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Autore: callistas    10/06/2011    14 recensioni
Per chi aspettava, eccomi tornata come promesso.
Allora, non voglio anticiparvi niente, ma voglio dirvi che questa storia è la prima cosa seria che ho scritto.
Ci sarà una gran voglia di uccidere qualcuno e incoraggiare chi è sempre rimasto nell'ombra.
Ho cercato - davvero, ci ho provato - a mantenere l'identità del personaggio originale, ma dopo un pò sono riuscita a cadere ancora nella trappola infame dell'OOC.
E' una DracoxHermione, una coppia che adoro.
Vedremo il loro rapporto evolversi grazie a qualcosa che accade a Hermione. La tematica è trita e ritrita, ma ho voluto intasare il sito anche con una mia personale visione delle cose.
Spero possa piacere.
Se sì, commentate.
Se no, commentate.
Se forse, commentate.
In ogni caso, fatemi sapere che ne pensate.
W la democrazia!
Un bacio a tutti i passanti, callistas.
Genere: Commedia, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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02 - False verità Oh, poffarbacco!
E chi se le aspettava nove recensioni per un misero prologo? O.o
Signore, non è che avete sbagliato storia, vero? O.O
OLEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!
Oh, ma siete delle grandi, eh? Grazie mille davvero! Ed io che pensavo che con un prologo come questo avrei attirato tanti recensori quanto le mosche al Polo Nord!
No, davvero, siete fantastiche!

Allora.
Più o meno avete capito attorno a chi ruoterà la storia. Adesso bisogna solo avere la pazienza di aspettare capitolo dopo capitolo che posterò – salvo complicazioni – di venerdì.
Vi avviso fin da subito che più avanti, dovrò mettere un rating Rosso per via di certe scene che… sì, ok. Lascio libera la vostra fantasia.
Che a volte è peggio della mia. ^_^
Prima di lasciarvi leggere il capitolo, vorrei ringraziarvi una a una perché davvero lo meritate.

_araia: ciao! Che piacere rivederti!
Sono contenta che nonostante la brevità dell’introduzione, sia stata abbastanza interessante da stuzzicare la tua curiosità. Beh, forse non sarà una fic all’insegna del ridere più assoluto, ma ci saranno quei momenti, non ti preoccupare. Certo, è una storia che tratta un tema abbastanza importante ed era giusto metterci la dovuta attenzione, ma non mi sono preclusa di mettere qualche gag all’interno.
Non ti preoccupare se non hai capito molto. Adesso ci penserà questo capitolo a darti un’idea di ciò che è successo in linea di massima. Non ti anticipo niente, perché sennò mi brucio tutto e non voglio, non posso e non devo!!!
Sono contenta che anche se non scrivo cazzate in libertà ti piaccia questo nuovo modo di affrontare una storia. spero che il capitolo ti possa piacere.
Nell’attesa di rivederti alla prossima, ti mando un super bacionissimo!

Tinotina: ciao! Sai che il primo nome che ho cercato era il tuo? Ci sono rimasta un attimo male quando non ti ho vista, ma per fortuna eccoti qui!
Allora, intanto grazie per essere di nuovo qui con me. Ti adovo.
So che non si capisce molto dal prologo, ma l’ho fatto apposta per quello. Già da questo capitolo potrai capire qualcosa di più su Hermione e comunque andrei a rileggere bene i nomi del primo gruppo con cui ho iniziato il Prologo… sai, magari tu e la tua piccola mente diabolica potreste già intravedere qualcosa.
Lucius sarà una sorpresa, ma non sto a dirti di più. Come ho detto su di lui, non insulta più gli elfi non perché abbia capito che hanno dei diritto anche loro, ma più per un fatto di conservazione delle energie che più avanti spiegherò.
Per gli aggiornamenti, ti confermo che S.C. (salvo complicazioni) posterò i capitoli di venerdì sera.
Un bacio e grazie di essere qui anche stavolta!

HailieJade: ciao! Grazie per essere passata di qui. Sono contenta che ti piaccia questa coppia, quindi presumo che se dovrò postare qualche altra storia ti rivedrò, perché principalmente sono loro la coppia sulla quale ricamo una trama.
Non ti preoccupare. Il prologo è solo una breve introduzione e l’ho fatta appositamente così confusa, da indurre voi a seguire la storia (sempre che interessi, ovviamente ^__^). Quindi non ti preoccupare: già da questo primo capitolo inizierai a capire qualcosa di più.
Se passi a leggere le altre mie storie non mi farai altro che piacere.
Grazie mille e buona lettura!

Hermione59: ciao cara, grazie per aver lasciato un commento.
Sono davvero incuriosita dalla tua visione di Lucius, ma niente è come sembra. Posso dirti solo questo. Ci saranno delle sorprese e, come detto nel prologo, ho cercato di mantenere l’IC, ma poi non ce l’ho fatta. Ma non voglio svelarti di più. Sta a te continuare a leggere, solo per vedere come si evolverà il rapporto tra Draco e Lucius.
Anche il ragazzo avrà il suo bel da fare.
BASTA! MI FAI DIRE TROPPO! >.<
Scusa, piccolo sclero momentaneo… adesso passa…
Ok. Allora ti aspetto al prossimo capitolo!
Un bacio, callistas.

Chihuahua: mmmm… ipotesi interessante anche la tua, ma già da questo capitolo si potranno capire tante cose. Spero possa piacerti così come spero di poter leggere altre tue prossime ipotesi.
Un bacio e grazie per essere passata!

