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Autore: JulyChan    01/03/2006    9 recensioni
“Sono passati tanti anni dai quei giorni, dai giorni di Hogwarts, e la guerra ancora non è finita. C’è ancora chi gioca a spezzare vite innocenti, c’è ancora chi si sacrifica perché questo non accada. E ci sono ancora loro.”
Ron, Hermione, Harry, anche a distanza di anni, anche dopo battaglie estenuanti, sono ancora insieme, ancora amici, e ancora certi di poter fare qualcosa per la salvaguardia del mondo magico e non. Auror qualificati, ancora in lotta contro gli ultimi proseliti di Voldemort, dovranno vedersela con le immancabili sfide di una nuova e insperata quotidianità.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Il trio protagonista, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 2

 

No one like you

 

 

 

I didn't mean to start the last big fight
You never should have hung up that night
All I want to do is make things right
Make it right
Listen, with all the choices that we chose to make
And all the promises we chose to break
We were busy making big mistakes, yesterday

 

(Lost without each other – Hanson)

 

 

Si rigirò tra le lenzuola, senza aprire gli occhi, come a non voler rovinare nulla. Era stato tutto così perfetto. Era tutto perfetto. La sua vita rasentava la perfezione. Avrebbe potuto toccare il cielo con un dito se solo ne avesse avuto voglia. Ma in quel momento preferiva restare lì, sulla terra, e ritardare le sue manie di grandezza a più tardi, magari.

 

Allungò un braccio, facendolo scivolare tra le coperte, ma la sua mano non incontrò niente per tutto il suo tragitto, se non le lenzuola scomposte e ancora lievemente tiepide.

 

Si puntellò sui gomiti per avere una migliore visuale e sbatté gli occhi insonnoliti per mettere a fuoco la stanza.

 

La stanza che era deserta.

 

Totalmente, completamente, interamente deserta.

 

A parte lei, ovviamente. Ma in quel momento si sentiva ugualmente estranea a quella stanza, come se stesse guardando il tutto da un’altra visuale, da un altro mondo.

 

Cos’era successo a tutti?

 

Che fine avevano fatto?

 

Che fine aveva fatto il suo Ron…?

 

Sbatté di nuovo le palpebre, stropicciandosi con fare infantile gli occhi e stiracchiandosi alla bell’e meglio.

 

Nel bel mezzo dell’ennesimo sbadiglio, il silenzio quasi surreale fu interrotto da uno strano rumore.

 

Uno schiocco. Un tonfo e ancora un schiocco. Poi un altro rumore infernale di cocci infranti.

 

-Ron- gemette tra sé e sé.

 

Sgusciò fuori dal letto e si mise una vestaglia trovata sulla poltrona. Le andava larga e sulle spalle era cascante e floscia. Storse il naso. Già, quella non era la sua vestaglia. La sua vestaglia era rosa.

 

Sorrise stupidamente a se stessa, guardandosi allo specchio dalla cornice sbeccata e aggiustandosi una ciocca di capelli scarmigliati dietro l’orecchio.

 

Uscì velocemente dalla camera e si infilò nel bagno per farsi una doccia.

 

Quando ebbe finito si infilò l’accappatoio e si affacciò per le scale, sbirciando attraverso la ringhiera.

 

Lo spettacolo era a dir poco agghiacciante.

 

Il vaso all’ingresso era, tanto per cambiare, sfracassato sul pavimento. I cocci e la terra si erano sparsi a un raggio di distanza davvero impressionante, notò Hermione. Al tavolino mancava una gamba, che giaceva qualche metro più in là.

 

Hermione era troppo rilassata e infiacchita per potersi arrabbiare o per fare qualcosa di razionalmente sensato, così restò accovacciata lì e cominciò a chiamare a gran voce i due ragazzi. Ma nessuno le rispose. In compenso, le giunse uno schianto che proveniva dalla cucina e poi un urletto.

 

C’era qualcuno in casa. Qualcuno che non era né Harry, né Ron. Qualcuno che era entrato senza bussare. Qualcuno che le stava sfasciando la casa.

 

Stava per uscire dal suo nascondiglio, quando una voce irriconoscibile sbraitò poco garbatamente dal salotto.

 

-Ti ho detto di non toccare niente!-

 

Poi dei passi, che però parevano più dei tonfi, e che dal salotto andavano verso di lei.

 

Stava cercando di non pensare a quale mostruosa bestia potesse essersi infiltrata in casa, quando la porta del soggiorno si spalancò con forza e apparve una figura scura sulla soglia.

 

Hermione chiuse gli occhi e li riaprì lentamente, come se volesse accertarsi che davanti a lei non ci fosse un essere incappucciato, che le aveva distrutto mezza casa e che, per di più, faceva un rumore spaventoso.

 

Ma l’essere esisteva eccome.

 

E si stava avvicinando sempre di più.

 

Non era ancora riuscito a vederlo in faccia, quando Hermione cacciò un gridolino.

 

-I mangiamorte!- gemette, abominandosi poi per aver fatto tutto quel casino.

 

Ma con suo grande sbigottimento, anche l’essere misterioso urlò nel momento in cui la vide e cadde all’indietro, incespicando nel mantello.

 

Hermione prese un po’ di coraggio e uscì dal suo nascondiglio improvvisato. Ma non fece in tempo a scendere il resto delle scale, che una voce trasognata cominciò a parlare.

 

-Si?! Mi stavi chiamando?-

 

I mangiamorte erano due.

 

E lei era sola, senza bacchetta e mezza nuda.

 

Oh, cosa le avrebbero fatto? L’avrebbero torturata, violentata, martoriata… o l’avrebbero semplicemente uccisa? Forse era meglio la seconda ipotesi, almeno sarebbe morta senza dolore.

 

No, ma cosa andava pensando? Lei era Hermione Granger, Auror qualificato e ben addestrato! Non poteva mica arrendersi senza combattere.

 

Si avvicinò piano al corpo disteso, pronta a saltargli addosso al primo movimento.

 

-Hermione! Cosa fai?!- esclamò la voce trasognata.

 

Oh, no! L’avevano beccata! E ora?

 

Il corpo sul pavimento si stava smuovendo. Lei lo fissò, senza osare voltarsi.

 

Era spacciata… era spacciata…

 

Un momento… come faceva quel mangiamorte a conoscere il suo nome?

 

Si girò lentamente, senza staccare gli occhi dal pavimento. Un paio di scarpe di un viola scintillante attirarono non poco la sua attenzione.

 

Un Mangiamorte con i tacchi?

 

Il mondo era impazzito senza che nessuno le dicesse niente.

