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Autore: orual    16/06/2011    16 recensioni
Dopo le Cronache della Seconda Guerra... arrivano quelle della vita normale: tra progetti, studi, quotidianità, amori che sbocciano e bambini che nascono, carriere intraprese e ripensate, accompagneremo i nostri eroi nell'era post-Voldemort per scoprire che la routine non richiede meno impegno del pericolo. A voi la lettura!
...Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
La tomba di Tonks brillava lieve, illuminata dalle luci fatate dei fiori.
"Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto e basta, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei."
Charlie si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
"Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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 Dovete perdonarmi per il lungo ritardo ma un esame particolarmente impegnativo ha prosciugato tutto il mio tempo e le mie energie. Con questo capitolo, però, continua il nostro viaggio nel Dopoguerra dei nostri eroi. Spero che lo apprezzerete, colgo l’occasione per ringraziarvi dell’entusiasmo con cui sono stati accolti i primi due capitoli!
Buona lettura! :)

 
Fratelli e sorelle.
 
“...siamo rientrati ieri sera, e ci abbiamo messo un’infinità ad arrivare a casa di Hermione dall’aeroporto, che sarebbe il posto dove arrivano e partono questi aggeggi volanti dei Babbani (usarli è stato terrificante). Noi stiamo bene, ed anche i genitori di Hermione vanno meglio. Li abbiamo trovati da cinque giorni e già ricordano buona parte del passato, inclusi gli anni del college (che secondo lei sono fondamentali). All’inizio credevano che Hermione si chiamasse Wilkins di cognome, perchè si sono ricordati di lei prima ancora che di loro, e questo ha fatto piangere Hermione un bel po’. Gli aveva fatto un incantesimo davvero forte, comunque prendono la pozione ogni tre ore (Hermione ne aveva fatto scorta al San Mungo prima di partire) e lei lancia su di loro il Controincantesimo di Memoria tutte le mattine. E’ molto più tranquilla da quando è stata sicura che la riconoscevano, dice che tutto il resto verrà col tempo. Da poco si sono ricordati anche di me e Harry, così hanno potuto riconoscermi, prima mi chiamavano Edwin e credevano che fossi il ragazzo che portava il latte a Brisbane, e anche se Hermione gli ripeteva chi fossi, si vedeva che non le credevano, anche se per non dispiacerle annuivano. Stamattina li ha trovati che leggevano tutti contenti un librone immenso sui denti dei Babbani, che stava nel loro soggiorno, con delle immagini raccapriccianti (di lavoro curano la bocca dei Babbani, per Hermione è normale), ed era molto soddisfatta. Dice che suo padre le ha detto che non si era reso conto quanto gli mancasse “Teoria dell’Odontostomatologia” mentre era in Australia. Credo di non aver ricevuto i vostri gufi in queste due settimane per via della troppa distanza, o forse perchè ci siamo spostati in continuazione fino a che non li abbiamo trovati. Mi è arrivato solo quello di Charlie, ma l’altroieri, quando eravamo a Brisbane già da due giorni, e comunque non era in buone condizioni. Laggiù usano i cacatua per la posta.
Finisco questa lettera e faccio un salto a casa: ho appena sentito Ginny via camino e mi ha detto che George per fortuna  non ha ripreso a bere, a quanto sembra. E’ arrivato ora Harry, per salutarci, così farà lui compagnia ad Hermione.
Spero che anche tu e Fleur stiate bene.
Salutala da parte mia.
Ciao
Ron”
 
Fleur restituì a Bill la lettera, coperta dai tratti storti dell’angolosa grafia di Ron, sollevando poi il bicchiere di succo di zucca ghiacciato e finendo di vuotarlo.
-Sono contonta che sia andato tuto bene, ala fine- disse, con un piccolo sorriso.
Bill annuì, scorrendo di nuovo la lettera con gli occhi e abbandonandosi allo schienale della seggiola. Era in ferie, e come gran parte del traumatizzato mondo magico, vi sarebbe rimasto almeno fino a settembre, in una sorta di aspettativa.
