Capitolo 3: Un’idea
sulla maschera
Passarono dei giorni,
durante i quali Death Mask non riuscì a trovare risposta alcuna.
Dopo l’ennesima,
infruttuosa ricerca, crollò esausto su una colonna della propria casa, senza
neanche privarsi della sacra blinda.
Passò un po’ di tempo,
prima che qualcosa lo distrasse dal suo torpore.
Nella penombra della
sua dimora, distingueva malamente una sagoma femminile, che lo stava tastando
con un bastone.
Rincoglionito dal sonno
e dalla fatica, il cavaliere credeva fosse una delle sue attendenti.
Ad essere precisi, una
ragazza che aveva la bizzarra abitudine di verificare che fosse addormentato,
prima di intrattenere dei rapporti intimi assolutamente non autorizzati.
Normalmente avrebbe fatto
finta di dormire, ma in quel momento aveva la libido ai minimi storici, e
l’idea di essere violentato in quella situazione non gli andava molto a genio.
Mentre l’italiano
iniziava a svegliarsi, notò alcuni dettagli sul corpo dell’intrusa, che non combaciavano
con quelli della serva.
Ornamenti in oro.
Capelli color miele.
Occhi azzurri.
Uno scettro a forma di
pala della pizza, con cui lo stava tastando, come si fa con un animale per
vedere se morde.
Quando Cancer realizzò chi
o, meglio, cosa fosse, il suo
cervello uscì di colpo dalla modalità provvisoria.
Atena in persona lo
stava punzecchiando con lo scettro di Nike, per controllare che fosse ancora
vivo.
E lo faceva con lo
sguardo di un’adolescente impaurita, non certo la tipica espressione di una
divinità guerriera.
Imbarazzato per la
figura da cioccolataio, il cavaliere del Cancro s’inginocchiò alla velocità
della luce.
Nella posizione in cui
era, il custode dell’Ade poteva solo intuire l’espressione di Saori, sospirante
di sollievo.
Tuttavia poteva notare,
con la coda dell’occhio, la figura di due bronze, uno dei quali stava
diventando cianotico, nel tentativo di non scoppiare a ridere.
Pure la dea doveva
averlo intuito, perché lo redarguì:
-Seiya, ti pregherei di
portare rispetto verso un cavaliere di rango superiore-
Pegaso in qualche modo
riuscì a rimettersi in una posizione vagamente dignitosa, anche se il suo
comportamento non gli risparmiò uno scappellotto dal collega, dall’armatura
violacea, con un corno frontale.
Ad ogni modo, Death
Mask diede il consenso per il passaggio dei cavalieri di bronzo, prima di
spedirli per direttissima nell’altro mondo.
Atena, al contrario,
preferì rimanere nella quarta casa:
-Come sta andando la
missione che ti ho assegnato?-
-Ci sto ancora
lavorando- ammise l’italiano, con una punta di sconforto.
-Capisco- rispose la
dea, invitando il suo cavaliere a mettersi comodo.
Dopo che un’ancella (casualmente
proprio quella con un debole per il custode albino) servì del the, con latte e
biscotti, Saori riprese la conversazione.
-Immagino che le abbia
tentate tutte, per ridurti in questo stato-
-Detesto ammetterlo, ma
è così- disse Cancer: -Non ho la più pallida idea di cosa possa essere
quell’oggetto: ho cercato ovunque, avanzato diverse ipotesi…-
-Hai persino scomodato
i tuoi colleghi, tu che sei abituato a fare tutto da solo- disse la dea,
accennando un sorriso.
-Tra me, Shaka, Mu e
Doko…- disse, contando sulle dita: -…non siamo riusciti a cavare un ragno dal
buco-
La conversazione fu
interrotta dal bussare della porta.
Era Aiolia, di ritorno
alla sua dimora, dopo gli allenamenti del mattino.
Una volta entrato, l’attenzione
del Leone fu attirata dalla maschera misteriosa. Dopo averla esaminata per
qualche minuto, mormorò, grattandosi il mento:
-Questo fenomeno mi è
famigliare…-
-Che diavolo intendi?-
-Ti ricordi di Lythos?-
-La mocciosa che avevi
adottato una vita fa? Purtroppo sì-
Aiolia sorrise, sapendo
che la sorellina si era recentemente presa una piccola vendetta nei confronti
di Death Mask, reo di averla maltrattata durante un Chrysos Synagein di molti
anni prima.
Per inciso, era
riuscita nell’impresa di addobbare la quarta casa con maschere da Hello Kitty
all’insaputa del proprietario. Un arredamento persino più spaventoso dell’originale,
a detta di molti, Shiryu compreso.
-Quando la incontrai la
prima volta- riprese il biondo: -Suo padre, morto da poco, si era incarnato in una
delle sue statue. Per liberarlo, dovetti dar fondo a tutto il mio cosmo-
-Mpf, in pratica era un
fantasma-
Aiolia non gradì molto
il commento superficiale del collega:
-Quell’uomo stava
cercando di proteggere la figlia anche dopo la morte, cosa cazzo vuoi saperne?
Chiedo perdono- Fece il Leone, rendendosi conto solo ora della dea, la quale
preferì nicchiare sul linguaggio del Leone, insolitamente colorito.
Mentre Aiolia,
mortificato di fronte alla dea, lasciava la casa, Death Mask vide il posto dove
il collega ripose l’oggetto. Un lettore CD.
Senza volerlo il
cavaliere dai fulmini aveva acceso la proverbiale lampadina nella mente di Cancer.
-Spero di sbagliarmi, o
te ne dovrò una, gattaccio spelacchiato- sussurrò cupo l’italiano, uscendo di
fretta: -Con permesso, ma ho una missione da compiere-
Senza perdersi in
formalità, Death Mask schizzò fino alla sesta, dove trovò Shaka, assorto
davanti a dei manoscritti.
Notando il collega,
ansimante per la corsa, alzò lo sguardo:
-Immagino che tu abbia
delle notizie importanti-
-Forse ho trovato una
pista- rispose l’albino, con un grosso ghigno sul volto.
Note:
Sì, lo so, state pensando: “ma quella NON può essere
Saori”(e non perché non abbia i capelli viola. Come ho già spiegato, sto usando
i colori del manga), e in effetti avete ragione. Semplicemente mi piaceva
l’idea di uno scambio di persona, e di un comportamento anomalo di un
personaggio, nel caso specifico proprio la padrona di casa.
Ed ebbene sì, in questo capitolo appare un OC,
sebbene l’ancella ninfomane mi sia servita più come spalla comica, di cui ha
beneficiato un’altra new-entry, il ronzino che dà il nome alla serie.
E continua pure qui l’opera di umanizzazione dei
saint, con Aiolia che si lascia sfuggire una parolaccia di fronte alla casta
Saori.