 

-Hermione… stai bene?-

 

Ancora quella voce.

 

Ma lei la conosceva quella voce!

 

Diede un’altra occhiata veloce alle scarpe.

 

E conosceva anche quelle scarpe! Solo una persona, a suo parere, poteva portare delle scarpe di quel colore così acceso. Solo quella persona.

 

-Luna?- mormorò, senza staccare gli occhi dai piedi della ragazza.

 

-Si, sono io- le rispose la voce. La voce di Luna Lovegood, una tra le ultime persone che Hermione si sarebbe aspettata di veder spuntare in quella casa.

 

Ma quindi… quello dietro di lei… non era un mangiamorte.

 

-Luna?- ripeté Hermione. –Cosa diav… cosa ci fai qui?-

 

-Sono venuta con Ginny a trovarti- fu la sua semplice risposta.

 

-Ginny?- Hermione si voltò.

 

Sotto il mantello troppo grande per la ragazza, spuntò una zazzera disordinata rosso fiamma.

 

-Ginny!- urlò Hermione, correndo verso di lei e aiutandola a rialzarsi.

 

-Grazie- ansimò la rossa, togliendosi il mantello. –Quanto odio questo coso!-

 

Hermione rise; Luna aveva assunto la sua espressione da chissà-perché-sono-qui-con-queste-due-idiote-comunque-non-me-ne-frega-niente e fissava con gli occhi fuori dalle orbite un punto del pavimento.

 

-Oh, beh… ora potreste anche dirmi cosa ci fate qui!- esclamò Hermione.

 

-Giusto!- assentì Ginny, facendo evanescere il mantello.

 

-Giusto!- ripeté Luna come un automa.

 

Hermione sembrò impiegare tutta la sua buona volontà per trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo.

 

-Noi siamo venute per…- iniziò Luna.

 

-…perché è tanto che non ci vediamo!- si affrettò a concludere Ginny, lanciando un’occhiataccia alla bionda. Luna fece finta di non averla vista.

 

Hermione inarcò un sopraciglio, guardando prima l’una e poi l’altra, come se si aspettasse di vedere una delle due tradirsi. Ma le loro espressioni erano impassibili. Cioè, quella di Ginny lo era. Luna sembrava di nuovo essersi persa nel suo mondo, e stava osservando il soffitto, oscillando con il capo.

 

-Va bene… facciamo finta che sia vero- disse Hermione.

 

-Perché non dovrebbe essere vero?- l’assalì una voce autoritaria.

 

Hermione girò la testa a destra e sinistra, ma non pareva essere entrato nessun’altro. Poi capì che a parlare era stata Luna. Ora non aveva più l’aria svagata, ma sembrava… come dire… normale.

 

Forse anche fin troppo.

 

-Scusa, Luna?- farfugliò Hermione.

 

-Ho chiesto perché non dovrebbe esser vero ciò che ha detto Ginny!- ripeté la bionda con tono più deciso.

 

Hermione spalancò la bocca. Sarebbe arrivata a toccare terra, se non si fosse ricordata appena in tempo di richiuderla.

 

Continuò a squadrare Luna, soffermandosi solo in quel momento a pensare che era davvero tanto che non la vedeva. In effetti, era molto cambiata. Non sembrava più la persona che andava in giro con due ravanelli a mo’ di orecchini.

Beh, un po’ della vecchia espressione sognante era rimasta, ma comunque si vedeva che anche lei, come tutti, era cresciuta.

 

I capelli sempre perennemente in disordine, ora erano più curati e legati dietro la nuca con un fermaglio rosa; gli occhi, ancora grandissimi e pallidi, erano leggermente truccati.

 

Indossava abiti babbani: una gonna a metà coscia e una maglia a righe colorate.

 

Di certo, pensò Hermione, se l’avesse incontrata per strada non l’avrebbe mai riconosciuta. Si sarebbe benissimo potuta confondere tra i babbani senza dare nell’occhio.

 

Sempre se non avesse avuto quella bacchetta dietro l’orecchio.

 

-Oh, Luna… non intendevo…-

 

Ginny scoppiò a ridere. Hermione si voltò verso di lei, con un’espressione ancora mortificata, sperando che Luna non avesse capito che stesse ridendo di lei. Si rivolse alla bionda e vide, con suo sommo stupore, che la ragazza era tornata a fissare il soffitto con la sua espressione da ‘ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare’.

 

Hermione seguì con lo sguardo la direzione in cui era rivolta Luna, e vide che stava fissando con un cipiglio preoccupato un vaso di felce che oscillava dal soffitto.

 

-Ti conviene distruggerla prima che facciano le uova- mormorò la bionda, continuando a fissare assorta la pianta.

 

Hermione sussultò, accorgendosi solo in quel momento che stava parlando con lei.

 

-I Nargilli- spiegò pazientemente Luna, all’occhiata inquisitoria di Hermione. –Sì, lo so, preferiscono il vischio, ma ritengono buona anche la felce per i loro nidi-.

 

Hermione preferì non replicare. Cercò con lo sguardo Ginny, ma la ragazza non era più nell’ingresso. Sicuramente era scappata in un’altra stanza per ridere indisturbata.

 

-Allora, Luna… gradisci una tazza di tè?- le chiese la mora.

 

Luna annuì, distogliendo l’attenzione dalla felce e sgranando gli occhi, come se le avessero appena proposto di aggregarsi a una spedizione per lo spazio.

 

-Bene! Vado subito a prep…-

 

Non finì la frase che Ginny si catapultò fuori dalla cucina e la interruppe:

 

-No! Usciamo. Subito. Vatti a preparare!- le ordinò, spingendola verso le scale.

 

-M-ma… Cosa…?-

 

-Niente domande! Avanti!- gridò Ginny, facendo cenno a Luna di aiutarla a trasportare Hermione su per le scale.

 

Hermione si arrese subito e si lasciò trascinare: discutere con Ginny era praticamente impossibile! Negli ultimi anni aveva sviluppato un caratterino da far concorrenza al fratello Ron nei momenti peggiori.

 

-Va bene… va bene!- borbottò velocemente la mora.

 

Decisamente, farsi trascinare controvoglia non era la sua occupazione preferita. Ma quel giorno, dopo due semi-imboscate, sembrava averci quasi fatto l’abitudine.

 

***

 

-Sei sicuro che sono uscite?-

 

-Sicurissimo!-

 

-E se per caso sono ancora dentro?-

 

-Non preoccuparti, Ron! Le ho dato istruzioni ben precise…- replicò Harry, esortando il rosso ad entrare in casa.