Andy blackshoot: ciao cara! Non ti preoccupare. Di solito ai prologhi non ci si apre in grandi orazioni quindi stai tranquilla. Sono contenta che tu sia passata per dirmi che l’inizio ti piace e spero che tu possa gradire anche questo capitolo in cui le cose inizieranno a delinearsi, per poi proseguire.
Un bacio e alla prossima!

Kasumi_89: oooooooooooooooooooooooooooohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh grazie! Qualcuno che ha accolto il mio appello, il mio S.O.S., il mio messaggio in una bottiglietta alla deriva, la mia… sì, ok. Presumo che il concetto sia chiaro. ^_^
Mi onori. Sono lieta che le mie storie ti siano piaciute. A rileggerne certe, mi vergognavo come una ladra. È proprio vero che a continuare a scrivere ci si migliora sempre.
La tua curiosità verrà soddisfatta presto. In questo capitolo scoprirai cos’è successo a Hermione e perché non si è mai fatta sentire con nessuno. Anche i Malfoy avranno la loro parte in tutto questo casino che spero tu possa gradire. Anche secondo me Draco e Hermione sono fatti per stare insieme. Non è forse vero che anche nelle fiabe il pregiudizio viene sconfitto quando i due “antagonisti” si mettono insieme? A dire il vero ci speravo. Vabbè… quando anch’io mi metterò a scrivere una saga come quella della Row la farò finire come dico io!
Intanto, ti auguro buona lettura e grazie ancora per esserti fermata!
P.S.: la mia autostima ti ringrazia. ^___^

Laura Malfoy: oh, bene. Adesso che sei qui… veniamo a noi.
Ti ha intrigato il prologo? Ebbene, adesso avrai una visione globale della cosa. Sì, anche a me non va che il padre di Pansy abbia scritto una lettera così superficiale, ma mi serviva per introdurre Lucius Malfoy nel contesto. Accadranno cose strane e… BASTA! Non ti dico più niente. HAHAHAHA! *me sadica*
Comunque sono contenta che ti sia piaciuta la scena del whisky. L’ho sentita fatalità a quel programma che fanno su Rai1, l’Ereditità, non so se lo hai mai visto e Fabrizio Conti ha chiesto, nel gioco del vero o falso, se il whisky si comporta così quando entra a contatto con il calore della mano. La mia fantasia ha fatto il resto. Sono contenta che ti sia piaciuta.
Così come sono entusiasta di poter leggere di nuovo il tuo nome al prossimo aggiornamento!
Ciao cara, un bacio e goditi il capitolo chiarificatore!

Witchmelanie: ciao cara. Eccoti accontentata. Spero tu possa capirci qualcosa in più e se così non fosse non farti problemi a chiedere.




Per tutte, una buona lettura.









VERITA’ NASCOSTE
FALSE VERITA’

