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Autore: Tonna    17/06/2011    1 recensioni
“Purin ha ragione” Retasu si avvicinò alle due, intervenendo. “Saranno un paio di giorni che sei così… triste. Cosa ti è successo?”
“Avrà litigato con Aoyama” rispose Ryo che, proprio in quel momento, era entrato nel locale e aveva ascoltato quei discorsi. “Smettetela di perdere tempo e sistemate, tra cinque minuti si apre”
Ichigo chinò la testa, sussurrò qualcosa e poi si alzò, camminando a passo spedito verso i camerini.
“Cosa?” domandò Purin, guardandola e attirando l’attenzione anche di Zakuro, Minto e Ryo. “Non ho capito cosa hai detto!”
Ichigo si fermò mentre apriva la porta del camerino.
“Ho detto che io e Masaya ci siamo lasciati” concluse entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5: Can’t Escape This Hell

 
 Evitare Masaya si rivelò più facile del previsto.
Grazie alle doti feline che i geni del Gatto selvatico di Iriomote le avevano conferito, Ichigo poteva tranquillamente saltare dalla finestra per evitare il moro quando lo incrociava per i corridoi. L’aveva fatto tre o quattro volte quel giorno, e fortunatamente non era mai stata vista da nessuno. Solo l’ultima volta era atterrata nel cortile proprio davanti a un ragazzo che stava passando di lì in quel momento mentre leggeva una rivista. Le era andato a sbattere contro, ma evidentemente non aveva notato che quella ragazza dai capelli rossi era spuntata dall’alto ed era atterrata con eleganza proprio davanti ai suoi piedi.
Nonostante la cosa stesse sfociando nel ridicolo, Ichigo non aveva nulla da ridere. Per quel poco che aveva visto, Masaya era distrutto. Non l’aveva mai visto con un viso così atterrito e con quelle leggere occhiaie che gli ombreggiavano il volto. Le si stringeva il cuore a vederlo così. Più di una volta, in effetti, si era chiusa nel bagno della scuola a soffocare i singhiozzi contro l’avambraccio o contro un mucchio di fazzoletti.
Aveva sempre pensato che lasciarlo sarebbe stata una buona idea, che magari in quel modo avrebbe smesso di mentire e di sentirsi una persona orribile. Le cose, in realtà, non erano cambiate affatto.
La condizione di pensare di essere la persona più disgustosa del mondo era rimasta, considerando che stava facendo soffrire l’unica persona che non lo meritava nel modo più assoluto. E, nonostante avesse agito così per evitare di continuare a mentire, si era resa conto che da quel giorno lo aveva fatto molte altre volte. Per esempio, non aveva raccontato alle amiche perché lei e Masaya non stavano più insieme. Ovviamente loro vedendola triste e con un muso così lungo da sfiorare il pavimento, avevano dato la colpa a Aoyama.
Non avevano mai fatto parola dell’argomento davanti a lei, ma era ovvio che quello fosse il pensiero comune. Immaginava già i loro discorsi quando non era presente. E questo le faceva ancora più male, perché effettivamente aveva fatto tutto da sola.
Il coraggio per raccontare la verità, però, le mancava.
Mentre puliva l’aula insieme a altre quattro compagne, si fermò a fissare il pavimento, poggiando il peso sulla scopa e sospirando lievemente.
“Sarebbe tutto più facile se potessi rivelargli il mio segreto” mormorò mentre per l’ennesima volta gli occhi si riempivano di lacrime.
Li asciugò in fretta passandosi il dorso della mano sul viso.
Si era soffermata parecchie volte a pensare che forse era veramente colpa di Ryo e Kei, che l’avevano coinvolta in quel progetto. Eppure nessuna delle sue amiche si era mai lamentata, e in un certo senso si poteva dire che c’era chi stava peggio di lei.
Purin, ad esempio, aveva sette fratellini da mantenere e un padre quasi sempre assente per lavoro, ma non si lamentava mai. Scattava sull’attenti ogni volta che c’era qualche alieno in zona, e a dirla tutta Ichigo l’aveva vista parecchie volte divertirsi durante gli scontri.
