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Autore: Andy Grim    11/06/2011    4 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9: Chi non muore si rivede

Il lungo singhiozzo dei violini d’autunno

 ferisce il mio cuore con monotono languore

(Paul Verlaine, 1866)

Capitolo 24: Missing in Action

 

UCPFH 24

 

 

I

l monotono ronzio del Packard Merlin V1650 che stava trainando il suo P-51 D Little Ann attraverso la Manica, stordiva piacevolmente il tenente Archibal Cornwell, matricola 11183150, capo-sezione della 15a Squadriglia d’Attacco, inquadrata nel 45° Gruppo del 2° Stormo Tattico, in forza alla Decima Forza Aerea.

Tale circostanza permetteva al secondo nipote del magnate d’oltreoceano William Albert Andrew di sopportare meglio la struggente sensazione delle notte appena trascorsa. Il suo comandante di Squadriglia, capitano John C. Mayer, gli aveva malauguratamente consentito - in via del tutto eccezionale - di trascorrere la vigilia della missione con la sua giovane consorte, pensando che questo lo avrebbe temprato efficacemente per l’importante operazione che il reparto doveva compiere nella giornata del 7 Giugno.

Il reparto di Archie avrebbe dovuto battere le principali direttrici stradali e ferroviarie che collegavano la regione dello sbarco al restante retroterra francese sud-occidentale, neutralizzando qualunque eventuale contrattacco che il nemico avesse sferrato contro le due divisioni aerotrasportate dell’Esercito (82a e 101a) scese due notti prima a presidiare gli accessi delle spiagge Utah e Omaha, dove la mattina del 6 erano sbarcati i reparti della 4a e della 29a divisione di fanteria statunitense nell’ambito dell’Operazione Overlord.

Se soltanto Mayer, quell’impiccione d’un viennese romantico, avesse badato agli affaracci suoi… chissà come si sarebbe temprato, il capo-squadriglia, passando l’intera nottata a fare l’amore con sua moglie, fra un singhiozzo e l’altro di quest’ultima! Il tenente Cornwell avrebbe trascorso il resto della vita a chiedersi come poteva riuscire una donna a raggiungere l’orgasmo piangendo! Anche se, conoscendo la sua dolce metà, non ci sarebbe stato molto da stupirsi, dato che il melodramma era sempre stato il suo forte.

Era davvero curioso quanto la timida Annie fosse opposta di carattere alla solare Candy - la sua vecchia fiamma, mai del tutto estinta - considerando soprattutto che quelle due avevano trascorso l’infanzia insieme. D’altra parte, l’impossibilità che aveva avuto un vulcano come miss tuttelentiggini nel plasmare a dovere la sua “sorellina” (come aveva invece fatto coi tanti altri che aveva conosciuto) denotava la notevole caparbietà dell’attuale signora Cornwell, pur tenendo conto del poco tempo che aveva avuto a disposizione la sua compagna di brefotrofio, prima che lei venisse adottata dai coniugi Brighton.

Eh, già… Archibald Cornwell Andrew, il dandy prestato all’aviazione (così lo chiamavano diversi commilitoni)[1] doveva pur convenire che dietro a quell’apparente fragilità, la sua mogliettina nascondeva e sapeva sfoderare una grintosa volontà di ferro, come i graffi sulla schiena e sulle braccia continuavano fisicamente a ricordargli, testimoni non soltanto dell’umida e focosa notte di passione, ma anche dei suoi disperati tentativi di trattenerlo nella loro stanza d’albergo.

Solo alla domanda del marito “Vuoi diventare la moglie d’un disertore?!” la povera Annie l’aveva mollato. Per fortuna lo spettro del disonore faceva ancora presa sulla figlioccia della signora Brighton!

*A proposito dell’influenza di Candy* meditò ancora il tenente del 45° mentre si grattava un succhiotto che gli prudeva sul collo *c’è da dire che nemmeno coi cuginetti Legan s’è rivelata efficace[2]… un vero peccato: pensa a quanti grattacapi di meno!*

“Sparrow 2 a Sparrow 4…” gracchiò negli auricolari la voce del capo-squadriglia “…tenete gli occhi aperti: siamo per sorvolare la costa nemica!”

“Roger, capitano” rispose Archie, dopo un lieve trasalimento “capo-sezione a gregari: avete sentito?”

“Forte e chiaro!” confermarono i suoi tre compagni, che gli volavano appresso nella canonica formazione a quattro dita. Dopo avere sorvolato la Manica, dove innumerevoli navi alleate stavano ancora facendo la spola fra le coste meridionali inglesi e quelle della Normandia, riversandovi sempre più uomini, veicoli e rifornimenti, il reparto tattico della Decima stava superando ad alta quota il litorale ben presto noto in tutto il mondo come la spiaggia di Bloody Omaha. Gli otto cacciabombardieri stavano seguendo una rotta che li avrebbe portati sopra Saint-Lô, dove l’Intelligence aveva riferito, grazie ai rapporti della Resistenza francese, che vi si trovava acquartierata una panzerdivision tedesca, pronta a piombare su Sainte-Mère-Eglise, ora presidiata dalle Aquile Urlanti della 101a Divisione Aviotrasportata.[3]

*Ed eccoci ancora sopra la Douce France* si disse il tenente Cornwell, contemplando le verdi distese dei campi, intervallate da macchie rigogliose[4] *ormai dovrei esserci abituato, ma mi si serra sempre la bocca dello stomaco! Immagino le risate di mio cugino, se lo sapesse…*

 

***

Il buon Archie conosceva bene il motivo di questa tensione: pur essendo ormai svezzato come pilota militare, era quella la sua prima missione operativa di attacco al suolo, da quando era stato trasferito a tale specialità.