“Posso entrare?”
Una figura minuta entrò nella stanza semi buia. Scivolò all’interno, prestando attenzione a fare il meno rumore possibile. Chiuse la porta alle spalle e aspettò qualche istante prima di avvicinarsi.
Stesa su un letto a baldacchino dalle lenzuola rosa antico, c’era una ragazza girata su un fianco che guardava l’enorme finestra che dava sui giardini.
Il vassoio della cena era sul comodino e mezzo pieno. Aveva toccato il minimo indispensabile, come da due mesi a quella parte. L’acqua era sempre finita, ma il cibo rimaneva quasi sempre intatto.
Myra si avvicinò lentamente, facendo frusciare la lunga veste. Girò attorno al letto e si sedette sul materasso che, per l’abbassamento, fece sporgere leggermente in avanti il giovane corpo che lo ospitava.
Gli occhi della ragazza fissavano il vuoto.
Myra tentò di accarezzarle i capelli, ma con un gesto repentino che spaventò lei stessa, le fu scansato malamente il braccio, che tornò in grembo alla padrona.
“So come ti senti, e…”
Quella frase suonò immensamente sciocca, una volta che le diede voce. Se ne pentì l’attimo successivo.
“Non credo.”
Era la prima volta che la sentiva parlare dopo due mesi di assoluto mutismo. Era fredda e tagliente ma Myra non si sarebbe mai lasciata scoraggiare.
“Possiamo parlare da persone civili?” – di nuovo, si diede mentalmente della stupida. Non era dandole della bambina che avrebbe ottenuto un dialogo con la ragazza.
Fortuna volle che la stanza fosse nella penombra, così poteva mascherare in qualche modo i suoi occhi lucidi.
“Perché? C’è qualcosa di civile in tutto questo?” – chiese la ragazza, fissandola negli occhi. Era talmente sfiancata che non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi come invece avrebbe voluto.
“Hai ragione, non c’è nulla. Ma se tu…”
“Se io cosa?” – si era alzata, sorreggendo il peso del corpo con le braccia. – “Se io capissi? Se io ascoltassi?”
“Se tu mi facessi parlare.” – disse Myra, cercando di controllare il tremolio della voce.
Fu allora che notò gli occhi lucidi della donna e il suo sforzo nel non mettersi a piangere.
“Lo so che per te è dura.” – la vide sbuffare e stendersi nuovamente sul letto. – “Lo è stato anche per me. Puoi non credermi ma io so cos’ho provato in tutti questi anni.”
La palla di rabbia che aveva dentro la ragazza era pronta e molto vicina all’esplosione nucleare. Odiava quel genere di discorsi, perché la facevano sempre passare dalla parte del torto. Ma accidenti!, era lei la vittima, non quella famiglia!
Lei! Solo lei!
“Ti abbiamo cercata dappertutto, ma sembravi scomparsa nel nulla. Non abbiamo mai mollato le ricerche, mai.”
La guardò con un misto di odio, dolore e sì, anche compassione.
“Io so solo che mi avete abbandonata come un cane, e tutto per cosa? Perché non ero il maschio che vi aspettavate! Beh, sa cosa le dico Myra? Stavo meglio dov’ero prima!”
Myra spalancò gli occhi e la bocca.
“Cosa…” – era questo che le avevano detto?
“E non mi guardi così!” – replicò, stizzita. – “Gliel’ho detto anche quando siete venuti a rapirmi in casa mia! Sì sapevo di essere stata adottata e…”
Una risata di scherno interruppe la confessione di Hermione.
“Abbandonata? A-adottata?” – la donna si alzò in piedi, barcollante, con una mano sul ventre, dove diciassette anni prima c’era la ragazza che ora la stava fissando astiosa. Si girò verso la finestra, aggrappandosi allo schienale di una poltrona lì vicino per non cadere. – “Tu… tu non sei stata abbandonata! E nemmeno adottata!” – aveva trovato un po’ di forza grazie alla rabbia provata di fronte a quella falsa verità. – “Ti hanno portata via da me!”
Non fu creduta, ovviamente.
“Certo, sì…” – fece lei, dandole ragione come se fosse pazza.
Myra rincarò la dose, decisa a mettere in chiaro come si sono svolti i fatti.
In due falcate, si avvicinò e le afferrò le spalle.
“La donna che per diciassette anni hai chiamato mamma ti ha portata via da me!” – la scosse così forte da lasciarle i segni.
La ragazza non emise un fiato. Erano anni che subiva quotidiane umiliazioni e di certo non si sarebbe spaventata di fronte a una donnetta isterica che voleva assolutamente avere ragione.
Le urla della donna si sentirono fin sotto. Infatti, dopo due secondi apparve Elthon.
“Myra, che succede!” – con un incantesimo non-verbale, l’uomo spalancò le finestre, facendo entrare aria nuova e tanta, tanta luce. – “Myra…”
La donna guardò il marito e lasciò andare le braccia della ragazza, che si abbracciò per cercare di lenire il dolore e la sorpresa. Le sembrò una donna così gracilina, che non avrebbe mai sospettato possedesse una forza fisica tale.
Elthon si avvicinò alla moglie e cercò di calmarla.
“Myra…”
La donna non lo fece nemmeno iniziare.
“Le hanno detto che l’abbiamo abbandonata! NOI!”
Lo aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola, facendo sobbalzare la ragazza sul letto. Elthon guardò confuso prima la moglie e poi la figlia, che si era rannicchiata contro la testata del letto.
Aveva preferito mettere le distanze da quella psicopatica.
Myra non riuscì più a reggere tutto quello stress accumulato in diciassette anni, e scoppiò a piangere. Elthon appellò una sedia e vi fece accomodare la moglie.
“Quali altre bugie ti sono state raccontate?” – chiese l’uomo, con le mani appoggiate sulle spalle della donna nel vano tentativo di calmarla.
“Non sono bugie.” – replicò lei, provando una sorta di timore reverenziale nei confronti di quell’uomo.
Lo sguardo che Elthon le rivolse fu così glaciale che per un istante le ricordò Lucius Malfoy.
Si strinse le spalle, non solo per lenire il dolore, quella volta.
“Quella donna che tu chiami madre, è una bugiarda.” – disse Elthon, duramente.

Era stanco.
Troppo, perfino per un uomo della sua tempra, che ne aveva viste e sopportate di tutti i colori.
Primo fra tutti, il rapimento di sua figlia.
Anni passati a cercare la bambina, a non dormire di notte per scovare incantesimi di rilevamento, ma soprattutto per non dover andare a letto e sentire il materasso scosso dai singhiozzi silenziosi della moglie. Dormiva poco e mangiava ancora meno. Aveva sempre avuto la fastidiosa sensazione che fermarsi un attimo per pranzare o dormire qualche ora gli facesse perdere quella possibilità di ritrovare la figlia.
Si era ridotto a un cadavere ambulante.
E poi, il miracolo. L’avevano trovata. Ringraziando Merlino, era viva e stava bene.
Ma non era con loro.
Era… con quella donna, quella donna che si era presa con la forza il diritto di avere dei sorrisi che non le appartenevano, di detergere lacrime che non era suo compito asciugare.
E tutta quella stanchezza, tutti quegli anni trascorsi a non dormire e a non mangiare si fecero risentire in un colpo solo.

