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Autore: Beatrix Bonnie    16/06/2011    4 recensioni
New York, 1931. Nicholas McFly è un sognatore, un aspirante scrittore squattrinato che per vivere fa il barista in un locale per ricconi. Non sa che la sua vita sta per subire una svolta: pestando i piedi alla persona sbagliata -Johnny Bello, figlio del boss don Raffaè- si ritroverà trascinato nelle losche vicende della mafia americana, obbligato a fregare per non essere fregato, diventando lui stesso il protagonista del suo ultimo romanzo dal titolo "Il sassofonista".
Genere: Avventura, Commedia, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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- Questa storia fa parte della serie 'Historia docet'
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Epilogo




Quella sera gli avventori da Pete's erano davvero pochi: una manciata di clienti sparsi qua e là per il locale consumava in silenzio le proprie ordinazioni.
Nicholas aveva ripreso il suo lavoro da Pete's come se non fosse successo nulla in quei giorni. Certo, aveva guadagnato una discreta sommetta: dei cinquecento dollari rubati a Johnny, gliene erano rimasti poco meno di duecento, perché una parte li aveva dati a Sandy come ringraziamento; inoltre, zio Jack gli aveva consegnato i soldi che gli erano stati promessi da William the Brave, anche se ne aveva trattenuti cinquanta per sé, per via del disturbo, diceva lui. Nicholas aveva dato una parte della somma alla vecchia madre e il resto l'aveva messo da parte, ma era arrivato alla conclusione che la vita mafiosa non facesse affatto per lui: molto meglio scriverle quelle storie di inganni e tradimenti che viverle. Ritrovarsi invischiato tra boss e traffici illeciti di alcolici era una faccenda per giovani sassofonisti imbranati, creati dalla sua fantasia di scrittore, non certo per lui. Che si arrangiasse un po' Marty Fox, adesso! Nicholas McFly non era adatto a fare il cacciatore di mafiosi corrotti.
C'era talmente poca gente da Pete's che Nicholas si era messo ad asciugare i bicchieri di cristallo che Greg aveva appena finito di lavare. Stava osservando distrattamente un cliente annoiato che sorseggiava il suo cocktail seduto ad un tavolino in un angolo, quando la sua attenzione fu rapita da un uomo corpulento con un completo gessato e le ghette bianche che era appena entrato nel locale.
Quella sera don Raffaè non era scortato da nessuno dei suoi uomini, ma Nicholas avrebbe potuto giurare che fuori dal pub ci fosse qualcuno a fare la guardia. «Buonasera, signor Bello» lo salutò cordialmente, ma non gli era sembrata più una buona serata nel momento in cui il mafioso aveva messo piede nel locale. Che cosa poteva volere? I loro affari erano ormai conclusi.
Ma don Raffaè non appariva affatto minaccioso, mentre si sedeva a fatica sullo sgabello di velluto rosso davanti al bancone. «Io e te abbiamo un conto in sospeso, Nick» gli annunciò, estraendo dalla solita tasca uno dei suoi sigari. Nicholas cominciò ad innervosirsi, ma don Raffaè scoppiò a ridere. «Non fare quella faccia, giovanotto!» esclamò divertito. «Tu mi hai reso un servizio, io ti devo pagare. Un Bello non viene mai meno alla parola data.» E con quella uscita, estrasse da una tasca una busta piuttosto rigonfia. «Cinquecento, belli tondi» annunciò don Raffaè, porgendogli il malloppo.
Nicholas lo afferrò incredulo, con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta. Certo, che sciocco che era stato! Don Raffaè non poteva sapere che lui si era già preso la sua ricompensa, rubandola ad un ignaro Johnny, e quindi era convinto di doverlo ancora pagare.
