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Autore: Shane Collins    07/03/2006    1 recensioni
Tre storie consequenziali, sebbene leggibili ognuna a sé stante. Spoiler fino al quinto libro. Odio la Rowling. Non importa quanto tu t'impegni a scrivere qualcosa che possa essere vagamente logico rispetto al suo mondo: non appena lei pubblicherà il nuovo 'capolavoro' tu e tutto il tuo impegno potrete andare a farvi una luuuunga passeggiata nella terra degli idioti.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci all'atto finale: la fiera dell'out of character.
La conclusione, sebbene da un lato mi piaccia molto, dall'altro non mi convince affatto. Troppo "buttata là". Oh, beh, suppongo che questo, in ultima analisi, dobbiate essere voi a deciderlo ^^



Si fermò sulla soglia, a metà passo. La figura che stava davanti a lui, a pochi metri di distanza e di spalle sarebbe stata riconoscibile fra milioni anche senza la civetta bianca posata sulla spalla. Rimase lì alcuni istanti prima di decidere che non gliene fregava un bel niente di chi ci fosse e che, forse, la torre avrebbe potuto rivelarsi abbastanza grande da contenere entrambi.

Con passo lieve ed elegante si avvicinò alla ringhiera, posandovi le mani e socchiudendo gli occhi alle sferzate gelide che spiravano a quell'altezza. Il ragazzo moro gli scoccò un'occhiata per tornare subito ad affondare lo sguardo nell'oscurità di Hogsmeade, ignorandolo. A lui stava benissimo così.

Hedwig si librò nell’aria per sgranchirsi le ali ed entrambi ne seguirono il volo, invidiosi.

Soffiò sulle mani per cercare di riscaldarle; aveva fatto male a lasciare i guanti in camera, ma in verità non sapeva neanche che i suoi piedi lo avrebbero guidato sin lì. Era bello starsene lassù, in pace, senza dover rendere conto a nessuno di ciò che si era. Era purificatorio respirare quell’ossigeno freddo che avrebbe disintossicato polmoni neri e pesanti. Ma sopra ogni altra cosa era gradevole - per entrambi - riuscire a stare insieme nello stesso posto senza saltarsi alla gola per il semplice motivo che l’altro esisteva.

Draco dette le spalle al paesaggio, sedendosi per terra e poggiando la schiena contro la ringhiera di ferro battuto. Chiuse gli occhi, rimpiangendo un po’ il fuoco del camino che scoppiettava nella sua stanza. Quanto meno aveva avuto il buon senso di portarsi dietro il mantello, così ci si strinse dentro maggiormente, rifiutando l’idea di andarsene per riscaldarsi come gli suggeriva il cervello.

Voltò lo sguardo in su, verso Harry che ancora aveva gli occhi persi nel buio, forse addirittura in ricerca della civetta che quasi sicuramente era andata a procurarsi uno spuntino di mezzanotte.

“Ehi, Potter! Com’è stare dalla parte dei buoni?”

Non aveva pensato a quella domanda, semplicemente la sua bocca l’aveva formulata, e adesso si sarebbe volentieri tagliato la lingua. Se anche avesse deciso di tradire la sua famiglia, l'ultima persona al mondo che voleva lo sapesse era Potter: non sopportava l'idea dello sguardo vittorioso e superiore che l'altro gli avrebbe rivolto.

Harry, dal canto suo, quasi sobbalzò al suono di quella voce sconosciuta. Sconosciuta, sì, perché quella voce l’aveva sentita deriderlo e minacciarlo, ma mai parlargli con quel tono calmo, carezzevole e lievemente incuriosito.

Com’è stare dalla parte dei buoni... più che altro si chiedeva se ne faceva ancora parte, visto e considerato ciò che era ora in grado di fare.

“Frustrante” rispose in un sussurro mentre stendeva il braccio per accogliere Hedwig e bearsi del contatto con le sue piume fredde contro il viso “Bisogna fare di tutto per raggiungere il risultato, ma la cosa più importante è farlo sempre in modo corretto: mai una magia o un’azione che possa essere fraintesa o male interpretata” improvvisamente il silenzio tornò come se ne era andato, e di nuovo i due ragazzi erano lontani, incuranti della presenza dell’altro.

