Perché Sasuke e Itachi ispirano dannatamente al fluff

 Essere svegliati dal pianto di un bambino non era la cosa migliore che potesse capitare, e questo Itachi lo sapeva fin troppo bene. Da alcuni mesi a quella parte, infatti, la situazione era quasi sempre la stessa. Ogni volta che apriva gli occhi, a causa delle urla disumane che gli arrivavano alle orecchie, poteva scorgere i raggi nascenti del Sole cominciare appena ad illuminare le strade. Non arrivavano ancora nemmeno alla finestra di camera sua.
 
Quindi, così come tutte le mattine, dovette alzarsi di buona lena, con gli occhi ancora appiccicati.
Si mosse mogio verso la stanza di suoi genitori, stanza in cui si trovava anche Sasuke. Si affacciò alla porta e vide il bambino cullato dalle braccia della madre.
La donna alzò lo sguardo verso il figlio maggiore.
-Scusami, Itachi, Sasuke ti ha svegliato, vero?- disse questa, chiaramente dispiaciuta.
Nonostante il sonno e la stanchezza, il ragazzino non potè fare a meno di sorriderle.
-Tranquilla mamma. E poi sono un ninja. Questi orari prima o poi saranno nella norma per me. Diciamo che mi sto abituando con un po’ di anticipo.-
Il risolino di entrambi gli interlocutori riecheggiò nella stanza.
“Non nascondo, però, che concedermi qualche ora in più non mi dispiacerebbe”, rifletté Itachi, tra sé e sé. Non avrebbe mai voluto vedere triste sua madre per qualcosa che, comunque, non poteva controllare – come, appunto, il pianto di Sasuke.
“Non è colpa della mamma. E’ Sasuke che non si calma. La colpa – se mai esiste – può essere solo sua!”, pensò prima di dare le spalle alla donna.
 
Quel pomeriggio, Itachi dovette prendersi cura del fratello mentre la madre era occupata per un attimo. Il fratello maggiore teneva in braccio il più piccolo e, sospirando, lo guardava.
-Perché fai il cattivo, eh?- cominciò.
Il bambino sembrò farsi attento… ma, magari, era tutta una fantasia del maggiore.
-La mamma si stanca a causa tua!- continuò.
A Sasuke scapparono dei risolini. Evidentemente l’espressione stranamente corrucciata dell’altro dovette piacergli.
-Non sto scherzando!- proseguì Itachi, alzando di un po’ la voce.
Era divertente vedere come il più grande cercasse di far ragione il più piccolo che, ovviamente, non poteva capire. D’altronde, anche Itachi aveva poco più di cinque anni.
Sasuke continuava a ridere, ignorando le parole che gli erano state dette.
Itachi era sconsolato.
-E va bene.- disse. -A quanto pare non riesci a capirmi.-
Abbassò la testa, sconfitto e deluso dal proprio fallimento. Osservò la felicità che trapelava da ogni singolo poro del corpicino di Sasuke, la bocca aperta a disegnare sorrisi e a proferire risate, le manine che si agitavano all’aria. Fu allora, dunque, che gli si illuminarono gli occhi. Si diede dello stupido per aver definito il suo otouto come lacausa dei suoi problemi e di quelli della madre. Sicuramente anche lui, da piccolo, aveva dato dei fastidi – anche se, forse, non proprio come Sasuke. Era normale: proprio per questo non doveva essere semplice crescere dei figli, pensava. E, cosiccome ti davano da patire, ti facevano gioire tanto.
-Sai, Sasuke… forse sono io a non aver capito nulla, non tu. Scusami.-