Quando la Decima Air Force era giunta alla sua massima espansione, le sue squadriglie da caccia erano state ripartite fra il 1° Stormo Strategico di Victor Sanders, avente il compito di colpire le infrastrutture nemiche nelle retrovie e il 2° Stormo Tattico del brigadiere James Pryor,[5] che si sarebbe occupato di attaccare al suolo le unità della Werhmacht. Pryor aveva però preteso che anche il suo Stormo disponesse di un proprio reparto di caccia di scorta e così il glorioso 444° Fighting Group, già inquadrato nell’Ottava Air Force di Ira Eaker (prima della sua trasferta mediterranea col Greason Detachment), si era scomposto in due unità distinte: il 99° Fighting Group, al comando del maggiore Roy Master, che avrebbe scortato le Fortezze Volanti del 22° Gruppo Bombardieri, nell’ambito del 1st Strategic Wing e il 65° Escort Group, che avrebbe invece protetto i cacciabombardieri e gli assaltatori del 45° Attack Group, in forza al 2nd Tactical Wing.[6]

L’allora sottotenente Cornwell aveva creduto di rimanere nel 99° Caccia, assieme all’ex compagno del defunto fratello maggiore, ma le cose non erano andate così. Non solo era stato trasferito dallo Stormo Strategico a quello Tattico, ma non era nemmeno rimasto sugli intercettori: dopo un breve quanto intenso corso sulle nuove procedure di combattimento, era stato infatti aggregato ad una delle tre squadriglie del 45° Gruppo, come pilota di cacciabombardiere!

Archie non aveva prove certe, ma s’era fortemente convinto che dietro a tutto ciò vi fosse lo zampino della moglie e soprattutto il potente aiuto della loro cara amica lentigginosa. Se l’era potuta ben immaginare la sua “tenera” consorte stringere convulsa le mani del comandante in capo e supplicarlo perentoriamente di metterlo subito a terra, affinché non facesse la fine del cognato. E, se non erano bastate le preghiere di Annie, non c’era dubbio che avesse provveduto Candy a dare il colpo di grazia ai residui scrupoli professionali del generale Greason. L’asso degli assi poteva ostentare fin che voleva la sua granitica devozione nei confronti della moglie Flanny, ma era altrettanto palese l’ascendente che la sua bionda collega esercitava pure su di lui!

Il terrore di ripetere l’esperienza vissuta colla perdita di Stear e di dover comunicare alla giovane signora Cornwell che non avrebbe più rivisto l’amato consorte (eventualità che l’avrebbe di certo schiantata di crepacuore mettendolo in una posizione disastrosa davanti a Candy) aveva ben convinto il comandante della Decima, se non a “imboscarle” il maritino, a toglierlo almeno dagli aerei da caccia.

Non che le operazioni di attacco al suolo fossero faccende da sbrigare in tutta tranquillità, ma per lo meno un pilota di cacciabombardiere si trovava meno isolato di un intercettatore e la contraerea, per quanto intensa si manifestasse, rappresentava spesso un deterrente più che una minaccia concreta.[7] Il rovescio della medaglia era però che, se l’aereo veniva effettivamente colpito proprio durante la discesa sul bersaglio, la bassa altitudine e la forte velocità rispetto al suolo lasciavano ben poche possibilità di sopravvivere gettandosi fuori, contrariamente a quando lo si poteva fare in alta quota, dopo essere stati abbattuti da un caccia avversario. Ma tutto non si poteva avere…

 

***

 “Sparrow 2 a Sparrow 4” trasmise ancora il capitano Mayer “siamo a tre minuti dall’obiettivo… state pronti!”

In basso, davanti ai musi degli otto P-51, incominciava a delinearsi la brughiera nei dintorni di Saint-Lô. Il CO della 15a Squadriglia d’Attacco tornò a far udire la sua voce nelle cuffie dei piloti: “Sparrow 2 a Sparrow 4: guardateci le spalle mentre scendiamo sull’obiettivo. Dopo lo sgancio ci rialzeremo per coprire il vostro attacco. Tutto chiaro?”

“Wilco, capitano” rispose Archie “procedete pure!”

I quattro Mustang della sezione guidata da Mayer picchiarono risoluti sulla coltre verde della boscaglia e, poco dopo, sei fiori luminosi s’accesero sotto le loro ali, denunciando l’accensione di altrettanti razzi propulsori. Gli innovativi missili aria-terra, dotati di una testata esplosiva da 60 libbre,[8] abbandonarono gli attacchi subalari per scendere inesorabili verso il terreno. Ancora una manciata di secondi e una serie di esplosioni scosse l’etere, mentre diverse vampate di fuoco guizzavano fra le incolpevoli querce, di cui numerosi tronchi iniziarono a rovinare al suolo.

“Mi piange il cuore per quei poveri alberi!” osservò rammaricato il sottotenente Claude J. Crenshaw, figlio di un ranger del Parco di Yellowstone.

“Concordo…” ammise il capo-sezione, ricordandosi dei boschi attorno a Lakewood.

Dopo avere sganciato anche le due bombe da 500 libbre, gli aerei della 1a Sezione risalirono rapidamente, alleggeriti da tutto quel peso, mettendosi poi a circuitare sulla zona sovrastante. Erano adesso di nuovo dei caccia, pronti a difendere i compagni durante il loro turno di attacco.

“A voi, 2a Sezione: date la ripulita finale!” ordinò Mayer, sempre col suo accento austriaco.

“Con piacere!” rispose il tenente Cornwell.

Trasmesso l’ordine ai suoi gregari, Archie abbassò la mano destra sul pannello davanti alla cloche e azionò gli interruttori per armare il proprio carico di caduta, ubicati sotto gli strumenti di volo.

“Andiamo, ragazzi… e speriamo che dopo la guerra lo rimboschino, qui sotto, anziché farci un parcheggio!”

“La seguiamo, tenente!” rispose il fido Crenshaw.

I quattro Mustang della Sezione di Cornwell planarono a loro volta sulla foresta, già parzialmente divelta e in fiamme, sganciando anch’essi le loro M43 con calma e precisione.

All’improvviso un paio di Panther sbucarono da una macchia ancora integra e si diressero lungo i campi alla massima velocità consentita.

“Sparrow 4 a Sparrow 11 e 12: date l’ultima ripassata coi razzi. A quei due unni ci pensiamo noi!”

“Roger, Sparrow 4!” risposero i sottotenenti Sandy Daimond e Lenny Carson.

“Sparrow 10, wilco!” confermò invece il suo secondo.

Mentre i compagni eseguivano l’ordine, Cornwell e Crenshaw puntarono i musi dei loro aerei contro i panzer tedeschi, i cui equipaggi, certamente colti dal panico, avevano abbandonato sconsideratamente quella posizione protetta, per quanto precaria fosse diventata.