 

-Ma… se non sono riuscite a convincerla?-

 

-Per la barba di Merlino, Ron!- gridò spazientito Harry, agitando freneticamente le mani. Il rosso fece un salto indietro. –Credi davvero che tua sorella sia così stupida come credi?-

 

-Certo che no!- disse in fretta Ron, premendosi una mano sul cuore.

 

-E allora entra! Comunque, se Hermione è ancora dentro, ci inventeremo qualcosa…-

 

Il rosso gemette alle parole di Harry, che gli lanciò un’occhiata interrogativa.

 

-Cosa c’è?- gli chiese il ragazzo.

 

-Hermione- mormorò Ron, con espressione atterrita.

 

-Cos…? Non esagerare, cosa potrebbe…-

 

-Mi ammazzerà!- piagnucolò Ron. Evidentemente non aveva udito nemmeno la metà delle parole dell’amico.

 

-Perché? Non le avrai detto qualcosa?- domandò sospettoso Harry.

 

-No, no!- si affrettò a rispondere l’altro. –è solo che… dopo questa mattina… mi ammazzerà, punto!-

 

-Perché?- ripeté Harry.

 

-Per il tuo brillante piano, genio!- sbraitò il rosso. –L’ho dovuta sigillare in camera mia per non farla scendere in salotto…-

 

-E le non ne è stata contenta, vero?- continuò Harry, ora comprensivo.

 

Ron annuì.

 

-E ha cercato di sfondare la porta-

 

Ron annuì di nuovo.

 

-Strano- osservò Harry, con aria pensierosa. –Non ho sentito nessun rumore… non hai reso imperturbabile la stanza?-

 

Il rosso, questa volta, scosse la testa. Sembrava aver perso le parole.

 

-E allora, come…?-

 

Le orecchie di Ron cominciarono a tingersi di una leggera sfumatura cremisi, che però non sfuggì all’occhio attento del moro.

 

-Ron? Cosa… come hai fatto?- gli domandò Harry, mezzo divertito. Aveva una mezza ipotesi su come la porta del ragazzo fosse ancora miracolosamente intera, e la magia non centrava affatto. Ma, si disse Harry, Ron non avrebbe mai… o forse sì?

 

-L’ho… distratta…- borbottò il rosso, mentre la gradazione di rosso continuava a salire. Ora, però, gli era spuntato un piccolo sorrisetto sulle labbra.

 

-NO!- esclamò Harry, sforzandosi di non ridere.

 

-Sì- disse solamente Ron, sorridendo stupidamente.

 

-Per la barba di Merlino, il mio amico è diventato un depravato cronico e io non me ne ero nemmeno accorto!- rise il moro, mentre l’espressione di Ron si tramutava in un finto broncio.

 

-Non la permetto di offendermi così, signor Potter- disse il rosso, schiarendosi la voce.

 

-No… è che… beh, non me lo sarei mai aspettato… da te!- affermò Harry, infilando la chiave nella toppa e girandola.

 

-Non sei l’unico che fa certe cose, sai?- Ron li lanciò un’occhiata eloquente.

 

Il tintinnio della chiave cessò, Harry si voltò verso l’altro ragazzo, fissandolo sbalordito.

 

-Vuoi dire che… vuoi dire che…- gracchiò.

 

Ron sorrise ancora di più. Era eccezionale vedere quanto Harry Potter fosse ancora così ingenuo di fronte a certe cose.

 

-N-non è la… prima volta?-

 

-No- disse calmo il rosso.

 

-E… da quanto?- gli chiese cautamente Harry.

 

-Oh, da un po’, ormai- rispose Ron divertito.

 

-E perché io non lo sapevo?- esclamò Harry, la mano incollata attorno alla chiave nella serratura.

 

-Non dirai mica sul serio?- replicò Ron con stupore. –Non pretenderai che ti dica tutte le cose che faccio con Hermione, vero?-

 

-Oh… no, certo che no!- disse frettolosamente Harry. –Dopotutto, io neanche ti dico tutte le cose che faccio con tua sorel…- le parole gli morirono in gola, non appena si accorse di quello che stava dicendo. Ron strabuzzò gli occhi, un po’ del colore era sparito dal suo volto.

 

-Con mia sorella?- disse con voce stridula, mentre Harry girava febbrilmente la chiave nella toppa e apriva le porta, come se lui non avesse detto niente. Ron lo seguì dentro la casa, continuando a strepitare. –Cosa vuol dire ‘le cose che faccio con tua sorella’, eh? Stai forse cercando di dirmi che dopo tutta la fiducia che ti ho dato, tu… tu…- si accorse improvvisamente di avere la gola secca.

 

-Oh, no, io non ho mai neanche sfiorato tua sorella, sai?- lo rimbeccò torvamente Harry, aprendo la porta del soggiorno. -In fondo, stiamo insieme solo da tre anni, cosa ti aspetti che faccia?-

 

-Non usare quel tono con me!- gridò Ron, correndogli dietro. –Ma è mia sorella! Ginny, è mia sorella! E tu…-

 

-E Hermione è la mia migliore amica!- esclamò Harry, fermandosi davanti al camino.

 

-Non è la stessa cosa!- ribatté Ron, agitando furiosamente le lunghe braccia muscolose. –Ginny è mia sorella! Mia sorella, capisci?-

 

-Purtroppo no- disse placidamente Harry. –E comunque anche per me Hermione è come una sorella…-

 

-Ti dico che non è la stessa cosa!- urlò il rosso, accasciandosi pesantemente su  una poltrona e passandosi una mano sugli occhi azzurri. –Appena la incontro se la vedrà con me…- borbottò.

 

-Non puoi prendertela con lei, Ron! Ha vent’anni, ormai, non puoi pretendere che penda ancora dalle tue labbra… non puoi pretendere di poterla ancora comandare! Sa badare a se stessa, ora… non ha bisogno di essere seguita sempre e tanto meno di controllare ogni sua mossa! Non puoi impedirle di vivere la sua vita, è già stata oppressa troppo… Dovresti capirlo… devi capirlo! Non ha più bisogno di te!- Harry si fermò di colpo, respirando faticosamente.

 

Gli occhi di Ron si erano strette in due piccole fessure e il suo volto non lasciava più trasparire nessuna emozione.

 

Harry lo osservò per una manciata di secondi. La mancanza di reazione da parte del ragazzo lo spaventava un po’. Non era da Ron concludere una battaglia senza nemmeno combatterla.

 

Il rosso strinse convulsamente i pugni e abbassò lo sguardo, fissandolo per terra. Pochi istanti dopo, calde gocce salate scendevano a bagnare la moquette del salotto.

