbido tessuto blu e mi diedi una riavviata ai capelli.

Poi, mi posizionai davanti allo specchio.

Ed ecco le mie insicurezze di una volta svanire.

Non perchè i miei capelli, non più color topo erano diventati di un bel castano caldo.

Non perchè i miei occhi verdi, splendevano più del solito visto che non erano più coperti da quegli orrendi occhiali.

Non perchè il mio fisico era diventato più asciutto e tonico, come quello di un'indossatrice.

Non perchè la mia pelle era liscia, abbronzata e morbida anzichè rivida, pallida e piena di imperfezioni.

No.

Era merito della consapevolezza della mia bellezza interiore.

Era merito delle persone che mi dimostravano il loro amore ogni giorno.

Era merito della musica che mi aveva insegnato ad aprirmi e mettermi in gioco.

 

 

 

 

 

-Alex, sei fantastica!-. Sorrisi a una Kelly davvero bella.

Indossava un vestito bianco. Le stava da Dio. I suoi capelli, solitamente raccolti, erano lasciati lisci sulle spalle.

-Anche voi.- Feci una pausa d'effetto.  -Siete bellissime-. Sorrisi a tutte e due.

Shona era splendida anche lei.

Un vestito nero le fasciava l'esile corpo sottolineando le sue sinuose curve.

-Bieber è dentro-. Aggiunse la bruna.

Un attacco d'ansia mi colpì all'improvviso.

Era come tornare indietro nel tempo.

C'ero io. Lui. E la sua presunzione.

Chissà, forse era cambiato.

Magari si era addolcito o era diventato buono come un pezzo di pane.

I miei neuroni scoppiarono dal ridere.

Bieber cambiato?
Dio, solo nei miei sogni più irrealizzabili potrebbe succedere una cosa del genere.

Ciò nonostante, la paranoia mi stava annebbiando il cervello.

-C..che facciamo?-.

Ero preoccupata?

Sì cazzo.

Mi stavo cagando addosso, non volevo fare una figura di merda ne tantomeno essere subito smascherata.

Shona mi prese per le spalle, guardandomi intensamente. -Stai calma e fa un respiro profondo-.

Ubbedii.

Alex, stai calma.

Tranquilla.

Andrà tutto bene.

Ma porca troia. No che non  andrà tutto bene. Capirà subito chi sono e inizierà a sfottermi come gli anni precedenti.

-Alex! Andrà tutto bene!- Mi riprese la bruna scuotendomi per le spalle.

Feci un respiro profondo.

Dovevo provarci.

Ce la potevo fare.

Almeno ripeterselo sarebbe servito a qualcosa, speravo.

-Brava, ora entriamo e tu ti ci siedi vicino. E' al banco. Io e Kelly ci sederemo in un tavolino li vicino-. Mi rassicurò lei.

Annuii confusa, mentre Kelly mi trascinava dentro al pub.

Ce la potevo fare, vero?

La musica dentro era talmente forte che si confondeva con il rimbombare del mio cuore nella mia testa.

Shona mi stava dicendo qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa.

Vedevo masse di ragazze che ondeggiavano a ritmo di musica, ragazzi che si passavano bicchieri ridendo e fissando il culo di alcune tipe.

Cose da normali adolescenti.

Mi infilai nella calca, il cuore mi rimbombava nel petto.

Ci fu uno strusciamento di corpi, ragazzi viscidi si appoggiavano con troppa insistenza al mio corpo mentre passavo.

Poi lo vidi.

Era seduto su uno sgabello e guardava una coppia di ragazze ballare di fronte a lui.

 

Stava bevendo sornione un drink bianco, forse vodka.

Indossava una camicia rossa a quadri bianchi con sotto una t-shirt bianca. Jeans scuri, e un paio di Supra rosse.

Si era tagliato i capelli. Il suo viso ora non sembrava più pulito come una volta, sembrava molto più grande, ma anche molto più stanco.

Feci un respiro profondo e mi avvicinai a lui sotto lo sguardo vigile delle mie amiche.

Ce la potevo fare.

Ero cambiata, diventata più figa, no?

Era alla sua pari.

Forse anche troppo.

Un passo dopo l'altro raggiunsi la mia meta.

Gli ero davvero vicino, riuscivo a vedere la piccola cicatrice sul sopracciglio sinistro che aveva da quando a undici anni si prese un ramo in faccia.

Mi scostai un ciuffo dietro la testa, e lui sembrò notarmi.

Mi guardò intensamente.

Merda.

Merda.
Merda.

Forse mi aveva riconosciuta.

Mi osservò partendo dai piedi per arrivare al viso.

Trattenni il respiro.

Poi, ecco.

Mi sorrise e finalmente riuscii a sedermi, tirando un sospiro di sollievo.

Mi sistemai il vestito, impacciata.

-Tutto bene?-.

Dio.

La sua voce.

Non me la ricordavo così calda.

Mi voltai verso di lui, cercando di essere disinibita: -Certo, te?-.

-Ora sì-. Disse prendendo un sorso dal suo bicchiere per poi sorridermi sornione.

-Ah, fico-. Mi morsi le labbra, girandomi una ciocca di capelli intorno al dito.

Ero davvero tesa. Cosa che notò anche lui.

-Stai tranquilla, piccola-.

Avevo voglia di ridere. Era una cosa davvero ridicola.

Justin Bieber che ci provava con me.

Se me lo avessero raccontato tre anni prima avrei dato di matto.

Gli sorrisi. -Oh, lo sono-. Lo guardai dritto negli occhi. -Tesoro-.

Ci sapevo fare, oh.

Lui si sistemò sulla sedia, con gli occhi lucidi, forse troppo eccitato.

-Verso che ora pensavi di andartene?-.
Che cosa irreale quella circostanza.

-Non saprei. Fa lo stesso. Perchè?-. Chiesi maliziosa.

-Ti andrebbe di fare un salto a casa mia? Se ti va certo-.

-Forse-. Risi per poi alzarmi.

Lui mi guardò confuso. Mi avvicinai al suo orecchio. -Ci vediamo sul retro tra venti minuti esatti, non mancare se vuoi che ti accompagni a casa, piccolo-. Mi appoggiai alla sua spalla, sfiorando con la bocca la sua guancia per poi dirigermi sinuosamente dalle mie amiche.

 

Ora sarebbe iniziato il bello.

La mia vendetta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ali's notes:

 

 

 

 

 

Ehilà.

Ragazze vi amo. *-*

Siete state fantastiche.

Mi sto gasando come una deficiente. :'D

 

La canzone l'ha scritta la mia migliore amica.

Eleeeeee grazie. <3

Si intitola "With a Lie".

Sei fantastica, scema. Grazie per leggere tutte le stronzate che scrivo.

Se volete la traduzione la posterò nel prossimo capito. :)

 

Ah.

Con 5 recensioni aggiorno in massimo tre giorni, promesso.

 

Coooomunque risponderò alle recensioni per messaggio. (?)

E vi ringrazio di cuore per il sostegno.

Mi fa davvero piacere che la mia storia vi piaccia. :)

 

Ragazze, siete fantastiche.

Grazie per aver letto, recensito o inserito tra le preferite/seguite.

 

Vi voglio bene, alla prossima.


Alicee.

  
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