Prologo
Louis
non aveva mai visto niente di così bello in vita sua.
Aveva
sempre vantato di essere un’esteta – di trovare la giusta misura del sublime in
ogni cosa. Ma, steso tra le sue braccia, Ian era
semplicemente troppo.
Era
una cosina piccola, un groviglio di ossa e pelle chiara macchiata di lentiggini
sulle spalle esili e sul petto glabro; aveva poca peluria bionda sui polpacci,
sulle braccia e sul sesso, ma una zazzera disordinata gli copriva la testa come
una carezza d’oro. Aveva le ciglia semichiuse, mentre l’arco delle sopracciglia
disegnava sul suo viso un’incauta serenità; e sembrava quasi in procinto di
addormentarsi, le labbra rosse appena dischiuse come fossero un fiore.
Louis
non riusciva a smettere di guardarlo e, intimamente, a considerarsi fortunato.
Lo
aveva trovato per caso, quel ragazzino; mentre passava sulla sua Fiat panda
scassata costeggiando il marciapiede.
Fuori
pioveva e lui stava lì, correva vicino al finestrino; indossava un impermeabile
azzurro e aveva la frangetta appiccicata alla fronte, mentre i jeans erano
divenuti di qualche tonalità più scuri.
Louis
aveva accostato, tirato giù il finestrino e gli aveva chiesto se avesse bisogno
di aiuto; e Ian aveva risposto che aveva paura dei
fulmini, ed era bisognoso di un posto dove ripararsi.
-
Le macchine sono il rifugio più sicuro. Se dovesse cadere un fulmine sulla
macchina, l’elettricità scivolerà fuori e le gomme scaricheranno a terra. –
aveva spiegato. Allora era ancora uno studente in fisica, se la cavava abbastanza
bene coi fenomeni naturali.
Ian, per qualche oscuro motivo –
forse un’incoscienza naturale – aveva accettato. Erano arrivati fino
all’appartamento di Louis, avevano preso una cioccolata, parlato con naturale
cortesia del più e del meno.
Poi
Ian aveva appoggiato la tazza sul tavolo e ne aveva
percorso la circonferenza, per arrivare a sedersi sulle ginocchia di lui;
dimentico dell’incoscienza e dell’ingenuità di poco prima, aveva fatto
scivolare una mano sotto ai jeans di Louis, e ne aveva stretto il sesso con
dolce decisione.
Il
resto era venuto da sé; e ora, tra quelle coperte, Louis era sicuro di aver
trovato la sua anima gemella nell’arco di nemmeno ventiquattr’ore.
Era
in qualche modo sicuro di sapere tutto di Ian; ogni
cosa che lui aveva vissuto era impressa sotto la sua pelle, come fosse un
codice in braille. Percorrendo la curva della schiena dorsale, il giovane era
sicuro di essersi appropriato di tutti i ricordi dell’altro. Come se in quelle
piccole insenature, in quelle curve appena accennate fossero depositati strati
di passato più o meno trascendentali, e altrettanto inarrivabili.
-
A che pensi? – domandò Ian, senza aprire gli occhi.
Erano
occhi blu, questo Louis lo aveva notato. Blu scuro, senza sfumature, senza la
benché minima esitazione nascosta nel tratteggio dell’iride.
-
A te. E a me.
-
Ti sei pentito di essere venuto a letto con me? Non sono stato bravo?
Aveva
spalancato gli occhi, come un bambino indifeso, e affondato i polpastrelli
nella spalla di Louis, come a volersi aggrappare debolmente.
-
No, no. Sei stato fantastico. Decisamente il miglior sesso della mia vita.
Louis
sorrise, scansandogli una ciocca di capelli da davanti alla fronte; e Ian tentò di baciargli i polpastrelli, di mordicchiarli tra
i piccoli dentini chiari.
-
Piuttosto – continuò l’altro, senza mai smettere di farlo giocare con le
proprie mani – Non dovresti fidarti così del primo che passa, sai? Potevo
essere un maniaco. Un killer.
-
Ma non lo sei. E poi te l’ho letto negli occhi.
A
quel punto, Louis alzò un sopracciglio, accennando un sorriso ironico; non
aveva mai creduto a quel genere di cazzate sentimentali. Eppure sentirle dire
dalle labbra di Ian muoveva uno strano tumulto
interiore dentro di lui, come se ci fosse qualcosa di irrisolto: una sorta di
piccola, labile speranza di fondo, accesa come un fiammifero in una stanza
buia.
-
Che vorresti dire? – domandò, senza riuscire a trattenere una nota di curiosità
mista a quel crescente senso del dubbio.
-
Che tu già mi ami, vero? Lo sai. Lo hai saputo da subito, non appena mi hai
visto dietro il vetro hai capito che ero io che stavi aspettando…
ero tutto quello di cui avevi bisogno. E io l’ho capito subito che si trattava
di te, dal modo in cui mi hai chiesto se c’era qualcosa che non andava. Come se
fosse la cosa più importante del mondo, capisci?
-
Forse perché in quel momento esistevi solo tu – provò a controbattere Louis,
mentre Ian affondava ridendo la faccia nel cuscino.
-
E’ stato un momento solo mio, ma tu ci sei entrato dentro, lo capisci? Con una
violenza inaudita, mi hai perforato l’anima. I frammenti dei tuoi occhi sono
l’esoscheletro della mia anima… io lo so.
Louis
non poteva fare a meno di avere paura e, nel contempo, guardarlo estasiato.
Perché
Ian sembrava vivere in un mondo diverso, muoversi su
una frequenza diversa e assurda; era la linea impazzita di un
elettrocardiogramma, che sprizzava luce e vita da tutti i pori.
Il
ragazzo sentì la necessità ancora una volta di baciarlo, per prendere da quella
bocca una forma indiretta di linfa vitale; sentì il biondino abbandonarsi tra
le sue braccia, distendendosi piacevolmente, e poté finalmente appoggiare la
testa sul suo petto.
-
A che ora devi svegliarti domani? – domandò ridendo Ian,
passandogli una mano tra i capelli.
-
Alle nove e mezza.
-
Allora per quell’ora ti preparerò la colazione. Mangi le frittelle con le mele,
vero?
-
Assolutamente.
Una
carezza, un’altra carezza, e un’altra ancora e Louis si sentiva chiudere gli
occhi. Il calore della pelle di Ian sembrava
trasmettersi al suo corpo come tramite onde elettromagnetiche; e ben presto, si
ritrovò a lottare per rimanere sveglio.
Ma
il più giovane cominciò a cantargli una ninna nanna – una strana nenia che non
sembrava nemmeno inglese, ma piuttosto qualche lingua slava; e proprio mentre
questo dubbio gli tormentava piano le sinapsi, il sonno arrivò chiudendogli gli
occhi del tutto.
L’indomani
mattina, sulle lenzuola era rimasta solo una macchia di sperma e l’incomprensibile
freddo dell’assenza.
_
Salve a tutti!
In realtà non ho molto
da dire… questa non è la mia prima storia, ma è la
prima che pubblico qui. Anche perché sono molto timida, quindi c’è sempre un po’
di *ansia* da prestazione ogni qualvolta che pubblico qualcosa di mio.
Non so se riuscirò a
scrivere questa storia come voglio io. Spero di riuscire a dargli un assetto
decente, questo sì.
E niente, ecco. Non
siate troppo feroci nei commenti, specialmente con Ian.
E’ un po’ un disastro, ma se vorrete seguirmi col tempo lo capirete anche voi.
Kiss kiss =)