Avrebbe voluto somigliare alla piccola Purin. La sua forza d’animo era così grande che Ichigo sentiva un bruciore all’altezza del petto ogni volta che il pensiero di incolpare Ryo e Kei faceva capolino nella sua testa.
Anche Zakuro, nonostante i numerosissimi impegni lavorativi, non si era mai lamentata. Retasu e Minto non facevano eccezione.
Comunque, a conti fatti, la colpa non era neanche di Kei e Ryo; probabilmente a ben pensarci non era di nessuno. Il suo Dna era compatibile con quello degli animali codice rosso, e quella non era colpa di nessuno. Era stata una casualità, una casualità che si era abbattuta su di lei e non poteva fare niente per evitarla.
Nonostante il peso che comportava essere un’eroina, comunque, doveva ammettere che le riempiva il petto d’orgoglio poter proteggere la terra e le persone a cui teneva per una giusta causa.
E qui si tornava al discorso di Masaya. Avrebbe continuato a proteggerlo cercando di non farsi scoprire e vegliandolo da lontano. Per lo meno, non standole più sempre accanto, avrebbe di certo corso meno pericoli.
L’unica cosa positiva, comunque, era che il giorno dopo la scuola avrebbe chiuso per le vacanze estive.
Finì di pulire il pavimento con la scopa e uscì per riporla nello stanzino alla fine del corridoio.
La scuola era quasi deserta; meglio così, si disse. Non aveva voglia di incrociare gli sguardi di nessuno, soprattutto perché il fatto che lei e Masaya non stessero più insieme era ormai diventato di dominio pubblico. Il fatto che il moro fosse lo studente più bravo della scuola, nonché il campione indiscusso di Kendo, faceva sì che tutte le ragazze sapessero quello che gli succedeva, e molte erano state felici di sapere che Masaya Aoyama era di nuovo tornato su piazza.
Sospirò frustrata e pensò ironicamente che avrebbe dovuto trovarsi un altro ragazzo, magari uno che conoscesse il suo segreto.
Scosse la testa mentre i volti delle due uniche persone di sesso maschile che conoscevano il suo segreto gli balenavano davanti agli occhi.
Da una parte c’era Keiichiro, dolce e gentile, sempre affabile e che la trattava come una principessa. Beh, in effetti trattava tutte le ragazze come principesse, da quello che aveva potuto vedere. Era davvero un bravo ragazzo, sempre pacato e con la parola giusta al momento giusto.
Dall’altra c’era Ryo. Il freddo, distaccato e pungente Ryo. Ichigo l’aveva visto tante volte scostante nei suoi confronti, ma aveva notato che con le altre ragazze non si comportava in quel modo.
Non era ancora riuscita a capire il perché, nonostante avessero affrontato l’argomento tante e tante volte.
Comunque barrò con una x immaginaria entrambi i volti dei ragazzi, dicendosi che in ogni caso non provava niente per loro, se non un grande affetto. Li considerava un po’ i suoi fratelli maggiori – più l’affabile Kei che il freddo Ryo.
Arrivò a casa e quando entrò sentì il silenzio assoluto che regnava. La pervase un senso di tristezza.
Andò in cucina e trovò una torta al cioccolato sul tavolo, coperta da un tovagliolo; prese un piattino, un coltello e un cucchiaino. Ne tagliò una fetta e la ripose sul piatto, poi si sedette e rimase a fissare quella fetta di torta che giaceva immobile davanti a lei.
Strizzò gli occhi come se cercasse di coglierne qualche movimento, poi senza preavviso gli occhi si riempirono di lacrime e affondò il cucchiaino nel dolce.
Era buono.
Singhiozzò, mandando giù un altro boccone, e per poco non si strozzò mentre faceva partire un altro singhiozzo e il campanello di casa suonava.
Si alzò così di fretta che la sedia cadde rumorosamente indietro. Non le diede peso e asciugandosi velocemente gli occhi con il dorso della mano, si affrettò ad andare ad aprire.
Chi poteva essere?
Aprì la porta e rimase allibita.