“Sapevi che quella donna lavorava al San Mungo?”
Non avrebbe voluto essere così brutale, ma l’aperta ostinazione che Hermione gli dimostrò fu la goccia che fece traboccare il vaso. Così, ci andò giù pesante.
La ragazza sorrise divertita. Che idiota…
“Spiacente, ma mia madre lavora in un centro commerciale a Londra.” – disse, forte delle sue parole.
“Oh, certo. Dopo che si era licenziata dall’ospedale, però.” – disse l’uomo.
Avanzò verso la ragazza, staccandosi dalla moglie. Torreggiò su di lei, che iniziò a sentirsi piccola, tanto da temere che la sola ombra di quell’uomo potesse inghiottirla in un buco nero, fatto di realtà scomode e dolorose.
“Sta mentendo.” – disse, decisa.
“A quale scopo? Credi che se tu non fossi veramente mia figlia, mi divertirei a strapparti dalle braccia dei tuoi genitori?”
“Sì!” – urlò lei, scattando in ginocchio sul materasso. – “Sì! Voi… voi siete fatti così! Lo so!”
“Noi? Noi chi?” – chiese l’uomo, spiazzato. Infatti, scambiò un cenno perplesso con la moglie, che glielo restituì.
“Voi purosangue! Fate il bello e il cattivo tempo e cercate sempre di mettere in difficoltà quelli come me! Ma se pensate che io mi metta a credere a tutte queste bugie, beh… vi sbagliate di grosso! Non crederei nemmeno a un test di paternità! Voi non siete i miei genitori!”
Elthon Jacob Preston era un uomo dal carattere mite. Odiava litigare, perché lo riteneva un inutile spreco di energie, ma mai come in quel momento, la sua indole pacata decise di prendersi una meritata vacanza e lasciare che tutta la frustrazione che era in lui uscisse allo scoperto.
“Molto bene.” – il suo tono di voce era freddo e tagliente. – “Domani mattina andremo in un posto. Fatti trovare pronta per le nove.”
“Devo prepararmi per tornare a scuola.” – precisò la ragazza.
Elthon aiutò la moglie ad alzarsi. Non l’aveva nemmeno sentita.
“Non contraddirmi, Hermione. Domattina alle nove puntuale in salone.” – detto ciò, uscì.









“Mi raccomando ragazzi. Fate i bravi e impegnatevi: quest’anno avete gli esami. Soprattutto tu, Ron.”
Le orecchie del ragazzo iniziarono ad avvicinarsi al classico rosso Weasley, una nuova gradazione entrata nella gamma dei colori come il Rosso Carminio o il Rosso Scarlatto.
Harry e Ginny risero, anche se una vena di malinconia traspariva dai loro occhi per l’assenza così prolungata della loro amica. Se Hermione fosse stata presente, avrebbe dato man forte a mamma Molly, coalizzandosi insieme contro il figlio.
“Forza, che siamo già in ritardo.” – con il suo proverbiale buon umore, Molly incitò i ragazzi a uscire dalla casa per dirigersi a King’s Cross. Per la prima volta in diciassette anni erano riusciti a prepararsi in tempo e di certo non voleva perderne in chissà quale stupidaggine. Poteva salutare i ragazzi come si doveva e vederli partire.
Quando si girò per chiudere la porta di casa, tirò un sospiro.
Chissà dov’era finita Hermione…




La smaterializzazione congiunta fece arrivare Harry, Ron, Ginny, Molly e Arthur dopo un attimo alla stazione. Presero i carrelli e vi caricarono sopra i loro bauli e i propri effetti personali e uno a uno passarono attraverso l’arco tra il binario nove e dieci che li avrebbe condotti nel loro vero mondo.
Una volta varcato l’ingresso, le due teste rosse e quella mora iniziarono a schizzare a destra e a manca, in cerca di una criniera familiare.
Notando con preoccupazione e sgomento che non c’era.
“Ma dove diavolo è?” – chiese Harry, davvero preoccupato. – “Non è da lei arrivare dopo di noi.”
“Mamma, Hermione non c’è!” – disse Ginny, come se la madre avesse la soluzione in tasca per ogni problema.
Perfino Molly era preoccupata.
“Ginny cara, non so proprio cosa dirti.” – fece la donna, con una mano sulla guancia, mentre cercava con gli occhi l’inconfondibile cespuglio di Hermione.
Anche Arthur non aveva aperto bocca, preoccupato da quell’assenza così insolita. E mentre i due genitori se ne stavano in disparte a controllare i bagagli dei ragazzi, i tre erano partiti alla ricerca degli altri, speranzosi di poter avere buone notizie almeno da loro.
“Dividiamoci, faremo prima. Ci troviamo alla porta sette del binario, ok?” – fece Ginny, pratica.
“Ok.” – Harry e Ron si divisero, andando incontro a volti familiari.




“Neville?”
Un ragazzo alto e moro si girò e sorrise all’indirizzo di Ron.
“Ciao Ron. Come stai? Hai passato bene le vaca…”
“Sì, sì, tutto bene. Neville, non è che hai notizie di Hermione, per caso?” – chiese lui, spiccio.
“In che senso?” – chiese lui stranito da quella domanda.
“Ti ha scritto quest’estate?” – specificò il rosso, che dall’impazienza saltellava sul posto.
“Beh, no… pensavo fosse con voi. Perché? Non era con voi?” – chiese alla fine Neville.
“Miseriaccia, no…” – rispose Ron, alla ricerca di un altro volto a cui chiedere informazioni. – “Ehi, Dean!”
Ron corse dal ragazzo che lo salutò calorosamente, ignorando i richiami di Neville che rinunciò.
“Ciao Ron. Come stai? Hai passato bene le vaca…”
“Sì, sì, grazie. Hai per caso sentito Hermione quest’estate? Ti ha scritto?”
“Beh, no. Pensavo fosse con voi. Perché? Non…”
“No, non era con noi.” – fece Ron, stizzito. Partì alla ricerca di qualcun altro a cui chiedere…

