Pov Edward
Aprii gli occhi,
richiudendoli subito un attimo dopo per la forte luce che penetrava dalla
finestra. Udii qualcuno tirare giù le tapparelle.
Dannazione, pensai ricordando cos’era successo. Stupido, stupido, stupido.
Lo avevo capito
subito dopo che quella fitta mi aveva attraversato lo stomaco. L’acidità del
caffè non era dovuta ad un fattore casuale o immaginario.
Era scaduto. Diamine.
E non era tutto. Avevo
anche fatto una figuraccia tremenda davanti ad Irina: non è proprio un
bellissimo spettacolo veder correre un umano al bagno per poi vomitare chissà
quanto caffè.
Ma non era finita qua. Dopo essere svenuto, molto probabilmente era stata mia
moglie a portarmi a letto in braccio… avevo sperato che quella situazione non
si ripetesse più.
Deglutii. Mia moglie probabilmente ora ce l’aveva a morte con me.
Lo stomaco faceva
ancora male e avrei preferito dormire ancora, pigro com’ero.
Non volevo
dimostrarmi sveglio, ma ormai era tardi.
Sbattei le palpebre, sbadigliando forte. L’orologio a muro segnava le 18.
- Ben svegliato, caffeinomane -. Non appena udii la sua voce, mi sentii gelare.
Bella rise. – Non sono mica la morte che ti è venuta a
prendere! -.
Mugolai. – Mhh, sai,
forse preferirei che fossi lei -, bofonchiai, passandomi una mano nei capelli.
Tentai di mettermi seduto, appoggiandomi sui gomiti, ma subito due mani fredde
mi spinsero di nuovo la testa sul cuscino. – No, no! -, disse Bella scuotendo
il capo e muovendo l’indice a destra e sinistra. – Ora te ne stai a letto -.
Feci una smorfia. –
Sono in castigo? –. Alzò un sopracciglio. – No. Hai semplicemente la febbre –
Oh, ottimo. Mugugnai
qualcosa, seccato. Lei rise.
- Oh non lamentarti!
Te la sei cercata -, e si chinò per baciarmi la fronte. Poi sparì, nel buio
della camera.
Fantastico, ora ero
solo. Mi girai su un fianco, sperando di riuscire a riprendere sonno in fretta.
Ma il lieve dolore allo stomaco era frustrante e finii solo per innervosirmi.
Ma come facevano gli umani a resistere quando erano ammalati? Era davvero una
tortura.
Mi alzai con lentezza e osservai il mio abbigliamento. Indossavo un anonimo
pigiama a righe blu e bianche.
Molto meglio di quello con il pinguino, questo era certo.
Camminai piano piano
verso uno scaffale e ne estrassi un libro a caso, senza leggerne il titolo.
Tornai a sdraiarmi sotto le coperte, proprio cinque secondi prima che Bella
tornasse nella mia stanza con un termometro e una scatoletta bianca fra le
mani. Feci finta di nulla, nascondendo il libro sotto il lenzuolo.
- Tanto ti ho
sentito -, mormorò appoggiando la scatoletta sul comodino. Mi morsi un labbro.
– Scusa. È che non riuscivo a prendere sonno –.
Fece una smorfia buffa, come per trattenere le
risate. - … E immagino che la Pimpa lo conciliasse, non è così? – .
Aggrottai le sopracciglia, scoprendo la
copertina con le mani e…
Cavolo.
La risata di mia moglie esplose nella stanza,
mentre io lanciavo il libretto sul pavimento, sbuffando e incrociando le
braccia, seccato. Lei mi scompigliò i capelli.
- Oh, su, non fare così! –.
- Che ci faceva un libro per bambini nella
nostra camera? –.
Alzò un sopracciglio. – Ehm, Edward, abbiamo
una figlia piccola, sai –.
- E? –.
- E nella sua cameretta un paio di libri non ci
stavano più, quindi li ho messi qua –.
Alzai gli occhi al cielo. Due figuracce in
tempo record!
Questo mi riportò alla mente mia cugina.