«Be', quello che è giusto è giusto» esclamò Nicholas, d'un tratto più allegro, infilandosi la busta nella tasca interna della giacca.
«Bravo ragazzo» asserì don Raffaè, con un'espressione soddisfatta. «Tra l'altro, quell'incompetente di mio figlio si era fatto fregare i soldi» esclamò poco dopo, scuotendo la testa.
Nicholas si finse insieme sorpreso e dispiaciuto per quella notizia.
«Imbecille» sputò don Raffaè, con ribrezzo. «Non finirò mai di punirlo, quell'idiota.»
Oh, almeno era ancora vivo, pensò Nicholas. Un po' gli dispiaceva per il casino in cui l'aveva cacciato, ma era sicuro che uno come don Raffaè non avrebbe mai rinnegato la carne della sua carne. Certo, una bella strigliata al caro Johnny non avrebbe fatto male.
«Ho una proposta per te» esclamò improvvisamente don Raffaè, richiamando Nicholas dai suoi pensieri. L'uomo si appoggiò al bancone con tutta la sua massa. «Sei un bravo figliolo, Nick» gli disse, con il suo spaventoso accento italoamericano. «Un bravo cacciatore.»
Nicholas si limitò ad un sorrisetto veloce, continuando ad asciugare i bicchieri di cristallo che aveva tra le mani. Non sapeva cosa volesse proporgli il signor Bello, ma aveva come l'impressione che non si trattasse di nulla di legale.
«Potresti entrare nella mia squadra. Mi farebbe comodo qualcuno come te» soggiunse don Raffaè, dopo un attimo di silenzio.
Nicholas aprì la bocca per dire qualcosa, ma non gli uscì un solo suono. Entrare nella mafia? Al servizio dello stesso uomo che negli ultimi giorni aveva cercato di fregare in ogni modo possibile?
Proprio in quel momento l'occhio gli cadde su una grossa busta rossa abbandonata sotto uno straccio, sul ripiano sotto il bancone. Veniva dalla Francia, da Annecy.
«Allora, che ne dici? Ho già il nome per te...» continuò imperterrito don Raffaè, senza accorgersi che l'attenzione di Nicholas era stata rapita da qualcos'altro.
Il ragazzo scostò leggermente lo straccio che copriva la busta e vide che era indirizzata a lui. Poteva essere solo una cosa...
«Nick, il cacciatore» annunciò teatrale don Raffaè. «Ehi, ma mi stai ascoltando?» protestò, richiamando l'attenzione del ragazzo.
Nicholas, intento a scartare con mani tremanti la busta, si riscosse e si voltò verso l'uomo. «Sì, certo, che la sto ascoltando» rispose, con uno strano sorriso beato in volto.
«E allora, che ne dici?» si informò don Raffaè, sporgendosi ulteriormente sul bancone, avido di conoscere la risposta del ragazzo.
Nicholas estrasse il materiale che gli era stato spedito dalla Francia: una lettera di intestazione e un plico di fogli scritti a macchina, con alcune correzioni segnate a margine, tracciate dalla stessa calligrafia minuta e sicura che aveva steso la lettera. Il dattiloscritto si intitolava “Il sassofonista”.
«La ringrazio dell'offerta, signor Bello, ma preferisco continuare a fare quello che facevo prima di questa avventura» rispose educatamente Nicholas, con un sorriso.
Don Raffaè non riuscì a nascondere un'espressione sorpresa e scettica insieme. «Il barista?»
Lo sguardo di Nicholas indugiò qualche secondo sul suo dattiloscritto. «No» rispose con un sorriso enigmatico. «Lo scrittore.»









Ecco qui l'epilogo della storia. Spero che il racconto vi sia piaciuto!
Grazie a tutti coloro che hanno seguito fin qui o hanno lasciato un commento; e, ovviamente, grazie al giudice Taminia che ha indetto il contest Scegli l'immagine, a cui il racconto ha partecipato, classificandosi terzo (le valutazioni le trovate tra le recensioni al II capitolo).
Alla prossima occasione,
Beatrix

   
 
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