Gli occhi di Fleur indugiarono sulla maglietta delle Sorelle Stravagarie e sull’orecchino a zanna, e sorrise, perchè da tempo Bill non tirava fuori dall’armadio quel look trasgressivo. L’anno che era appena trascorso era stato all’insegna della discrezione, e anche in ufficio aveva adottato uno stile assolutamente anonimo. Tutti loro cercavano di attirare l’attenzione il meno possibile, per difendere Ron. Adesso, però, Bill poteva sfogarsi.
-Indossavi quella malietta al nostro primo appuntamonto- fece Fleur, con un sorrisetto.
Lui se la guardò e sorrise di rimando:
-Beh, tesoro, perchè anche tu non ti metti il vestito che avevi al nostro primo appuntamento?
Fleur cercò di ricordarsi quale fosse. Il tubino grigio perla o l’abitino celeste con gli inserti in voile? C’era tutta una serie di abiti che anche lei aveva smesso di indossare dopo sposata, visto come era subito precipitata la situazione e quanto tempo doveva passare in casa. Sì, concluse, era quello con gli inserti, perchè ricordava bene quanto disperatamente Bill si fosse sforzato di non guardare fisso il voile cercando di scorgere cosa ci fosse sotto. Un vero gentiluomo. Per questo l’aveva sposato.
-Bill! Sono una donna sposata.
Lui ghignò, sporgendosi dalla sedia per darle un bacio:
-Una bellissima donna sposata, vorrai dire.
-Sia pure...- sorrise lei contro il suo viso, poi si scostò:
-Andiomo dai tuoi, tesoro?
-Davvero non ti cambi?
-Un’oltra volta, magari.
Andavano alla Tana circa due volte la settimana, in quel periodo. In agosto sarebbero partiti per la Francia, visto che era quasi un anno che Fleur non riabbracciava i suoi genitori e Gabrielle, e Bill sperava di lasciare i suoi per un po’ con la situazione ormai stabilizzata, anche se certo non si poteva sperare di tornare alla normalità prima di molti mesi, forse anni. Lui stesso si sorprendeva a pensare tristemente quanto poco, degli ultimi anni, avesse passato il suo tempo con i suoi fratelli: e faceva male ora che Freddie era morto. Aveva tirato fuori dai cassetti della memoria tutti i ricordi lontani del tempo precedente al suo ingresso ad Hogwarts, gli anni in cui erano a casa tutti insieme, Ron e Ginny non ancora nati o minuscoli, ed i gemelli che, a soli tre anni, quando era stata comprata la sua bacchetta l’avevano fatta sparire in meno di due ore... e lui aveva dovuto dannarsi per ritrovarla, dato che non voleva rivolgersi alla mamma e mostrarsi sconfitto di fronte ai fratelli minori... A quel tempo pensava che i genitori avrebbero anche potuto smettere di sfornargli tutti quei fratelli. Forse non se li era goduti abbastanza, invece, durante le estati che passava a casa. Lui e Charlie erano rimasti un po’ separati dagli altri, negli anni della scuola e dopo, ed era un vero dispiacere, adesso, ricordarlo.
Fleur aveva già preso la Polvere Volante dalla mensola del caminetto, e si era voltata a guardarlo:
-Andiamo?
 
Il soggiorno era vuoto quando vi atterrarono, ma subito dopo entrò Ron.
-Mi pareva di aver sentito arrivare qualcuno!- argomentò, avvicinandosi per abbracciarli.
-Ron! Come stai? Speravo di trovarti ancora qui!- esclamò Bill, lasciando che Fleur baciasse il cognato sulle due guance. Nella lettera arrivata poco prima, e scritta prima di pranzo, Ron avvertiva che sarebbe andato alla Tana. Lo guardò: era lentigginoso come sempre ed indossava una maglietta color porpora con su scritto UNIVERSITA’ DI BRISBANE in celeste, che si affrettò a spiegare con un gesto noncurante quando vide che i due lo fissavano:
-Oh, vedete, il padre di Hermione all’inizio pensava che fossi uno del posto... mi ha regalato la maglietta per questo motivo, per incoraggiarmi a continuare gli studi invece di consegnare il latte a domicilio. Carina, vero?
Fleur produsse un orrendo sorriso storto, come sempre quando fingeva di approvare qualcosa che non approvava, ma Ron non parve accorgersene.
