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Autore: Alkibiades    20/06/2011    1 recensioni
In una terra desolata, vaga da solo, senza sapere chi è e cos'è. Chi era prima? Cos'è successo ora? Perchè è ridotto così?
Prima le risposte gliele dava il suo Dio, ma adesso?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Vaga per il gelo di quelle terre morte, nel buio della notte.
Galoppa via, l'uomo che era molte cose, sorpassa uno dei tanti fiumi ancora senza nome.
Il cavallo gli crolla sotto. Una venatura di ghiaccio nascosta sotto la neve. L'uomo che era molte cose picchia duro tra i rovi. In qualche modo, trova la forza, si rialza. Distrutto, ammaccato, stanco, ma ancora integro. Il suo cavallo non si rialza. Il suo cavallo non è integro. Zampa anteriore destra distrutta, frammenti di ossa emergono dai suoi possenti muscoli, squarciati.
Fa' il tuo dovere soldatino.
Non lasciare morire il tuo cavallo. Solo che il traditore di Dio non ha nessuna bocca da fuoco. Il disertore di Cristo Re non ha nessuna lama, neppure un miserabile coltello. Sua unica arma? Una croce che porta al collo. Argento, pietre incastonate. 
Allora sei qualcosa!
E' niente quella stupida croce ora. Meno di niente nel mondo morto.
Poni fine!
L'uomo che era molte cose non-può porre fine all'agonia del suo cavallo. Dietro le rocce, oltre i rovi, cani latrano, ringhiano. Cani-belve. L'uomo che era molte cose può soltanto voltare le spalle. Loro porranno fine all'agonia.
Porranno fine anche a tutto il resto.
Non c'è niente nella gola strangolata dai baratri. Solamente pietra disseminata di caverne e cascate di ghiaccio. L'uomo che era molte cose non si ferma. Faccia scavata dalla fame, barba simile a sterpi, stivali spaccati dal gelo, pastrano come una coperta lurida, testa avvolta da quello straccio grottesco.
Uomo che era molte cose.
Fine dell'empia missione, soldatino.
Uomo ridotto a un'unica cosa.
Fine dell'inutile fuga.
Reietto!

Rumore. Cavalli al galoppo.
Spostati idiota!
Si buttò oltre il ciglio della strada, ancora una volta tra i rovi. Vedeva il sangue delle sue ferite cadere a piccole gocce sulla neve, pioggerella di dolore e devastazione. Non sentiva nulla però, glielo impediva il freddo. Tanto freddo.
Contatto visivo. Cavalieri mercenari, torce. Intuiva le sagome degli uomini sopra ai cavalli, Ombre danzavano al ritmo del loro andare, disegnando strani ghigni sulle facce di quegli uomini portatori di morte e distruzione.
Passarono schiacciato e triturando le ossa del suo cavallo tanto, erano rimaste solo quelle.
Non muoverti soldatino!
Stomp!
Qualcosa era caduto nel fango della strada.
Uscì dal suo nascondiglio, strisciando in mezzo alla melma.
Una sacca.
Si guardò attorno, circospetto. Non c'era nessuno. La prese e corse via.
Non starai mica rubando, soldatino?
Frugò nella stoffa. Due coperte, giubbe da mercenari, stivali, un involto umido, cedevole, un coltello... Un coltello!
Si voltò, cercò un nascondiglio per sé e la sua nuova proprietà. Era buio, notte profonda. S’incamminò per le pietre, spezzò rovi, il reietto raggiunse la chiazza di tenebre.
Una caverna.
In quella gola ce n'erano molte. Aperture, fenditure, spaccature nella terra.
Porte per l'inferno?
Entrò, titubante, coltello teso davanti a sé.
Echi liquidi nelle tenebre, stillicidi dalle viscere della montagna. Nient'altro.
Il reietto mise un ginocchio al suolo, frugò di nuovo nella sacca, tentoni, dita tremanti per il gelo.
Di nuovo la stoffa degli abiti militari, di nuovo il contatto con l'involto umido. Nella tasca dei pastrani c'era qualcosa di diverso. Due oggetti piccoli, rigidi.
Senza sapere li sfregò. Istinto primevo. Scintilla. Danzò sulle pareti gocciolanti della caverna per una frazione di secondo. Il battito del suo cuore accelerò. Sentì gli occhi pieni di lacrime.
Luce! Calore!
Gettò il pastrano che indossava in un angolo. Armeggiò con la pietra focaia. Scintille. Una attecchì. La stoffa cominciò a fumare, sprigionando un odore acre.
Il reietto svuotò la sua proprietà.
Studiò al chiarore delle fiamme l'involto umido. Era grosso quanto un pugno, racchiuso in uno straccio impregnato di fluido scuro. Spostò uno dei lembi dello straccio con il coltello.
Per un lungo, lunghissimo momento, anche il reietto parve di basalto. Un simulacro di pietra, in una caverna dimenticata, assediato da un mondo morto.
Posò il coltello, sollevò l'oggetto con ambedue le mani, come in un offertorio blasfemo.
Che fai soldatino? Bestemmi la tua fede?
Un contatto freddo, cedevole. Di colpo, il reietto ebbe la bocca piena di bava.
La bava della fame. La bava dell'orda.
Aspetta.
Il reietto non aspettò.
Il fuoco può...
Diede un morso all'oggetto che stringeva con le dita chiuse ad artiglio.
Un cuore.
Ancora scintillante, ancora fresco. Grosse arterie recise simili a caverne organiche. Cuore animale? Non aveva alcuna importanza. Cuore umano? Non faceva nessuna differenza.
Non in quella guerra.
Il reietto masticò la carne cruda, fibrosa.
Sei stato tutte quelle cose soldatino.
Sentì il cibo freddo scendergli dentro.
Prete, predicatore, vescovo, nunzio, traditore, disertore...
Diede nuovamente un morso.
Alla fine sei una cosa.
Sangue gocciolò sulla barba lercia, scese lungo la gola, cadde sulla fiamma.
Belva.

Ooooh, dovrei smetterla di mettermi a scrivere alle tre di notte durante la mia sempre più frequente insonnia, o mi usciranno sempre cose tetre e pessimistiche come questa. Non ho niente contro il Cristianesimo, sia chiaro, ma in questa storia cerco di ispirarmi al Medioevo in Europa e la religione c'entra per forza... Magari ci do un seguito xD 

Ah dimenticavo, complimenti se siete riusciti a non addormentarvi prima della fine xD  

Alkibiades

  
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