Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.
La
mattina del lunedì mi
svegliai al solito orario per arrivare in classe in tempo. Non era da
me essere così distratto, eppure avevo enormi
difficoltà a
concentrarmi quel giorno. Quasi mi feci sgridare dal professore per
via della mia tendenza a guardare fuori dalla finestra.
Finirono
le lezioni e stavo
per andarmene quando la voce irritante dell'insegnante mi
richiamò
all'attenzione dicendo che aveva un avviso per noi. La vocetta
nervosa avvertì che per un po' dovevamo stare lontani da
alcune aree
dell'istituto per via del lavoro di alcuni uomini che avrebbero
svuotato gli sgabuzzini e i depositi pieni di roba inutile e in
eccesso. Gli operai stavano già venendo a svuotare tutti i
luoghi
dove avrebbero operato.
Improvvisamente
mi tornò
alla mente: lo sgabuzzino dove avevo nascosto il diario di B, anche
quello avrebbero svuotato? Se avessi lasciato tutto senza intervenire
sarebbe stato trovato, e nel peggiore dei casi distrutto totalmente,
oppure sarebbe stato restituito a Roger, che non ci avrebbe messo
troppo tempo per capire che qualcuno aveva infranto la regola di non
entrare nel corridoio vicino alla biblioteca. Dovevo impedire che
quel quaderno fosse trovato.
Velocemente
mi congedai dal
professore cercando di sembrare il più naturale possibile e
poi mi
diressi rapidamente nel luogo segnato dalla piantina. Non prestai
attenzione alle voci dei miei compagni che chiedevano dove stessi
andando così di fretta, e alla fine giunsi a destinazione.
Un uomo
stava per aprire la porta. Troppo tardi? No, mi avvicinai in fretta e
gli rivolsi la parola: “Mi scusi, potrei entrare qui dentro?
Mi
hanno nascosto una cosa che mi appartiene.” dissi cercando di
farmi
credere un povero bambino innocente vittima dei bulli, in fin dei
conti quell'uomo non sembrava essere un genio, ma solo un operaio
spaesato.
Con
una sorta di grugnito mi
lasciò entrare ed aspettò pazientemente che io
avessi ripreso con
me il quaderno.
Ringraziai
e mi allontanai
stavolta con più calma e tornai nella mia stanza. Mello e
Matt non
c'erano ancora dato che, essendo di due anni più grandi di
me
dovevano trascorrere più ore in classe. Mi arrampicai sul
mio letto
a castello e mi stesi riaprendo il quadernetto. Non mi interessava di
studiare, lo avrei fatto dopo.
Mi
pentii amaramente di avere quel tipo di potere un giorno di
metà
settembre. Quella mattina mi ero alzato presto come al solito anche
se era sabato e quindi non sarei dovuto andare a scuola. Di buon
umore, scesi al piano terreno della mia casa e arrivato in cucina per
la colazione trovai mia madre. Quando
si voltò provai il terrore più assoluto. Il
suo nome, lettere che danzavano davanti ai miei occhi e più
in
basso... 0
0 0 1. Una
sola cifra, stando ai numeri sarebbe morta di lì a poche ore. Mio
padre era nel bagno a farsi la barba, lo volli vedere, ma anche per
lui i numeri non cambiavano. Stavano per morire, quel giorno. Ricorsi
nella cucina con gli occhi lucidi: “Mamma, papà
oggi non andate al
lavoro, vi prego!”. Entrambi erano rimasti stupiti da una
richiesta
simile. Mia madre si scusò, disse che dovevano andare e che
non
avevano scelta, lo stesso disse mio padre. Li
pregai ancora innumerevoli volte, non potevo dire loro della mia
conoscenza della durata vitale degli altri esseri umani, del mio
potere. Mio
padre mi chiedeva il perché di una simile richiesta e mi
accarezzava
dicendomi che sarebbero tornati presto. Ma non potevo lasciarli, se
fossero andati non sarebbero tornati mai più.
Effettivamente
perdere i
propri genitori è molto doloroso, ma saperlo in anticipo
dev'esserlo
ancora di più. Mi soffermai a ricordare quelle poche cose
che sapevo
dei miei. Chi erano? Quali erano i loro nomi? Cosa era successo loro?
Sapevo davvero poco, solo qualche immagine sbiadita era conservata
nella mia memoria.