“Ciao Luna.”
“Oh, Harry. Che piacere rivederti. Harry, vorrei porgerti le mie scuse da parte di mio padre.”
Harry la guardò stranito.
“Tuo padre?”
“Sì, mio padre.”
Il moro iniziò a guardarsi intorno come se si aspettasse un attacco da un momento all’altro.
“Non ti ha mai ringraziato a dovere per avermi salvata, quel giorno. E scusalo se ha avvisato i Mangiamorte. L’ho rimproverato quando ne sono venuta a conoscenza.”
Harry iniziò a chiedersi che razza di figli sarebbero mai venuti fuori da Luna e soprattutto, chi sarebbe stato il valoroso di cuore che si sarebbe preso la ragazza in moglie.
“Beh, non ti preoccupare. Stava in pensiero per te e…” – si riscosse da solo. Non era per quello che si era avvicinato a lei. – “… comunque, non è che per caso hai sentito Hermione, quest’estate?”
La ragazza s’illuminò in viso.
“Hermione, certo!”
Harry tirò un sospiro di sollievo. Stava già per chiamare gli altri, quando Luna lo fermò.
“Come sta?”
L’entusiasmo di Harry svanì come neve al sole.
“Ecco… volevo sapere se tu avevi notizie di lei. È tutta l’estate che non la sentiamo.”
“Mi dispiace, Harry. Ma nemmeno io l’ho sentita. Credo siano stati i Ricciocorni Schiattosi.”
“I Ricciocorni Schiattosi.” – ripeté Harry, perplesso, ma poi si ricordò con chi stava parlando.
“Certo. Se gli si fa un torto ti fanno i dispetti fino a che non gli chiedi scusa. Dì a Hermione che provi a scusarsi con loro.”
“Ehm, lo farò. Grazie Luna.”
“Figurati!” – la ragazza tornò a chiacchierare con la sua amica, mentre Harry cercava di tenersi alla larga il più possibile da quella ragazza e dai suoi riccio-cosi.
“Justin!” – urlò Harry, facendo girare mezza stazione.
Il ragazzo si girò e sorrise.
“Ehi, Harry! Guarda che quest’anno voglio vedere la Coppa delle Case nella nostra Sala Comune, eh?”
“Sì, certo…” – fece il moro con un sorriso. – “Justin, scusa se te lo chiedo, ma hai mica sentito Hermione quest’estate, per caso?”
“No, sai… e poi io e lei non è che ci scriviamo così spesso.” – obiettò Justin, per nulla stizzito dalla cosa.
“Giusto. Beh, scusami. Ci vediamo a Hogwarts!”
“Ok. Ciao Harry!”
Il moro si girò e lo salutò con una mano, mentre cercava qualcun altro a cui chiedere di Hermione.
E intanto il tempo passava…

“Calì! Padma?”
Le due si girarono in sincrono, cosa che fece correre un brivido di inquietudine lungo la spina dorsale di Ginny.
“Ginny, ciao!” – risposero le due all’unisono. – “Cosa possiamo fare per te?”
Ma hanno fatto le prove, queste due?, pensò sgomenta la rossa.
“Passate bene le vacanze?” – chiese Ginny, per cortesia.
“Oh molto bene, grazie.” – a parlare fu Padma. – “Siamo state al mare un paio di settimane, poi in montagna… lo sapevi che…”
So solo che la prossima volta mi taglierò la lingua e la butterò nel cesso!, pensò Ginny, furiosa con se stessa per aver dato il via a un monologo di proporzioni galattiche. Si fingeva interessata, annuendo e sorridendo, ma in realtà non aveva ascoltato un’acca del discorso.
“… e poi siamo tornate per riposarci un po’. Sai com’è, non volevamo arrivare già stanche a scuola.” – concluse Calì.
“Ovviamente.” – rispose Ginny. – “Sentite, posso chiedervi una cosa?”
“Certo Ginny, dicci pure.” – dissero in sincrono.
“Non è che per caso quest’estate Hermione vi ha scritto?”
Le due si guardarono perplesse.
“No Ginny, spiacenti.” – fecero in coro. – “Non l’abbiamo mai sentita.”
Alla rossa prese un tic sotto l’occhio.
“Ah, capisco, vabbé non importa, grazie lo…”
Ma le due indiane, percepita aria di pettegolezzi, si avvicinarono a Ginny, con fare minaccioso e la rossa si ritrovò a indietreggiare istintivamente.
Queste due fanno paura, pensò.
“Perché? È forse successo qualcosa tra di voi? Avete rotto l’amicizia?”
Ginny cercò di dosare le parole. Una virgola fuori posto e quelle due rischiavano di scatenare l’inferno.
“Certo che no! Ha voluto passare del tempo con i suoi genitori, visto che era sempre da noi alla Tana.”
“E perché non vi ha mai scritto?”
Adesso la strangolo, pensò la rossa.
“Beh, mi sembrava di aver capito che andasse in una località dove i gufi non arrivavano.” – inventò sul momento.
“E perché allora se i gufi là non arrivano, avrebbe dovuto scrivere a noi piuttosto che a te?”
Ecco perché hanno inventato le Maledizioni Senza Perdono!, si disse Ginny, come se avesse scoperto una grande verità.
“Perché… perché era in una località di mare anche Hermione.”
Le due parvero calmarsi. Niente pettegolezzi?
“Quando ci siamo lasciati a Giugno, vi avevo viste parlare insieme. Credevo che vi foste dette dove avreste passato le vacanze.” – fece Ginny.
Padma e Calì si guardarono.
“Sì, ora che ci penso è andata così. Comunque no, Ginny. Non l’abbiamo sentita.”
La rossa sorrise e colse la palla al balzo per fuggire a gambe levate.
“Beh, non importa. Grazie lo stesso!” – e senza aspettare un loro saluto, si girò e scappò.
Sentendo su di sé due paia d’occhi inquietanti.