“Io punto su quello a sinistra, Claude. Tu cura l’altro!” dispose il capo-sezione.

“Okay, Arch. Buona caccia!”

“Altrettanto, chiudo!”

Il cugino adottivo di Candy estrasse completamente gli aerofreni e ritrasse la manetta verso la posizione di chiusura. Il regime del motore calò sensibilmente e Archie, dopo aver regolato il mirino N9, impugnò saldamente la barra, concentrandosi nella picchiata.

Il comandante del carro, che si era sporto audacemente dallo sportello della torre realizzando l’attacco degli aerei avversari, stava dando nervose istruzioni al suo pilota con l’intercomunicatore di bordo. Si vide allora il Panther cominciare a zigzagare per rendere difficile la mira all’attaccante.

“Troppo lento, amico” scosse la testa il pilota “molto spiacente di doverlo fare…” e premette il pulsante di fuoco.

I proiettili razzo-propulsi si sganciarono dalle ali del Little Ann e discesero verso il suolo, assumendo traiettorie lievemente divergenti. L’autiere del carro tedesco pestava forsennato sull’acceleratore, spingendo il motore Maybach al massimo dei giri. Al tempo stesso il capo-carro, l’oberfeldwebel Johann Wassermann, puntava freneticamente la Spandau[9] contro il minaccioso cacciabombardiere.

Il bravo equipaggio della panzerwaffe avrebbe certamente fatto meglio ad abbandonare quel carro fuggendosene a piedi, ma l’ultima cosa che un soldato tedesco abbandona è la sua arma e questa valorosa fermezza dovette costar loro la vita. Un tiro del genere era abbastanza empirico, in assenza dei futuri sistemi di guida elettronica, ma gli HVAR[10] erano pur sempre sei e, per quanto pesante, a quel genere di bersaglio ne bastava uno… un sordo boato si diffuse nell’aria, mentre una nuvola di fumo e di fiamme prese il posto del Panzerkampfwagen V Ausf. A, la cui torre, pesante più di dieci tonnellate, veniva sollevata in aria come il tappo d’una bottiglia di Champagne: la testata del missile doveva aver centrato il serbatoio della benzina o la riserva di munizioni.

A quella vista lo stomaco di Archie si contrasse in una fitta dolorosa. Nessuno poteva avere avuto scampo, dentro quel carro!

“Ottimo lavoro, 2a Sezione” comunicò Mayer “riprendete quota per ricostituire la formazione. Rotta di rientro.”

Pochi minuti dopo gli otto Mustang della 15a Squadriglia procedevano nuovamente in volo orizzontale, diretti verso nord.

“Un colpo da maestro, tenente!” gridò nella cuffia di Archie la voce di Claude Crenshaw, non appena si ritrovarono affiancati. La sua azione era stata meno proficua, giacché i carristi del suo bersaglio, più abili o più fortunati, erano riusciti a mandare a vuoto il suo tiro.

Ma il capo-sezione non manifestò nessuna esultanza: “Quei poveri diavoli… neanche il tempo di pisciarsi sotto!”

“Non rammaricarti, Arch” lo consolò il compagno “avrai salvato almeno tre nostri equipaggi!”[11]

Mors tua, vita mea” commentò amaramente Cornwell “mia cugina ha davvero ragione quando dice che la guerra è una schifezza!”

“Tua cugina? Quella sventolona bionda coi codini sulla testa che venne a trovarti quella sera, alla base, insieme a tua moglie?”

“Già. Hai buona memoria!”

“E come potevo scordarla? Non sei mica stato carino, a non presentarmela!”

“Tempo sprecato…”

“Perché, l’hanno già accalappiata?”

“Purtroppo…!” confermò Archie, con un grugnito di disappunto.

“E chi è il fortunato collega?” s’incuriosì il gregario.

“Nessun collega: è solo un attore di teatro. E per di più inglese!”[12]

“Davvero?!” esclamò Crenshaw, per cedere poi alla tentazione di stuzzicare il suo numero uno “Mi deludi, tenente: farti soffiare una bambola simile da un limey imboscato!”

“Chiudi la bocca, ficcanaso e pensa ai casi tuoi!”

Claude ridacchiò:“Non te la prendere, Arch… anche la tua Annie è un vero bocconcino!”

“Non mi lamento” sospirò il tenente “è solo che…”

“Basta ciance, voialtri” li redarguì severamente il capo-squadriglia “tenete gli occhi aperti per altri bersagli a terra, 2a Sezione. Noi della 1a pensiamo ai caccia.”

“Wilco, Sparrow 2!” rispose Cornwell, serrando la mascella dalla stizza. Mayer era sempre il solito: all’eventuale intercettazione del nemico in aria voleva sempre provvedere di persona. E pensare che lui stesso era stato abilitato come pilota da caccia, quando s’era arruolato nell’USAAF! Come rimpiangeva quei tempi… detestava quello che faceva adesso. Per lo meno, nei duelli aerei, gli aviatori nemici avevano la loro chance: le prestazioni dei caccia alleati e di quelli tedeschi si equivalevano abbastanza e il risultato di uno scontro dipendeva in gran parte dall’abilità del pilota. Ma, colpendo un bersaglio terrestre, Archie sentiva sempre un moto di vergogna, perché pensava che chi stava là sotto non aveva nessun modo di difendersi.

“Sparrow 2 a Sparrow 4” comunicò il sottotenente Carson “individuato target a ore due, lungo la strada!”

Archie puntò lo sguardo in quella direzione, accertando la presenza di una colonna di sei autocarri Opelblitz che percorreva velocemente la Route Nationale 174.

“Pare ci sia altro lavoro da fare” constatò il capo della 2a Sezione “torniamo giù a sistemarli.”

“Lascia fare a noi, tenente.” propose Carson, ben conoscendo la succitata idiosincrasia del superiore.

“Ti ringrazio, Lenny… ma sono troppi per due caccia con le sole mitragliatrici. Serviamo tutti. Sparrow 4 a Sezione: attaccare in ordine di ruolo!”

“Roger…!” risposero i tre gregari.