“…C’è qualcuno?” chiese, uscendo fuori. Non c’era nessuno, eppure aveva sentito distintamente il campanello suonare…
Pensò a uno stupido scherzo e rientrò sbattendo la porta, ma quando si voltò un urlo squarciò l’aria.
“Ciao micetta”
Di fronte a lei Kisshu galleggiava a un metro e mezzo da terra, quasi sfiorando il soffitto. Ichigo boccheggiò e indietreggiò verso la porta, portando la mano indietro per cercare la maniglia, ma l’alieno scattò veloce e le afferrò entrambi i polsi, sollevandole le braccia.
“No, gattina, niente mosse azzardate… Non vorrei essere costretto a ucciderti…” Ichigo tremò voltando la testa di lato, mentre l’alieno si chinava su di lei e tentava di baciarla.
“…Così presto” concluse, fissandola duro con gli occhi ambrati. Ichigo sentì le gambe tremare e tornò a fissarlo cercando di ostentare sicurezza e coraggio, mentre tutto quello che provava era paura. Era in casa da sola con quell’alieno, e prima di quattro o cinque ore non sarebbe entrato nessuno. E anche se i suoi genitori fossero rientrati in quel preciso istante, si disse, non avrebbero potuto fare nulla per salvarla. Kisshu era un alieno e loro erano dei normali esseri umani.
Kisshu, che ora fissava attentamente il volto della rossa a pochi centimetri di distanza, aggrottò le sopracciglia. Aveva notato le lacrime intrappolate tra le ciglia di Ichigo e il viso un po’ umido lungo due strisce verticali sotto gli occhi.
Strinse le labbra, combattuto. Alla fine, aprì la bocca per parlare.
“Piangevi?” domandò serio, e Ichigo trattenne il fiato. Non aveva usato il solito tono malizioso, né uno dei suoi soliti nomignoli da pervertito. Non riuscì a capire il motivo, loro erano nemici. E i nemici non si lasciavano andare in confidenze.
Kisshu la scrutò ancora, attendendo una risposta, ma quella non arrivò. Ichigo, prontamente, dopo aver riacquistato un po’ del suo coraggio, gli rifilò un calcio nei gioielli di famiglia e lo spinse via, correndo su per le scale.
L’alieno scattò dietro di lei e l’afferrò per il piede mentre lei saliva il terzo gradino e cadde a terra, battendo il viso sul legno e sentendo il naso scrocchiare. Sapeva che non era rotto, ma faceva decisamente male.
Urlò qualcosa che Kisshu non colse e tentò di prenderlo a calci per liberarsi, ma l’alieno non ne volle sapere. Si sollevò da terra sempre tenendo il piedi di Ichigo stretto tra le dita e la sollevò con sé, facendola poi cadere a terra. Con un gemito e un tonfo la rossa atterrò sul pavimento davanti alla porta della cucina, tenendosi con una mano il naso che aveva preso a sanguinare.
Kisshu rimase un attimo interdetto, ma non si diede per vinto. Si avvicinò, le strinse il polso e il secondo dopo la teletrasportò nel salone. La gettò sul divano e la fissò serio.
“Niente scherzi, micetta” ringhiò, i tridenti apparvero improvvisamente nelle sue mani. Ichigo deglutì, gli occhi appannati per il dolore insopportabile al naso, e si rannicchiò sul divano, impaurita.
Che cosa aveva in mente Kisshu? Perché si era presentato lì, le aveva praticamente spaccato il naso e poi l’aveva buttata sul divano?
L’alieno fece per avvicinarsi, quando Ichigo tentò un’ultima disperata mossa. Allungò di corsa una mano verso il vaso sul tavolino lì accanto e lo spaccò letteralmente sulla testa di Kisshu, che per un attimo barcollò e rimase confuso. I tridenti scomparvero dalle sue mani
Questo diede a Ichigo il tempo di rialzarsi e cercare di correre via, ma la vista appannata quasi le impediva di vedere dove stava correndo.
Come prevedibile, il secondo dopo, si ritrovò sul divano con Kisshu sopra di lei che le reggeva i polsi, schiacciandoli forte contro il tessuto morbido.
Ichigo gemette sentendo i polsi scricchiolare, la stava tenendo troppo forte.
