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Autore: Amiira    21/06/2011    2 recensioni
"-se ti dicessi che il tuo passato non si è rassegnato?- alzò gli occhi e fisso il ragazzo -lui sa dove sei Jack!-. i ricordi si riaffacciarono prepotenti e immagini di tempi lontani si susseguirono nella sua mente. istintivamente si guardò il marchio nel braccio destro e non poté fare a meno di sorridere amaramente. questa volta avrebbero sistemato le cose una volta e per tutte.senza dire una parola si alzò e si allontanò sul ponte, -è ora di liberarci di questa storia mio caro Cutler- sussurrò tra se mentre spariva nel buio della notte."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A quei tempi ero solo una bambina che guardava il mondo con occhi ingenui. C’erano molte cose che non capivo: perché gli ufficiali della nave indossassero tutti quegli strani capelli bianchi, o perché alcune notti la nave si riempiva di uomini dalla pelle scura che parlavano una lingua strana, non capivo perché dopo dei forti boati le navi che sventolavano la bandiera col teschio affondavano davanti al nostro veliero, e non capivo perché tutti ne gioissero; quella notte, ad esempio, tutti erano felici ed esultavano perché un’enorme nave nera stava finalmente bruciando e lentamente veniva inghiottita dall’oceano… 

ma in quel periodo c’era una cosa che più delle altre non capivo e guarda caso era quella che m’incuriosiva di più: perché c’era quel ragazzo incatenato in una minuscola cella del ponte inferiore?
Se ne stava fermo tutto il giorno, seduto contro il muro, in quella minuscola cabina scura, non mangiava, non beveva, non parlava.

Mi accorsi di lui un giorno in cui un violento temporale mi costrinse a passare la giornata a bighellonare sottocoperta, ero annoiata e gironzolando qua e là, scesi tutte le rampe di scale fino ad arrivare all’ultimo ponte. Era il reparto più buio e freddo della nave, c’ ero stata solo poche volte ma da lì a quel giorno ci sarei tornata molto più spesso…

 non lo vidi subito, dovetti aspettare che i miei occhi si abituassero all’oscurità, poi, passando accanto ad una minuscola cella dal tetto basso e asfissiante, lo vidi . rimasi immobilizzata osservando la sua sagoma nel buio. Sembrava non essersi accorto di me, teneva la testa bassa e aveva lunghi capelli neri che gli ricadevano a ciuffi scombinati sul viso.
Restai a guardarlo parecchio pensando che fosse morto, ma non ero spaventata, ero solo eccitata all’idea di aver fatto questa scoperta. Di solito in una nave della compagnia delle indie non accadeva nulla d’interessante e i giorni si susseguivano monotoni.

Invece quel giorno avevo trovato quell’uomo  nella cabina… sarebbe stato il mio segreto. Mi avvicinai ancora un po’ sporgendomi tra le sbarre, allungai la mano per poterlo toccare quando lui alzò  leggermente la  testa e aprì gli occhi. Sussultai e caddi all’indietro indietreggiando per terra col cuore in gola. Per circa 10 secondi rimasi a fissarlo e ricordo che il suo viso mi colpì profondamente… aveva la faccia magra e sciupata, il labro era spaccato e gonfio e riuscivo a vedergli del sangue colargli sul mento, sembrava molto provato, ma nonostante ciò si scorgevano dei lineamenti bellissimi.  
Ma…quel che mi rimase sempre impresso furono i suoi occhi. Grandi, neri e profondi come la notte. Mi fissavano, ancora non so dire se con curiosità, divertimento o angoscia… poi mi sorrise. Io non seppi far altro che alzarmi e scappare. Ancora col cuore in gola raggiunsi la mia cabina e mi ci chiusi. Non dissi a nessuno ciò che avevo visto.

Mentre ero a letto non facevo che pensare a quel ragazzo… a quegli occhi così profondi e pieni di vita… chissà perché stava in quella cella… chissà chi era.

Il giorno dopo, il temporale non era ancora passato, tutti gli ufficiali erano impegnati in manovre più o meno complicate sul ponte e a me era stato proibito di uscire sovracoperta. Sinceramente non ne avevo il minimo interesse. Mi diressi, quasi senza accorgermene al ponte inferiore, chissà, magari il giorno prima avevo solo immaginato, ora come ora mi sembrava impossibile che in quella oscurità ci fosse qualcuno.
E invece il ragazzo era ancora lì. Stavolta mi sentì subito arrivare e alzò la testa. Io non sapevo se avere paura o no… eppure il suo volto mi ispirava simpatia…

 -salve madamigella!- mi salutò con un sorriso.

Io mi ritrassi imbarazzata, ma la paura se ne andò presto… il ragazzo aveva una bella voce, profonda e sensuale.

-sai, credo che questo non sia il posto più adatto per una dama… c’è freddo e l’odore è nauseabondo, ne convieni?- io annuì timidamente… poi mi azzardai a rispondere.