I quattro P-51 dell’unità di Cornwell iniziarono a picchiare dolcemente verso quell’invitante colonna di succosi bersagli, praticamente indifesi. O almeno così sembrava… perché, non appena il Little Ann di Archie si trovò nella posizione ottimale per tirare le sue raffiche contro l’autocarro di testa (così da bloccare la strada a quelli che lo seguivano), si videro i teloni dei camion arrotolarsi improvvisamente per lasciar libero il campo di tiro a dei cannoncini antiaerei da 37 millimetri!

Psicologicamente restio com’era a infierire contro quel genere di bersagli, il marito di Annie non fece nemmeno in tempo a collimarne uno prima di vedersi circondato dalle scie dei traccianti provenienti dalle micidiali Flak trasportate sui cassoni dei veicoli.

A bordo dei Mustang volarono giudizi piuttosto duri sulle madri di quei tedeschi…

“Porci bastardi” gridò Crenshaw, sgomentato “ci hanno teso una trappola!!”

“Disimpegnatevi… riprendere quota…!” ordinò subito il tenente Cornwell. Ciò fatto ritirò i flap, ridusse il passo dell’elica e spinse la manetta a fondo corsa per allontanarsi il più possibile. Ma il personale della Luftwaffe[13] che componeva quel reparto antiaereo aveva saggiamente disposto che il cannoncino dei due camion di testa fosse puntato verso la direzione di marcia, in modo da poter prendere di mira gli aerei, subito dopo che li avessero sorvolati. Così, sebbene i quattro caccia avessero rotto la formazione disperdendosi a ventaglio, le due Flak di testa poterono mantenere il tiro su un paio di loro: quello di Carson e quello di Cornwell.

Il primo se la cavò con qualche foro nell’ala sinistra, che la robusta struttura del P-51 fu in grado di reggere senza compromettere la tenuta di volo, mentre il secondo si beccò un proiettile in pieno muso, che appiccò un incendio al serbatoio del refrigerante.

“Maledizione…!!” gridò il povero Archie, vedendo scomparire ben presto lo spazio circostante dietro una coltre di fumo nero.

Cercando di tenere a bada l’agitazione, il pilota tolse il contatto al motore e premette il pomello dell’impianto estinguente, che però non volle saperne di funzionare.

“Oggi non è giornata…!” commentò, amaro.

“Sparrow 10 a Sparrow 4… mi senti, Arch? Arch…!!”

“Cinque su cinque, Claude… sono nei guai!”

“Arch, lanciati subito: se il fuoco raggiunge il serbatoio dell’olio, sei fottuto!”

“Wilco… farò del mio meglio. Ma mi serve un po’ di quota, se non voglio rimetterci l’osso del collo!” rispose il compagno, tirando la cloche.

A motore fermo non poteva però sperare di guadagnarne granché, se non voleva rischiare uno stallo. Quando l’altimetro rasentò i mille piedi, Archie tirò con forza la rossa leva di emergenza con la scritta canopy release. Subito la cupola di plexiglas che ricopriva l’abitacolo se ne volò via, liberata dagli agganci e il pilota si sentì penetrare fin nelle ossa il freddo intenso dell’aria esterna.

Adesso si trattava di lanciarsi, ma non era una cosa facile. Non si abbandona un aeroplano in volo come si salterebbe da un treno o da un’auto. Il pericolo di venire investiti dai piani di governo o frantumati dalle pale dell’elica è troppo reale per trascurarlo.[14] Archie ricordava chiaramente le parole del suo istruttore al corso avanzato: “Ricordatevelo sempre, boys: il modo più sicuro per salvare la ghirba, se appena siete in grado di farlo, è quello di sganciare la cinghia di sicurezza, capovolgere l’aereo e lasciarvi scodellare giù come un uovo da friggere… cercando di finire in padella anziché sulla brace, possibilmente!”

La conclusione aveva suscitato fra gli allievi una certa ilarità, ma ora il tenente Cornwell non rideva per niente, al ricordo di una certa persona che la ghirba non l’aveva salvata, proprio perché non si era trovato in grado di fare più nulla…

“Proteggimi tu, fratello, se ancora non ti manca la mia compagnia…!” lo pregò.

Liberata la fibbia della cintura, si segnò rapidamente per poi spingere la barra tutta a sinistra, dopo aver portato il timone al centro. L’orizzonte ruotò rapidamente di centottanta gradi e Archie, chiuse gli occhi non appena si sentì risucchiare dalla gravità terrestre. Senza por tempo in mezzo, tirò la maniglia d’apertura che aveva già stretto in pugno e avvertì il fruscio del nylon[15] fuoriuscente dall’involucro. L’ombrello del paracadute si aprì regolarmente e il contraccolpo dell’imbragatura infierì purtroppo su una parte del corpo che la notte precedente aveva dovuto fare gli straordinari… Archie mandò un affettuoso moccolo alla sua consorte e all’intero genere femminile!

 

***

Nel frattempo i suoi gregari stavano indugiando sulla zona per capire se l’aveva scampata, ma il comandante di squadriglia fu costretto a richiamarli all’ordine: “Sparrow 2 a 2a Sezione: ripristinare la formazione e procedere al rientro!”

“Sparrow 10 a Sparrow 2… il tenente Cornwell è stato abbattuto dalla contraerea e s’è lanciato. Dobbiamo fare qualcosa!”

“E che vorresti fare, Crenshaw? Scendere a prenderlo? Non sei su un R-4.”[16]

“Ma, capitano… qua sotto è ancora territorio nemico!”

“Poco male… se è rimasto intero e riesce a non farsi beccare dai crauti per un giorno o due, le nostre truppe lo raggiungeranno.”

Il sottotenente Crenshaw strinse i denti per non mancare di rispetto al superiore. Quella fredda logica mitteleuropea gli dava parecchio sui nervi. Arch era suo amico, porca miseria!

“Signore, mi lasci scendere per vedere se è ancora vivo, la prego!” supplicò.

“Negativo, Sparrow 10: non ti basterebbe il carburante per rientrare. Finiresti in bocca ai pesci, in fondo alla Manica.”

“Correrò il rischio, capitano. La pelle è mia!”

“Ma l’aereo è dei contribuenti. Resta in formazione, è un ordine!”