“Mi-mi fai male, Kisshu…” piagnucolò, cercando di divincolarsi. L’alieno esplose in una risata cristallina e gettò la testa indietro, scuotendola poi in direzione della rossa.
“Se non avessi opposto resistenza fin dall’inizio non sarei costretto a fartene” rispose, sempre con quella punta di ilarità nella voce.
Ichigo tremò da capo a piedi. Cosa aveva da ridere?
Vide nei suoi occhi un lampo di follia, e si chiese che cosa lo provocasse. Il proprio petto si alzava e abbassava velocemente, il cuore martellava furioso come a voler sfondare la cassa toracica.
Chiuse gli occhi per un attimo mentre frugava nella sua testa alla ricerca di un’idea, ma non le venne in mente nulla.
“Quindi l’hai mollato” era più un’affermazione che una domanda, e Ichigo si trovò a riaprire gli occhi di scatto: il sorriso sul volto di Kisshu era sparito.
“Saggia mossa” continuò, mentre lei assottigliava gli occhi in due fessure e si chiedeva  come facesse lui a saperlo. “Avrei potuto ucciderlo, hai fatto bene a eliminarlo dalla tua vita…”
Ichigo deglutì sonoramente, una lacrima che le colava dall’occhio, e sibilò sprezzante rivolta al suo aggressore.
“Dammi solo un’occasione e eliminerò te… e io e lui potremo tornare insieme…”
Kisshu la fissò basito, un’espressione indecifrabile sul volto.
Avvenne in un secondo. Lasciò andare il polso di Ichigo, portò la mano alla sua gola e con l’altra corse a trattenere il braccio ormai libero insieme all’altro, sopra la sua testa.
Strinse la presa sul collo mentre il volto di Ichigo si tingeva di rosso – oltre al sangue che già le macchiava metà viso -, le mancava il fiato.
“Tu sarai mia, ti porterò sul mio pianeta e non rivedrai mai più quell’insulso essere umano” disse in tono cattivo, fissandola freddo ma con una certa rabbia negli occhi.
Ichigo boccheggiava nel tentativo di respirare e Kisshu si accorse di stare un po’ esagerando. Allentò di pochissimo la presa, giusto per permetterle di respirare, e qualcosa lo colpì in pieno viso.
Le lasciò il collo per togliersi dalla guancia la saliva della rossa, che gli aveva appena sputato.
“Mi fai solo schifo... Io non-non verrò mai via con te…” balbettò, riprendendo a respirare regolarmente.
Kisshu la fissò per un attimo, poi perse la pazienza.
Si avventò di nuovo su di lei e riprese a stringerle il collo mentre cercava ancora di baciarla con la forza.
Ci riuscì. Le schiuse le labbra a forza e le penetrò con la lingua, spingendola a fondo nella sua bocca. Ichigo si agitò sotto di lui e spalancò gli occhi, ma la testa aveva iniziato a girare. Un po’ per il dolore al naso, un po’ per il bacio violento di Kisshu e un po’ per la presa che quasi le bloccava il respiro, sentì le forze venire meno e i muscoli si rilassarono in un istante.
Kisshu se ne accorse e si allontanò lentamente, ma di poco.
“Sei mia, Ichigo…”
La rossa non poté ribattere, stava male. Lacrime avevano iniziato a scendere dai suoi occhi, e Kisshu le raccolse una a una con le labbra.
Avrebbe quasi potuto sembra dolce, se non fosse che la stava praticamente torturando.
Ad un tratto, Kisshu si sollevò di scatto e si guardò intorno. Ichigo rimase perplessa da quel gesto, ma subito la mano dell’alieno le lasciò il collo e le tappò la bocca; qualche secondo dopo Ichigo capì il motivo di tanta agitazione: il campanello aveva suonato, per la seconda volta evidentemente.
Cercò di capire che potesse essere. I suoi genitori no, ma poteva anche essere un postino, un piazzista, ma poteva anche essere Minto, o Retasu… Poteva essere qualcuno che avrebbe potuto aiutarla in qualche modo.
Spostò freneticamente gli occhi di qua e di là, cercando un modo per distrarre Kisshu, e notò che nel movimento repentino di sollevarsi, le aveva lasciato inavvertitamente libera una gamba.