- Dov’è Irina? E Renesmee? -, chiesi mentre Bella
mi aiutava a mettere il termometro sotto l’ascella,
- Irina è dagli altri. Anche loro non la
vedono da un po’. E pure Renesmee, preferisco che stia con loro mentre hai
ancora la febbre –.
- Perché? –.
Alzò gli occhi al cielo. Dovevo essere molto
seccante.
- Ho paura che se la prenda anche lei. Sai, ha
un corpicino fragile –.
- Fragile! -, scoppiai a ridere. Certo,
fragile come del cemento armato.
- Oh, beh, forse ora che sei invalido non
riesci bene a vedere le cose come stanno. Mi ringrazierai, quando non sarai più
febbricitante -.
Sorrisi. – Si, forse hai ragione –.
Il termometro bippò facendomi saltare dallo
spavento. Lo estrassi e lo osservai, tentando di mettere a fuoco i numeri sul
display.
- 38.2° -.
Bella sospirò. – Si è alzata -. Prese la
scatoletta dal comodino e ne fece scivolare una compressa di tachipirina, che
mi fece prendere insieme ad un po’ d’acqua. Quando fu sicura che non avrei
sputato la medicina, disgustato, decise che era il momento di lasciarmi
dormire.
- Cerca di riposare, okay? Carlisle ha detto
che sarebbe passato, più tardi -. Fece sfiorare le nostre labbra,
allontanandosi poi subito. – Sogni d’oro -.
Non mi ci volle molto tempo per riprendermi.
La tachipirina agì con velocità inaspettata e ventiquattr’ore mi sentivo già
molto meglio, perciò tornai con Bella dagli altri.
Emmett ovviamente non esitò a prendermi in giro per la mia banalità e la mia
accuratezza nel trovare rimedi.
- Sei stato a dir poco geniale, Edward -,
esclamò con evidente sarcasmo. – Dovrebbero darti un oscar per questo! –.
Bofonchiai qualcosa, alzando gli occhi al
cielo.
- Papi! -, cinguettò una vocina lontana. Dalla
porta sul retro zampettò la piccola Renesmee, barcollando sui suoi piedini
ancora instabili. La presi in braccio, baciandole i riccioli ramati. – Ehi,
principessa! -.
Batté le manine, contenta. – Mamma, è guarito.
Hai visto? Il peluche ha fatto la magia -.
Alla parola peluche rabbrividii. Lo
teneva ancora con se?
Bella, accanto a me, fraintese la mia faccia confusa e sconcertata. – Diciamo che
pensa che sia quel lupacchiotto di pezza a portare le cose belle. Credo che
quest’inverno non avremmo bisogno nemmeno di raccontarle di Babbo Natale -.
Finsi di essere incuriosito dalla cosa, ma in
realtà ero molto spaventato dall’attaccamento che mia figlia aveva con quel
peluche. Era una sciocchezza, ma chi altro non si sarebbe preoccupato? Le
coincidenze fanno pensare.
Possibile che… ma no, lei non aveva mai visto lui. Non aveva mai visto l’uomo che aveva tentato di
rubarmi l’unica ragione della mia esistenza.
A modo suo, le ha anche salvato la vita, mi ricordò la
vocina dentro la mia testa.
Taci. E poi, se non sbaglio, l’ultima volta che l’ha fatto se ne è andato
via nel momento cruciale.
Credeva che fosse morta.
Ma non lo era.
Digrignai i denti in silenzio, lottando contro
me stesso. Cosa tentava di dimostrare il mio subconscio? Che tenevo al cane?
All’improvviso un cellulare squillò. Fu
Carlisle a rispondere. – Pronto? -. Pausa.
- Oh… Charlie –
Charlie?
Mi ero praticamente dimenticato della sua esistenza. Ciò mi riportò in mente le
sue mille chiamate durante la gravidanza di Bella, la sua preoccupazione e le
nostre bugie. Ma ora?
Bella mi fissò con sguardo impaurito, ed io la
cinsi con un braccio. – Sta’ tranquilla… andrà tutto bene. Troveremo un modo di
risolvere… -, le sussurrai stringendola a me.
Tornai ad ascoltare mio padre.