“Roger…!!” grugnì Claude soffocando una bestemmia. E poi pensò: *Va’ in malora, malnato tirolese bifolco dei miei coglioni!*

Con l’animo pieno d’angoscia si mise a setacciare con lo sguardo il terreno sottostante, alla ricerca del paracadute di Archie, ma senza risultato. Sospirando, si concentrò allora sulla rotta, consapevole di avere adesso la responsabilità dei suoi due compagni di sezione.

 

***

Archibald Cornwell non ebbe modo di contemplare l’ameno paesaggio che si stendeva sotto di lui, poiché la bassissima quota da cui s’era lanciato gli concedeva un tempo di discesa piuttosto breve. Né poté disporre di un grande margine per controllare la direzione, sollecitando le funi di sostegno del paracadute. Aveva bensì adocchiato un invitante covone, accatastato vicino a una grossa cascina, ma ben presto si dovette accontentare di un’enorme platano che s’innalzava poco distante…

“Eh, no… miseriaccia d’una… ma puttana miseria…!!”

La tuttora viva e vegeta signora Elroy si sarebbe inorridita a sentire il suo nipote più distinto pronunciare quegli sconci epiteti da plebeo! D’altra parte due anni abbondanti di servizio militare avevano decisamente influito sul carattere dell’ultimo rampollo della facoltosa famiglia americana.

Dopo avere falciato numerosi rametti ed essersi contuso nelle parti più sensibili del corpo, procurandosi una discreta collezione di bitorzoli, il malcapitato aviatore della Decima Air Force riuscì finalmente ad avvinghiarsi a un nodoso ramo della prima biforcazione, a circa dodici metri d’altezza. Il più era fatto. Adesso si trattava solo di scendere…

*Povero me… e pensare che per Candy sarebbe come bere un bicchier d’acqua!*

Quest’auto-considerazione stuzzicò in qualche modo il suo orgoglio maschile: “Animo, amico… non vorrai mica farti bagnare il naso da una femmina, per quanto adorabile e in gamba sia. Sei un soldato, per di più…!”

Ciò detto, si sfilò i guantoni da volo per avere maggior presa sulla corteccia e iniziò a scendere cautamente lungo il tronco. Inutile dire che, dopo pochi secondi, rivoli di sudore gli scorrevano già fra l’intera peluria, drizzata dalla fifa.

“Mannaggia! Se solo mi fossi unito ad Anthony e Stear, quando Candy pretendeva d’insegnarci a salire sugli alberi, nel parco di Lakewood…”

Omise ovviamente di specificare che aveva resistito alle pressioni della biondina per la paura di compromettere il suo prezioso guardaroba. E ora ne pagava lo scotto.

“Coraggio…” mormorò, cercando di dominare la tremarella “…ancora qualche metro e ci siamo… piano piano… ecco… ancora un po’… oddio…!!”

A soli tre metri dal suolo il povero Archie perse completamente la presa e, complice anche il suo fisico non eccessivamente mingherlino (era sempre stato un amante della buona tavola, dilettandosi pure a cucinare, con grande disappunto di sua zia),[17] scivolò giù pesantemente, finendo col posteriore a terra, non rompendosi per poco l’osso sacro contro una nodosa radice.

Il dolore fu però talmente intenso da farlo ricadere supino sul terreno, privo di sensi.

***

Chiuso nel suo ufficio presso la base di Grant Field, sede del 99° Gruppo Caccia, il generale Andrew Steve Greason, comandante della Decima FA, stava consultando attentamente i rapporti pervenutigli, via via, dai responsabili dei reparti tattici.

Appoggiate alla scrivania si notavano le due stampelle di cui ancora doveva servirsi per camminare. Il decorso post-operatorio seguito all’incidente sul cielo di Eiserfeld era stato concordemente definito prodigioso da tutta l’equipe medica civile e militare. Il dottor Farrell non dubitava che, tempo qualche settimana ancora e l’aquila americana avrebbe nuovamente potuto spiccare il volo. Per fortuna, né le alte sfere dello SHAEF di Londra, né quelle dello JCS di Washington[18] avevano saputo della sua performance per neutralizzare la bomba fortuitamente sganciata dal Candy Candy!

Il generale Spaatz e il generale Arnold erano andati personalmente a trovarlo in ospedale per congratularsi sull’ottimo risultato dell’operazione contro il fantomatico laboratorio chimico e naturalmente avevano voluto sapere chi mai fosse stato quel pilota tedesco così abile da sorprendere dal basso il loro campione (era stata quella la versione “ufficiale”…) e il loro irrequieto pupillo, stringendo in una morsa la mano di Flanny, presente al colloquio, aveva spudoratamente risposto che anche ai migliori può capitare di farsi mettere sotto da un pivello fortunato e che la lezione gli sarebbe servita per non ripetere quell’errore, in futuro! Così aveva detto fissando la moglie negli occhi, che aveva compreso perfettamente a quale errore si fosse in realtà riferito il suo uomo.

La sua bella, cara, dolce e forte Flanny, che non gli avrebbe mai chiesto di smettere di volare. Andy le aveva bensì giurato che non avrebbe mai più corso un rischio così folle, ma la signora Greason era purtroppo sicura che continuare a dividere il marito con il cielo le avrebbe procurato ancora ansia e sofferenza a volontà. Aveva il diritto di farlo, specialmente ora che la sua meravigliosa compagna stava per dargli un secondo figlio? Era giusto continuare a rischiare di non poter tornare insieme alla sua famiglia, quando quel tremendo conflitto fosse terminato?

Cosa ci sarebbe stato di così disdicevole a proseguire il suo lavoro dirigendo la Decima Forza Aerea da terra? Non aveva già fatto abbastanza, come combattente? La sua esperienza organizzativa e la sua competenza tattica non lo rendevano palesemente più prezioso come coordinatore che come cacciatore, quando ad abbattere gli aerei con la svastica rimanevano pur sempre piloti come Jim Stone, Vic Sanders, Roy Master e Vinny Hames, ormai abili quasi quanto lui? Cosa sarebbe mancato, lassù, nella lotta, se quaggiù il loro comandante avesse finalmente restituito la serenità alla moglie?

