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Autore: frannn    22/06/2011    1 recensioni
Faceva parte della Gilda dei Fantasmi: per il resto del mondo lei non esisteva, legalmente parlando.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One fine wire - Colbie Caillant.

One fine wire - Colbie Caillant.

I try so many times but it's not taking me and it seems so long ago that I used to believe and I'm so lost inside of my head and crazy but I can’t get out of it, I'm just stumbling.

Quella mattina Gabby si svegliò presto, si preparò alla svelta e, dopo aver mangiato un paio di biscotti, mise un succo di frutta nel suo zainetto e si avviò verso il centro della città. Aveva intenzione di trovare un lavoro per non gironzolare tutto il giorno destando la curiosità degli impiccioni e delle vecchiette del posto. In quel momento, era più conveniente confondersi e mimetizzarsi tra una folla uniforme che rischiare di essere avvicinata da ficcanaso tanto fastidiosi quanto esperti.
Mai sottovalutare la sete di gossip di una casalinga, pensò.
Certo, già il fatto che non frequentasse il liceo era abbastanza anomalo, ma poteva sempre giustificarsi con gli studi privati a casa.
Gabby camminava catturando mille immagini che avrebbe voluto disegnare lì, subito, ma doveva tener buone nella mente: c’era un Sole primaverile più coraggioso del solito che quasi le scaldava la pelle chiara; il cielo cristallino ed inverosimile in quelle prime ore di luce prometteva una nuova e calda stagione imminente ed era in grado di seminare speranze persino nel terreno bruciato del cuore della ragazza.
La ricerca di un impiego decente la tenne occupata più del previsto, nonostante non avesse grandi pretese. I datori di lavoro erano piuttosto diffidenti nei confronti di un’adolescente che aveva appena compiuto la maggior età, senza contare che la misteriosa famiglia di Gabby si era trasferita nella vecchia cittadina solo da poche settimane, non sufficienti ad inquadrarne accuratamente i componenti.
Stanca di domande decisamente ben poco professionali come “dove sei cresciuta?” oppure “è vero che quella donna non è tua madre? Sei orfana?”, Gabby era sul punto di darsi per vinta, quando incappò nel Pritt’s Bar sulla cui coloratissima porta campeggiava un cartello con scritte a caratteri cubitali: cercasi cameriera (con urgenza e disperazione).

Quando quella ragazzina entrò nel bar, Nelly sospirò, pensando a quanto non avesse bisogno di un’altra imbranata che si divertiva a farle perdere tempo e pazienza. La squadrò restando dietro il bancone: capelli raccolti in una treccia laterale stile hippie mancata, zaino anonimo, maglietta colorata, jeans stretti e scarpe da ginnastica. Perfetta pecorella smarrita da punzecchiare o almeno questo fu quello che pensò rivolgendole una prima occhiata globale.
Si stupì della camminata sicura della sconosciuta: di solito quelle come lei tentennavano, muovevano un passo avanti e due indietro e quando parlavano la loro voce quasi tremava, mentre il tono che sfoderò fu risoluto e determinato, dettagli che le fecero decisamente guadagnare punti.
 - Posso chiedere a lei per il lavoro...? -.
Nelly si guardò intorno, sbattendo le lunghe ciglia con aria stupida.
 - A lei non credo proprio, ma a me sì -.
Rispose, facendo accigliare la ragazza. Nelly sbuffò sonoramente, rivolgendole un cenno con il capo per intimarla a sedersi su uno dei tanti sgabelli vuoti che costeggiavano il bancone.
 - Non mi dare del lei, mi fa sentire vecchia ma come puoi notare sono giovane e bella! -.
In un primo momento Gabby fu tentata di girare sui tacchi e dire addio al possibile lavoro. L’altissima e magrissima barista che l’aveva accolta era di una stranezza unica: i suoi modi trasudavano una sicurezza e uno charme ostentati fino al ridicolo. Sicuramente il fascino non le mancava, ma esserne consapevole la portava a pavoneggiarsi a tal punto che a guardarla tutto ciò che si poteva pensare era “oca, oca, oddio, oca!
 - Sono Nelly, comunque, e più o meno sono io a portare avanti la baracca -.
Quando Nelly ricominciò a parlare, Gabby sussultò e si affrettò a sedersi, ben poco interessata a quelle chiacchiere: sarebbe voluta arrivare al nocciolo della questione senza perdere troppo tempo ma Nelly non le sembrava esattamente il genere di persona che ama essere contraddetta, quindi si cucì la bocca.
 - Il bar è di Pritt, mio fratello maggiore, ha trent’anni quindi non ti mettere a fantasticare su di lui, eh? Pritt...è un nome abbastanza stupido, c’è una marca di colla che si chiama Pritt... Coooomunque, la compagnia di Pritt, Annette o Odette o qualcosa del genere che si pronuncia alla francese, ha scodellato da poco un bebé. Evviva, gioia a volontà, vagonate d’amore, carrelli di pupù, yu-uuuh! Quindi mi hanno tipo abbandonata a gestire la bettola -.
Bettola, baracca, che alta considerazione che ha di questo posto. Pensò Gabby, evitando anche solo di considerare il resto del discorso di Nelly, che si era rivelata piuttosto logorroica. Guardandosi intorno, in realtà, il locale non le sembrò affatto male, ma una ragazza come quella doveva di certo avere standard molto più elavati o, in altre parole, la puzza sotto al naso.
Il Pritt’s Bar non era grandissimo, ma proprio le ristrette dimensioni lo rendevano piacevole ed accogliente: i tavolini con le tovaglie colorate, i contenitori del sale e del pepe a forma di ortaggi, i lunghissimi scaffali pieni di alcolici dietro il bancone, il giubox in un angolo e i poster di vecchi gruppi rock affissi alle pareti facevano pensare ad un tipico nostalgico degli anni ’80 che aveva deciso di mescolare la sua gloria passata ad uno stile un po’ western per raggruppare un gruppo di amici il sabato sera a bere una birra.
Le riflessioni di Gabby furono bruscamente interrotte quando Nelly, presa dalle sue chiacchiere continue, urtò una bottiglia di gin che si frantumò sul pavimento.
 - Ah bene! Fantastico! Grandioso! Eccellente all’ennesima potenza!
Cominciò a sbraitare agitando in aria le mani affusolate; le sue unghie erano laccate di colori talmente brillanti da essere quasi psichedeliche.
 - Ehm...-.
 - Sì, è lì, lo sgabuzzino è quello, pulisci tutto, va bene? -.
Nelly afferrò una pochette bianca da sotto il bancone, infilò un pullover a righe e zompettò sui suoi tacchi a spillo fino all’uscita.
 - Non starò via tanto, ho delle commissioni da sbrigare...oh, oh, fa molto film questa frase eh? -.
Gabby saltò in piedi, allargando le braccia con aria sbigottita.
 - Cioè, sono assunta? -.
Mentre Nelly usciva urlò: - Mi sembrava ovvio - e scoppiò in una risata giuliva.