“Trovato niente?” – chiese Harry, che stava aspettando Ron e Ginny all’ingresso sette del treno.
“Macché!” – fece la ragazza, sconsolata.
“Niente di niente.” – confermò Ron.
Harry sospirò e cercò di ricomporsi quando vide Molly e Arthur avvicinarsi con i loro bagagli.
“Saputo niente?” – chiese Arthur.
“No.” – rispose Ron.
“Coraggio ragazzi…” – fece Molly. – “… la vedrete una volta a scuola. Adesso salite, perché il capo stazione ha già fischiato la seconda volta.”
Seppur a malincuore, i tre presero i propri bauli, lanciando continuamente occhiate furtive nei dintorni, sperando in un arrivo all’ultimo momento.
Salirono sul treno, ma di Hermione ancora nessuna traccia. Salutarono i signori Weasley e poi si diressero alla ricerca di uno scomparto dove elaborare teorie sull’assenza di Hermione.









Quella notte, Hermione, praticamente non dormì.
A dire il vero, quella situazione si stava ripetendo da quando era stata portata in quella casa, ritrovandosi a scambiare il giorno per la notte come i neonati. E quelle poche ore di sonno notturne che riusciva a concedersi, non riposava bene. Gli incubi, il rigirarsi nel letto, parlare nel sonno… erano solo alcuni dei sintomi che le impedivano di riposare correttamente.
Erano le sei del mattino e a quell’ora lei sarebbe dovuta essere in cucina di Molly a preparare la colazione agli altri e alle sette, correre in camera loro e buttarli giù dai loro letti per fare un resoconto prima della partenza.
E invece si trovava lì, in quella casa immensa, a fare i conti con una realtà che a molti, invece, avrebbe fatto comodo.
Ancora non riusciva a crederci.
Nuove lacrime si aggiunsero alle vecchie, solcando la pelle resa secca dalle precedenti che aveva smesso di asciugare perché inutile.
Si sentiva in gabbia.
Tirò un sospiro e guardò fuori dalla finestra. Era obiettivamente una casa bellissima, con un bellissimo giardino e una bellissima camera da letto.
Ma si sentiva fuori posto.
Aveva vissuto diciassette anni convinta di essere un tipo di persona e d’un tratto veniva strappata con brutalità da quella vita per essere scaraventata in un’altra che aveva sempre disprezzato.
Sì, sapeva di essere stata adottata, ma ora anche quella verità veniva rivoltata come una stanza, messa sottosopra da un ladro. Le cose che prima erano al proprio posto, che avevano un ordine ora erano a terra, una sull’altra e non si capiva dove finiva una e iniziava l’altra.
Hermione si sentiva esattamente così: rivoltata come una stanza e priva di una personale identità.
Cos’avrebbe dovuto fare una volta a tornata a scuola? Fingere che nulla fosse successo? Sarebbe riuscita a rimanere la solita Hermione, o qualcosa più grande di lei sarebbe riuscito a fare una breccia nel suo animo e cambiarla? Cos’avrebbero detto Harry, Ron e Ginny una volta saputolo? Le sarebbero rimasti vicini o avrebbero cambiato opinione su di lei? In fondo, lei faceva parte di quel mondo che loro avevano sempre disprezzato.
Scosse la testa.
Anche Ron ne faceva parte, ma Molly aveva sempre impartito insegnamenti corretti.
Un pensiero le balenò nella mente, un pensiero così meschino che se ne vergognò profondamente l’attimo successivo.
Se Ron avesse avuto le possibilità economiche di qualsiasi altro purosangue, sarebbe cambiato qualcosa?
La testa le pesava per via di tutti quei pensieri, così decise di concedersi l’unico lusso che si era presa da quando era andata a vivere lì. Andò in bagno e riempì la vasca di acqua, versandovi dentro sali tranquillanti, che potessero in qualche modo dare un sollievo al suo animo irrequieto.
Si spogliò lentamente, facendo cadere i vestiti a terra, li scavalcò ed entrò in vasca.
Schizzò qualche gocciolina fuori. In casi normali avrebbe pensato “dopo pulisco”, ma non ne aveva voglia. Voleva solo rimanere lì dentro fino a che la pelle non si fosse raggrinzita.
Chiuse gli occhi e si abbandonò ai ricordi.




“Amore, sei tornata!”
“Ciao, mamma!”
Jean Granger abbracciò la figlia come solo una madre sa fare. Hermione annusò quel profumo che da piccola sempre la calmava e si chiese come facesse ad avere sempre quell’odore addosso.
“Dai, andiamo a casa.”
“Papà?”
“E’ andato a fare la spesa e a comprarti tutto quello che ti piace.”
Tutta elettrizzata, Hermione si avviò verso la macchina, caricò il baule e la gabbietta di Grattastinchi e poi salì in macchina.
Durante il tragitto, le due parlarono di quello che Hermione aveva fatto a scuola, i voti, gli elogi dei professori, la bastardaggine di quello di Pozioni, la noia mortale che ispirava quello di Storia della Magia, la bravura della McGranitt, e la serenità che esprimeva un solo sorriso il professor Silente.
Era una macchinetta, ma Jean era felice di averla di nuovo a casa.
Quando arrivarono, la donna parcheggiò la macchina in garage, per evitare gli sguardi curiosi dei vicini che si chiedevano in che razza d’istituto mandasse la figlia per farla partire non con un normale trolley, ma addirittura con un baule.
Scaricarono i bagagli e con un semplice Locomotor vennero portati in casa. Hermione andò in camera sua e si fece una doccia. Quella sera stessa avrebbe scritto ai suoi amici, avvisandoli che il viaggio era andato bene e che già sentiva la loro mancanza.