Uscirono. Non
riuscii più a trattenermi e mi rinchiusi in un angolo della
cucina e
finalmente piansi. Non
ero stato in grado di fermarli, a cosa serviva essere il migliore
della scuola se non ero nemmeno in grado di salvare la vita ai miei
genitori? Non
riuscivo più a fare nulla, tale era la mia agonia.
Passeggiavo
nervosamente per le stanze, mi sedevo sul divano, cercavo di
distrarmi nell'attesa del ritorno di mamma e papà. Non
poteva essere davvero la fine, no, c'era di sicuro un errore, non
poteva accadere proprio quel giorno, proprio a loro, proprio a me. E
così osservai piano la mia ombra muoversi, il sole
attraversare
l'intero arco celeste, il colore dell'atmosfera passare da un blu
chiaro a un azzurro splendente, e poi ancora a un lieve rosa e infine
a un arancione intenso. Nulla ero riuscito a fare se non cercare di
calmarmi con scarsi risultati. Venne
l'orario con cui puntualmente tornavano a casa. Aspettai ancora. Mamma,
papà, perché non tornavate? Avevo
paura e a tarda sera mi decisi ad accendere la televisione, forse per
riprendere il contatto con il mondo esterno. Invece dei soliti
cartoni per bambini che mi piacevano per rilassarmi e per distrarmi
con i miei amici, misi un canale dove stavano trasmettendo un TG. Con
gli occhi gonfi dalle lacrime attesi finché non udii le
parole:
“Morti accoltellati due proprietari di un negozio nella
cittadina
di Wells. La polizia riferisce che un ladro abbia cercato di
derubarli, ma i due hanno difeso il loro negozio pagando con la
vita...” Spensi.
Erano morti. Non volli tornare in camera mia e mi addormentai con la
luce accesa raggomitolato sul divano. Perché un uomo aveva
deciso di
ucciderli? Cosa ne avrebbe ricavato? Perché era diventato un
assassino? Non riuscivo a rispondere a queste domande nei giorni
seguenti. Oramai
vivevo solo fisiologicamente: smisi di andare a scuola, smisi di
uscire di casa, smisi di affacciarmi alla finestra per vedere se
c'era bel tempo... Così
trascorsi moltissime giornate vuote, a riflettere, pensare. Qualcosa
stava cambiando in me. Non ero più un bambino spensierato di
quelli
che si gode l'infanzia tra passatempi puerili, amicizie semplici e
innocenti, uno di quelli che non sa nemmeno cosa sta facendo e
perché
lo sta facendo. Cominciai a riflettere, a ragionare su qualsiasi cosa
che mi capitasse di vedere o sentire tramite il mio televisore.
Riflettevo sul perché si vive, sul perché si
muore, sul perché gli
umani sono così egoisti da non pensare alle conseguenze
delle loro
azioni, sul fatto che forse anche io ero egoista dopotutto. Nessuno
venne a bussare alla mia porta e andai avanti con il cibo che c'era
nel frigorifero. Non volevo assolutamente uscire di casa, oramai non
mi sentivo più di appartenere a quel mondo che mi faceva
quasi
paura. Volevo
rimanere lì da solo per sempre.
Che
in B fosse bastato
questo desiderio di vendetta per diventare a sua volta un assassino?
Sfogliai il manoscritto. Anche se fosse stato così, il testo
era
ancora molto lungo, avrei potuto continuare per giorni.
Ma
un giorno accadde proprio ciò che non volevo: qualcuno
bussò alla
mia porta. Non sapevo se esserne felice o triste, perché
avevo
ancora paura del mondo, ma avevo fame, il cibo era finito.
Perciò
aprii. Mi
trovai di fronte a un uomo enorme, vestito di nero che mi chiamava
per nome. Mi
disse che mi avrebbe aiutato, che mi avrebbe portato in un bel posto,
ma non mi fidavo. Chiusi la porta e scappai nella mia stanza al piano
superiore. Avrebbe
potuto farmi del male, come potevo fidarmi così scioccamente
del
primo sconosciuto che era arrivato a bussare alla mia porta? Aspettai
tutta la giornata, sperando che se ne andasse, ma non fu
così.
