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Autore: Akrois    14/06/2011    1 recensioni
Il sole brilla impietoso sopra le teste dei presenti, riflettendosi sulle gocce di sudore sul viso del sindaco. È quasi ammirabile come prosegua cocciuto con il suo discorso nonostante la voce che si arrochisce sempre di più per la mancanza di saliva.
Ai piedi della statua ci sono le corone d’alloro (così sfacciatamente verdi e fresche da far sembrare avvizziti i presenti) avvolte nel tricolore. Anche Alberto porta il tricolore, ma al collo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XX Giugno

 

 

 

Il sole brilla impietoso sopra le teste dei presenti, riflettendosi sulle gocce di sudore sul viso del sindaco. È quasi ammirabile come prosegua cocciuto con il suo discorso nonostante la voce che si arrochisce sempre di più per la mancanza di saliva.

Ai piedi della statua ci sono le corone d’alloro (così sfacciatamente verdi e fresche da far sembrare avvizziti i presenti) avvolte nel tricolore. Anche Alberto porta il tricolore, ma al collo. Dondolandosi da un piede all’altro stacca la mente dalla litania del sindaco e si perde nei vecchi ricordi di partigiano, quando salì sul Colle Del Sole e l’accolsero i cittadini. Ma non è il solo ad aver lasciato navigare la mente nei ricordi: dietro di lui la vecchia Rosa si stringe ai braccioli della sedia a rotelle tremando forte. Magari è il parkinson, o il ricordo di quei cinque figli che ormai sono diventati medaglie dorate sul suo petto. Solo Ludovico è sopravvissuto, a costo del braccio sinistro (ma forse era meglio che fosse diventato una medaglia anche lui) e adesso le chiede se vuole andarsene. No, non vuole andarsene: quella è anche la festa delle sue cinque medaglie, no?

Dietro di loro c’è Federico, un ragazzo capitato lì quasi per caso, attratto dalla massa di gente. Borbotta fra se e se per la noia e Giulio al suo fianco lo imbecca di stare zitto. Federico vorrebbe rispondere, ma prendersela con un rugbista di due metri e cinque non è la cosa più furba che si può fare. Giulio ascolta in silenzio quello che dice il sindaco, rigirandosi fra le dita la vecchia collana col crocefisso che gli ha dato sua nonna: apparteneva a sua madre che l’ebbe a sua volta da sua madre. Ricorda la nonna che si rigirava quella collana fra le dita nodose, parlandogli di tutti i soldati che avevano marciato sulla città, mostrando il sorriso sdentato che compariva tra le lacrime al ricordo del passaggio di quei “ciancica gomme” degli americani.

Agli americani pensa anche Lara che aveva cinque anni quando sono entrati in città. Ascolta il sindaco parlare e intanto nella sua mente si fanno largo le urla della signora Caprabianca. Stringe più forte la mano del nipotino, ricevendo uno sguardo interrogativo. Sorride un po’ timida la vecchina, tornando poi ai suoi ricordi: ai ragazzi biondi che sfilavano e agli uomini di colore sempre cinque passi indietro, alle donne silenziose e agli uomini in divisa nera che osservavano dalle finestre con l’astio malcelato negli occhi.

E con astio li aveva guardati anche il padre di Vincenzo, il ragazzo poggiato ad un palo poco più in là, in camicia nera nonostante il caldo, che adesso guarda con astio un gruppo di stranieri che fotografano il monumento e le corone. Si sente come se stessero fotografando una messa in memoria di suo nonno (anche se suo nonno aveva lasciato scritto di non volere mai messe in sua memoria, perché i preti erano dei fetenti e coi soldi che gli davano per ricordarlo sicuramente ci avrebbero comprato del vino o delle troie o tutt’e due.) e questo gli dà semplicemente e puramente fastidio.

Giusto tre passi a destra di Vincenzo ci sono Antonio, Ludovica e Francesco. Parlano a voce bassa e Francesco si lamenta del fatto che anche quest’anno si è fatta una donazione alla chiesa, Ludovica ribatte che non ne è sicura, Antonio consiglia loro di controllare sul sito del Comune e dell’UAAR e magari di stare zitti.

 

 

 

Da sotto le mura, una ragazzina corre dietro ad un uomo, chiamandolo ad alta voce. Quando questi finalmente si volta lei gli porge un rosario bianco – Le è caduto questo, signore.- dice col fiato corto. Lui sorride – Ti ringrazio- dice prendendo il rosario e facendoselo scivolare in tasca – ma ti consiglio di andare via, ragazza, adesso è pericoloso stare qui.

- Perché?- domanda lei curiosa, chiedendosi cosa possa accedere di pericoloso in una strada assolata e vuota, scaldata dal sole acceso di un Giugno particolarmente torrido.

- Arrivano gli svizzeri.- dice lui guardandosi attorno con fare circospetto. Gli uomini che lo accompagnano annuiscono, bofonchiando che è meglio che torni a casa, che è pericoloso, che gli svizzeri sono bestie e cose così.

- Forza, per l’Italia unita e per il Re!- grida il ragazzo alzano il moschetto al cielo. Per un attimo la luce viene riflessa dalle parti in metallo colpendo la ragazza negli occhi e costringendola a serrare le palpebre.

E solo un attimo e non c’è più nessuno.

Solo il rosario, lasciato a terra. La ragazzina lo raccoglie, passando le dita sulle macchie marroncino scuro che si sono attaccate alle perle colorate.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: è possibile trovare un riferimento alla signora Caprabianca nel volume “Perugia. Passeggiando la stella”.

Il 20 Giugno per Perugia è un doppio anniversario: si ricordano le Stragi di Perugia del 1859 e al contempo si festeggia la liberazione dal nazi-fascismo del 1944.

 

 

 

 

   
 
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