The Scientist
Jesse, appena sceso dalla macchina, si diresse con
passo sicuro e spavaldo verso l’entrata del liceo McKinley. Più o meno convinto
che, al primo sguardo, lei si sarebbe fiondata tra le sue braccia, accorgendosi
solo pochi secondi dopo che probabilmente doveva essere arrabbiata a morte con
lui; aveva un sorriso così smagliante che parecchie ragazze si fermarono a
guardarlo, mentre lui passava con tranquillità e scioltezza in quella folla di
ragazzini. Purtroppo per lui, le cose non andarono come si aspettava. Rachel, a
braccetto con Kurt e Mercedes? Era uno strano sogno, decisamente un’immagine diversa
da quella che si era immaginato di trovare. Era andato a pensare di tutto,
anche di trovarla tra le braccia di quel Lurch ambulante, ma che avesse stretto
amicizia con quei due…impensabile. Soltanto il suo abbigliamento lo stupì più
di quel fatto. La sua piccola Barbra era…era…diventata una donna. Non sapeva
come altro definirla. Probabilmente gli era arrivata la mascella a terra,
perché sentiva qualcuno ridacchiare alle sue spalle. Quanto si era perso della
sua vita? E come poteva anche solo pensare di rimettersi in pari, quando doveva
ancora farsi perdonare da lei?
Sembrava comunque che le sorprese non fossero finite. Notò un tipo aitante,
biondo, bellissimo. Sembrava un attore di Hollywood. Si stava lentamente avvicinando
a lei, con aria affranta.
Gelosia. Una profonda, dirompente gelosia gli scorreva nelle vene, mentre
osservava a distanza ravvicinata la scenetta. I due amici della ragazza
sembravano piuttosto arrabbiati, e si ritrovò a pensare di dover ringraziare
quei due, se ci tenevano così tanto da volerla proteggere da quel bell’imbusto.
Veloce e discreto, li seguì a pochi passi di distanza, e quando girarono
l’angolo, lui sgattaiolò dietro alla recinzione che circondava la scuola,
abbastanza vicino per origliare, abbastanza nascosto per non essere visto.
-Cosa
vuoi Alex? Sono una magnifica attrice, so riconoscere chi mente. Dimmi quello
che vuoi e poi vattene. Non permetterò che quello che hai fatto intralci le
nostre prove, lo devo a Noah, Oliver e Jim.- la sentì mormorare, astiosa nei
confronti del ragazzo. Più tardi avrebbe esaminato ogni parola, con calma.
Troppe informazioni concentrate in soli cinque minuti della sua vita. E poi
successe. Lui le mise una mano sotto al mento, avvicinandola a sé, guardandola
in un modo che fece accendere nella mente di Jesse un campanello d’allarme.
Quel tipo era pericoloso. Se non fosse arrivato quel bestione di Puckerman,
seguito da un altro biondino con la felpa della squadra di football, sarebbe
intervenuto. Ma voleva vedere come si sarebbe evoluta la cosa. Sentì ogni
singola parola, e capì che anche se Rachel l’avesse rifiutato, doveva rimanere
nei dintorni per un po’, giusto quel che bastava per dare una lezione a quel
tipo. Seguì i due biondi con lo sguardo, senza prestare attenzione al discorso
tra la sua diva ed il crestato. Grosso sbaglio. Enorme, gigantesco,
mastodontico sbaglio. Una fitta al torace lo colpì, quando vide come si
baciavano quei due, in bella vista, ignari degli sguardi di chi li circondava. Quella
era vera passione. Quando era successo? Perché? Dov’era finite la sua casta,
dolce, a volte imbranata Rachel? E perché stava baciando proprio Noah
Puckerman? Se stava con lui, voleva dire che gli si era donata completamente.
Non c’erano altre spiegazioni. Fu come un fulmine a ciel sereno. Tutto quello
che aveva sperato, sognato, progettato andò in frantumi davanti ai suoi occhi,
il suo peggiore incubo incarnato da quei due corpi stretti che aveva
davanti. Lui era Jesse St. James, e non
avrebbe potuto riavere la sua bella Rachel per sé. L’unica donna che avesse mai
desiderato gli era stata portata via. Ma non voleva, non poteva, non riusciva
ad arrendersi. Senza pensarci due volte, fece il giro della recinzione
metallica e si fermò davanti alla coppia. I pugni chiusi, le braccia tese lungo
i fianchi, l’aria concentrata e quasi rabbiosa.
