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Autore: Tati Saetre    20/06/2011    15 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
“Se sei così sicura perché ogni venerdì ti ostini ad andare a cena in quel Pub?”... “Per l’ottima cucina!” Angela sorrise, lisciandosi la coda che si era fatta in basso a destra.
A chi volevo darla a bere? Tutti sapevano – e quel tutti includeva me ed Angela -, che ogni venerdì andavo in quel Pub per vedere lui.
Era stato una specie di colpo di fulmine, proprio dritto al cuore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note a fine capitolo :)
 
 
 
Nono Capitolo – Mi Piaci.
 
 
BELLA’S POV
 
“Beh, direi che è tutto nella norma. Come hai passato la notte?”
Come avevo passato la notte? Oh, Carlisle, non puoi neanche immaginarlo. Abbracciata a tuo figlio, dopo che ci siamo scambiati un bacio da togliere il fiato ad entrambi… no, di certo questo non potevo dirglielo. Carlisle era venuto a controllare la mia situazione quella mattina, per vedere come stavo.
Intanto, Edward era andato a prendersi un caffè al Bar. “Bella?” Mi esortò, alzando un sopracciglio.
“Meravigliosamente.” Decisi infine che quella era una risposta adeguata, almeno c’era un po’ di verità.
Perché sì, quella era stata una delle migliori notti della mia vita.
“Ottimo. Stamattina è venuto tuo padre, ma l’ho rimandato categoricamente a casa. Aveva appena smontato dal turno di notte, e voleva vederti. Gli ho detto di andare a riposare.”
Ringraziai mentalmente Carlisle, per aver fatto tornare mio padre a casa.
E se fosse tornato? Dio, mi avrebbe vista tra le braccia di Edward, e lì sì che si sarebbe arrabbiato. E anche troppo.
“Grazie. Questo incidente l’avrà mandato fuori di testa.” Una risata ovattata uscì dalle labbra del dottore.
“E’ quello che penso anch’io. Ma chi non si preoccuperebbe per il proprio figlio? Bella, le tue condizioni erano tremende quando Edward ti ha portata qui.”
Ricordavo. Poco, ma ricordavo della botta in testa, e di quando mi ero addormentata nel Pick up.
“Già.” Stetti qualche minuto in silenzio, mentre Carlisle finiva di misurare la pressione.
“Credo che sia il caso di togliere anche il collarino. Però dovrai tenere la fasciatura alla caviglia per due settimane, okay?” Annuii, grata perché in quel momento mi stava togliendo l’unica cosa che privava ogni mio movimento.
Non era la prima volta che indossavo il collarino, e di certo non sarebbe stata l’ultima.
Sì, positività al massimo, insomma.
“Ed ho chiesto a Edward di prenderti un tè caldo. Mi ha detto che il caffè non ti piace.”
Oh, Dio!
Ora ci mancava soltanto che Edward dicesse a suo padre tutto quello che gli avevo rivelato in quei due giorni, solo per salvaguardare la mia salute.
“Sì, non amo il caffè.”
“Alla tua età neanche a me piaceva il caffè.” Esordì, mettendo a posto tutti gli attrezzi che si era portato dietro. “Poi, dopo che è nato Edward ho iniziato a berlo. Dovevo almeno prendere qualcosa per restare sveglio tutte le notti. Alice, invece, era un angioletto.” Carlisle sorrise, forse rievocando quei momenti ormai lontani.
“Alice un angioletto?” Domandai scettica, pensando a quel diavolo dai capelli neri.
Il dottore sorrise. “Sì, non si direbbe. Ma era così buona da piccola. Finché non ha iniziato a camminare, ovviamente. E così, sono iniziati anche tutti i suoi guai. Edward invec-”
“Hey, ma la smettete di parlare di me?” Ci girammo in contemporanea, per vedere la figura di Edward proprio davanti alla porta, con in mano due tazze fumanti. Sorrideva, con l’espressione spensierata e felice. Ed anche stanca.
“Sei così permaloso!”
“Papà! Non sono permaloso!”