Senza pensarci due volte sollevò il ginocchio così in fretta che colpì Kisshu all’altezza della pancia, e l’alieno tolse la mano dalla bocca della rossa.
“AIUTO!!” gridò lei con tutto il fiato che aveva in gola. Ora aveva libere anche le mani, ma non riusciva ad alzarsi. Vide gli occhi furenti di Kisshu folgorarla e rimase impietrita, mentre sentiva dei forti colpi provenire dalla porta di ingresso. Era chiaro che chiunque fosse dall’altra parte stava cercando di buttarla giù.
Non ci aveva pensato, purtroppo. La porta era pesante e spessa quasi 5 centimetri, impossibile da buttare giù.
Altre lacrime presero a scivolarle dagli occhi mentre Kisshu ringhiava frustrato e le mollava un ceffone in pieno volto. La testa finì piegata di lato contro lo schienale del divano, e così rimase. Ichigo aveva paura di muoversi ancora.
Pochi secondi dopo, sentì il peso di Kisshu sparire dal proprio corpo e tremando azzardò un’occhiata di fronte a lei.
Vide una ciocca di capelli biondi che affiorava da dietro il divano e si affrettò ad alzarsi.
Ryo era lì a terra intento ad azzuffarsi con Kisshu. La scena sarebbe stata anche divertente in un altro contesto, ma vedendo i due che si rotolavano a terra Ichigo pensò che non c’era niente da ridere.
Vide Ryo avere la peggio, steso a terra sotto il peso di Kisshu che in una mano aveva evocato il tridente e ora lo puntava dritto alla gola del biondo, che cercava in tutti i modi e con tutti gli sforzi possibili di farlo tornare al mittente.
Ichigo, terrorizzata, si guardò intorno e notò la grande scacchiera in marmo che lei e sua madre avevano regalato al padre qualche anno prima. Toshiaru Momomiya adorava le scacchiere, e Ichigo si ritrovò ad afferrarla con fatica e cercò di colpire Kisshu.
Lo prese alla spalla, rischiando poi di farla cadere addosso a Ryo.
Con un ululato di dolore, l’alieno rotolò di lato e scomparve in un secondo.
Ichigo, ansimante, poggiò sul mobile la scacchiera e crollò a terra, i nervi a pezzi.
“Ichigo!” Ryo le fu subito accanto e la prese fra le braccia. Le tastò piano il naso cercando di capire se fosse rotto o meno, ma non sentì ossa fratturate né niente. Probabilmente si era rotto qualche capillare quando…
“E’ stato Kisshu a fare questo?” le chiese, sistemandola sul divano ma continuando a tenerla stretta.
Ichigo tossì nervosa, piegandosi come se stesse veramente male, e annuì.
“Mi-mi ha afferrata mentre cercavo di fuggire e- e ho… ho sbattuto…”
Raccontò brevemente quello che era successo da quando l’alieno era entrato in casa sua, e sentì Ryo tremare di rabbia accanto a lei.
“Aspettami qui, torno subito” disse, alzandosi dal posto accanto a quello della rossa.
Lei spalancò gli occhi e la sua mano corse ad afferrare il bordo della maglia di Ryo, che si voltò a fissarla. La vide terrorizzata.
Si chinò davanti a lei e le accarezzò la testa gentilmente.
“Stai tranquilla” le disse, “sto solo andando a prendere qualcosa per medicarti…”
Ichigo annuì debolmente dopo il primo attimo di paura e lo vide sparire oltre il corridoio.
Tornò un paio di interminabili minuti dopo e si sedette accanto a lei, aprendo la cassetta del pronto soccorso e tirando fuori un bel po’ di garza. La poggiò accanto a sé, poi prese l’acqua ossigenata e un po’ d’ovatta, prendendo a ripulire il viso di Ichigo dal sangue.
Non disse nulla, ma la mano riusciva a rimanere immobile per puro miracolo.
Se non fosse andato da Ichigo cosa sarebbe potuto succedere? Cosa le avrebbe fatto Kisshu?