 

Harry non sapeva più che dire. Raramente erano successe situazioni del genere, ma ogni volta erano riusciti ad uscirne, in un modo o nell’altro.  Quella volta, c’era qualcosa di diverso e impalpabile, che però aveva danneggiato l’atmosfera già di per se tesa. Harry rimpianse l’assenza di Hermione. Lei sì che avrebbe risolto la situazione in quattro e quattr’otto. Era lei quella più decisa e razionale, era lei la persona che aveva sempre una soluzione a tutto. Si poteva dire che fosse lei l’uomo di casa.

 

Ora, però, Hermione non era là ad aiutarli. Ora Harry doveva cavarsela da solo e affrontare quello che per tanti anni sia lui che Ron avevano prudentemente evitato.

 

Era arrivato il momento.

 

***

 

-Mi dite cosa avete intenzione di fare?- domandò Hermione per l’ennesima volta, mentre Luna parcheggiava la sua auto dopo aver girato tante volte per un posto vuoto.

 

Come Hermione aveva da poco scoperto, Luna frequentava un’università in città, per specializzarsi nelle relazioni pubbliche con i babbani. Per questo doveva assomigliare il più possibile a loro. Certo, guidare non era il suo forte, ma almeno non erano andate a sbattere contro qualche palo.

 

Comunque, Hermione annotò mentalmente di non chiedere mai un passaggio alla bionda, in futuro.

 

-Allora?- insistette la mora, scendendo dall’auto e guardandosi intorno. Erano nel bel mezzo di Londra, in piena mattina, senza sapere perché, e il traffico e la folla contribuivano a far sembrare il tutto più opprimente.

 

-Aspetta e vedrai- disse solamente Ginny per quella che doveva essere la centesima volta. –Non puoi essere più paziente, per una volta nella tua vita?-

 

-Spiacente, non so se ci riuscirò- rispose Hermione, scrollando le spalle, mentre seguivano Luna per una strada affollata.

 

-Per di qua!- esclamò la bionda, indicando una stradina più piccola e meno gremita di gente. 

 

Hermione preferì non fare domande, questa volta - tanto la risposta non sarebbe cambiata – e seguì le altre due ragazze, che nel frattempo si erano infilate in una porta dall’aspetto elegante.

 

Entrò anche lei, e si ritrovò in un piccolo caffè, caldo e accogliente, con pochi tavolini e un bancone di legno scuro che attraversava quasi tutta la stanza.

 

Ginny e Luna si sedettero e così fece anche lei.

 

-Allora- esordì Luna, voltandosi verso la mora. Hermione pendeva dalle sue labbra: finalmente le avrebbero spiegato il perché di tutto quel trambusto? -Cosa vuoi ordinare?-

 

L’espressione appassionata sul viso di Hermione lasciò posto ad una letteralmente sbalordita.

 

-C-cosa?- boccheggiò.

 

-Ho chiesto cosa vuoi ordinare…- ripetè tranquillamente Luna, aprendo il menu.

 

-Fatemi capire una cosa- disse Hermione, cercando di afferrare il punto della situazione. –Voi mi avete quasi rapita per venire a fare colazione?-

 

-Più o meno- rispose Ginny, chiamando con un cenno la cameriera.

 

-Cosa vuol dire…- sbraitò Hermione, ma prima che potesse finire la frase si avvicinò al tavolo una ragazza carina, con un grembiule color bronzo legato sui fianchi e un blocknotes in mano.

 

-Cosa volete ordinare?- chiese, sorridendo smagliante.

 

-un caffè, grazie- disse Luna, rivolgendo la sua attenzione alla cameriera che scribacchiava sul blocchetto.

 

-Idem per me- esclamò Ginny. –e anche un Muffin al cioccolato. Hermione?-

 

Hermione voltò lo sguardo verso la cameriera, che le sorrideva in maniera quasi maniacale, attendendo per una sua ordinazione. Fece finta di scorrere velocemente il menu, senza in realtà vederlo, e poi disse:

 

-Caffè e muffin anche per me-

 

Mentre la cameriera se ne andava ondeggiando, Hermione rivolse di nuovo alle altre due ragazza un’occhiata arrabbiata, ma non disse nulla, e aspettò in silenzio l’arrivo della colazione.

 

In realtà non aveva affatto fame, pensò, mentre un vassoio carico di tazzine e dolciumi veniva posato sul tavolino. Tuttavia, non rinunciò ad attaccare con un grande morso il suo muffin al cioccolato, continuando a lanciare occhiatacce alle altre due, che facevano finta di niente e sorseggiavano il loro caffè.

 

Aveva come l’impressione che quelle due le stessero riservando qualche altra sorpresa.

 

***

 

-Ron- chiamò piano Harry.

 

Il rosso alzò lentamente la testa. Aveva gli occhi e il viso leggermente arrossati e umidi. Stava piangendo.

 

Harry non lo aveva mai visto in quello stato, nemmeno quando suo padre era stato attaccato dal serpente di Voldemort, al loro quinto anno. Ron non aveva mai pianto, era sempre stato un forte, uno di quelli su cui potevi contare in ogni momento, una scorza dura difficile da scalfire o ferire. Ed invece, - Harry se lo ripeteva febbrilmente - , ora stava piangendo.

 

E Harry conosceva il perché di quelle lacrime.

 

Era un perché che risaliva ad anni prima, subito dopo la sconfitta di Voldemort; erano lacrime tenute nascoste per troppo, troppo tempo; lacrime che Ron non voleva fossero viste, per non esternare maggiormente il suo dolore, la sua paura, la sua tristezza tenute attentamente nascoste.

 

-Ron- ripeté il moro in un sussurro. –Ti prego, rispondimi-

 

Harry si inginocchiò, in modo da poter vedere il rosso negli occhi.

 

Lo sguardo di Ron sembrava vuoto di ogni emozione, svuotato da ogni segno di vita, offuscato dalle lacrime che continuavano imperterrite a scendere. Il ragazzo respirava faticosamente, e il petto si alzava e si abbassava quasi convulsamente.

 

-Io… non ce la faccio, scusami-

 

Biascicò il ragazzo, prima di correre al piano di sopra.

 

Harry udì solo una porta sbattere, e poi abbassò la testa, dirigendosi in salotto e sedendosi su una poltrona.

 

Io… non ce la faccio, scusami.

 

Ancora. Di nuovo quelle parole, parole che sperava tanto non dover sentire mai più.

 

Perché quelle poche parole erano state ciò che più li aveva divisi.

 

 

L’aria greve, l’atmosfera opprimente, il fumo dell’incenso che offuscava il tutto.