-Adesso ti riconoscono, vero?
-Oh, sì...  Non è che ci fossimo visti tante volte, ma suppongo sia perchè Hermione negli anni ha mostrato loro tante foto e parlato tanto di me... e di Harry- si affrettò ad aggiungere, arrossendo.
-Bon, e come va, con lei?- chiese Fleur senza troppi preamboli. Ron esitò, ma non tanto.
-Ehm... suppongo... bene. Molto bene.
-Stote insieme?
-Fleur, tesoro...
-Non essere ridicolo, Bill!
-Io, ehm... immagino di sì. Penso.
-Beh, era ora- fece Fleur, mulinando i lunghi capelli argentei per allontanarli dal viso ed annuendo con aria d’approvazione. Ron era più rosso di quanto Bill pensava potesse arrossire una persona.
-Mamma come sta?- chiese, per cambiare argomento e perchè chiedere di lei, di papà e di George era ormai un automatismo per tutti loro.
-B-bene. Insomma. E’ stata contenta di vedermi. Mi ha chiesto di Hermione e dei suoi.
Bill fu d’accordo con Ron che si trattava di una buona notizia. I primi giorni la signora Weasley era sembrata a stento in grado di rendersi conto che esistessero al mondo altre persone al di fuori dei suoi figli e del marito. I suoi fratelli erano troppo piccoli per ricordarlo, ma lui aveva già otto anni quando gli zii Prewett erano stati trovati morti, e la mamma era come caduta in una stanza chiusa, senza finestre sul mondo esterno, che conteneva solo papà, lui, Charlie, Percy ed i gemelli nati da poche settimane. Gemelli, come Fabian e Gideon... dubitava che gli altri si rendessero conto pienamente di cosa stesse passando la loro madre.
-Senti Bill...- Ron abbassò la voce con fare cospiratorio.
-Sì?
-Non potresti... parlare con Ginny?
-Riguardo ad Harry?- ribatté Bill. Era ormai noto in famiglia che il comportamento di Ginny cominciava a destare preoccupazioni: -Ron, sai come la penso sul fatto che Ginny deve essere libera di...
-Non sto dicendo di convincerla a... rimettersi con lui, o quello che è... solo che... Bill, lei lo tratta malissimo, e quando è arrivato a casa di Hermione stamani era una specie di straccio.
-Cosa posso...?
-E che ne so? Tanto se ci parlo io crede che parteggi per Harry. Io voglio solo che smetta di trattarlo come un criminale. Hermione è preoccupata per lui. E anche io.
-E anche io- interloquì Charlie, entrando a sua volta in soggiorno –Buongiorno a voi. Ron ha ragione, Bill.
-Va bene, ma perchè pensate che io debba...
-Oh, Bill, lo sai che sei così bravo a parlar con le persone. Provasci almeno, no? Jinnì è tremonda con lui, lo sappiamo anche noi- interloquì Fleur.
-Beh, sentite, per prima cosa voglio andare a vedere come sta mamma.
-Ah, perfetto- rispose subito Ron. -Dove c’è mamma trovi di sicuro anche...
-Ho capito- lo interruppe Bill, a metà tra il divertito ed il seccato. Lasciò la cucina, mentre gli altri tre alle sue spalle si affrettavano a scambiarsi sguardi di intesa.
Lasciò il salotto e si affrettò a salire in camera dei suoi genitori, dove presumibilmente avrebbe trovato sua madre. Invece la incontrò per le scale: stava seduta sul primo gradino del pianerottolo, con a fianco una cesta piena di biancheria, e rammendava con filo e bacchetta.
-Bill, caro...- disse, con una specie di vero sorriso. Ginny, che era in camera sua con la porta aperta, probabilmente per sorvegliarla, si affacciò immediatamente ed annuì con aria abbastanza soddisfatta alla silenziosa pantomima del fratello per chiedere la situazione.
-Mamma, ho visto Ron, giù in salotto.
-Oh, caro, è tornato dall’Australia ieri sera. Gli ho detto di portare Hermione, ma naturalmente lei ed i suoi hanno bisogno di un po’ di tempo insieme...
-Gin, tu come stai?
Lei alzò le spalle.