“Oh, sì invece. Sei proprio come tua madre!”
“Pensa quando lo verrà a sapere la mamma.” Risi di quel battibecco fra padre e figlio, osservando il forte legame che legava Edward e Carlisle.
Erano quasi più amici, che padre e figlio.
Carlisle alzò gli occhi al cielo, e poi rivolse la sua attenzione a me. “Isabella, se entro la mattinata non ci saranno complicazioni, potrai tornartene a casa. In assoluto riposo, naturalmente.”
“Certo, dottore.” Mi fece l’occhiolino, e poi si diresse verso la porta lasciando me e Edward da soli.
“Finalmente.” Borbottò Edward, sedendosi accanto a me. Questa volta gli occhi al cielo gli alzai io, sbuffando sonoramente. “Signorina Swan, la sto forse annoiando?” Disse, alzando scetticamente tutte e due le sopracciglia.
“No, certo che no. Signor Cullen.” Sorrisi, mentre mi passava una tazza con del tè fumante.
“Direi che la dormitina dell’altro giorni ti ha fatta riprendere del tutto. Lo sai che ore sono?” Domandò, sorseggiando quella brodaglia marrone.
Io odiavo immensamente il caffè.
“Che ore sono?”
“Sono solo le sette.”
Ecco, perché ero così stanca. Mi ero svegliata presto, e Carlisle ne aveva approfittato per visitarmi. “Forse faccio in tempo anche ad andare a scuola.” Borbottò fra di sé, arricciando le labbra.
E mi avrebbe lasciata lì, da sola per tutta la mattinata?
No. Non poteva farmi questo. Mi aveva promesso che non mi avrebbe lasciata sola, ed ora lo stava per fare. Per la terza volta, dopo il terzo bacio.
“Non andare.” Sussurrai impercettibilmente, quasi del tutto sicura che non mi avesse sentita.
“No.”
No, non sarebbe andato? No, non dovevo intromettermi nei fatti suoi? “No, non me ne vado da nessuna parte.” Sospirai sollevata, cercando di non farmi sentire. E questa volta ci riuscii, perché lui continuò a fissare lo schermo vuoto della TV dinnanzi a noi.
“E poi…” Si voltò, guardandomi dritto negli occhi. “Stamattina non ho neanche avuto modo di salutarti come si deve.” Si avvicinò pian piano al mio viso, con quel sorriso stampato sempre sulle labbra, e poi mi baciò delicatamente.
Un bacio appena accennato, casto. E che durò relativamente poco, perché io mi staccai disgustata.
Che schifo!” Cercai di pulirmi la bocca, togliendo quel saporaccio dalle mie labbra.
“Come scusa?” Edward sembrava quasi arrabbiato, come se avessi dato una coltellata al suo orgoglio maschile.
E allora capii.
“Oh, no! Edward! No… è che… Dio! Hai il sapore del caffè, e sai che io odio il caffè!”
“Tu ti sei staccata con quella faccia schifata, soltanto per il sapore del caffè?” Aveva ancora l’espressione contratta, e manteneva una certa distanza.
“Il caffè mi da il voltastomaco.” Spiegai, cercando di rimanere calma. Non volevo litigare, anche se avrei voluto tanto mettergli una mano addosso.
“Beh, non c’era bisogno di guardarmi con quell’aria schifata!”
“Hey, aveva ragione tuo padre!”
“Cosa?”
“Sei proprio permaloso!” Sbattei tutte e due le mani sul lettino bianco, e voltai lo sguardo.
Perché se la prendeva così tanto? Meglio staccarsi che dare di stomaco su di lui, no?
E si permetteva anche di fare il permaloso?
“Permaloso?” Fece per alzarsi, ma poi tornò indietro. “La sai una cosa? Ora dovrai pagarmela.” Si avvicinò di nuovo, stampando ancora le sue labbra sulle mie.
Per quanto baciare Edward Cullen fosse un pensiero a dir poco devastante per il mio povero cuore, quel saporaccio non riuscivo a togliermelo dalla testa.
“Edward!” Cercai di protestare, mettendo tutte e due le mani sul suo petto,  per staccarlo da me.
Inutile, non si mosse di un centimetro.
“Paghi pegno, mia cara!”
“Sei uno stronzo!”
“E permaloso.” Aggiunse, appropriandosi nuovamente delle mie labbra.
 