Sarebbe mancata la leggenda… sarebbe mancata, in tutti i suoi aviatori, la consapevolezza che l’asso degli assi era insieme con loro. Sarebbe mancato il sostegno psicologico che dava il solo vedere quel Thunderbolt verde con il muso quadrettato e quell’aquila disegnata presso il cockpit. Quanti dei suoi ragazzi avrebbero continuato a dare il meglio di loro stessi, senza la sua tangibile presenza? E quanti di loro avrebbero magari perso la vita per la sua assenza? Anche il nemico si sarebbe fatto maggiormente spavaldo, non incontrandolo più in aria. Poteva Andy barattare il ritrovato sorriso di Flanny con le lacrime di tante altre mogli, tante sorelle, tante madri? E tanti altri figli che non sarebbero più nati?

E poi… rimanere lì, in quell’ufficio, in mezzo alle scartoffie, struggendosi a contare il tempo che mancava ad ogni rientro dei suoi uomini dalle missioni, con l’angoscia di non rivederne più qualcheduno! La perdita di un compagno in azione, per quanto scioccante, era riuscito, col tempo, ad assimilarla. Sarebbe riuscito a sopportare anche un mancato ritorno?

Il trillo del telefono lo fece sussultare, mentre si stava quasi assopendo, perso nelle sue meditazioni.

“Pronto? Parla Greason…”

“Andy? Sono Pryor…”

“Ah, Elliot… dimmi tutto!”

“Poco fa mi ha chiamato McMillian. La sua 15a Squadriglia è rientrata dalla missione su Saint-Lô…”

La gola dell’asso s’inaridì di colpo. Nella 15a Squadriglia, appartenente al 45° Gruppo d’Attacco del colonnello Patrick McMillian, volava il tenente Archibald Cornwell, marito di Annie Brighton, l’amica del cuore di Candy White. E il brigadier-generale Pryor non l’avrebbe contattato personalmente, se…

“È successo qualcosa…?” deglutì poi, stringendo i pugni, cogli occhi puntati sul ritratto di Flanny, posato sul tavolo.

“Beh… non so come dirtelo, ma… il tenente Cornwell risulta disperso in azione.”

Il cuore dell’asso mancò d’un battito. Strinse gli occhi, appoggiandosi allo schienale della poltrona, con appena la forza di reggere il ricevitore, mentre il comandante del 2° Stormo Tattico continuava a parlare: “Il rapporto del capitano Mayer riferisce che è stato abbattuto dalla contraerea, ma i suoi compagni di sezione l’hanno visto saltare. Purtroppo non hanno potuto vederlo arrivare a terra, ma ci sono buone probabilità che se la sia cavata.”

“Dove…” Andy dovette tossire più volte “…dov’è accaduto, esattamente?”

“A circa tre miglia a nord di Pont Hébert…”

Il generale afferrò una stampella, si alzò non badando alle fitte di dolore e s’avvicinò ad una mappa, appesa alla parete, raffigurante la Francia settentrionale. Recenti segni di pennarello marcavano l’estensione della testa di ponte del 21° Gruppo d’Armate[19] con la posizione delle principali unità.

Andy tentò disperatamente di concentrarsi, anche per evitare che gli tremasse la voce: “Si trova a meno di quindici miglia dalla linea del fronte… se la Quarta Divisione di Burton facesse una sortita in quella direzione, potrebbe raggiungere la zona in pochi giorni!”

“Lo pensavo anch’io” convenne Pryor “è per questo che t’ho chiamato subito. Se ne parlassi con Ike…”

“Non sono abituato a fare queste cose, Elliot!”

“Lo so, scusami. Ma, se stavo zitto, me ne sarei pentito fino al mio funerale.”

“Ti capisco… hai fatto bene.”

“Mi dispiace, capo… ma aspettiamo a pensare al peggio. Se è arrivato incolume a terra, quasi sicuramente è ancora vivo.”

“Sì, è probabile” concordò Greason, cercando disperatamente di convincersene “ma c’è anche il rischio che i crucchi lo abbiano ingabbiato!”

“Non è detto: se riesce a rifugiarsi in un villaggio o in una fattoria, i francesi lo nasconderanno fin tanto che le nostre forze respingeranno i tedeschi verso sud.”

“Iddio ti ascolti, Elliot… grazie di avermi informato.”

“Di nulla: non mi andava che lo venissi a sapere da un rapporto ordinario!”

“Grazie ancora…!”

Andy riattaccò, sospirando pesantemente. Si risedette poi cautamente sulla poltrona e rimase parecchi minuti chino sullo scrittoio, a sorreggersi la testa con la mano sugli occhi. Quando la ritrasse era leggermente umida…

Era successo di nuovo. Un’altra persona che aveva voluto seguire il suo esempio non era tornata indietro. E proprio lui: il fratello di Alistear Cornwell Andrew!

Come lo avrebbe detto a sua moglie? Con che coraggio avrebbe guardato in viso Candy?

Si portava dietro quel dannato presentimento da quando quel benedetto bon viveur aveva avuto la malaugurata idea di entrare in aeronautica e, alla fine, le sue peggiori previsioni si erano purtroppo avverate in pieno.

Restò lungamente a fissare il telefono, in alternanza colla foto della moglie, fin quando si decise a rialzare la cornetta e a chiamare il centralino: “Parla Greason. Passatemi l’ufficio del generale Eisenhower, per favore… sì, è urgente!”

***

Lo snebbiarsi del cervello e la discreta emicrania che gli martellava le tempie portò lentamente Archie Cornwell alla vita. Le sue membra non sentivano più la durezza del terreno, saggiata suo malgrado al termine della caduta dall’albero, ma una morbidezza rilassante come quella d’un materasso e anche l’epidermide percepiva il piacevole tocco liscio, come d’un lenzuolo di bucato.

Per un istante pensò di non essersi nemmeno alzato dal letto, quella mattina. Che sua moglie lo avesse davvero convinto a disertare la missione?

A siffatto pensiero, spalancò gli occhi… per ritrovarsi a contemplare, una volta che la vista gli tornò del tutto a fuoco, l’immagine d’una giovane donna dai riccioli biondi che le contornavano graziosamente l’ovale perfetto del viso, ingentilito da un nasino leggiadro, spruzzato di maliziose lentiggini. Due incantevoli occhi color acquamarina lo stavano fissando intensamente…

“Ca… Candy…!!” mormorò il tenente, con voce debole.