-Studiavo- disse brevemente.
La professoressa McGranitt aveva annunciato tramite il Ministero che la scuola avrebbe regolarmente riaperto i battenti a settembre. Correva voce che avesse accettato l’incarico di preside, ma solo per un anno prima di ritirarsi. Ginny era stata la prima di loro a decidere di tornare, e dato che aveva studiato assai poco l’anno passato, aveva subito scritto alla scuola, come la circolare della McGranitt invitava a fare, per farsi inviare programmi, mettersi in pari e sostenere l’ammissione al settimo anno a settembre, quando ci sarebbero stati per tutti gli studenti gli esami che avevano dovuto essere annullati a seguito della Battaglia.
Anche Ron doveva terminare gli studi, come del resto i suoi amici, e Bill si sentì felice all’idea che tutti loro avrebbero potuto per un anno almeno godere di un ambiente protetto, prima di affrontare il mondo esterno già entrato così prepotentemente nelle loro vite.
 
-George?
Il ragazzo alzò lo sguardo dal volume che stava sfogliando, un vecchissimo libro di scuola. Fece un cenno con la testa alla vista del fratello, per far capire che aveva registrato la sua presenza.
Nelle due settimane che Ron aveva passato lontano da lui, era dimagrito ulteriormente, ma tutto sommato Ron pensò che gli standard di devastazione erano stati anche più bassi.
-Com’è andata?- gli chiese George, con voce smorzata.
-Bene. Abbiamo trovato i genitori di Hermione e si stanno rimettendo. Hai visto che c’è anche Bill?
George scosse la testa. Ron entrò cautamente nella stanza dei gemelli. Era la prima volta che lo faceva dalla morte di Fred e l’impressione di essere in una specie di santuario fu orribile. C’erano numerosi scatoloni (da quando si erano trasferiti nell’appartamento in Diagon Alley, Fred e George avevano usato la stanza come un magazzino), dai quali fuoriuscivano strani manufatti e prototipi di invenzioni magiche. L’armadio semiaperto lasciava intravedere i vestiti dell’uno e dell’altro, in pile separate ma non troppo ordinate. Gran parte della roba era rimasta comunque nell’appartamento. In cima alla pila di maglie di sinistra, un golf celeste esibiva una F rossa che era come un pugno in viso: Ron riusciva a vederla anche chiudendo gli occhi. Il letto di Fred era liscio, intatto da quando Bill li aveva trasferiti tutti da zia Muriel durante le vacanze di Pasqua che anche loro due avevano trascorso alla Tana... gli ultimi giorni di Fred nella casa dov’era nato, ma a quel tempo lui non poteva saperlo, e certo la mamma aveva insistito per rifare tutti i letti prima di partire senza sapere che il copriletto sbiadito di Fred non sarebbe stato spiegazzato mai più.
Ron vi si sedette lentamente, sentendo il familiare cigolio che caratterizzava tutte le vecchie reti dei letti di casa Weasley. George, davanti a lui, seduto sul suo, continuava a sfogliare il libro, e adesso che lo vedeva da più vicino, Ron si rese conto che era un vecchio Manuale di Trasfigurazione, roba da terzo o quarto anno.
Era pieno di scritte scarabocchiate ai margini, e Ron era sicuro che fossero di Fred. Non era altro che un altro capitolo dell’ossessiva caccia alla traccia di Fred, che tentava quotidianamente tutti loro, e dalla quale era quasi impossibile distogliere George.
-Cosa c’è scritto?- chiese, a voce bassa.
George alzò lo sguardo castano dal libro e storse la bocca: era la cosa più simile ad un sorriso che in quei giorni sapesse produrre.
-Scemenze. Questo libro era mio. Continuava a scarabocchiarmelo, ed io lo facevo sul suo.
Gli avvicinò le pagine aperte, e sopra un paragrafo sulla Trasfigurazione Umana Incompleta, Ron poté vedere un’efficace caricatura di George (ma in fondo anche di Fred stesso) con un corpo da bradipo sulla scopa, mentre mancava un bolide che si schiantava contro un giocatore occhialuto sullo sfondo. Sotto campeggiava la scritta “Il precoce G.W. capace di trasformarsi in bradipo, mentre collabora alla distruzione del Bambino Sopravvissuto”. Un’altra mano, presumibilmente quella di George, aveva cancellato con vigore la G, sostituendola con una F ed argomentando: “Colpa tua, fratello”.