-Rachel.- voleva pronunciare quel nome con sicurezza, ma tutto quel che ne
venne fuori, fu un’intonazione delicata. Era impossibile per lui provare altri
sentimenti al di fuori dell’amore, della gioia, quando doveva pronunciarlo.
Scosse il capo, un ricciolo chiaro gli sfiorò la fronte e lui lo ricacciò via
con un gesto secco della mano. Li vide voltarsi entrambi, stupiti. L’espressione
della ragazza era incerta, ed in qualche modo imbarazzata. Sembrava che l’avesse
beccata con le mani nel barattolo della marmellata. In una frazione di secondo
passò dal guardare lui al volto di Noah. Sembrava terrorizzata. Il ragazzo
infatti era terrificante. All’inizio era solo scocciato, poi quando l’aveva
riconosciuto era passato dallo sconforto, al fastidio, alla furia.
-St. James. Ho già abbastanza problemi, qui, senza che ti immischi anche tu.
Quindi vedi di riportare il tuo sedere a Los Angeles e rimanici, ok?- sembrava
stanco, quando si passò una mano sulla cresta, stringendo il fianco di Rachel
in un abbraccio possessivo. Jesse era decisamente combattuto. Era stato lui a
far comparire quello sguardo malinconico sullo splendido viso della ex? Cosa le
aveva fatto? Ancora una volta si ritrovò a pensare a quanto doveva essere
successo dopo che se n’era andato. Non aveva dubbi, lei si era rifatta una
vita. Ma voleva provare a spiegarsi, a spiegarle che non doveva aver più paura
di una sua scomparsa. Voleva
restarle accanto.
-Puckerman. Per favore. E’ lei che deve scegliere.- forse
cercare di raggiungere un accordo, senza aggredirlo, poteva essere un buon
sistema per cavarsela senza un occhio nero. Era un modo maturo di comportarsi,
e sicuramente lei l’avrebbe apprezzato. Ed era a lei che rivolse il suo sorriso
più tenero, pentito. La mora si morse il labbro superiore, stringendo forte la
mano del giocatore di football.
-Noah, io…voglio parlare con lui. Dopotutto, mi deve una spiegazione.- annuì,
quasi a voler convincere sé stessa, facendo qualche passo incerto verso l’ex
cantante dei Vocal Adrenaline. Lui incassò la testa tra le spalle, lasciandole
la mano, poi sembrò avere un’illuminazione.
-Vengo con voi. Se è solo una spiegazione, che deve darti, allora potrà farlo
in mia presenza.- gli spuntò un sorrisetto arrogante sul visto, mentre fissava
la schiena di Rachel, prima di passare sull’altro ragazzo.
-E’ una cosa che voglio fare da sola, per favore. Appena finisco ti chiamo,
ok?- senza voltarsi, Rachel precedette Jesse, che scappò dallo sguardo truce e
carico di promesse per niente rassicuranti che l’altro gli stava lanciando.
La scuola era ancora aperta, e lui sapeva già dove
la Berry voleva portarlo. Le rimase sempre a due passi di distanza, osservando
il suo corpo, il modo di muoversi, i capelli un po’ più corti di quando l’aveva
lasciata, ma altrettanto belli alla vista. La moretta voltò sicura a sinistra,
respirando a pieni polmoni. Anche solo sentire l’odore particolare, tipico dell’auditorium,
riusciva a calmarla. Il suono dei tacchi rimbombava maggiormente nell’acustica
perfetta, favorita dal silenzio pesante di un edificio ormai vuoto. Si fermò a
metà della platea, voltandosi repentina verso di lui.
-Ora ci siamo. Questa è la giornata delle sorprese, per me.- sbuffò, sapendo
che l’altro non avrebbe potuto capire le sue parole.
-Rachel io…- non gli diede neanche il tempo di finire.
-Jesse. Lo so perché sei qui. Sei pentito per ciò che mi hai fatto, e non me ne
stupisco. Sei sempre stato un bravo ragazzo, infondo. Ma quello che avevamo…si
è perso nel tempo. Se tu fossi tornato, subito dopo le Regionali, forse…forse
avremmo avuto qualche possibilità in più. Ma adesso devo dirtelo. Non c’è posto nel mio cuore,
per te.- diavolo. Era sincera. Non c’era stato alcun
tentennamento, né nella voce, né nei suoi occhi. Era arrivato davvero troppo
tardi?
-E’ per Puck? Quel giocatore sotto steroidi con il cervello nei pantaloni?-
sputò lui rabbiosamente, maledicendosi l’istante dopo aver pronunciato quelle parole.