 

Molte persone stavano in piedi, la testa china in segno di rispetto e dolore, i volti sconvolti dalla sofferenza.

 

Occhiate di compatimento volavano da una parte all’altra, incontrando altri sguardi pieni di commozione e turbamento.

 

Una ragazza minuta e vestita completamente di nero piangeva spasmodicamente, il volto tra le mani imperlate di luce.

 

Un ragazzo le accarezzava dolcemente i capelli scompigliati; anche lui piangeva.

 

Era la sua famiglia, tutto ciò che aveva.

 

Ed ora era stata spezzata.

 

Spezzata, distrutta, annientata.

 

Tutto in una sola volta.

 

Vite martoriate senza perché, vite attirate e soffocate nel vortice della morte.

 

Da cui non si torna.

 

Le tre bare nere, lucide, riflettevano la volta bianca della chiesa.

 

E lui era lì, al loro fianco.

 

Si inchinava, porgeva un mazzo di fiori bianchi ed una preghiera ai loro piedi.

 

Si alzava, tornava indietro.

 

Sguardi preoccupati e malinconici verso di lui.

 

Parole sussurrate, parole oppresse dalla paura di rompere quell’incanto irreale.

 

Ma lui non aveva bisogno di essere compatito, non voleva esserlo.

 

E lui non piangeva.

 

E guardava, e fissava tutto e tutti da laggiù, nel suo angolo. Solo. Pieno di rabbia.

 

E i suoi occhi guardavano e fissavano, ancora e ancora.

 

E i suoi occhi non parlavano.

 

I suoi occhi, limpidi ed sinceri, erano azzurri come il cielo, che avevano sempre riflettuto.

 

Ed ora, i suoi occhi, limpidi e sinceri e ancora azzurri riflettevano il cielo, senza più vederlo.

 

Perché da quel giorno, perché dopo quelle parole, dopo essere scappato, con i sussurri sconvolti e addolorati della gente, Ronald Bilius Weasley smise di guardare il cielo. 

 

Perché dopo quelle parole Ronald Bilius Weasley smise di vivere.

 

Io… non ce la faccio, scusatemi.

 

***

 

 

But the words you picked so carefully

 keep coming out all wrong
so I'll write them in light
and I'll carve them in stone
I was made for loving you
I was put on this sweet earth too,
I was made to love you

 

(I was made to love you – Polly Paulusma)

 

 

 

-Ricordatemi di ammazzarvi la prossima volta che mi si presenta l’occasione!-

 

Hermione, Luna e Ginny camminavano lungo la via principale cariche di pacchi, sacchetti e buste di ogni genere di negozio.

 

Ginny si fermò a guardare la ragazza che aveva parlato e alzò lentamente un sopracciglio, accentuando sempre di più l’effetto.

 

-Hermione… ricordati di ringraziare le tue amiche la prossima volta che ti si presenta l’occasione, o a quest’ora staresti in ufficio sommersa dai fascicoli e dai documenti che Rosman ti appioppa simpaticamente ogni minuto.-

 

Luna ridacchiò, facendo oscillare le sue buste lucide e colorate, e sfiorandosi con un dito l’orecchino pendente che si era appena comperata.

 

Hermione sbuffò e riprese a camminare, ma non poté fare a meno di sorridere.

 

Era vero. Se quelle due pazze non fossero piombate così all’improvviso quella mattina, a quel punto si sarebbe dilettata tra pratiche da firmare e moduli da riordinare.

 

Arrivarono in pochi minuti al parcheggio dove Luna aveva lasciato la sua auto.

 

Mentre la bionda cercava nella sua enorme borsa le chiavi della macchina, Ginny strappò letteralmente una busta dalle mani di Hermione, aprendola senza tante cerimonie.

 

-Oooh, lo sai che devi assolutamente prestarmi la gonna che hai trovato in saldo! Peccato che fosse l’ultima! Hai avuto davvero fortuna a trovarla per prima…-

 

Hermione guardò orripilata la gonnellina a pieghe bianche, accuratamente piegata, disfarsi tra le mani decisamente poco delicate della rossa.

 

-Uh, sì, lo penso anche io- farfugliò, passandosi una ciocca dietro l’orecchio. –Dio, se fa caldo! Ci vorrebbe proprio qualcosa di fresco!-

 

-Già. Possiamo fare un salto al bar dietro l’angolo, sempre se abbiamo tempo. Che ore sono, Luna?- chiese Ginny all’altra ragazza, al quale stava ancora trafficando con la sua borsa.

 

-Uhm… le sei… credo… sì, andiamo a berci qualcosa, tanto le chiavi non le trovo- concordò lei, strabuzzando gli occhi.

 

Hermione però non la stava ascoltando, tanto presa com’era dai suoi pensieri. Le sei… come un campanello d’allarme le baluginò in testa ciò che avrebbe dovuto fare sin da quella mattina.

 

-Accidenti! Devo passare assolutamente in ufficio! Tra pochi minuti chiude, e io devo ritirare assolutamente le autorizzazioni per la prossima spedizione! Rischio di farmi espellere per i prossimi quattro secoli, se Rosman non le riceve domani.-

 

Ginny la guardò sconcertata, portandosi una mano alla bocca e soffocando un’imprecazione.

 

-Questo vuol dire… vuol dire che…-

 

-Oh, Gin, mi dispiace enormemente. Potete andare al bar senza di me, io devo urgentemente andare in ufficio.- spiegò trafelata Hermione, riagguantando le buste e mettendo tutto a posto. –Ci vediamo, tanto, no?-

 

Ginny sbuffò pesantemente e poi disse:

 

-Okay… ma… tornerai a casa per le sei e mezzo? Sai… io… ehm… forse noi restiamo a cena, così…-

 

-Va bene, va benissimo! Ci sarò, promesso. Tanto è una questione di pochi istanti, la sbrigo subito!- la interruppe Hermione, avviandosi per la sua strada. –Ci vediamo più tardi!-

 

-Non ritardare!- le urlò di rimando Ginny, ma Hermione era già scomparsa.

 

Ginny sospirò, aggrottando la fronte. Certo, Hermione era sempre puntuale, ma quando ci si metteva il lavoro non la smuoveva nessuno… sperava comunque che per quell’ora fosse ritornata, perché sennò tutto quanto sarebbe saltato per uno stupido foglio, e non poteva permetterselo.

 

Si sentì tirare una manica e si voltò verso Luna, sobbalzando per lo stupore.

 

-Allora, questo bar?-

 

***

 

Ron si svegliò di soprassalto.