- Ehm, si, Bella sta meglio… si è ripresa, è
solo… debole -, mentì. Debole. Pff.
- Vederla? -. Ci lanciò delle occhiate convulse. – Beh… -
- Cos’abbiamo da sprecare? -, sussurrò Bella,
con un tono così basso che faticai a sentirla. – Se ho questo super autocontrollo,
perché non sfruttarlo? -.
Nessuno rispose. Carlisle si passò una mano
fra i capelli, capendo che la decisione era sua. Fissò Bella negli occhi, poi
me. Infine sospirò. – Puoi passare domani mattina, se ti va, ma… okay. D’accordo,
allora… Si, a domani -. Chiuse la chiamata, poi si avvicinò a noi, posando una
mano sulla spalla di mia moglie. – Puoi farcela? Sei sicura? -.
Annuì, convinta.
- Dobbiamo recuperare… delle lenti a contatto
-, mormorò Alice, scomparendo dalla stanza. La sentii borbottare qualcosa fra
se, colsi solo le parole “Marroni e d’oro, marroni e d’oro”
Ci misi qualche secondo a capire perché
sarebbero servite anche delle lenti d’oro. Poi la soluzione arrivò da sé, e mi
sentii stupido per non aver afferrato una cosa talmente banale.
Come avremmo spiegato a Charlie il verde intenso dei miei occhi?
- Voi due dovete essere… beh, voi stessi… ma prima che tutto cambiasse. Mi capite,
no?
Bella, tu devi cercare di essere più…
umana possibile. E ricorda: sei stata malata, quindi devi cercare di sembrare
debole -. Jasper parlò rapidamente, come se fosse in tensione. Diede a mia
moglie qualche consiglio per apparire normale, poi si rivolse a me. – Edward,
tu, invece… beh, comportati come facevi prima. Non so com’eri quando c’era
Charlie nei paraggi, quindi spero che te lo ricordi -. Ridacchiò, ed io feci un
cenno d’assenso con il capo.
- E della piccola? Che gli diciamo? -, chiese
Alice.
Per la prima volta mi ritrovai ad affrontare il problema Renesmee. Se gli
avessimo detto che Bella era realmente rimasta incinta, non avremmo potuto
chiarirgli la storia della gravidanza accelerata… a meno che non gli avessimo
detto della nostra natura. Di tutto.
Quindi l’opzione era da scartare, anche perché Charlie non avrebbe preso bene
il fatto che Bella era diventata madre.
E allora, che dirgli? Quale sarebbe stata la
versione dei fatti?
Io e Rose ci guardammo, nervosi.
- Potremmo dirgli… che so, che l’avete
adottata -, bofonchiò Emmett.
- Ciò non spiega la somiglianza con me e Bella
– .
- Allora, è qualche tua strana parente. In
quanto all’aspetto fisico, l’unica cosa che ha in comune con Bella sono gli
occhi. Più che altro ha il suo carattere, perché la faccia e i capelli li ha
presi da te… -.
- Io sono stato adottato. Non ho fratelli di
sangue -.
- E invece sì -, borbottò Emmett. – Chi lo
dice che non ne hai?
Allora, questo tizio è sposato. Ha avuto la bambina da qualche mese, e
poi, mentre era uscito con la sua amata a fare un giro in macchina… Patapum!
Incidente stradale. È una cosa talmente frequente che ormai la usano in tutti i film, se
devono creare una scusa di questo genere.
Facciamolo anche noi, no? -.
- Non ci crederà -, biascicai a denti stretti.
- Oh, Edward, smettila di fare il pessimista.
Secondo me funzionerà, è un ottimo piano -, disse Esme.
E così, rassegnato, dovetti darla vinta a Emmett.
- Queste daranno un po’ fastidio -, mi disse
Alice passandomi le lenti a contatto. – Bada bene di non sprecarle, ho dovuto
girare non so quanti ottici per trovarle di questo colore. Chi desidererebbe
indossarle? -.
Un ex. Vampiro che aveva bisogno di fingersi come tale dato che il padre
umano di sua moglie stava venendo a trovarli, dopo che il suddetto ex. Vampiro era stato tramutato in umano dalla figlia del
capo dei Volturi, famiglia italiana di vampiri che dominavano la loro specie
all’insaputa degli umani. Semplice, no?
