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Autore: KikiSuicide    16/06/2011    2 recensioni
Già è difficile essere adolescenti, aggiungici: un fratello impossibile, la sua band di metallari scalmanati e dei genitori che non ti conoscono = meglio che ti spari
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo passato quindici anni all’ombra di mio fratello, una fottuta vita sempre in secondo piano.

Lo odiavo, si comportava come il padrone del mondo, lui e quella sua band di sfigati. Non facevano altro che passare le giornate nel garage a bere, fumare e fare trambusto.

“Suzanne a tavola!!”  Zackary James Baker era il re degl’idioti, punto.

“Arrivo mamma” le pareti della stanza vibravano a ritmo di musica. La mia stanza era attaccata al garage, ovviamente Zack si era beccato la camera più bella e spaziosa.

Quando entrai in cucina notai che tutti erano a sedere : mamma, papà, quell’energumeno di mio fratello, Matt Sanders il cantante, Brian Haner Jr. il primo chitarrista (la persona più vanesia che abbia

conosciuto), Jonathan Seward il bassista (detto anche nanerottolo, nano o nanetto) e infine James Owen Sullivan il batterista (chiamato The Rev).

“Finalmente la principessina ci ha degnato della sua presenza, quale onore” fece Zack con la riverenza; stronzo.

“Coglione” sibilai e mi sedetti di fianco a mia madre che impaziente aspettava di servire quella meraviglia di tacchino.

Non fiatai per tutta la cena, me ne stavo in silenzio ad ascoltare quei discorsi idioti senza senso,

“Come va la scuola, Sue?” qualcuno si era accorto della mia presenza finalmente, allora non ero invisibile.

“Bene” il liceo era uno schifo, ero sola e come se non bastasse ci si metteva mio fratello a darmi contro, ogni volta che poteva mi umiliava pubblicamente.

“Tu Zack?” Zack era abbastanza popolare a scuola, la sua band aveva riscosso successo e spesso e volentieri suonavano in bar, locali, addirittura avrebbero suonato al ballo della scuola. La popolarità era

decisamente sopravvalutata.

“Regolare” d’un tratto mamma iniziò a guardarmi, squadrarmi direi.

“Il ballo se non sbaglio è dopo domani, hai un accompagnatore?” numero uno: odiavo i balli scolastici, erano la forma più degradante per dimostrare la propria figaggine; numero due: in effetti non c’era un numero due, il primo punto bastava e avanzava.

“Non ci vado” mamma al tempo del liceo era stata la reginetta ma quella non ero io, non ero una reginetta e mai lo sarei stata.

“Che vestito indosserai?” era come se non avessi parlato, l’ entrava da un orecchio e le usciva dall’altro o forse non l’entrava neanche.

“ Non ci vado” continuai a ripetere ma il messaggio proprio non lo voleva capire

“Dovremo andare a fare shopping presumo” avrei voluto alzarmi e iniziare a gridare SONO QUI NON SONO UN CAZZO DÌ FANTASMA ma ovviamente non avrebbe servito a niente.

“O magari la mamma ti presta il suo vestito?? Che ne dici?” per lei era un ritorno ai vecchi tempi, quelli che non sarebbero tornati anzi si sarebbero sempre di più allontanati

“Va bene” ero rassegnata al destino di seconda scelta, Zack di sicuro lo avrebbero ascoltato.

Finito aiutai a sparecchiare per poi stravaccarmi sul divano di fianco a Jimmy e Zack che stavano litigando su chi per primo avrebbe iniziato a giocare a Guitar Hero

“Senti io sono il più grande quindi spetta a me” Jimmy si era accaparrato la chitarra giocattolo ignorando Zack che faceva le bizze per riaverla

“E io sono il più piccolo quindi prima noi giovani” osservavo la scena tra l’interdetta e il divertita. Bambini troppo cresciuti per giocare.

“Suzanne chi dovrebbe giocare secondo te?” quando gli facevo comodo, carino e coccoloso il nostro Zacky; mi disgustava tanta ipocrisia

“Me ne vado via” mi alzai e m’incamminai verso la mia stanza, prima di rimaner travolta da quel ciccione che si avventava sul gigante per riprendersi la chitarra e cominciare a giocare.

Non sapevo come fosse nato tutto quell’odio che covavo ma sapevo che più se ne accumulava più rischiavo di esplodere come una bomba a orologeria.

Era mezzanotte quando mi alzai, sudata e con il cuore a mille per quell’incubo che mi perseguitava da mesi. Scesi in cucina a prendermi un bicchier d’acqua.

“Chiudi quella luce” la luce del frigorifero batteva sul corpo accasciato al divano; Jimmy.

“Scusa avevo solo sete” era in boxer e con la coperta si copriva le spalle, non che mi facesse ne caldo ne freddo ma avevo sempre trovato quel corpo molto attraente

“Fai pure anzi ti va di fare due chiacchiere?” in tutti quegl’anni, non me lo aveva mai chiesto anzi mi evitava come la peste, il più delle volte.

“Certo” abbassai le mie difese e mi sedetti vicino a lui che si era spostato per farmi un po’ di spazio.

“Non riuscivi a dormire?” i suoi occhi così chiari, li vedevo osservarmi da capo a piedi, ricordandomi d’indossare una semplice canotta.

“No, ultimamente faccio un incubo” si avvicinò un poco e mi strinse la mano

“Sempre lo stesso?” insolito che s’interessasse, valla a capire la gente e finisci col diventare pazzo

“Si” non avevo voglia di parlarne poi con lui meno che meno

“Gl’incubi sono frutto del nostro subconscio, se c’è qualcosa che ti tormenta, vuol dire che il tuo inconscio ti sta lanciando un allarme”  

“Vedi di seguire il tuo istinto qualche volta” mi diede un buffetto, cosa voleva dire con questo?

“Lo faccio sempre” la mia espressione stava diventando in crucciata.

“Sue, ti conosco da quando eri nella culla, siamo cresciuti insieme, tu non sei una che si lascia trasportare dalle emozioni” non avrebbe dovuto dirlo visto che non sapeva nulla di me.

“Tu non mi conosci, non sai nulla di me” e senza dire un’altra parola me ne andai con il bicchiere ancora in mano e il groppo in gola.
 
   
 
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