Un certo stupore animò quel bellissimo viso femminile: “Come sa il mio nome?” gli chiese, poi, nella lingua di Shakespeare, addolcita da un grazioso accento francese.

“Co… come?” balbettò l’aviatore, confuso, cercando di alzarsi.

“No, no… stia giù, la prego. Sente dolore…?”

“Io… non so… non mi pare…”

“Meglio così. Cerchi di muoversi il meno possibile o comunque lentamente. Grazie al Cielo non sembra avere niente di rotto, ma non si sa mai… purtroppo il medico non è in paese, oggi, ma domani verrà a darle un’occhiata. Speriamo che non si debba portarla all’ospedale: sarebbe troppo rischioso, coi boches in allarme!”

“Con chi…?” chiese, stupito, Archie.

“I boches… les allemands… i tedeschi!”

“Ah… è vero! Sono molto spiacente per questo disturbo… signorina…?”

“Signora… sono sposata” abbassò gli occhi, mentre un velo di tristezza le incupiva il volto “anzi, vedova. Mi chiamo Catherine…”

“Catherine…” ripeté l’aviatore, con un guizzo “…ah, ecco perché diceva…”

“Già…” sorrise la giovane “…quando si è svegliato mi ha chiamata Kathy!”

“Beh, io veramente…” s’impappinò “…oh, bah, non importa. Io mi chiamo Archie…”

Archie…??” ripeté lei, sconcertata.

“Archibald… Archibald Cornwell, di Chicago, Illinois. Familiari e amici mi chiamano Archie.”

“Capisco… io sono Catherine Beauville. Molto piacere!” sorrise.

“Onoratissimo, madame! Parla molto bene la mia lingua…”

“Niente di che: mi sono laureata in lingua e letteratura inglese alla Sorbona, prima della guerra.”

“Ah, caspita… complimenti!” esclamò lui, sinceramente ammirato.

“Grazie” un’altro sorriso, così simile al suo “ho insegnato tre anni in un liceo di Parigi. Poi, nel ’40, sono arrivati i tedeschi… mio marito, Philippe, è entrato nel maquis… la resistenza… e…”

Quei begli occhioni azzurri s’inumidirono e Archie provò una stretta al cuore. Dio santo, anche la sua voce gli ricordava quella di…

“Lo hanno preso?” le domandò, con tatto.

Lei annuì, tamponandosi gli occhi col fazzoletto: “Lo hanno arrestato nel ’41… lo condannarono a cinque anni di lavoro coatto, in Germania. Non era un franco tiratore, passava delle informazioni, distribuiva volantini propagandisitici, cose del genere. Ma poi… ci fu un attentato contro un ufficiale delle SS… e, per rappresaglia… lo fucilarono assieme ad altri partigiani che tenevano già in carcere!” ciò detto, cominciò a singhiozzare.

Incapace di resistere, il pilota della Decima si alzò dal letto, le si avvicinò e le mise le mani attorno alle spalle: “Mi dispiace… davvero, mi dispiace molto!”

Lei appoggiò la testa sulla spalla di lui, che istintivamente l’abbracciò con tenerezza. I suoi boccoli emanavano un delicato profumo di lavanda.

“Su, su…” le disse il pilota, carezzandoli dolcemente “…coraggio!”

“Avrebbero arrestato anche me” raccontò lei, dopo essersi ripresa, godendosi il tepore del corpo dell’uomo “se degli amici non mi avessero aiutato a lasciare Parigi. Rimasi nascosta per un anno… poi le acque si calmarono e i nazisti si scordarono di me. Così potei stabilirmi in questo villaggio…”

“E cosa fa, per vivere?” le domandò lui, senza nessuna curiosità indiscreta. Era interesse affettuoso, puro e semplice.

“Coltivo il mio orto e insegno alla scuola elementare. Non mi danno un gran che, ma non posso lamentarmi!”

“Certo… sono sicuro che i suoi alunni l’adorano!”

“Oh, sì” confermò lei, ricambiando inconsciamente l’abbraccio. Poi lo guardò in viso, per dirgli “tu… gli somigli molto, sai?”

“A chi…?”

“A Philippe… mio marito.”[20]

“Davvero?”

“Ti dà fastidio?” chiese Catherine, sembrando notargli del rammarico nella voce.

“Ma no, figurati” la rassicurò lui, adeguandosi a quell’improvvisa confidenza “e poi, se devo essere sincero… anche tu le somigli parecchio!”

“A chi somiglio…?” domandò la donna, alzando la testa e scrutandolo bene in volto.

“A una ragazza… di cui m’ero innamorato…” confessò malinconico l’ufficiale.

“Oh...! E anche lei è…?”

“No, no” si affrettò a chiarire lui “è solo che… non mi ha voluto!” sospirò.

Lei mostrò un tenero sorriso: “Ho capito” rispose, mentre gli accarezzava il petto “povero Archibald…”

“Chiamami Archie.”

Lei scosse la testa: “Non mi piace…!”

“Allora chiamami Arch” contropropose lui “nel mio reparto mi chiamano così.”

“Uff… di male in peggio. Cos’è questa mania di voi yankee per abbreviare sempre i nomi?”

“Per fare prima, no?” sorrise lui.

“Ma come mai avete sempre tutta questa fretta?”

“Non abbiamo fretta. Ci piace semplificare le cose.”

“E perché?” insistette lei.

“Non lo so… magari pensiamo che, in questo modo, i problemi si risolvano più facilmente.”

“Che pragmatisti, siete!”

“Forse… però siamo anche spontanei.”

“Già… troppo spontanei!”

“Troppo?”
“Guardati un po’…” lo esortò lei, con voce maliziosa, sciogliendo l’abbraccio. E, solo allora, il tenente Cornwell realizzò d’indossare soltanto i boxer e i calzini d’ordinanza!

“Santi numi… mi dispiace!! Non volevo… oh, accidenti…!” farfugliò, più rosso in faccia di quanto avrebbe voluto, mentre annaspava intorno alla ricerca disperata di qualche indumento.

“Ehi, calma…” la donna non riusciva a smettere di ridere “…non ti ho detto che sono una donna sposata?”

“Ma non con me…!!” obiettò il tenente, permeato dal solito puritanesimo americano.