Poté scorgere negli occhi castani di Rachel il momento in cui aveva perso l’ultima
possibilità di farle ascoltare le sue motivazioni.
-Si, è per Noah. Ci siamo appena avvicinati, e voglio…voglio darci una
possibilità. Infondo, è sempre stato accanto a me, è lui che mi ha protetta da
tutti, che mi ha sempre appoggiata. Al contrario di te, o di Finn. Per favore,
ti chiedo solo di rispettare la mia decisione. Fallo per quello che c’è stato
tra di noi. Se ancora ci tieni a me, lasciami libera di provare.- portò lo
sguardo in terra, allungando una mano per afferrare il bordo di una poltroncina.
Cosa poteva fare adesso?
-Vorrei poter tornare indietro, all’inizio della nostra relazione. Vorrei
poterti dire che ti ho avvicinata senza scopi nascosti, ma già sai che non è
così. Lungo il cammino della nostra amicizia…mi sono innamorato di te. E da stupido quale sono, ho rovinato tutto. Però ti
amo ancora. Ti prego solo di non dimenticarlo, se lui ti farà
soffrire. Rimarrò qui
ancora per un po’. Magari aspettando una tua telefonata.-
ancora una volta, doveva lasciarla andare. Era estremamente difficile, ma
doveva farlo. Doveva farlo per tornare a veder brillare i suoi occhi di
tranquillità, perché non voleva lasciarle un’immagine di lui così amara. Poteva
lasciarla andare. Magari un giorno avrebbe scoperto che, infondo al cuore, il
sentimento che li legava non era mai svanito. Per ora doveva accontentarsi di
sapere che stava bene, e che, seppure gli costasse ammetterlo, era al sicuro. C’era
chi l’avrebbe protetta al posto suo.
-Se vuoi andare, non ti trattengo. Pensi che possa rimanere qui, ancora qualche
minuto?- le si avvicinò, inspirando ancora una volta quell’incantevole profumo
che riportava alla sua mente ricordi preziosi. Scivolò al suo fianco,
toccandole il viso, poi si diresse verso il palco, con passi lenti e pesanti.
-Sicuro che vada tutto bene?- si mosse per raggiungerlo, posando una mano sulla
sua spalla. Era sempre la solita Rachel. Si preoccupava anche di chi le aveva
fatto del male. Non poteva
farci niente.
-Si, certo. Vai.- sorrise amaro. Lei gli diede un leggero bacio
sulla guancia, prima di tornare sui suoi passi, lentamente. Quasi le pesasse allontanarsi
da lì. Lui salì sul palco, lanciando uno sguardo alla moretta e posizionandosi
al centro di esso. Quella doveva essere l’uscita di scena di Jesse St. James.
Così, senza accompagnamento musicale, cominciò a cantare, sperando in un ultimo
sguardo.
Come up to meet you, tell you I’m sorry,
You don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you,
Tell
you I set you apart.
Tell me your secrets and ask me your questions,
Oh, lets go back to the start.
Running in circles, coming in tales,
Heads are a science apart.
Nobody said it was easy,
It's such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No-one ever said it would be this hard,
Oh take me back to the start.
Im going back to the start.
Rachel si fermò, sentendo un familiare
pizzicorio agli occhi. Non doveva piangere per lui. Non meritava altre lacrime.
Doveva soltanto pensare a Noah, che probabilmente l’aspettava fuori dalla
scuola. Ma non poté trattenersi dal lanciargli un’ultima occhiata, prima di
uscire. Aspettò sulla porta che finisse di cantare, e lo guardò, annuendo. Lo
stava perdonando, ma non poteva dargli di più. Finalmente uscì dalla sala,
senza voltarsi indietro. Lui se la sarebbe cavata, era un ragazzo forte e di
sicuro non avrebbe avuto problemi a trovare altro su cui rivolgere i propri
pensieri. Lei invece, voleva solo riavere le braccia forti di Puckerman a
sostenerla, in quel momento.
Ok. Sono tornata. E questo capitolo non
mi piace. Sarà che fare del male al piccolo Jesse fa male anche a me. Però, se
voglio portare avanti la storia, devo liberarmi di qualche personaggio. Se le
mie previsioni sono esatte, potrebbero mancare sui 5 capitoli alla fine di
questa FF. Non so più se considerarla long, ma non fa niente.
Non so che dirvi…siete davvero tutti magnifici, le recensioni, il numero di
visite, chi segue la storia…mi fate davvero battere il cuore. Vi mando un
bacione, mi scuso per eventuali orrori di ortografia e battitura e me ne vado a
lettino. :)
Vevve