Digrignò i denti e gettò l’ovatta ormai sporca di rosso a terra, per poi prendere la garza.
“Questa… la devi mettere nel naso” disse. “E’ meglio che tu la tenga per qualche ora, respirerai con la bocca”
Ichigo annuì tremante e mentre cercava di infilarle due pezzi di garza alla bell’e meglio nel naso, notò altri particolari.
I polsi arrossati, quasi lividi. E il collo. Il collo che era sempre abituato a vedere liscio e candido, ora era coperto di segni rossi e presentava anche qualche graffio.
Ichigo si rese conto di cosa aveva attirato l’attenzione di Ryo e chinò la testa di scatto, rendendosi conto solo in quel momento che quando Kisshu le aveva stretto il collo, le aveva anche conficcato le lunghe unghie nella carne, seppur lievemente.
Gemette dal dolore e si passò una mano sul collo, cercando di nascondere quei segni. Si vergognava e neanche lei sapeva perché.
Ryo la squadrò da capo a piedi per cercare altri segni di violenza, ma scoprì con enorme sollievo che non ve n’erano.
Sospirò, scosse la testa e Ichigo si voltò a guardarlo impaurita.
Il biondo aggrottò le sopracciglia, chiedendosi il perché di quello sguardo. Poi capì.
Senza pensarci due volte, la prese tra le braccia e la cullò un po’, poggiando il mento sulla sua testa.
La sentì rilassarsi leggermente e qualche secondo dopo i singhiozzi invasero la stanza.
Ichigo si sciolse in lacrime, finalmente al sicuro tra le braccia di una delle poche persone di cui si fidava.

*

“Non ci posso credere!” esclamò Minto basita, rimanendo impietrita sulla sedia quando Ryo raccontò a grandi linee quello che era successo.
Zakuro scosse la testa, poggiata allo stipite della porta. Teneva le braccia incrociate e aveva lo sguardo di chi la sapeva lunga. Purin si avvicinò a lei e le chiese perché avesse quell’espressione, e attirò l’attenzione di Retasu, Minto e Keiichiro.
“Sapevo che sarebbe successa una cosa del genere” disse fissando i presenti, ma poi si corresse. “Lo sapevamo tutti quanti. Aspettavamo solo un attacco del nemico, no?”
Guardò gli altri e ci furono dei segni di assenso. Allora proseguì.
“La cosa che non riesco a mandare giù è che sia successo a Ichigo. O meglio, solo a Ichigo. Suppongo che abbiano deciso di prenderci separatamente” concluse.
Retasu spalancò gli occhi, rendendo noto che non aveva fatto caso a quella piccola sfumatura. Minto rimase muta in un silenzio tombale, e Purin tornò a sedersi sulla sua sedia accanto a Keiichiro, che fissava tutti con un’espressione funerea.
“Allora non abbiamo altra scelta” esordì Ryo. “Finché non troveremo una qualche protezione da mettere sulle vostre case, non dovete rimanere sole”
“Potremmo andare alla tua casa al mare” borbottò Kei, riflettendo con una mano sotto il mento. Sollevò la testa verso Ryo, cercando il suo consenso. “Anche lì abbiamo dei macchinari e le ragazze potrebbero distendersi un po’… Soprattutto Ichigo”
Ryo la trovò un’ottima idea.
“Per la scuola?” chiese, rivolgendosi a Retasu, Purin e Minto. Loro scrollarono le spalle e la più piccola disse che le vacanze estive sarebbero iniziate il giorno dopo.
“Perfetto, allora-” Ryo fu costretto a bloccarsi a metà frase perché Retasu, titubante, aveva appena preso la parola.
“Ma… dov’è Ichigo in questo momento? E’ sola a casa sua?”
“E’ in camera mia” rispose pronto Keiichiro, alzandosi. “Quando andrete via le riferirò la nostra conversazione, poi l’accompagnerò a casa a fare i bagagli mentre Ryo sistemerà le cose qui. Che ne dite di partire domani mattina?”
“Ossia, dovremmo passare tutta la notte… in balia dei nemici?” domandò Minto punta sul vivo.
Ryo parve riflettervi un attimo.