Peccato che, quel messaggio, non sarebbe mai partito.

Fu poco dopo pranzo, che il campanello di casa suonò.
Hermione stava sparecchiando e si girò verso la madre, chiedendole se stava aspettando qualcuno. Jean fece le spallucce e andò a vedere.
“Chi è?” – urlò Hermione dalla cucina.
Ma non ricevette risposta. Perplessa, la ragazza andò a vedere dove fosse finita la madre e sgranò gli occhi quando si ritrovò due intrusi in casa.
“E voi chi siete?” – supposto che fossero due ladri, anche se a un’occhiata più attenta era un’ipotesi da scartare a priori, Hermione mise una mano sulla tasca posteriore dei pantaloni.
“Non lo farei se fossi in te.”
La voce di quell’uomo le diede una scossa. Era baritonale, ma non fastidiosa.
“Cosa diavolo volete da me?” – fece Jean, furente ma terrorizzata.
“Tu hai qualcosa che ci appartiene.” – fece la donna, avvicinandosi felina a Jean.
Istintivamente, Hermione andò dalla madre e la strattonò da un braccio, portandosela vicina. Non sapeva chi fossero, ma di una cosa era sicura: anche se sarebbe stata punita, avrebbe usato la magia.
“Non ci provare. Non vinceresti così facilmente.”
“Lei dice?” – chiese Hermione, sfilando la bacchetta dalla tasca posteriore. – “Ho combattuto contro Voldemort. Lei non mi fa nessuna paura.”
Bene, era giunto il momento di vedere se tutto il suo studiare era servito a qualcosa.

Ed era servito, eccome.
Aveva dato parecchio filo da torcere a quell’uomo, che non se la cavava per niente male. Aveva lanciato anche un paio d’incantesimi non-verbali, riusciti forse grazie alla forza della disperazione.
Ma alla fine quell’uomo aveva avuto la meglio. L’aveva disarmata e aveva distrutto il suo mondo in pochi minuti.

“Allora Jean, quant’è che non ci vediamo?”
Hermione notò la palese tranquillità dell’uomo, ma la vena che pulsava sul suo collo e il tremore delle mani le diedero a intendere il suo vero stato d’animo.
“Non so di cosa lei stia parlando!”
“Sei sicura? Fai uno sforzo, magari ti ritorna la memoria.” – si era avvicinato a Hermione, che iniziò a indietreggiare, per poi venire bloccata da un Pietrificus parziale non-verbale.
“Stia lontano da mia figlia!” – urlò la donna.
“Tua figlia?”
Nonostante fosse bloccata dal seno in giù, Hermione percepiva il suo corpo e le sensazioni che esso le mandava e in quel momento l’unica cosa che sentiva era uno spiacevole disagio all’altezza della bocca dello stomaco.
“Sì, mia figlia!”
Che scomparve per un breve istante.
“Oh, hai sentito Myra? Sua figlia…”
La donna non aveva mai parlato fino a quel momento e Hermione si ritrovò a studiarla. Una bella donna, non c’era nulla da dire, capelli castani e moderatamente ricci, fisico longilineo evidenziato da una veste stretta in vita.
La donna di nome Myra si avvicinò a Jean senza parlare, la guardò negli occhi e…
“Mamma!”
La donna la schiaffeggiò con tutta la forza a disposizione.
“Non toccarla, stronza!”
Uno schiaffo arrivò anche a lei, dall’uomo.
“Bada come ti rivolgi a lei, signorina.”
“Siete due vigliacchi!” – urlò.
L’uomo alzò la mano per dargliene un altro, ma Hermione non si ritrasse, anzi. Lo fronteggiò fieramente.
“Facile prendersela con chi non può difendersi, vero?”
L’uomo la guardò dritto negli occhi e abbassò il braccio.
“Adesso ci liberi e andatevene subito di qui! Non chiamerò gli Auror!”
“Oh, tranquilla, non ce ne sarà bisogno.” – fece l’uomo.
“Cosa…”
“Ci ho già pensato io.”
Jean si girò terrorizzata verso quell’uomo.
“Io non le ho fatto niente! Ci lasci andare, subito!”
“Che fretta hai, Jean?”
E nonostante l’unica cosa che volesse fare era urlare il suo odio e il suo disprezzo contro quei due per essere piombati in casa loro e averle segregate, Hermione fece uno sforzo e gli fece la domanda.
“Come fate a conoscervi?”
“Oh, sono diciassette anni che ci conosciamo, vero Jean?”
La donna non rispose, trincerandosi dietro un ostico silenzio. Ma ciò che più alimentò quel disagio alla bocca dello stomaco di Hermione fu che, mentre quell’uomo dava un lasso di tempo ben preciso, aveva guardato lei.
Lei, che aveva diciassette anni.
“Mamma… chi sono questi qua?” – chiese Hermione.
“Nessuno, tesoro. Non so chi siano e cosa vogliono, ma ti prego di non ascoltare le bugie che ti diranno!”
L’inconscio di Hermione lavorò su quella frase. Come faceva Jean ad affermare con così tanta sicurezza che quei due avrebbero detto solo menzogne?
“Bugie, Jean?” – chiese Myra, avvicinandosi elegantemente alla donna.
“Stalle lontana!” – urlò Hermione.
Myra non l’ascoltò e si avvicinò ugualmente alla donna, con un incantesimo non-verbale la fece avvicinare alla ragazza e appellò uno specchio.
Voleva fare un confronto.
“Dimmi, Hermione… ”
La ragazza si sentì sollevata quando sentì la madre accanto a sé.
“… quali somiglianze noti in questi due volti?”
Hermione sorrise sarcasticamente.
“Se credete che non sappia che lei non è la mia madre biologica, beh… avete fatto tutta questa strada per niente. Lo sapevo già.”