 

Si era addormentato senza nemmeno accorgersene sul letto ancora disfatto da quella mattina ed ora un insistente ticchettio alla finestra lo aveva risvegliato.

 

Si alzò di malavoglia, mentre un gufo dall’aria ufficiale cercava di beccare il vetro nel tentativo di spaccarlo. Tentativo inutile, visti gli innumerevoli incantesimi anti schianto, anti intrusione, anti tutto disposti da Hermione.

 

Aprì la finestra e il gufo lasciò togliersi la pergamena arrotolata alla sua zampa, per poi andarsene subito in un frullare di ali.

 

Ron srotolò la pergamene e lesse svogliatamente il contenuto. Non aveva proprio voglia di dedicare tutto il suo poco tempo libero proprio a questioni riguardanti il lavoro. Molte volte si auto convinceva che il suo superiore, Arcturus Rosman, fosse stato creato apposta per rovinare la vita alla gente. Sicuramente non aveva visto di buon occhio la sua assenza e aveva mandato appositamente qualcuno a incantare qualche vecchio armadio babbano, per far sì che la sua presenza risultasse indispensabile.

 

Era davvero eccezionale come i due non si sopportassero affatto. Erano completamente diversi ed ogni cosa che l’uno faceva o diceva appariva sbagliata o in irregolare all’altro. Cercavano sempre un modo per litigare e il loro odio reciproco era ormai di casa nel reparto Auror che tutti gli altri facevano l’impossibile per non trovarsi più di dieci secondi nello stesso metro quadro occupato dai due, perché stare a stretto contatto con Ronald Weasley e Arcturus Rosman equivaleva ad impiccarsi da solo.

 

Purtroppo per Ron, però, quella lettera non era assolutamente uno scherzo.

 

***

 

Hermione sbatté ferocemente la porta e si avviò di corsa per il corridoio che portava all’ascensore magica del Ministero. Come al solito, quando si trovava nel suo ufficio veniva magneticamente attratta da ogni forma e tipo di documento, così che perdeva parecchio tempo ad assicurarsi che tutto fosse a posto, che tutto il lavoro fosse stato svolto. Voleva sempre apparire impeccabile agli occhi degli altri colleghi, e ci era brillantemente riuscita. Tutti sapevano di lei e conoscevano la sua arguzia, la sua intelligenza, la sua furbizia riguardo ai piani di attacco e la sua immancabile grinta nel svolgere ogni mansione. Sapevano che quando c’era bisogno di aiuto, di combattere o solamente di dover svolgere qualche incarico extra lei era sempre pronta, sempre a disposizione.

 

Oh, sì, Hermione Jane Granger amava il suo lavoro, e ne era talmente ossessionata da dimenticare, talvolta, impegni che il suo cervello aveva scansato nell’area delle futilità.

 

Come, per esempio, l’appuntamento che aveva con Ginny e Luna per l’ora di cena.

 

Subito realizzò che se fosse arrivata seriamente in ritardo la sua morte per mano della rossa non sarebbe stata affatto una banalità.

 

Svoltò l’ultimo angolo e frenò proprio davanti alle grate dorate dell’ascensore, rischiando di incespicare a causa dell’eccessiva cera sui pavimenti.

 

Premette insistentemente il bottone e, nel frattempo, rivolse un’occhiata distratta all’orologio del corridoio.

 

Dopotutto erano solo le sette e mezzo. E Ginny non l’avrebbe uccisa per quel piccolo ritardo.

 

Le porte dell’ascensore si aprirono con un lieve fruscio e Hermione balzò dentro al trabiccolo, premendo il pulsante per l’Atrium.

 

Le grate si chiusero con un gran fracasso e l’ascensore prese a muoversi verso l’alto.

 

Dopo alcuni istanti sembrò fermarsi e Hermione fece per avvicinarsi alle porte.

 

Che però non si aprirono.

 

La ragazza prese a battere incessantemente con la mano sulla grata, ma non successe niente.

 

L’ascensore si era bloccato.

 

Hermione si vide entrare a casa e restare ammazzata da una figura con i capelli rossi.

 

Si sbatté una mano sulla fronte e chiuse gli occhi, cercando di pensare a qualcosa di intelligente da fare e, soprattutto, a non farsi prendere dal panico totale.

 

Dopotutto, se era la strega più intelligente del reparto Auror c’era un motivo!

 

Pensa, Hermione, pensa. Ci sarà pure un incantesimo, una qualsiasi cosa per far muovere questo dannatissimo macinino!

 

E poi la dura e triste realtà le si presentò davanti: non c’era nulla da fare, se non aspettare una manna dal cielo..

 

***

 

-Ragazzi, mi dispiace, non avevo idea che avesse fatto tutto questo ritardo!- piagnucolò Ginny per l’ennesima volta.

 

Erano due ore che aspettavano Hermione. Il salotto era stato preparato proprio per la sua festa a sorpresa. Era stato tutto appositamente pulito da cima a fondo, Ginny aveva addirittura preparato una torta a tre piani.

 

L’unica cosa che mancava era, però, la festeggiata.

 

-Ginny, ti dico che non è colpa tua!-

 

-Ma sì, invece! Non le avrei dovuto permettere di tornare al Ministero. Dovevo portarla qui con la forza!- Ginny si accasciò su una poltrona e si prese il viso tra le mani.

 

Harry, meccanicamente, le prese ad accarezzare dolcemente la testolina fulva.

 

-Giuro, se osa presentarsi qui prima del prossimo millennio, ce la faccio io la festa!- sbottò furioso Ron, agitando freneticamente la mani per aria.

 

Harry lo guardò stranito. Era da quando era sceso per aiutarlo a pulire il salotto che era diventato più intrattabile del solito.

 

Luna era l’unica che non diceva niente e non si lamentava. Stava ancora nelle stessa posizione di due ore prima, schiena contro la mensola del camino, braccia incrociate sul petto, sguardo perso altrove.

 

Harry a volte desiderava fosse un po’ più logorroica. Soprattutto in situazioni come quella.

 

Il ragazzo prese ad osservare il salotto, oramai vuoto tranne loro quattro. Tutti gli invitati erano stati cortesemente mandati via con una scusa banale inventata al momento da Ginny, poiché era già passata un’ora abbondante e Hermione non era ancora arrivata.

 

Harry sospirò. Anche lui si chiedeva dove fosse la ragazza, ma non osava dare voce ai suoi pensieri perché non voleva ulteriormente aggravare la situazione.

 

Sicuramente avrà auto i suoi buoni motivi, si costringeva a pensare.

 

Proprio Hermione, così puntuale e precisa, era diventata l’unica protagonista di un ritardo assolutamente spaventoso.  