EDWARD’S POV
 
Continuai a baciarla, finché la sua faccia disgustata mi costrinse a staccarmi, dalle troppe risa.
Sapevo che il caffè non le piaceva, ma non immaginavo che lo odiasse fino a tal punto.
“Okay, scusa.” Sorrisi, rimettendomi al mio posto, dopo aver posato le due tazze ormai vuote. “Insomma, cosa vuole fare di bello Miss Swan? Un film, una partita a carte, un giro per l’Ospe-”
“Edward, cosa siamo io e te?”
Cosa avevo appena detto? Un giro in Ospedale? Una partita a carte? Un film? Perché non aveva accettato nessuna delle mie proposte, ma mi si era ritorta contro con quella domanda?
Sì, me l’aspettavo. Ma non in quel momento.
Era troppo presto? Forse.
Ma non potevo scappare. Avevo già fatto troppe volte la parte del codardo.
“Non lo so.” Sospirai, cercando di non guardarla negli occhi. Lì, sì che avrei trovato tutta la verità. “Di certo non possiamo definirci amici.”
“Se è per questo, non lo siamo mai stati.” Commentò amaramente, rigirandosi fra le dita una ciocca dei suoi capelli. Anche Bella, cercava di non guardarmi negli occhi.
“Cosa vuoi dire?”
“Quando siamo mai stati amici, Edward?” Chiese frustrata, schioccandomi un’occhiataccia.
Non aveva torto. Infondo, quando mai eravamo stati amici?
“Mai.”
“Appunto. Io sono la migliore amica di tua sorella, ma non tua amica.”
“E neanche ora siamo amici.” Dissi, convincendomi che quello che stavamo facendo, non era proprio definito un comportamento da amici.
“E allora cosa siamo, Edward?” Domandò nuovamente, fissando lo schermo vuoto dinnanzi a noi.
“Non siamo amici.” Ripetei, cercando di convincere più me stesso che lei. “Ma io non sono neanche innamorato di te.” Tanto valeva dirle tutta la verità e subito, no?
“Ed-”
“Lasciami finire, Isabella.” Deglutii, cercando le parole adatte. E se proprio avevo deciso di dirle tutta la verità, dove dirle tutto. “Non sono innamorato di te, perché ci conosciamo a malapena. So chi sei, so che scuola hai frequentato e so anche a chi hai dato il tuo primo bacio.” Sgranò gli occhi, dischiudendo la bocca.
“Alice.” Mormorò, quasi adirata.
Sì, proprio mia sorella. Che mi aggiornava in ogni passo che compivano le sue migliori amiche.
Annuii, per poi continuare. “Conosco la data del tuo compleanno, e posso dirti con esattezza di che colore sono i tuoi occhi e i tuoi capelli. E so che ogni venerdì sera vieni al Pub con la tua amica Angela. Conosco la tua famiglia, ma non tua madre. So quello che è successo fra i tuoi… ma non conosco te.”
“Cosa stai cercando di dirmi?”
“Ti sto spiegando che io so tutte queste informazioni, ma non conosco la vera Isabella. Quella che arrossisce per un complimento, o che odia il caffè. Sono tutte cose che sto imparando pian piano, stando a contatto con te. E di certo non voglio che tutto questo finisca. Perché mi piaci. Sì, mi piaci. E voglio frequentarti.” Teneva lo sguardo sempre puntato su di me, con gli occhi sgranati.
“E sei fidanzato.” Aggiunse a voce bassissima, quasi faticai a sentirla io stesso.
“Lo sai che quella fra me e Tanya non è una storia seria.”
“Ma è sempre una storia.”
Perché doveva sempre avere ragione? O dire sempre la cosa giusta? La odiavo, per questo.
“Parlerò con Tanya. Non oggi, ma ci parlerò. Te lo prometto.” Non so cosa stesse pensando in quel momento, ma credé alle mie parole.
“Promesso?”
“Promesso.” Mi abbassai, per stamparle l’ennesimo bacio.
Questa volta nessun sapore di caffè e nessuna faccia schifata.
Solo Edward e Bella.
 
