Ricordi
che scorrono
Sospirai,
mentre guardavo il paesaggio
al di fuori del finestrino. Quel verde, che tanto ricordavo
nostalgicamente,
era proprio come tanti anni fa. Le vecchie case, che erano state
spettatrici
della mia infanzia, erano ancora lì, forse un po’
più invecchiate del solito,
solo un pochino. Rivedere quei prati dove avevo corso, saltato e
urlato, era
come rivivere un déjà-vu.
Il mio sguardo era concentrato su certi
alberi, da dove ero sicura che sarebbe sbucata fuori una bambina dai
capelli
castani. Rividi la scena nella mia mente. La bambina correva per i
prati,
facendo scappare gli uccelli. I suoi occhi erano caramellati e le sue
labbra
rosse come quelle di una rosa. La cosa che la faceva spiccare era il
suo
sorriso. Ancora oggi mi chiedevo come facevo a sorridere in quel modo,
senza
provare dolore alla mascella. Intorno alla bambina c’erano
altri fanciulli,
loro però non correvano. Si trovavano su delle scope e
volavano come per magia.
La bambina li inseguiva mentre loro gareggiavano e scommettevano su chi
arrivasse
per primo. Alla bambina non importava, visto che lei non poteva salire
sulla
scopa e doveva contare sulle sue gambe, infatti, non vinceva mai. Tutti
arrivavano prima e lei rimanevano indietro, ma lei era felice lo
stesso, perché
le piaceva vedere i suoi fratelli e cugini lievitare in aria. Lo
desiderava
anche lei, infatti, ogni tanto il papà le faceva fare un
giro e lei sprizzava
felicità da tutti i pori. Non invidiava gli altri per
questo, né perché loro
potevano far sbocciare i fiori o far esplodere gli oggetti. Lei non era
gelosa
dei loro poteri, però li desiderava. Era molto umile, ma
anche molto vispa e
speranzosa. Non perdeva occasione di provare a far rovesciare un vaso,
anche se
ogni tentativo era vano. Lei non pianse quando a sua sorella e a suo
cugino,
che insieme a lei erano gli ultimi della famiglia, arrivò la
lettere
d’ammissione per Hogwarts,
nemmeno
quando da Olivander la sua gemella Lily comprò la bacchetta. Non disse niente quando
tutti partirono per
King Cross e lei rimaneva a casa, perché non poteva
oltrepassare il binario.
Lei sapeva di essere una babbana e ne andava fiera, nonostante nel suo
mondo,
anzi nel mondo della sua famiglia non fosse una cosa bella.
Lei invece di frequentare la scuola di
magia, aveva deciso di andare a studiare in un altro paese,
così che i suoi
genitori fossero fieri di se. Si trasferì in Italia,
iscrivendosi ad
un’accademia di piccoli talenti a soli dieci anni.
Così venne
definitivamente a
contatto di quelli
come lei. Un mondo che non era così noioso come credeva.
Esistevano i
cellulari, i computer, vestiti molto più belli, invece che
fumare le pipe, si
potevano fumare le sigarette e si diventava maggiorenne a diciotto
anni. Tante
differenze accolsero la sua nuova vita. Gli anni passarono e la bambina
si tramutò
in una ragazzina normale, com’era giusto che fosse. Per quasi
sei anni si tenne
ben lontana dalla sua famiglia. Preferiva spedire loro lettere con la
posta
manuale, soprattutto a sua sorella. Prima le inviava a sua madre, e poi
lei
faceva in modo che sua sorella le ricevesse. Le descriveva tutto quello
che
faceva, i babbani e le novità del nuovo mondo. Per tutti
questi anni si era
nascosta dietro queste lettere, avendo paura del mondo che si era
lasciato alle
spalle.
Aveva
dimenticato quante fosse grande il
Ghirigoro, e anche l’odore di muffa della farmacia a Diagon
Alley, non
ricordava più le specie di gufi dell’emporio degli
animali e nemmeno si era
presa la briga di sapere se le nimbus avevano continuato ad evolversi.