 

E Harry si forzava ancora a credere che fosse successo davvero qualcosa, perché sapeva che l’unica cosa a far perdere la nozione del tempo alla ragazza era il lavoro.

 

E sperava che almeno quella volta non fosse stato così, perché la reazione di Ron sarebbe stata inevitabilmente burrascosa.

 

Se c’era una cosa che l’amico aborriva totalmente era perdere tempo sul lavoro.  E questa regola non vigeva solo su di lui, ma doveva valere anche su tutti gli altri.

 

Pena: la morte istantanea per fulminazione.

 

***

 

Hermione corse trafelata verso il vialetto di casa. A volte si malediva per aver escluso la materializzazione per un raggio di cinquecento metri dalla sua casa. Erano così scoccianti certe misure di sicurezza, in certi momenti.

 

Diede un’occhiata alle finestre del salotto e della cucina: erano buie. Tutte le luci della casa erano spente, eccetto una al piano superiore.

 

La camera di Ron.

 

Non poté fare a meno di sorridere a quel pensiero.

 

Solo quella mattina le sembrava di toccare il cielo con un dito. E invece erano bastate poche ore per rendere quella giornata un inferno.

 

Aprì la porta e accese la luce dell’ingresso. Come stabilito, il piano inferiore era deserto.

 

Si decise allora a salire le scale e si diresse verso la porta del ragazzo.

 

Solo quando provò ad abbassare la maniglia, si rese che era chiusa a chiave.

 

Provò a bussare ma non ricevette risposta.

 

-Ron!- chiamò. –Sono io, aprimi!-

 

Nessuna risposta. Forse stava dormendo.

 

-Ehm… mi dispiace disturbarti… ma potresti gentilmente aprirmi? Non c’è nessuno in casa e vorrei sapere perch… oh!-

 

La porta si era improvvisamente aperta mentre lei proseguiva il suo soliloquio. Sullo stipite stava appoggiato stancamente Ron, e il suo sguardo non era dei migliori.

 

-Oh!- Hermione si portò una mano alla bocca. –Oh, scusa, non sapevo stessi dorm…-

 

-Non stavo dormendo.- le rispose secco lui.

 

-Ah- Hermione esitò. –Beh, volevo sapere perché la casa è così vuota… pensavo che Luna e Ginny si fossero fermate a cena, almeno così mi hanno detto, ma…-

 

-Ginny e Luna non erano qui per cenare-

 

Hermione si morse le labbra. C’era qualcosa di strano nello sguardo del ragazzo, sembrava turbato, ma non sapeva da cosa.

 

Fece per entrare ma lui non si mosse di un millimetro, così rimase lì dove stava.

 

-Allora… cosa sono venute a fare? Perché a me mi aveva detto così Ginny… non credo di essermelo sognato…-

 

-Non te lo sei sognata, infatti.- ribatté il ragazzo, passandosi stancamente una mano tra i capelli già scompigliati. –Era vero. Sono venute qui.-

 

-Oh, e dove sono, allora? Forse se ne sono andate, in effetti sono le dieci, è parecchio tardi…- rise nervosamente. –Senti, scusa se sono arrivata solo ora, ma mi sono ricordata all’ultimo momento che dovevo passare al Ministero per…-

 

L’espressione del ragazzo mutò rapidamente in una smorfia rabbiosa. Hermione si rese conto troppo tardi di aver detto una cosa sbagliata al momento sbagliato.

 

-AL MINISTERO! Allora è per questo che sei mancata per tutto questo tempo! Per andare al ministero! E, dimmi, da quant’è che una stupida pratica è più importante del tuo compleanno? Oh, ma che stupido! Avevo dimenticato che il lavoro è al primo posto delle tue cose da fare, vero? Ma certo, chi se ne importa se i tuoi amici hanno passato una settimana intera per preparati una festa degna di questo nome! Dovevi andare al Ministero! Scusami se non ci ho pensato prima!-

 

Hermione assisteva alla scena confusa e sbalordita allo stesso tempo.

 

Il suo compleanno…

 

L’aveva completamente dimenticato!

 

E, doveva ammetterlo, questa volta Ron aveva pienamente ragione.

 

Per la prima volta la brillante Hermione Jane Granger se ne stava ammutolita a subire tutte quelle grida e quelle imprecazioni rivolte esclusivamente a lei.

 

Non sapeva assolutamente cosa fare, cosa dire. Al momento le andava solo di urlare anche lei, di urlarsi quanto era stupida e insensibile, di insultarsi e di tormentarsi da sola.

 

Ma non ci riusciva. Era già abbastanza difficile ascoltare quello che il ragazzo le diceva, perché era tutto dannatamente vero.

 

Sentì le lacrime salirle agli occhi e non poté fare nulla per fermarle o, perlomeno, per raccogliere quel poco di dignità che le era rimasta e scappare via, per non farsi vedere.

 

Si sciolse in lacrime quasi senza accorgersene, mentre Ron urlava e sbatteva convulsamente il pugno sulla porta.

 

Ma lei non sentiva più niente, non vedeva più niente. Non si accorse neanche che il ragazzo si era fatto da parte e che lei era entrata nella sua stanza.

 

E fissava incessantemente un punto inesistente tra le lenzuola ancora sfatte del letto.

 

Riprese coscienza di se stessa solo quando il ragazzo le si avvicinò e le passò una mano sul viso per asciugarle le lacrime, giusto in tempo per sentire le sue parole.

 

-Non intendevo dirti tutte quelle cose, perdonami- le sussurrò Ron, continuando ad accarezzarle il volto, ormai quasi completamente asciutto.

 

-Lo so,- fu l’unica cosa che Hermione riuscì a dire. –sono stata un’emerita stupida, è sempre colpa mia, ma in realtà non sarei arrivata così tardi se quella maledetta ascensore non si fosse bloccata! Mi sono quasi giocata le tonsille prima che qualcuno della sicurezza non accorresse ad aiutarmi.-

 

Ron represse una risata, immaginandosi la calma e razionale Hermione urlare come un’isterica dentro un ascensore bloccato.

 

-Sai,- soggiunse lei. –ora ho capito perché ieri sera avete fatto tutta quella confusione, tra te e Harry. Non volevate farmi entrare in salotto per preparare tutto. E io, come una sciocca, ho rovinato la festa. Non sai quanto mi dispiace!- Hermione si strinse forte al ragazzo, premendo il viso contro il suo torace.

 

-Immagino… ma forse non tanto quanto la voglia di ammazzarti di Ginny.-

 

-Me l’aspettavo.- disse Hermione, sorridendo. –Dopotutto è tua sorella.-

 

-Cosa intendi con questo?- chiese lui, rivolgendole un’occhiata inquisitoria.