BELLA’S POV
 
“Papà, cosa vuoi per cena?”
Charlie arcuò tutte e due le sopracciglia, schioccando la lingua per due volte di seguito. Odiavo quando faceva così. Come se davanti a lui ora ci fosse un alieno, invece che sua figlia.
“Vuoi davvero cucinare? Con quelle stampelle che non riesci neanche a portare e una caviglia rotta, vuoi cucinare?” Ecco, ora sembrava come se stesse parlando con una demente.
“Sì, papà. Perché non voglio morire a causa tua, e della tua cucina.” Sottolineai quel tua, per fargli capire che lui proprio non sapeva cucinare.
“Sei sempre così pessimista, Bells. Per questo mi sono premunito.” Si allisciò i baffi con il pollice e l’indice, prima di continuare. “Ho ordinato due pizze, prima di passare in Ospedale a prenderti. Saranno qui fra qualche minuto.”
Oh.” Dovevo pensare che mio padre non mi avrebbe lasciata fare niente, in quelle due settimane.
“E viso che dobbiamo aspettare… che ne dici di chiamare tua madre?”
“No.” Nemmeno finì di porre la domanda, anche se già sapeva la risposta.
“Bells, devi chiamarla. E’ molto preoccupata.”
“Le hai detto dell’incidente?” I miei occhi uscirono dalle orbite, mentre mi arrabbiavo molto con mio padre. Non doveva dirglielo.
Ovviamente lei si sarebbe preoccupata molto di più del mio aspetto al di fuori, che della mia salute. “Papà! Lo sai che non dovevi farlo! E poi immagino quanto si sia preoccupata.”
“Non ha fatto altro che richiamare, da ieri notte a questa mattina. Anche in centrale.”
“E non poteva chiamarmi al cellulare?” Alzai tutte e due le sopracciglia, guardando mio padre con fare accusatorio. Sapevo benissimo che lui non c’entrava niente.
Sapevo molto bene che Renée ci aveva lasciati soli, quando io avevo appena nove mesi. Da sola, con mio padre.
E Charlie si era occupato di me, senza l’aiuto di nessuno. I miei nonni paterni erano dall’altra parte dello Stato, ed avevo visto si e no Nonna Marie due volte in diciassette anni.
Invece mia madre era scappata con un giocatore di Football, Phil. Strapieno di soldi, che le avevano montato la testa.
E con la testa talmente montata di soldi si era persino dimenticata di sua figlia.
“Isabella, per favore.” Ancora mi chiedevo come facesse mio padre. A chiamarla una volta al mese per accertarla delle mie condizioni, dei voti a scuola e di come crescevo ormai così in fretta.
Inutile dire che a lei non le importava nulla.
Gli occhi di Charlie erano imploranti, così mi diressi a passo spedito in camera mia, senza dire una parola. Una volta dentro richiusi la porta alle mie spalle, e composi il numero di mia madre, che ormai conoscevo a memoria.
Troppe volte l’avevo composto, attaccando subito dopo il primo squillo.
Codarda? Forse. Ma mai come lei.
“Pronto?” Una voce squillante dall’altro capo del telefono.
Stavo davvero parlando con mia madre?
Quella sconosciuta era mia madre?
Mamma?”
“Oh, Isa! Finalmente! Tuo padre mi ha detto che hai avuto un incidente! Come stai? Niente di grave, spero! E quel catorcio del Pick up in che condizioni l’hai ridotto? Ovviamente Phil ti spedirà dei soldi per ripararlo! Ma se vuoi possiamo benissimo prenderti una nuova macchina!” Appunto.
Soldi, soldi e ancora soldi.
Tesoro, come stai? Ora prendo il primo volo per venire da te, e poi parliamo di tutto quello che è successo in questo tempo. Di come sei cresciuta, della scuola e dei primi ragazzi.