Sembravano passati secoli da quando il Bolide di Dobby aveva quasi ammazzato Harry sul campo di Quidditch della scuola.
Un martello dall’aria gommosa uscì saltellando debolmente da uno scatolone rovesciato: appariva decisamente barcollante, come se l’incantesimo che lo animava si stesse esaurendo. Un altro prototipo di Fred? A giudicare dallo sguardo appannato con cui George lo fissò, sì.
-George?
-Uhm?
-Senti, io... perchè non... non ti trasferisci da me? Cioè, in camera mia.
Non aveva idea di come gli fosse uscita quella frase. Tra l’altro avrebbe comportato che Harry si spostasse, ma Ron era sicuro che avrebbe capito, e poi George non poteva continuare a stare là dentro. Lo guardò, sicuro di star per fronteggiare una sceneggiata simile a quella di un paio di settimane prima, cercando di far trasparire dalla sua espressione quanto non stesse proponendo di sostituirsi a Fred.
Il fratello lo guardava, in silenzio.
 
-Ahem... Gin, che ne dici di accompagnarmi a dare una sistemata al giardino? Credo sia ora che qualcuno tagli l’erba sul retro, il tavolo non si vede più.
Ginny, con aria assolutamente scettica, fissò il fratello maggiore, sollevando la testa dal libro sul quale era concentrata e voltandosi a guardarlo. Sentì Fleur che aveva seguito il marito e che sommessamente diceva a sua madre:
-Molly, che ne disce di spostarsci in salotto con quosta roba da rammendare? Le posso far vedere il mio lavoro di maglia, così mi spiega come concludere...
Con una certa sorpresa da parte di Ginny, di Bill –che, Ginny lo avrebbe scommesso, aveva istigato la moglie a quella mossa- e della stessa Fleur, Molly si alzò un po’ faticosamente e prese il cesto della biancheria. Fleur poté condurla abbastanza docilmente per le scale, fino in salotto dove il signor Weasley si sforzava di leggere un libro.
-Cosa vuoi, Bill?- tagliò corto Ginny, senza fare troppi preamboli.
-Ci vieni in giardino?
-Devo studiare.
-Oh, sono sicuro che la tua ammissione al prossimo anno non sarà in pericolo se passi cinque minuti con me.
Ginny si alzò e lo seguì in giardino con aria torva. Quando lui estrasse la bacchetta e prese a rasare l’erba con attenzione gli si mise accanto, facendo Evanescere quello che lui tagliava.
Per un po’ di tempo, sufficiente perchè Ginny finisse per concentrarsi davvero su quello che stavano facendo, Bill non disse nulla. Poi esordì:
-Come... va?
Ginny si bloccò.
-Cosa intendi?- chiese, con occhi pericolosamente assottigliati.
-Beh, in generale, nessuno di noi è al suo massimo al momento, non è così?
-Allora perchè mi fai questa domanda? Non sono al mio massimo, come è ovvio.
Bill roteò gli occhi.
-Gin, mi preoccupo solo per te. Mi sono preoccupato anche di tutti gli altri membri della nostra famiglia, se la cosa può rassicurarti.
Ginny si addolcì un poco.
-Scusa. Ma tanto lo so che tutti siete sulle spine perchè...
-...perché?
-Perché tratto male Harry.
Bill si voltò per nascondere il sorriso soddisfatto. Avrebbe dovuto fare lo Stregopsicologo, altro che Spezzaincantesimi alla Gringott.
-Ah.
-Che significa “ah”?
-No, solo... allora ti accorgi che lo stai trattando male.
Ginny si inalberò.
-Lo sapevo! Ascolta, Bill, non sono affari tuoi, né di Ron né di nessun altro, e...
-Neanche di Harry?
Ginny, le mani sui fianchi, lo fronteggiò dal basso.
-Sono affari miei!
-No, perchè Harry, a quanto pare, non ha idea di cosa tu lo stia punendo.