Quell'uomo era più testardo di me, e aspettò
tutta la notte, e il
giorno successivo. Io lo spiavo dalla finestra, e forse lui sapeva
che lo stavo osservando. Il
mattino seguente lo vidi sulle scalette dell'ingresso, che dormiva,
ancora fermo. Perché voleva tanto me? Pensai di ascoltarlo e
gli
aprii la porta. Fu la prima volta che vidi un adulto sottomettersi a
me, che avevo a malapena cinque anni. Lo
svegliai, gli chiesi se stava bene, e dopo i convenevoli gli chiesi
di parlarmi di ciò che voleva da me. A quelle parole si
illuminò e
mi cominciò a parlare del fatto che aveva scoperto che i
miei
risultati scolastici erano eccellenti e che perciò voleva
portarmi
in una scuola, un istituto dove avrei potuto coltivare il mio
talento. Mi disse che si trattava di un orfanotrofio dato che non
avrei potuto continuare a vivere da solo in quelle condizioni. Io gli
dissi che non volevo abbandonare la mia casa, ma lui seppe
convincermi narrandomi ancora di questo luogo e dicendomi che tutti
prima o poi dobbiamo dire addio a qualcuno o qualcosa. Smise di
parlare di ciò che avrei perso e cominciò a
parlarmi di cosa avrei
guadagnato. Qualcosa
mi si mise in moto dopo tanti giorni: l'immaginazione di bambino.
Improvvisamente potevo vedere questo luogo nella mia testa e potevo
immaginare tutte le cose descritte dall'uomo: altri bambini, amici,
spazi dove poter fare ciò che volevo... Quel
luogo si chiamava The Wammy's House.
Ancora
una volta la mia
lettura fu interrotta. Stavolta era Mello ad essere entrato nella
stanza, insieme a Matt e a quel loro vociare fastidioso.
Automaticamente nascosi il piccolo manoscritto sotto il mio cuscino
in modo che nessuno dei due potesse vederlo.
Pensai
che nemmeno lì
sarebbe stato al sicuro dato che avrebbero potuto trovarlo anche solo
per caso, e avrebbero potuto farne qualsiasi cosa. Troppo pericoloso.
Però dove avrei potuto trovare un angolino dove leggere in
tranquillità e nascondere la refurtiva?
Mi
decisi a riportarlo nel
luogo in cui l'avevo trovato. Guardai in una tasca e vi trovai di
nuovo la “chiave” che aveva aperto il catenaccio
del corridoio
che solo io avevo visitato.
Avere
a che fare con una
storia simile poteva crearmi non pochi problemi dato che era stata
nascosta con tanta cura, no?
Scesi
dal mio letto sperando
solo che per quel giorno il quaderno non venisse scoperto da nessuno.
Mi bastava solo una notte, poi l'avrei riportato al suo ambiente
senza lasciarmi dietro alcun sospetto. Bastava solo lasciare tutto
come lo avevo trovato, senza far intuire nulla.
E
in effetti qual era il
pericolo? Se anche avessi visitato il corridoio proibito non sarebbe
accaduto nulla, no? Perché allora lo consideravano tanto
pericoloso?
C'era forse dell'altro da nascondere? In effetti in quella casa si
poteva esser certi di tutto tranne che della sincerità degli
altri e
in quel momento sentii come unica persona davvero sincera proprio il
mio scrittore B.
E
in effetti la storia viene
scritta dai vincitori è un concetto che può
essere applicato a ogni
contesto, anche alla The Wammy's House.
C'era
qualcosa che stavano
cercando di nascondere, forse un gravissimo errore del passato, tanto
grave da cercare di celarlo e di fingere che non sia mai esistito?
Tanto da aver causato dei gravi danni alle persone presenti nella
casa, forse B compreso? Forse i malvagi erano in realtà
quelli che
erano considerati i “buoni”?
Sempre
più dubbi
affollavano la mia mente. ___________________________________ Authoress' words Rieccomi
qui puntuale puntuale con un altro capitolo! Ma bene, vedo che in
questo periodo EFP va alla grande dato che siamo tutti finalmente in
vacanza... Infatti anche io stamattina mi trovavo sul lettino di una
spiaggia anche se non mi è mai piaciuto andare a mare, e
infatti dopo poco ho cominciato ad annoiarmi... Bene,
come al solito vi chiedo di farmi sapere il vostro parere su questo
capitolo anche perché è da tanto che non scrivo e
non mi dispiacerebbe sapere le vostre opinioni, che sono sempre molto
utili a sapere anche come continuare o anche a capire se ho sbagliato
qualcosa e dove... Bene,
adesso la smetto di scrivere cose inutili e vi lascio in pace. A
domenica prossima! Any