“No… certo!” l’espressione di Catherine si rifece seria.

“Beh, comunque…” borbottò lo yankee, guardandosi intorno “…si può sapere dov’é finita la mia roba?”

“L’ho nascosta. Se arrivano i tedeschi…”

“Ah, già! Buona idea… però, un’altra volta, ricordati di levarmi pure questa!”

“Cos’è, un portafortuna?” domandò lei, sapendo quanto gli aviatori fossero superstiziosi (anche suo zio era stato un pilota, nella Grande Guerra).

Portafortuna?! È la mia piastrina militare: se i crauti me la trovavano al collo, tanto valeva che indossassi ancora la tuta di volo!”

“Oh… mi dispiace” si scusò Catherine, di nuovo leggermente divertita “dammela, la metterò insieme al resto.”

“Brava… già che ci sei, non avresti anche qualcosa da mettermi addosso?”

“Certo. Ti darò un vestito di Philippe.”

“Oh, no” sussultò Archie, imbarazzatissimo “non devi!”

Ma lei scosse la testa, sorridendo: “Non preoccuparti, avete giusto la stessa taglia… e poi, lui sarebbe stato felice di aiutarti!”

“Ti ringrazio di cuore, Can… Kat… Catherine” aggiustò il tiro, quando lei aggrottò le ciglia, con disappunto “anche per il pericolo che stai correndo per me!”

“Figurati… con quelli che correte voi, nel liberarci… sono quattro anni che vi aspettiamo!”

“Già…” ammise, lui, portandosi una mano alla nuca “…scusateci per tutto quel ritardo!”

 “Beh… l’importante è che ora ci siate!” concluse la giovane, prima di lasciare la stanza.

L’importante è che adesso ci sei… avrebbe invece voluto dire.



[1] Altri lo chiamavano invece La bella copia del cugino bombarolo (ovvero Legan)… quando entrambi non sentivano, però.

[2] Non si può cavare olio da una pietra, avrebbe detto l’interessata!

[3] Screaming Eagles, com’erano soprannominati i paracadutisti della 101st Airborne.

[4] Il famigerato Bocage, che sarebbe stato l’incubo dei soldati alleati per l’intera durata delle operazioni in Normandia.

[5] Nel settembre 1943 James Elliot Pryor comandava il 3° Gruppo Bombardieri del Greason Detachment in Sicilia e l’atterraggio fortuito del suo Douglas A-20 in territorio nemico aveva dato luogo all’allegra avventura svoltasi proprio nel giorno della proclamazione dell’armistizio fra l’Italia e le Nazioni Alleate, firmato cinque giorni prima da Castellano e Bedell-Smith (episodio ricordato da Schultz von Heindrich nel capitolo 19).

[6] Tutti reparti che esistono veramente: aprire il mio armadio per credere!

[7] Statisticamente occorrevano non meno di quattromila granate antiaeree per abbattere un bombardiere in quota e a velocità costante. L’elevata velocità relativa di un cacciabombardiere che picchiava verso il suolo o risaliva rapidamente (una volta alleggerito dal suo carico offensivo) rendeva ancora più difficile il tiro della Flak.

[8] 27 Kg. Erano chiaramente ancora missili non guidati, ma dimostrarono un’ottima efficacia contro i corazzati pesanti tedeschi tipo Tiger e Panther, che gli Sherman statunitensi e i Cromwell britannici affrontavano con notevole difficoltà.

[9] Mitragliatrice leggera, usata sui panzer in funzione antiaerea.

[10] High Velocity Aircraft Rocket (razzo aereo ad alta velocità).

[11] Si diceva che ci volessero almeno quattro Sherman per distruggere un Tiger e non molti di meno per un Panther. Ancor più esplicitamente, il generale Eisenhower aveva dichiarato che il modo più efficace per neutralizzare i panzer tedeschi era bombardare le fabbriche che li costruivano!

[12] Se solo Archie avesse saputo quanto gli scozzesi possano irritarsi nel venire chiamati inglesi, si sarebbe evitato parecchi guai col nostro amico attore! Il fatto è che molti dicono Inghilterra, quando dovrebbero dire invece Gran Bretagna.

[13] Gli artiglieri della Flak non facevano parte della Wehrmacht (cioè dell’Esercito), ma dipendevano tutti dall’aeronautica, secondo una precisa disposizione del Reichmarshall Hermann Göring. Se l’esercito (dove c’erano diversi generali anti-nazisti) avesse messo in atto un eventuale colpo di stato, si sarebbe trovato così senza alcuna difesa contro l’aviazione, interamente comandata da fedeli nazionalsocialisti.

[14] Non occorre precisare che a quell’epoca i sedili eiettabili presenti sugli odierni caccia erano ancora di là da venire, anche se si cominciavano a fare i primi esperimenti.

[15] Il nylon è nato nel 1940 e già sostituiva la seta nei paracadute d’oltreoceano.

[16] Il Sikorsky R-4 Hoverfly è stato il primo elicottero operativo al mondo, entrato in servizio nel 1943.

[17] Forse m’è tornato in mente l’Archie descritto nell’ultima parte del romanzo di Odyssea. A proposito della sua l’abilità culinaria, mi sono ricordato della trasferta di Grey Town, in compagnia di Annie.

[18] SHAEF: Supreme Head Quarter Allied Expeditionary Force (Quartiere Supremo della Forza di Spedizione Alleata), costituito all’epoca della pianificazione dello sbarco in Normandia e successivo comando generale Alleato fino al termine del conflitto, con sede a Londra, poi a Parigi. JCS: Joint Chief of Staff (Comando degli Stati Maggiori Riuniti), in pratica il vertice delle Forze Armate Statunitensi, dal dopoguerra chiamato comunemente Pentagono per via della forma geometrica del ben noto edificio che lo ospita.

[19] Comandato dal suo “amico” maresciallo Bernard Law Montgomery, vincitore della Battaglia di El Alamein.

[20] Cercate d’immaginare Archie non con la consueta pettinatura del manga o dell’anime, ma coi capelli tagliati corti alla militare. “Ragazzo: da domani, capelli corti così!!” gli aveva detto il suo primo superiore, subito dopo il suo arruolamento.

  
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