“Dormite trasformate” ribatté incrociando le braccia. Minto e Purin lo guardarono con gli occhi spalancati.
“Ma non avevi detto tempo fa che consumiamo molta più energia quando siamo trasformate?” domandò la biondina, ma Ryo scosse la testa.
“Non se dormite” rispose, e considerò il discorso chiuso. Si allontanò ed entrò nel laboratorio, mentre Keiichiro congedava le ragazze dando appuntamento per il giorno dopo alle nove lì al Caffè.
Quando si chiuse la porta alle spalle, Ryo scese le scale e si ritrovò nella stanza rettangolare piena di computer. Arrivò in fondo, sprofondò su una sedia e chiuse gli occhi, una mano sulla fronte.

Keiichiro salì silenziosamente le scale e bussò lievemente alla porta della propria camera, dove una voce roca gli disse di entrare.
Aprì la porta e la richiuse subito, avvicinandosi al letto dove Ichigo era seduta, poggiata contro la testiera, il cuscino stretto tra le braccia.
A Kei si strinse il cuore a guardarla così, e quando si sedette accanto a lei le accarezzò la testa con fare fraterno.
Ichigo sollevò lo sguardo spaurito su di lui e lui sorrise affabile. La rossa sentì il cuore scaldarsi un po’, ma non riuscì proprio a dire nulla.
Keiichiro notò il letto intatto, tranne per il cuscino che Ichigo aveva sfilato via dalle lenzuola, e sospirò.
“Non hai riposato per niente?” domandò, cercando di invogliarla a parlare.
Ichigo deglutì e scosse la testa, affondando il viso nel cuscino.
Kei continuò a parlare.
“Abbiamo pensato di andare alla casa al mare di Ryo per qualche giorno…” mormorò, continuando ad accarezzarla, “per trovare un modo per proteggere le vostre case e per tenervi sotto controllo. Stando tutti nella stessa casa gli attacchi di certo saranno molto meno probabili”
Ichigo sollevò la testa di scatto, spalancando gli occhi e facendo sobbalzare Kei.
“Perché, pensi che potrà attacca- attaccarmi di nuovo?” chiese sconvolta, gli occhi che si riempivano in fretta di lacrime.
Kei la fissò perplesso. Aveva già visto Ichigo combattere contro Kisshu, da quello che aveva visto e da quello che gli avevano raccontato aveva già cercato altre volte di convincerla ad andare con lui o a baciarla, ma lei gli aveva sempre risposto a tono. Perché ora quel comportamento?
Si fece più vicino e la fissò serio, ma con uno sguardo infinitamente dolce.
“Ichigo… posso farti una domanda?”
La rossa parve agitata dal fatto che lui non aveva risposto a quello che gli aveva chiesto, ma annuì lo stesso lievemente.
“Perché sei così sconvolta? Capisco che… sia stata una brutta esperienza, ma non è la prima che hai passato e Kisshu si è comportato come al solito…”
“E’ diverso” rispose subito lei, scattando con la testa verso di lui. Aveva gli occhi vacui.
“E’-è entrato in casa mia… Mi ha colta alle spalle e-e…” si lasciò scappare un piccolo singhiozzo, ma raccolse tutte le sue forze per parlare, perché lo sguardo di Kei le stava chiedendo di aiutarlo a capire.
“ho avuto paura che potesse… “ interruppe la frase perché non sapeva come dirlo, ma Kei poggiò una mano sulla sua, che stringeva il cuscino, e concluse la frase per lei.
“Che potesse abusare di te” disse in un sussurro. Ichigo annuì prendendo a stringergli la mano, e Kei si sentì quasi male nel vederla così.
“Mi dispiace…” mormorò lui facendosi ancora più vicino. La strinse con un braccio mentre con l’altro le stringeva la mano. La sentì tremare contro di lui e si chiese da quando Ichigo era diventata così debole.
La sua mente corse veloce all’ultima volta che l’aveva vista sorridere o con un minimo di energia, e si sorprese di ricordare che era già da un po’ di tempo che la rossa era diventata strana. La faccenda di Aoyama, poi, sembrava aver peggiorato la cosa e ora l’attacco di Kisshu le aveva dato il colpo di grazia.
