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Autore: Mina7Z    22/06/2011    12 recensioni
Nowadays, ovvero oggigiorno. Chi sarebbero stati i nostri amati protagonisti di Versailles no bara se si fossero ritrovati a vivere nella nostra epoca
Aggiungo un elemento:e se ci fossero dei misteri da svelare? Se Francoise e Andrè non fossero chi dicono di essere e se qualcuno nascondesse loro un oscuro segreto??
Non ho mai amato particolarmente le storie ambientate ai nostri giorni, ma un pomeriggio, improvvisamente, questi personaggi hanno bussato alla mia mente e non sono riuscita a chiuderli fuori!!!
Genere: Erotico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Erano trascorsi quasi tre mesi da quando avevo iniziato a lavorare con Andrè ed eravamo riusciti a raggiungere una sorta di equilibrio basato sul tacito accordo di dimenticare quanto avvenuto tra di noi. 
Andrè non ne fece più cenno e io ne fui sollevata perché avremmo evitato inutili discussioni.
Ma ciò che emergeva dal mio comportamento, non rispecchiava affatto il mare di emozioni che sentivo quando era vicino a me e il mio cuore sopito sembrava iniziare a battere solo in quell’istante.
Non vista, osservavo i suoi movimenti, ascoltavo i suoi discorsi, la sua voce, come se non potessi fare a meno di considerarlo parte di me.  E presto, mi resi conto che anche lui era occupato n questo strano gioco di sguardi nascosti e fuggitivi rivolti nei miei confronti, quando credeva di non essere visto.
 
“Hei dottore, gli disse un giorno Alain”, mentre ci trovavamo a Parigi “nessuna notizia dalla bionda di Versailles?  E’ un bel po’che non ne parli. Ti sei rassegnato o l’hai dimenticata tra le braccia di una mora?”.
 
Rise fragorosamente con la chiara intenzione di schernirlo e provocarlo  e vidi il bel volto di Andrè farsi cupo mentre il mio cuore perdeva un battito.
 
“Non è necessario dimenticare chi non si è mai avuto, Alain. Credo che quella donna non sia mai esistita, forse l‘ho solo immaginata, forse è stato un sogno.  E i sogni non possono diventare realtà”.
 
Pronunciò quella frase girandosi verso di me e guardandomi dritto negli occhi. C’era freddezza sul suo viso  e io sostenni il suo sguardo sforzandomi di non manifestare la minima emozione.
Forse Andrè aveva ragione, forse si era trattato solo di un sogno e i sogni, soprattutto quelli più  belli, non si realizzano mai.
Mi aveva dimenticato? Era riuscito a cancellare il ricordo di me? In fondo era esattamente ciò che avevo preteso che entrambi facessimo, ma non riuscii ad evitare di provare tristezza, malinconia e di sentirmi più sola di quanto non mi fossi mai sentita.
Ora potevo godere del mio ennesimo successo. L’uomo che avevo desiderato fin  dal primo istante, l’uomo che avevo capito di amare mi aveva dimenticata.

 
*

Giorni dopo ci fu chiesto di raccogliere informazioni su un uomo siriano  sospettato di terrorismo e, presentandoci come insegnanti della figlia, ci recammo a casa sua.
Intrattenemmo una lunga conversazione con la moglie con lo scopo di nascondere microspie e trovare prove.
Alcuni giorni dopo, ritornammo in quella casa ma solo io e Andrè entrammo  nello stabile
Alain tornò a prendere qualcosa che aveva lasciato in macchina.
Salimmo sull’ascensore del vecchio e fatiscente palazzo della periferia di Parigi ma dopo essere arrivati al piano accadde qualcosa.
Udimmo un rumore sordo provenire dagli ingranaggi e nello stesso istante sentimmo la terra mancare sotto i nostri piedi, mentre l’ascensore iniziava a cadere di alcuni metri.
Sentii chiaramente la sensazione di essere risucchiata dal vuoto ma, dopo alcuni secondi, uno strattone, seguito da un altro boato fermò la nostra corsa. 
Fu allora che lo scossone portò il corpo di Andrè a cadere rovinosamente contro il mio mente sbattevo violentemente la testa contro i bottoni della pulsantiera.
Nel buio totale che aveva avvolto la cabina, sentivo un liquido caldo e vischioso  scorrere lungo il collo e ancora sconvolta da quanto era accaduto, mi aggrappai al corpo di Andrè che era ancora appoggiato a me.
 