 

-Che è concepibile che la povera Ginny abbia una natura così violenta… voglio dire, è cresciuta con sette maschi indiavolati!- Hermione sentì il petto del ragazzo muoversi leggermente mentre lui rideva.

 

-Sei uno scemo, Ronald!- esclamò lei, dandogli un colpetto sul braccio.

 

-Ti amo, Jane.-

 

Hermione trattenne il fiato e chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente tra le braccia del ragazzo.

 

Erano davvero rare le volte che Ron dimostrava così apertamente i suoi sentimenti. Aveva imparato a tenerli nascosti, celati, e tali erano rimasti per molto, troppo tempo.

 

Ma Hermione conosceva, benché lui non lo dicesse mai chiaramente, tutto quello che le parole non dicevano, perché a lei bastavano quei pochi gesti, quei piccoli sguardi per sapere.

 

Alzò poi lentamente lo sguardo verso il ragazzo, - verso i suoi occhi limpidi che ancora le provocavano uno strano brivido lungo la schiena – ed alzandosi sulle punte dei piedi, gli depositò un lieve bacio a fior di labbra.

 

Ron sorrise contro la sua bocca e le prese con entrambi i palmi delle mani il volto, approfondendo quel contatto, che ben presto non sarebbe più stato tanto superficiale.

 

Hermione fu presa alla sprovvista quando il ragazzo la fece adagiare sul bordo del letto, e istintivamente aprì un occhio.

 

E solo in quel momento notò una lettera aperta dall’aria ufficiale posata sul comò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma saaaaaaalveeeee!!!! Mamma che lungo questo capitolo! Spero di non stufarvi!! ^___^! Ma…ma… Oddio, voi non sapete QUANTO SONO FELICE!!!! Cioè….non so se vi rendete conto… BEN 11 commenti per il primo capitolo!!!!!!!!!! Voi non sapete che grande regalo mi fate essendo così tanti!!!! Giuro, è la prima volta che ricevo così tanti commenti per un solo capitolo!!!!!!!!!!!!!!! Per me è frutto di molto impegno questa ficc tutta nuova e non sapete che gioia vedere che risulta così tanto apprezzata!!!!!!!!!!!!!!!! Quindi, passerei subito a ringraziare tantissimissimo:

 

 

Robby: Ciao!!! Sei stata la prima a recensirmi, che bello! Prima di tutto grazie infinite…spero che anche questo chap ti sia piaciuto…come vedi, qui hai potuto scoprire cosa avevano organizzato a Hermione… anche se – ahimè! – non è che sia andato tutto per il meglio! Bax

 

Meggie: OMG!!!!!! TESSS!! Cioè… TU che recensisci una MIA Ff????? tu non sai come sono rimasta dopo aver visto la tua recensione… cioè… per me è una grandissimo onore che ti piaccia, devi saperlo… e se, come dici, è tanto difficile smuoverti per recensire…beh… wow!... sono ancora più lusingata!!!!! Grazissime per i complimenti!!! Ora fammi sapere che ne pensi di questo chappy nuovo nuovo!!! Un bax enorme!!!!!

 

Elly: Grazie! Che ne dici di questo secondo capitolo, invece??? Ciao ciao! ^_^!

 

mewmina__91: Mille grassshie per i bellissimi complimenti…!! Davvero è la prima ficc su HP che leggi?? Me onorata!!! Ahah! Beh, io la ficc l’ho continuata… ora voglio sapere cos ne pensi… bax bella!!!

 

Ellie: ecco un’altra MITA delle FF! davvero ti è piaciuto l’inizio???!?! Mille GRAZIE anche a te!!! Sì, il pairing principale non poteva che essere il mitico R/Hr!!! Sta diventando un’ossessione!!!!!!!!!!!!! Ci si becca sul blog! Bax bax

 

Ransie86: Saaau bella!! Oddio…mi sto emozionando…tutti questi complimenti… ma davvero vi piace così tanto questa piccola piccola ff??? uuuh! Che bello! *______*! GRAZIE anche a te, Ransie! Spero continuerai a commentare!

 

silvia: grazie per i complimenti!!!! Un bax enorme anche a te!!!!!!! *___*

pikkyfan: eccoti aggiornata la ff, anche se un pochino in ritardo (eeeehm ^_^;;)… cosa ne dici?? Ti piace il new chap???? Bax bax!!!! ^^

 

WICCA87: Saaalve!! Wow!!! Sei stata parecchio esplicita, vedo!!! Allora: GRAZIE GRAZIE GRAZIE!!!!! Spero che continuerai a recensire!! Ciaaau!

 

SiJay: eheh! Un alto amante della r/hr… questa coppia spopola proprio!! Aaaah, ma che ci possiamo fare… è così fantasticaaaa!! *____*! Io l’adoro davvero!! eccoti il nuovo capitolo! Allora, cosa ne dici??? Fammi sapere! Ciaaao!

 

lily2000: Ultima e undicesima recensione… wow! E che recensione luuuunghissima! Sono davvero contenta che l’inizio ti abbia incuriosito! E qui si sono scoperte un bel po’ di cosucce niente male, non trovi? Mi dici “le sensazioni le ho trovate leggermente superficiali”… beh, ti dico: ne sono consapevole, scrivo un po’ superficialmente sul versante sentimenti, ma come ho detto nel capitolo precedente questo è un genere tutto nuovo per me… però grazie comunque per i preziosi consigli! Ne farò buon uso!!! E cercherò sicuramente di migliorare!!!! Grazie! Ciaaao!

 

 

Uuuh! Finito di ringraziare… che ne dite di farmi ancora più felice e cliccare qui giù giù, dove c’è scritto “Vuoi inserire una recensione?”. Mi farebbe mooolto piacere, statene certi!!!!!! Ah, piccola domanda: come avete notato in questa ficc sono presenti alcuni testi di canzoni in inglese… la traduzione devo metterla o no???? Fatemi sapere come preferite!!!!

Prima di salutarvi, piccola pubblicità: ultimamente mi sto dando alle oneshot (infatti ne ho in programma più di una dozzina ^^)… e ne ho gia postata una… se vi interessa cliccate su questo link: http://www.egoio.net/efp/viewstory.php?sid=71614&i=1 Naturalmente è una Ron/Hermione… ma un po’ strana! Infatti anche Lavanda fa la sua – ‘utile’ hihi! – parte! Un bax enorme a tutti e al prossimo capitolo!!!!!!

 

JulyChan

   
 
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