Mia sorella si rivolse poi a Bella. – In quanto
a te… il veleno scioglierà queste lenti in un paio d’ore, quindi dovrai
cambiarle regolarmente… aspetta, non metterle ora. Arriverà tra un ora, e le
lenti non sono infinite -.
Feci un respiro profondo. Mancava solo un’ora…
ma perché ero agitato? Era Bella quella che avrebbe dovuto esserlo.
Ma io non ero preoccupato per lei. O, almeno, non eccessivamente: lei era
tranquilla e non si preoccupava di qualche probabile fallimento del suo
autocontrollo, quindi lo ero anche io. Infondo, se era riuscita a sopportare il
mio odore, poteva fare tutto… a mio parere. Ricordai com’era difficile stare
accanto a Bella, le prime volte.
Era Renesmee e il suo alibi ciò che mi
preoccupava. Anzi, no.
Tutto ciò che riguardava Renesmee mi rendeva
inquieto. A partire dal suo attaccamento al peluche, per continuare con la sua
velocissima crescita e a finire con la bugia che avremmo raccontato a Charlie a
proposito del suo ingresso nelle nostre vite.
Se la berrà, cercai di rassicurarmi.
Due colpi secchi al legno della porta mi smossero
dai miei pensieri. Oh, no. Era già passata un ora? Non era possibile, Charlie doveva essere in anticipo.
- Edward! -, mi rimproverò Alice con un
sussurro. – Le lenti! -.
Oh, cavolo. Frugai fra i cuscini, cercando il
piccolo contenitore, per poi accorgermi che era ancora fra le mie mani.
Imprecai, ricordandomi con un secondo di ritardo che c’era Renesmee accanto a
me, seduta sulle ginocchia di Bella. In fretta e furia posai le lenti verdi
smeraldo sulle iridi, facendo una smorfia per la scomodità della membrana. Poi,
mentre Carlisle tentava di intrattenere Charlie sulla porta per qualche altro
secondo, nascosi la scatolina in tasca.
Mi voltai verso Bella, incontrando i suoi
occhi. In un primo momento mi sorpresi. Erano ben cinque giorni che non li vedevo con il loro colore originale.
Sebbene i miei occhi non fossero più abituati a cogliere certe differenze
impercettibili, notai che il colore delle lenti di Bella era di una tonalità
più scura rispetto a quelli della figlia. A me piacevano molto di più prima.
Renesmee mi toccò la mano, inviandomi un
messaggio.
Papà, quando entra il nonno?
Sorrisi. Le avevamo spiegato nervosamente e
confusamente chi sarebbe venuto a trovarla, e non ci aveva capito molto… ma la
parola ‘nonno’ le era rimasta fissa in mente. Ora era ansiosa di conoscerlo:
non vedeva mai nessuno, oltre alla sua famiglia, e era entusiasta di poter
osservare e assimilare informazioni su altre persone.
Dei passi sul parquet mi fecero voltare dal
visetto di porcellana di mia figlia.
- Ma che… -, balbettò una voce familiare e
confusa. Mi sembrò di notare una nota di rabbia, ma forse me l’ero solo
immaginata.
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Taaaadaaaan! :D
Buongiorno cari lettori. Ebbene sì, sono passate tre settimane dall’ultimo aggiornamento. Pardon.
Per farmi perdonare, ho scritto un capitolo più lungo del solito. Spero davvero
che vi sia piaciuto, perché ho cercato di farlo nel miglior modo possibile.
Verso metà capitolo, più o meno quando Ed guariva, ho avuto una specie di
blocco. L’altra volta è stato diverso: sapevo cosa scrivere, ma non sapevo come
descrivere il tutto. Questa volta, invece, non sapevo proprio cosa sarebbe
successo. Avevo il vuoto. Bruuuuuuuutta sensazione.
Vabbé, basta amarezza. Pronti per l’estate? :)
Beeene. Recensite in tanti, mi raccomando.
A presto!
FanOfTwilight98