Si era
completamente distaccata dal mondo che non aveva mai sentito suo, ma
che si
rendeva conto che, infondo, un granello di esso risiedeva ancora dentro
di lei.
Ma dopotutto era stata una scelta sua e ne andava fiera.
La sua famiglia le mancava tanto, ma
doveva pur sempre pensare a se stessa, ed era quello che aveva fatto
fin a
d’ora, finché non l’era caduto il
classico mattoncino sulla testa, che l’aveva
fatta riflettere. Sua madre le aveva inviato una lettera dove le diceva
che
dietro a quelle lettere c’era solo un’estrania.
Come le aveva promesso, aveva
rispettato la sua scelta di allontanarsi da loro, ma adesso non poteva
più
andare avanti. Le aveva chiaramente detto che lei e la sua famiglia
avevano
bisogno di lei, ed era convinto che anche lei aveva bisogno di loro.
Aveva ragione.
Era questa l’amara realtà. Non
c’è cosa più brutta della
consapevolezza di una
cosa che sai che ti farà male.
Quella bambina ero io e in quel momento
ero in viaggio. Come promesso, stavo tornando dalla mia famiglia. Non
avevo
risposto a mia madre, presi un aereo e mi recai in Inghilterra carica
di tutto
quello che avevo appreso nel mio mondo. Anche se
dubitavo di poter
insegnare qualcosa a qualcuno.
A distrarmi dai miei pensieri, fu il
tassista: << signorina, siamo arrivati >>,
mi comunicò, facendomi
annuire. Aprii lo sportello, osservando ancora una volta il panorama,
non mi
poté che comparire un ampio sorriso sul volto. Ero tornata.
<< Signorina? >>, mi chiamò
il tassista, porgendomi i bagagli.
<< Sì? >>, gli risposi
prendendo i due trolley.
<< Posso farle una domanda?
>>, mi chiese, assumendo un’espressione
incuriosita.
<< Certo >>, risposi
cordialmente.
<< Come fa a continuare di qui in
poi? >>, domandò in maniera spudorata,
<< qui >>, lanciò
un’occhiata al luogo circostante, << siamo in
aperta campagna >>.
<< Oh >>, avrei dovuto
immaginare una domanda del genere, << possiedo una
villetta, qui vicino
>>, m’inventai.
<< Se vuole l’accompagno fino lì
>>, mi propose.
<< No >>, risposi
prontamente, liquidandolo: << abito proprio qui a due
passi >>.
<< Capisco >>, mugugnò
deluso. A mio parere voleva far scorrere ancora di più il
tassametro.
<< Le auguro una buona giornata
>>, gli porsi i soldi. Non vedevo l’ora di
togliermelo dai piedi. Mi
sembrava troppo curioso.
<< Grazie >>, rispose
afferrando i soldi, << a lei >>,
ricambiò, salendo in macchina e
partendo.
Io sospirai e mi misi in cammino. La
Tana non era molto lontana da lì. Solo qualche minuto di
strada, già riuscivo a
intravedere la collina oltre la quale si trovava. I ricordi
continuavano ad
affluire come se niente fosse.
Sicuramente sarebbe stata una grande
sorpresa. Erano anni che non mi facevo viva, ed ero anche convinta del
fatto
che fossero un po’ seccati per questo. Ma comunque, non
m’importava. Infondo,
stavo andando lì per “rimediare”.
Ciao,
sono tornata. Stavolta il
personaggio della protagonista si è un po’
evoluto. Ora riuscirete a
comprenderla un po’ meglio. Sì, lo so,
può sembrare sfigata. Non possiede
nessun potere ed è stata lontana dalla sua famiglia per
anni. Povera figlia.
Comunque, per fortuna sta ritornando, e vedremo come sarà il
suo ritorno. Nel
frattempo accontentatevi del primo capito.
Kiss kiss Crystal.