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Autore: Debs_Dementia    21/06/2011    0 recensioni
Dementia è una timida ragazza dal cuore grande che ha avuto la sfortuna d'incontrare il dolore troppo presto.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Terminate le lezioni mi avvicinai al suo banco e aspettai pazientemente che mettesse via i suoi quaderni ed infilasse la giacca.
Appena fuori da scuola, estrasse una Marlboro Red e l’accese, aspirando il filtro quasi per cercare di finirla tutta in un istante. Fece solo un tiro e la gettò a terra. Quel gesto mi sorprese, con tutto quel che costavano le sigarette perché le sprecava così?
Camminammo fino alla fermata del bus, senza dirci una parola. L’unico rumore era provocato dalle nostre scarpe che calpestavano la ghiaia e dal suo respiro affannoso. La guardai e lei disse: “Ecco il bus”.
Salimmo sul numero 6, sempre il solito vecchio bus. Eppure dentro quell’ammasso di ferro ne avevo passati di momenti; lo prendevo da quando avevo 10 anni, quindi da sette anni e l’odore era sempre lo stesso, muffa e plastica bruciata.
Ci sedemmo negli ultimi posti, vicino all’uscita.
“Tra nove fermate scendiamo” le dissi.
L’osservai mentre estraeva l’i-pod dalla tasca del giubbotto e l’osservai anche mentre srotolava le cuffiette. Evidentemente non le interessava parlare. Chiuse gli occhi e premette ‘play’, facendo partire una vecchia canzone dei Guns N’Roses, suppongo. Dico suppongo, perché non sono il mio genere.

“Ecco. Dobbiamo scendere”le dissi, sfiorandole il braccio.
Tolse le cuffie e ripose l’i-pod poi si alzò, seguendomi.
“Oh. Finalmente, iniziava a farmi male il sedere” dissi ridendo, lei accennò un sorriso finalmente e rispose: “Anche a me”.
Camminammo per un po’ in silenzio mentre lei si accese un’altra sigaretta, l’aspirò una sola volta e poi la butto via.

Una volta arrivate a casa, buttai lo zaino a terra come il mio solito e mi recai di fronte al frigo, spalancandolo: “Hai sete?” chiesi alla mia ospite. Dementia non rispose, se ne stava sulla soglia fissando un punto vuoto del corridoio, la sua pelle bianca come il latte rifletteva quel sole accecante ma i suoi occhi avevano il potere di calare un’ombra su tutta la casa.
“Guarda che puoi entrare - le dissi - c’è qualcosa che non va?” lei sembrò risvegliarsi all’improvviso: “E’ tutto ok. Acqua grazie” mi imitò gettando lo zaino di fianco al mio e prese posto sullo sgabello in cucina.
Le portai dell’acqua fresca mentre arrivò Buddy, il mio cane. Si fiondò da lei scodinzolante e si stese ai suoi piedi: “Oh Bud che fai? Scusa, solitamente non è così vivace, se ne sta in veranda a dormire tutto il tempo”. Buddy le stava mordicchiando la mano, scodinzolando freneticamente e saltadole addosso ogni tanto; non era da lui, che se ne stava tutto il giorno a sonnecchiare. “Bud! Sta giù!” lo rimproverai senza successo. “Sta tranquilla, io adoro i cani” mi confesso Dementia sorridendo, mentre accarezzava la testolona di quel Golden Retriver improvvisamente diventato invadente.
Rimasi a fissarla per un po’, la invidiavo da morire cazzo; sicura di se, bella, semplice, dannata. Presi il bicchiere da cui aveva bevuto, ormai vuoto e lo riposi in lavastoviglie.
“Non ci sono compiti oggi” le ricordai.
“Bene. Fammi vedere la stanza dei tuoi genitori” mi chiese. Devo dire ce quella richiesta mi sorprese, mai nessuno mi aveva domandato di portarlo nella stanza di mia madre ma decisi di accontentarla.


[..continua..]
  
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