And I'm juggling all the thoughts in my head,  I'm juggling and my fears on fire but I'm listening as it evolves in my head.

Gabby si chiedeva come fosse possibile essere talmente stupidi da lasciare un dipendente appena assunto, senza uno straccio d’esperienza sul campo, in balia di un luogo e di un impiego di cui sapeva poco e niente: cominciò ad avere dei seri dubbi sulla maturità di Nelly, anche se in effetti quella considerazione non poteva aggravare di certo la prima impressione già catastrofica che aveva avuto di lei.
Più ci rifletteva, più le sembrava assurda tanta sconsideratezza. Per quel che Nelly ne sapeva, lei sarebbe potuta essere una ladra o una stalker o una clandestina in fuga...
Eppure, senza la minima preoccupazione, era stata lontana dal Pritt’s Bar per più di due ore e mezza. Guardando la cassa, Gabby aveva avuto più volte la tentanzione di aprirla e intascare qualche soldo di nascosto per il semplice gusto di dimostrare quanto fosse ingenuo il suo capo.
Poi aveva accantonato l’idea: non le sembrava il caso di mettersi contro la legge, specie nella sua situazione precaria e, in un certo senso, latitante.
Quando ormai Gabby pensava di essere stata dimenticata dal mondo, entrarono nel locale due ragazzi.
 - Ehm, non siamo aperti...credo -.
Si sentì subito un’idiota, ma non aveva effettivamente idea degli orari di apertura del Pritt’s Bar. Nelly aveva avuto troppa fretta (di fare cosa, poi?) per darle anche solo qualche piccola indicazione.
I due scoppiarono a ridere.
 - Sei quella nuova, eh? -.
Nel momento in cui Gabby capì che gli sconosciuti dovevano essere i suoi colleghi di lavoro, tirò un profondissimo sospiro di sollievo: non era in alto mare come credeva, allora, e il meglio fu che, dopo le varie presentazioni e le imbarazzate scuse per il comportamento di Nelly, fu informata che il suo turno era finito e poteva andare via.

Gabby non tornò a casa, in realtà.
Casa era una parola così ingombrante da farle scoppiare la testa. Ripensò per un solo secondo a Berell e la prospettiva di gironzolare per il parco le sembrò il Paradiso, in confronto a quella desolazione.


Anche se penserai a me,
E la tua speranza sarà di salvarmi,
Sarò sempre così lontana,
Così intoccabile.
E se ci fosse un miracolo
Racchiuso nel domani,
Chissà se vivrà ancora quella strada per tornare da te
O se il tempo l’avrà cancellata.
I'm balancing on one fine wire.

   
 
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