-Io non lo sto...
-Ginny...
-Beh, dovrebbe avercela. E comunque non sono affari...
-Ti sto solo suggerendo di spiegarti con lui. Una punizione è più efficace se ben compresa dall’interessato.
-Io non lo sto punendo!
-Ah, beh, allora...
Bill fece spallucce, si girò da un altra parte e strinse la lingua tra i denti, concentrato spasmodicamente nel tagliare l’erba attorno ai bulbi di narciso senza recidere i fiori. Ginny esitò qualche momento, poi cominciò a bassa voce:
-E’ solo che... che non... voglio dire, tutti sembrate pretendere che fra noi riprenda come se l’ultimo anno non fosse mai passato.
-E invece...
-E invece è passato, eccome! Non so cosa vi aspettiate, ma non ho intenzione di riprendere a fare la fidanzatina del Prescelto solo perchè così devono andare le cose!
Erano arrivati fin sotto il melo. Bill fece volar via un altro ciuffo d’erba e si lasciò cadere a sedere.
-Ginny, tu sei innamorata di Harry da sempre!- obiettò.
-Questi sono affari miei!- ringhiò Ginny.
-Sto cercando solo di dire che nessuno si aspetta un bel niente da te.
-Sì invece. Siete tutti preoccupati perchè maltratto il povero Harry!
-Tu sei libera di trattarlo come ti pare, mi chiedevo solo se hai davvero riflettuto sul fatto che se lo meriti o meno.
Ginny si mise a sedere accanto al fratello. Anche lei era stanca e pallida, come tutti. Era l’unica di loro che aveva trascorso buona parte dell’anno a scuola, e questo aveva significato fronteggiare maltrattamenti e pressioni psicologiche che probabilmente lui e gli altri potevano solo immaginarsi, pensò Bill, perchè certo lei, come suo solito, si era rifiutata di scendere in particolari. Indossava una vetusta maglietta grigia che doveva essere appartenuta a lui, in origine, ed aver sceso l’intera scala dei fratelli prima di arrivarle: sul grigio i capelli rossi spiovevano come lingue di fuoco, arruffati e mal trattenuti da un elastico. Aveva il viso cereo e gli occhi duri.
-Non lo faccio per ripicca- mormorò piano, sollevandogli in viso uno sguardo pieno di tristezza –ma non voglio tornare con Harry e non è giusto che pensiate che sono... malvagia solo per questo.
Bill capì che parlava sul serio e le passò un braccio intorno alle spalle.
-Nessuno ti costringe a fare nulla e nessuno pensa che tu sia cattiva Gin! Siamo solo tutti sconvolti. Lo capisci?- disse con dolcezza.
Lei nascose il viso contro la sua spalla e annuì.
-Mi permetti un consiglio, però?
Ginny emise un suono bofonchiato che Bill prese per un sì.
-Dovresti parlare con Harry... ferma!- si interruppe, stringendola perchè lei aveva già fatto guizzare la testa in alto, pronta a ribattere –E’ solo gentilezza, Ginny. Se non vuoi tornare con Harry devi solo parlargli e spiegargli il perchè. Questa non è altro che correttezza nei rapporti, e tu sai che io la consiglio sempre. Questo discorso prescinde dal fatto che lui sia Harry Potter e tu mia sorella. O meglio, queste cose c’entrano solo perchè stimo molto lui e voglio tanto bene a te.
Ginny storse la bocca in una smorfia comicamente lenta. Solo dopo qualche minuto accennò ad annuire. Sospirò:
-Uhm.
-Lo farai?
-Penso... forse.- fece lei, alzandosi in piedi.
Bill, tranquillamente, le sorrise, dato che non riteneva necessario aggiungere altro. Si alzò a sua volta, fece Evanescere l’erba tagliata che Ginny non aveva ancora eliminato ed osservò soddisfatto:
-Bel lavoro. Credo che tu possa tornare a studiare, signorina.
Sorrise a sua volta quando vide che Ginny gli faceva un minuscolo accenno di sorriso. Si incamminò verso la casa, ed era quasi sulla soglia quando Ginny chiamò:
-Ehi, Bill!