Ecco, questo sì che mi mancava. Una mamma con cui parlare. E che io, non avevo.
“Tutto bene, mamma. Ho solo una caviglia slogata, e il Pick up sta benissimo.” Sospirai frustrata, cercando di non inveirle contro.
“Una caviglia storta? Non dovrai mica andare in giro con delle stampelle, vero?”
Oh, Gesù!
“Non preoccuparti. Il dottore mi ha prescritto due settimane di assoluto riposo. E… OH, DIO!
“Isabella, tutto bene?” Mi portai una mano al cuore, cercando di calmare il respiro.
“M-mamma, ti posso richiamare?”
“Certamente. Io e Phil stiamo ad una cena di lavoro, ed è già tanto se sono riuscita a risponderti, ci sen-” Le attaccai praticamente in faccia, posando gli occhi sulla figura dinnanzi a me.
“Come diamine sei entrato, Edward Cullen?”
Lui se la rideva, e con lo sguardo ammiccava nella mia direzione.
“Dalla finestra, Isabella Swan.” Non lasciò quell’atteggiamento categorico che avevo usato io prima, ma continuava a divertirsi comunque.
“Cos’è, sei un vampiro?”
“Eh?” Alzai entrambi gli occhi al cielo, rendendomi conto in quel momento che Edward Cullen era nella mia stanza, nel mio letto ed era entrato dalla finestra. “Nulla, nulla.” Borbottai, mettendomi seduta sul letto a gambe incrociate.
“Comunque… che ci fai qui?”
“Sono venuto ad augurarti la buonanotte.”
No, stavo ancora sognando. Non era possibile.
“Come?”
“Che c’è, devi ancora riprenderti dalla botta in testa?” Mi diede una lieve bottarella in testa, facendomi oscillare di qualche centimetro.
“No. Insomma, credo di no.” Scossi la testa, sentendomi una perfetta idiota.
Restammo qualche secondo in silenzio, beandoci degli sguardi smielati che ci scambiavamo ogni tanto.
“Allora, devi augurarmela o no questa buonanotte?”
“Sei proprio insaziabile, eh?”
Si avvicinò pian piano, finché le sue labbra si appropriarono delle mie. O il contrario. Insomma, so solo che quel bacio fu magico. Intrecciò la sua lingua con la mia, solleticandomi il palato.
Dio, volevo che quel momento non finisse mai più.
“BELLA!” Ecco.
Ci staccammo in contemporanea, ansanti e con il fiato corto.
“Beh, buonanotte.” Sussurrò al mio orecchio, dirigendosi nuovamente alla finestra. Io rimasi lì, ferma immobile, senza sapere come si muoveva un singolo muscolo.
“Ah, Isabella?” Mi voltai, per guardare il suo viso sorridente sullo stipite della finestra. “Domani parlerò con Tanya, promesso.” Poi si buttò letteralmente di sotto, lasciandomi stordita e con le farfalle che svolazzavano nello stomaco.
E mi buttai a peso morto sul letto, con un sorriso a trentadue denti.

**
 
NOTE:
 
Buonasera miei cari :) Sono riuscita a postare appena in tempo, ma come già ho riferito nell’altra storia, ho iniziato il lavoro estivo, e quindi se ritardo sapete il perché çç
Insomma, parlando del capitolo: finalmente vediamo un po’ di Edward e Bella fatto bene ùu Ed è entrata in scena Renée, che non renderà le cose facili, vi avverto… Ringrazio tutti dal primo all’ultimo per la risposta allo scorso capitolo, ed ora vado immediatamente a rispondere alle vostre bellissime recensioni *w* Lo sapete che mi piace da morire sentire i vostri pareri, vero? E soprattutto tutti gli scleri ;D
Ora però mi faccio un po’ di pubblicità: Scambio Culturale. E’ un’altra mia fanfiction, spero di vedervi in molti anche lì, anche se sto un po’ più avanti con i capitoli!
Insomma, a lunedì prossimo! E buone vacanze a tutti :)
   
 
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