Harry sorrise alla sua civetta e dopo un ultimo bocconcino di carne sgriffignato durante la cena la lasciò andare, liberandola dall’obbligo di fargli compagnia. La vide volare via, salire fino alla guferia per riposare. Avrebbe potuto andarsene, non c’era più nulla a trattenerlo lì; eppure rimaneva. Sì, assolutamente, non c’era nulla su quella torre che lo riguardasse o che gli interessasse. Tranne...

“E stare dalla parte dei cattivi? Com’è?” aggiunse alla lieve occhiata dubbiosa dell’altro.

Malfoy si strinse nelle spalle “Difficile” gli sorrise, o almeno a Harry così sembrò “Difficile se non sei un pazzo fanatico di astruse teorie. Credimi, alla maggior parte di quella gente manca qualche tramezzino per fare un pic-nic”

Si sorrisero l’un l’altro a quel modo di dire così tipicamente babbano, e Potter si chiese dove mai Malfoy avesse potuto impararlo. Il moro fu il primo a distogliere lo sguardo, portandolo su quello spicchio di Luna, ora finalmente sgombro di nuvole. Se ne stavano lì, i peggiori nemici che Hogwarts avesse conosciuto dai tempi dei loro genitori, e riuscivano persino a non tentare di uccidersi vicendevolmente. Al contrario, erano stati in grado di parlare in modo civile.

Il vento continuava a soffiare, impetuoso, creando una sinistra melodia grazie all’aiuto di alberi, animali notturni e spifferi mai chiusi nei muri della scuola.

“Mio padre è uscito la scorsa settimana. Ti vuole morto” anche se probabilmente lo sapeva già: non ci voleva un genio per immaginarlo.

“Lo supponevo” strofinò le mani contro i pantaloni, cercando di ripristinare la circolazione nelle dita oramai intorpidite. Sorrise, cautamente, dentro di sé, al pensiero di loro due seduti l’uno accanto all’altro a chiacchierare... amichevolmente? Poteva ammettere che era una cosa che gli mancava? Che, tutto sommato, quel ragazzino dall'aria slavata, incontrato nel negozio della signora Malkin, l'aveva trovato... interessante?... affascinante?

Gli lanciò un’occhiata: sembrava l’immagine stessa della rilassatezza. In quel momento ripensò a quante volte - naturalmente non tutte - si fosse comportato male con lui solo per il motivo che era figlio di un Death Eater. Niente di più e niente di meno del comportamento di Snape con lui.

“Tu invece i tramezzini per fare il pic-nic li hai tutti?”

Draco tolse dal mantello un po’ di polvere, riflettendo “Non so se voglio diventare un Death Eater, se è questo che vuoi sapere. So che l’idea di diventare un folle che gode a lanciare cruciatus a destra e manca non mi esalta; ma neanche quella di trasformarmi in una marionetta nelle mani di Dumbledore” gli lanciò un’occhiata allusiva ma Harry non raccolse.

“La vuoi la verità?” si girò a guardarlo e non continuò sino a quando non ebbe un cenno d’assenso da parte dell’altro “Non me ne importa un accidente di questa guerra fatta di vendette. Non mi importa nulla dei morti, dei feriti. Tutto ciò che vorrei è che la gente la piantasse con questo slogan con o contro, come se non esistessero posizioni alternative”

“Perché, esistono?” non gli stava domandando quello, lo sapevano entrambi, gli stava chiedendo quale fosse la sua posizione.

Malfoy sorrise “Le famiglie purosangue sono indubbiamente superiori per lignaggio e storia. Ai mezzosangue è stata data una possibilità di scelta: migliorarsi, evolversi, oppure rimanere nel loro piccolo e gretto mondo. I babbani sono divertenti, ma mi domando come facciano a vivere in quel loro modo barbaro”

“Insomma, una posizione di comodo per evitare di assumersi responsabilità” lo provocò Harry.