- e allora perché tu ci stai?- lui sorrise divertito. -bhè… a quanto pare c’è chi vuole che io stia qui- detto questo sentii rumore di catene, strizzai gli occhi scrutando il buio di quella cella e solo allora mi accorsi che era incatenato al muro: due ferri gli stringevano i polsi costringendoli sopra la testa.

Feci dei passi indietro spaventata.
–non avere paura piccola, non mordo mica in genere. E anche se, non potrei farti niente comunque, hai visto tu stesso che sono incatenato!-
fece tintinnare di nuovo le catene.

-io non ho paura!-
-ma certo… si vede che sei una signorina coraggiosa!-
-sei un pirata?- chiesi esitante dopo qualche momento.
Lui sorrise di nuovo –a quanto pare si- disse poi con il tono della voce più basso e lo sguardo perso nel vuoto.

-mio fratello dice che i pirati sono dei criminali che meritano tutti il patibolo.- il ragazzo tornò a guardarmi.
–tuo fratello?- annuii.
- Come ti chiami bambina?-
aspettai un po’ prima di rispondere, non ero sicura che dovessi dare tanta confidenza a un pirata… ma d’altronde pensai che dopotutto essendo dietro le sbarre e per giunta incatenato non potesse farmi nulla di male, e in ogni caso… parlare con lui mi piaceva.

-Kaoru Beckett!- risposi fiera,alzando leggermente la testa. non so se fu una mia impressione ma mi sembrò che quel ragazzo mi lanciasse un profondo sguardo indagatore . ne fui leggermente inquietata, ma poi lui sorrise e con aria di sfida mi chiese – e tu credi sempre a quel che dice tuo fratello?-
esitai un attimo e poi risposi decisa:- certo! Lui è uno dei più importanti ammiragli della compagnia delle indie- -aah…quindi credi che io meriti il patibolo?- mi guardò intensamente aspettando la risposta. Io mi sentii terribilmente imbarazzata. Ma perché gli avevo detto una cosa del genere? Non seppi che rispondere, rimasi con la testa bassa a guardare il pavimento. Poi lui cominciò a sghignazzare  –tranquilla piccola! Stavo scherzando…volevo solo prenderti in giro.-  mi sentii le guancie avvampare e ringraziai il cielo che fosse buio, cosicché lui non l’avrebbe notato.

-e tu invece come ti chiami?- chiesi dopo un po’. Quel ragazzo mi incuriosiva davvero, volevo sapere più cose possibili su di lui. –Sparrow! Capitan Jack Sparrow a vostro servizio principessa!-  fece un lieve inchino col capo e mi strappò una risata. Il suo nome mi suonava familiare, probabilmente l’avevo sentito nominare da mio fratello…

Dei rumori sopra la scala mi fecero sussultare. –credo sia meglio che tu ora vada, principessa.- lo disse mentre cercava di raddrizzarsi un po’… sembrava più serio di pochi minuti fa. Qualcuno stava scendendo le scale.

-posso tornare a trovarti?- chiesi speranzosa.

-non credo sia il caso, gioia- mi parlava distrattamente, tenendo d’occhio l’ingresso delle scale. Io non nascosi la delusione nel sentire le sue ultime parole, ma non ebbi molto tempo per restarci male: non appena udii le guardie scendere la rampa di scale, fui colta dall’impulso di non farmi vedere e corsi a nascondermi dietro una botte.
Qualcosa mi diceva che era sbagliato parlare con quel ragazzo e se qualcuno l’avesse scoperto di certo non sarebbero state rose e fiori per me.

Dalla mia postazione vidi due guardie aprire la cella, mentre giravano la chiave sentii Jack dire –credevo non mi fosse permessa l’ora d’aria!-  a queste parole si susseguì un tonfo sordo e un leggero gemito. –non ti è permesso fare dello spirito Sparrow, Beckett vuole vederti subito-.                                                                      Vidi che lo spinsero fuori  a forza e lo costrinsero a salire la rampa di scale.
Non so perché, ma il fatto che lo portassero da mio fratello non mi lasciava presagire nulla di buono e una sensazione d’ansia mi invase il corpo.
Chissà se lo avrei più rivisto.

Il giorno dopo provai a scendere nelle segrete, ma alla fine dell’ultima rampa di scale, la porta che conduceva la ponte inferiore era chiusa a chiave.
Un bruttissimo presentimento si insinuò nella mia mente e credetti sul serio di non avere più possibilità di parlare con quel ragazzo.

Passarono i giorni e la curiosità mi rodeva il petto.
Finalmente, una sera durante la cena decisi che la cosa più saggia da fare fosse chiedere qualche informazione a mio fratello. Negli ultimi giorni lo trovavo stranamente raggiante.
–Cutler,  devo farti una domanda.- mi decisi a dire.
– quello che vuoi, Kaoru!- mi rispose distrattamente mentre aveva il naso affondato nelle sue carte d’affari.
–tu… tu conosci Jack Sparrow?- smise di leggere e mi guardò severo.       