“Posso chiederti… perché tu e Aoyama vi siete lasciati?” domandò cauto, sentendola trattenere il respiro nel suo abbraccio.
Sperò solo di non averla fatta arrabbiare, perché la sentì allontanarsi piano e irrigidirsi.
Ichigo lo guardò, tirando su con il naso. Avrebbe potuto dirglielo, dopotutto, poteva concedersi di essere sincera con almeno una persona visto che quel segreto la stava lacerando dentro.
“L’ho lasciato io…” esalò con un profondo sospiro. Keiichiro sbatté le palpebre un paio di volte, confuso. Tutte le volte che aveva immaginato la situazione, aveva sempre pensato che fosse stato Masaya a lasciare Ichigo, e non il contrario, e lo aveva pensato per il semplice fatto che il comportamento di Ichigo era diventato più strano e la sua tristezza aveva preso il sopravvento. Sapere questo, ora, gli fece sembrare la questione poco chiara.
“Ma perché?” domandò incuriosito, e la vide titubare un attimo. Poi Ichigo prese coraggio e parlò.
“Perché… ho scelto di proteggere la terra…” borbottò, non guardandolo in viso. Kei si ammutolì.
“Come hai detto?”
“Ho scelto di seguire la mia missione e l’ho lasciato per non dovergli più mentire, perché così non sarebbe mai stato felice insieme a me” rispose tutto d’un fiato, sperando che lui avesse finito con le domande.
Il bruno rifletté, ma non trovò nulla da obiettare. Sentì un vago senso di colpa espandersi nel petto e Ichigo se ne accorse vedendo la sua espressione.
“Oh no!” esclamò, mettendosi in ginocchio e afferrandogli le mani. “Non è colpa vostra Keiichiro, io- io ho preso questa decisione perché era la cosa giusta da- da fare! Voi non c’entrate, non sentirti in colpa!”
Kei la fissò sgomento. Come aveva fatto a capire che in lui si stava già instaurando quel sentimento?
Il ragazzo scosse la testa. “Io… mi dispiace Ichigo, non sapevo che fosse questo il motivo”
“Ti prego di non dirlo a nessuno” lo supplicò Ichigo, gli occhi che si riempivano di nuovo di lacrime. “Tantomeno a Ryo” concluse, cercando di ostentare un cipiglio deciso.
Dopo qualche secondo, Kei annuì alla ragazza che si sciolse per la prima volta da ore in un piccolo sorriso.
Kei abbozzò un sorrisetto a sua volta, sporgendosi e dandole un bacio sulla fronte.
“Riposa un altro po’, ora” disse alzandosi e avvicinandosi alla porta. “Stasera ti accompagno a casa a prendere il necessario per partire, e se vorrai potrai tornare a dormire qui”
Ichigo afferrò al volo quella proposta, non poteva e non voleva restare sola in quella casa dopo quello che era successo, anche se quella notte ci sarebbero stati i suoi genitori.
“E- e dove dormirei?”
“Qui nella mia stanza”
La rossa spalanco gli occhi arrossati e scosse la testa.
“Non posso!” esclamò concitata, “E’ la tua stanza e- e tu stai già facendo tanto per me!”
Kei abbozzò un sorriso divertito e le strizzò l’occhio, dicendo furbo “Tranquilla, Ryo mi farà un po’ di spazio nel suo letto… O glielo ruberò, mandandolo a dormire sul divano. Lo manderò su tutte le furie”
Ichigo non poté fare a meno di sorridere e con un cenno della testa mormorò un grazie mentre si faceva piccola piccola.
Kei ricambiò e uscì dalla camera, richiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

 

Note dell’autrice:

E dopo mesi e mesi ricomparve ._.
Scusate ma gli esami sono stressanti e lunghi e impegnativi e sono una rogna bella e buona, ma ho ripreso a scrivere e spero che sia stato di vostro gradimento *-*
A me piace *modesta*, mi piace come ho scritto questo capitolo e mi piace molto anche quello che succede *-* *Sadica*
fatemi sapere come la pensate ;) E grazie per aver letto!!
Bacini

Tonna

  
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