Si voltò, per ritrovarsela tra le braccia, e la strinse, sospettando che il tremito delle sue spalle nascondesse qualche lacrima. Non reputò necessarie altre parole, e quando Ginny sciolse l’abbraccio e corse via, sedette soddisfatto sui gradini della porta della cucina.
Dalla finestra del soggiorno gli arrivavano stralci della conversazione di Fleur e sua madre che discutevano di maglia, e si rese conto che era la prima volta che sua madre sosteneva una conversazione con qualcuno, dalla Battaglia.
L’ombra della tettoia era piacevole, e le cicale frinivano tanto da riempire l’aria del loro mormorio.
 
Verso sera arrivò Harry, direttamente da casa di Hermione. La signora Weasley, aiutata da Fleur e Bill, stava mettendo in tavola la cena per tutti, mentre Charlie, il signor Weasley e Percy conversavano a voce bassa in un angolo della cucina.
-L’ho trovata proprio bene- disse Harry con un sorriso a Ron, che stava finendo di apparecchiare –Torni là, stasera? Lei vorrebbe.
-Va bene- rispose subito Ron, un moto di compiacimento a sentire quel “vorrebbe”. Non si era ancora abituato al fatto che Hermione era la sua ragazza.
-I suoi mi hanno riconosciuto subito, praticamente! Hermione era contenta, dice che migliorano a vista d’occhio. Suo papà, però, mi ha voluto guardare per forza i denti.
-Oh, l’ha fatto anche a me. Dice che dovrei atturarmi qualcosa. Suona doloroso.
-Lo è. A me, comunque, ha detto che non è mai troppo tardi per l’apparecchio- fece Harry.
I due amici si scambiarono un ghigno. Poi arrivò Ginny.
-Ti dispiace Ron? Devo parlare con Harry.
-Fate pure!- si affrettò a rispondere il fratello, mentre Harry diventava pallido come un cencio e seguiva Ginny che, abbastanza gentilmente, gli faceva strada fuori della porta della cucina, verso il giardino immerso nel crepuscolo.
Bill gli aveva detto qualcosa del colloquio avuto con Ginny, e sapeva che per Harry non sarebbero state buone notizie. Ma almeno sarebbe finita quella situazione di tensione, o così sperava.
Adesso che con Hermione andava tutto bene, finalmente, si sentiva dispiaciuto per Harry oltre ogni dire. L’amico gli pareva più solo che mai, e si sentiva un po’ in colpa.
Quando sedettero a tavola, Harry e Ginny mancavano ancora all’appello, e nessuno commentò il fatto.
George sedeva accanto a Ron, e del tutto inaspettatamente gli bisbigliò:
-Ron, l’offerta della tua stanza è ancora valida?
Ron sbarrò gli occhi: non avrebbe mai creduto che George avrebbe finito con l’accettare.
-Oh, certo! Cioè, io stasera dovevo andare da Hermione, e poi devo chiedere ad Harry di spostarsi, ma...
-Vai pure dalla tua bella, e lascia Harry dov’è. Stanotte posso dormire nel tuo letto.
Ron era troppo contento per ribattere alcunché, e George aveva già voltato la testa sul piatto dal quale pescava con scarsa convinzione cucchiaiate di minestra. Non riusciva a credere di essere riuscito a convincerlo, come poi ce l’avesse fatta, non sapeva: gli sembrava il primo passo che suo fratello facesse per staccarsi dall’ombra di Fred.
Oltre la testa di Percy, vedeva le sagome ormai quasi indistinguibili di Harry e Ginny che parlavano e parlavano sotto il melo.
Bill era bravo con le persone, ma forse anche il piccolo Ronnie, talvolta, riusciva a non essere da meno.
Sua madre portò in tavola l’arrosto, e Ron avrebbe scommesso che sarebbe stato delizioso come un tempo.
 
Ginny naturalmente cambierà idea, visto che questa è una storia IC, ma non tutto succede schioccando le dita!
Il lutto di George è il più difficile da gestire o descrivere, ma da qualche parte anche lui dovrà pur cominciare a venir fuori, no? Comunque sarà lento e doloroso.
La prossima volta un aggiornamento più rapido, promesso!
Commenti e recensioni sono sempre graditi!

   
 
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