“Cosa diavolo...come stai, Françoise? Ti sei fatta male?”
 
“No, non è niente, devo avere battuto da qualche parte e mi esce sangue dalla testa, ma non è niente” risposi cercando di mantenere la calma.
 
“Fammi vedere” disse cercando di fare luce con il cellulare.
 
“E’ una ferita circoscritta ma piuttosto profonda, dovrai mettere dei punti per fermare il sangue”.
 
“Tu come stai, Andrè, sei ferito?”.
 
“No, non ti preoccupare per me sto benissimo ”.
 
Nel buio che ancora ci avvolgeva, percepii che stesse cercando qualcosa per tamponarmi la ferita.
Vidi il bagliore del suo cellulare illuminare il suo volto.
 
“Dobbiamo chiamare aiuto, chiamo i pompieri e Alain. Sta tranquilla, penso a tutto io”.
 
“OK” risposti, sollevata che riuscisse a mantenere il sangue freddo in quella situazione.
 
Pochi secondi dopo, un altro rumore e ci ritrovammo a precipitare, di nuovo, nel vuoto, per poi essere frenati con un tonfo dall’intervento del sistema di emergenza. Sentivamo l’ascensore oscillare pericolosamente.
 
“Siamo fermi, siamo fermi………Tutto ok, Françoise ?”
 
“Oddio, si”
 
Il cuore mi esplodeva nel petto mentre sentivo il corpo di Andrè che tornava ad avvicinarsi al mio per assicurarsi che non mi fosse accaduto nulla.
Mi strinse a sé mentre con una mano cercava di fermare il sangue che continuava a scorrere dal mio capo.
Ricambiai quella stretta e gli accarezzai la nuca mentre la mia guancia era appoggiata al suo viso. Il mio volto perso tra i suoi capelli.
 
“Non ci accadrà niente, Françoise, non ti preoccupare, tra pochi minuti saremo fuori di qui, stanno arrivando i pompieri”.
 
“Si, non ci accadrà niente” dissi sfregando leggermente il mio viso contro il suo, continuando a stringermi al suo corpo.
 
“Non possiamo certo morire in un fottuto  ascensore” dissi.
 
“Non deve andare così” continuai.
 
“No, deve andare tutto diversamente, J, tutto”
 
Rimanemmo così, allacciati l’uno all’altra, stretti in un abbraccio che nessuno dei due voleva sciogliere.
Sentivo i battiti dei nostri cuori, i nostri respiri affannosi e  percepivo la sua agitazione.
Non ci furono parole tra di noi ma solo la forza di un abbraccio che significava per me più di mille parole.
Avrei voluto dirgli che, in fondo, se fossimo arrivati alla fine,  le sue braccia erano il posto più dolce, caldo e accogliente per andarsene. 
Avrei voluto dirgli che lo amavo, che lo avevo sempre amato, fin da quando, in un caldo giorno d’estate era entrato nella mia vita.
Avrei voluto chiedergli di ricominciare da capo e di cancellare la mia follia, il mio  stupido orgoglio.
Avrei voluto dirgli che forse, per noi, ci sarebbe stata un’altra possibilità, se avesse voluto ancora il mio amore.
Avrei voluto, ma non dissi niente.
E lui non disse niente a me.
Mi tenne semplicemente stretta a sé fino a quando sentimmo, dopo l’arrivo dei pompieri, l’ascensore risalire all’altezza di un piano per poi aprirsi e mettere fine alla nostra assurda vicenda.
   
 
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