–scusa, chi?-  abbassò le carte e cominciò a scrutarmi.
–ehm… Jack Sparrow…- vista la sua espressione cominciavo a pentirmi di avergli  chiesto informazioni.  Si alzò, mi venne dietro e mi mise una mano tra i capelli.
–mia piccola e dolce Kaoru, posso sapere dove hai sentito questo nome?-
-io… ho sentito dei soldati che ne parlavano e… dicevano che era un pirata pericoloso…- mio fratello sorrise come sollevato –non devi preoccupartene assolutamente. So che alla tua età è facile avere paura dei pirati specie se sei in un vascello… ma credimi proprio lui non potrà mai farti del male.- sorrisi e annuì cercando di sembrare soddisfatta… invece una sensazione di gelo mi attanagliava le viscere, quel bel ragazzo con cui avevo parlato… possibile che mio fratello l’avesse fatto uccidere?

I miei dubbi si diradarono dopo sei giorni dall’ultima volta che avevo visto jack Sparrow. Riprovai a scendere nel ponte inferiore e questa volta trovai la porta aperta. Con una torcia attraversai il corridoio e mi fermai davanti la piccola e stretta cella.
Il sollievo mi inondò subito, non appena riconobbi la sagoma del ragazzo incatenato al muro.
“Allora mio fratello non l’ha ucciso!” pensai contenta. Ma il mio entusiasmo si spense ben presto. Sollevai la torcia e lo squadrai meglio:era ridotto malissimo, pallido più che mai, respirava a fatica e aveva le braccia coperte di sangue, le manette  erano troppo strette e gli facevano sanguinare copiosamente i polsi, inoltre sembrava che sul braccio destro avesse una brutta ferita, ma non vidi bene perché era rivolta contro il muro. Appena lo illuminai con la luce della torcia lui sollevò lo sguardo. –ma guarda un po’ chi si vede… non venivi a trovarmi da un pezzo- la sua voce era ridotta a un sussurro e parlava a fatica. Ero inorridita e spaventata. Lui lo lesse nei miei occhi, appoggiò la testa indietro e sussurrò:-non devo essere un bello spettacolo specie per una bambina-. –perché sei ferito?-.-credo di non stare troppo simpatico a tuo fratello.- -è stato mio fratello? ma… ma… ma lui non è cattivo… sei tu il pirata perché…- la voce mi si ruppe in gola, lo vidi appoggiare la testa al muro e dirmi con voce debole e fioca: -scusa cara, al momento non me la sento tanto di discutere… credo di aver bisogno di riposare un po’…- chiuse gli occhi e rimase immobile.
Triste e confusa tornai nella mia cabina e ancora una volta non capivo…

 

 

 

Ultimamente mi capitava spesso di ripensare a quel periodo in cui ero solo una bambina di 10 anni che non aveva idea di come muoversi nel mondo. Forse era per il fatto che avevo finalmente trovato modo di attuare il mio piano, o magari perché adesso capivo abbastanza bene come andavano le cose… era stato facile a quei tempi per Jack Sparrow ingannarmi… un gioco da ragazzi per lui. Ma oggi… oggi ero io ad ingannare lui. Io sapevo per certo come andarono le cose 14 anni fa, mio fratello mi aveva spiegato ogni cosa… ero stata ingannata e avevo combinato un disastro irreparabile di cui ancora oggi porto il peso. Ma era giunto il momento di sistemare le cose.
Adesso potevo farlo.

 

 

La nave virò leggermente a tribordo, mi deliziai della piacevole sensazione del veno tra i capelli e del profumo della salsedine che apriva i polmoni. era mattina presto e la nave cominciava lentamente a svegliarsi. Così come il suo capitano. Vidi Jack sul ponte molto presto quella mattina, mangiava una mela parlando con Gibbs, da lontano gli porsi i miei ossequi. Poco dopo mi fu accanto.

-Mss Rainey, lei è supposta essere un’esperta di rocce, n’è vero?- non mi aspettavo questa domanda.

–bhè… si è esatto, ma…-

-secondo lei sarebbe possibile trovare dell’Ossidiana nei dintorni della Costa Argentadas?- 

-in teoria, essendo l’ossidiana di origine vulcanica…-

-si o no, cara? Non amo le elaborate digressioni teoriche, comprendi?!-

Ogni cosa che diceva m’infastidiva, la sua arroganza, la sua sfacciataggine, il suo tono sarcastico… tutte le volte che mi era vicino l’unico pensiero che mi aiutava a sopportare la sua presenza era il sapere che di lì a poco l’avrei visto morire.

-direi di si, Capitano!-

-eccellente! Visto Gibbs?! Rotta per costa Argentadas! Io e la Rainey scendiamo a terra. Gibbs, raduna altri 3 uomini!- si allontanò tutto contento.

Anche io dal canto mio gioivo dentro. Tutto andava come previsto.

  
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