Li aveva sorpresi, quel giorno.
Loro credevano che non sapesse che era stata adottata e li aveva sorpresi.
S’immerse nella vasca anche con la testa.
Non voleva più pensare.

“Sì, lo sapevo. Lei non è la mia madre biologica e di questo sono contenta.”
Hermione credette che Myra avesse perso un po’ del suo contegno.
“Lo sai… e… sai anche chi sono i tuoi veri genitori?” – chiese la donna, con negli occhi qualcosa che assomigliava a una vana speranza.
“No, e non m’interessa saperlo. Non dopo ciò che mi hanno fatto.”
I due si guardarono in faccia, perplessi.
“Hermione, di cosa stai…”
“Che nessuno si muova!”
Una voce perentoria irruppe nella discussione, mettendovi momentaneamente la parola fine.
“Jean Alexandra Smith in Granger, la dichiaro in arresto.”
“Cosa… MAMMA! MAMMA!”
“Sta tranquilla, tesoro. Si risolverà tutto.” – fece la donna, guardando con astio i due intrusi.
Le manette magiche scattarono ai polsi di Jean Granger, mentre Hermione veniva liberata dal Pietrificus. Corse immediatamente verso la genitrice, ma due braccia forti le impedirono ulteriori movimenti. Scalciò e prese a pugni quel mostro che la stava separando dalla sua mamma, quando cadde svenuta tra le sue braccia.
Si svegliò nella camera che fu per tre lunghi mesi il suo unico luogo sicuro.

Riemerse dalla vasca, prendendo un enorme respiro. Stava risentendo della mancanza di ossigeno e alla fine uscì. Tossì un paio di volte e portò i capelli all’indietro.
Non voleva più ricordare, ma quel gesto aveva sortito l’effetto contrario. I ricordi sembravano più vividi, come se fossero accaduti solo il giorno prima.

“Hermione, noi siamo i tuoi veri genitori. Ti abbiamo cercata così tanto…”

Pugnò la superficie dell’acqua e portò le mani al volto.
Guardò l’enorme orologio appeso in bagno e notò che era rimasta in vasca per un’ora. Erano appena le sette e aveva ancora due ore per potersi torturare.
Uscì dalla vasca, aiutandosi con le braccia. Era come quella del bagno dei Prefetti, certo, leggermente più piccola, ma comunque comoda per una decina di persone. Si risciacquò dalla schiuma e si coprì con l’accappatoio. Era stanca, sfibrata.
Non sapeva quanto ancora potesse reggere quel ritmo.
Anche se Myra ed Elthon credevano che Hermione non facesse altro che dormire dalla mattina alla sera, la realtà era che la ragazza aveva riflettuto. C’erano troppe cose nei racconti di sua madre che non le tornavano. Solo la sera prima era venuta a sapere che sua madre era una dipendente del San Mungo e, anche se non ne capiva il motivo, stava iniziando a rivalutare le affermazioni di quei due.
Era molto combattuta. Da una parte voleva scendere e dire loro che erano stati bravi, che erano quasi riusciti a convincerla di tutta quella sceneggiata, l’altra parte, invece, era quella che la frenava sempre.
Forse perché aveva la sensazione che quei due signori fossero assolutamente sinceri.
Massaggiò le tempie: stava rivalutando anni e anni di certezze per un qualcosa che non capiva nemmeno lei stessa, per un cumulo di sensazioni che la facevano sentire… sbagliata.
Rientrò in camera e notò che il vassoio della colazione era sul tavolino davanti alla finestra. Si avvicinò e si sedette sulla poltrona, osservando quel vassoio, come se contenesse la soluzione ai suoi problemi.
Iniziò a sbocconcellare qualcosa, perché aveva come la sensazione che di energie ne sarebbero servite.









Note di me:
Eccoci alla fine. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbia provveduto a chiarire la situazione di Hermione. Ho letto molte fic su Hermione che in realtà era una purosangue, ma le vedevo trattate abbastanza superficialmente, nel senso che i sentimenti di Hermione non venivano presi sufficientemente in considerazione.
Tutto questo senza nulla togliere allo scrittore, s’intenda.
Solo che ho voluto dare la mia versione dei fatti e trattare con maggior profondità la tematica. Spero la possiate gradire, anche perché ce ne sono di cose da dire…
Bene. Vi lascio a riflettere su questo capitolo. Ah!, e se per caso andando avanti con la storia trovaste delle discordanze, vi prego… non ditemelo.
Mi è costata sudore e fatica e benché l’abbia letta, riletta e stracorretta, qualcosa sicuramente mi sarà scappato e rivedere una storia di 400 pagine di word per me è un vero martirio.
M’inchino e ringrazio per la pietà dimostratami. ù_ù
Callistas.
  
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