“O semplice indifferenza. Come preferisci”

Il moro lo fissò con una punta di odio “Facile pensarla così quando non si sono mai avuti problemi nella propria vita, quando si è cresciuti nella bambagia. Ma dubito la penseresti allo stesso modo se i tuoi genitori ti fossero stati strappati da una manica di pazzi”

Draco gli sorrise dolcemente velenoso “Se io avessi subìto ciò che hanno fatto a te, non so come reagirei... probabilmente cercherei la vendetta in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo” abbassò la voce ad un sussurro appena udibile “Ma di sicuro non mi compiangerei come fossi l’essere più sventurato della terra... non pensare di essere l’unico a soffrire Potter, c’è gente che sta molto peggio di te eppure non si lamenta ad ogni piè sospinto”

Se solo ci fosse stata un po’ più di luce, Malfoy avrebbe potuto ammirare quella deliziosa sfumatura rosso-rabbia che aveva colorato le guance di Harry, ma se ne poté fare comunque un’idea grazie al suo tono di voce: “E chi starebbe peggio, Malfoy? Tu? Povero bambino triste cresciuto in un castello, coccolato e vezzeggiato da tutti?”

Il biondo scosse la testa, ironico “Potter, non commettere l’errore di credermi tanto egocentrico. Prova a guardare le persone accanto a te... i tuoi amici... magari uno un po’ pasticcione ma con un’infinita ammirazione per il ragazzo-che-è-sopravvissuto...” nella mente di Harry si formò un’immagine “Pensi sul serio che non l’avere dei genitori, che comunque puoi conoscere attraverso i racconti delle persone che sono stati al loro fianco e li hanno amati per anni sia meglio dell’averli vivi ma ricoverati al San Mungo per il resto della loro vita senza la minima possibilità di essere riconosciuto?”

"Sono davvero così pieno di me?"

E all'improvviso gli fece pena. Per la prima volta da che lo conosceva, Harry Potter gli fece pena. Non per il suo passato, non per il dolore che aveva subìto, ma per la vita che gli altri avevano tracciato davanti a lui, per i pensieri che - forse inconsapevolmente? - gli avevano inculcato.

"Penso tu lo sia diventato perché è così che chi ti sta intorno ti ha fatto diventare. Tutti a dirti che sei stato tu a sconfiggere Voldemort sedici anni fa, e te l'hanno ripetuto talmente tante volte che alla fine hai iniziato a crederci; però, nel profondo di te stesso, sai che il nome a dover essere famoso è quello di tua madre, che è lei quella ad aver utilizzato l'unica magia in grado di sconfiggere il Dark Lord" lo percepiva dal suo respiro, quanto quello che stava dicendo non gli piacesse, ma sapevano entrambi che era la verità.

Sapevano entrambi che Harry stava usando Draco come la più cristallina delle coscienze.

Si prese la testa fra le mani, riflettendo su quelle parole così vere eppure allo stesso tempo ignoranti della verità "Ci sono... ci sono cose che non conosci, Malfoy. Sì, sedici anni fa è stata mia madre a sconfiggere Voldemort, ma ora... adesso sono io quello... l'unico... in grado di..." lacrime silenziose iniziarono a scendere sul suo volto lasciando gelide scie gelate al loro passaggio.

Vedere Potter in quel modo gli faceva uno strano effetto: compassione e pietà... ma anche rabbia e disgusto; quel ragazzo non perdeva occasione per piangersi addosso o lamentarsi del suo triste destino "Onestamente? Non me ne frega granché del tuo dolore o di come riuscirai o meno a sconfiggerlo. L'unica cosa che mi interessa è che tu lo faccia" sentì quegli occhi verdi piantarglisi addosso, spalancati.

"Voglio che tu mi dia la vita che sogno. Una vita senza magia oscura e odio. Una vita da poter dedicare allo studio delle arti della guarigione. Una vita in cui poter essere felice"

Fissò il proprio sguardo grigio in quello dell'altro e gli sorrise - un soffuso rossore sulle guance... il freddo? "Sconfiggi il Dark Lord, Harry, e potrò finalmente dirti grazie. Potrò finalmente..." alzò un sopracciglio al proprio pensiero e scosse la testa.

Si mise in piedi, il vento che gli attorcigliava il mantello attorno alle gambe "Buona notte, Harry" uscì dalla torre più leggero, sicuro che una volta tornato in camera sarebbe finalmente riuscito a prendere sonno.

Harry rimase immobile alcuni minuti dopo l'uscita di Malfoy, ma infine si riscosse e sorridendo si alzò in piedi anche lui "Buona notte, Draco".

  
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