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Autore: Drizzt    23/06/2011    2 recensioni
Racconto in più capitoli che narra la storia del pellegrinaggio di Braska, Jecht e Auron, dieci anni prima degli eventi presentati in Final Fantasy X.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Auron, Braska, Jecht
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che strano sapore che aveva l'aria in quel luogo.
Salato... possibile che l'aria fosse salata?
Aprì gli occhi e subito li richiuse a causa del bruciore. Acqua marina… non aria! Doveva essere veramente ubriaco per scambiare l’aria con l’acqua marina. Rapidamente si mosse e fece riemergere la testa mentre i lunghi capelli castano scuro gli si appiccicavano alla fronte e al mento.
Jecht si guardò intorno leggermente a disagio scoprendo di trovarsi a fluttuare in una vasta distesa di mare limpido; non che non gli piacesse l'acqua, ma quel tipo di risveglio non era certo quello che preferiva dopo aver preso una sbornia colossale. Lo stridere di un paio di gabbiani lo costrinse a voltarsi e quello che vide gli mozzò il fiato: non molto lontano si trovava la riva del mare e a poche decine di metri da essa sorgeva la più grande fortezza che avesse mai visto: bastioni rosso cremisi, con una forma a stelle che le garantiva un qualcosa di regale, di immenso; dal centro di essa partiva una grande e solenne costruzione che culminava chissà quanti metri più in alto in una piccola cupola, aveva tutta l'aria di essere un tempio dedicato ad una qualche divinità sconosciuta.
“Per l'amor del cielo...” sussurrò Jecth sconvolto muovendo placidamente le gambe per rimanere a galla “Quella non è Zanarkand...”
“No, chiaramente...”disse una voce limpida e al contempo profonda.
L'uomo si voltò di scatto per la seconda volta in quella manciata di minuti e sgranò gli occhi quando si trovò davanti un bambino... beh, se fosse stato solo quello molto probabilmente Jecht non si sarebbe stupito più tanto, quello che lo sconcertava era il semplicissimo fatto che il bambino sembrava stare in piedi senza sforzo sulla superficie dell'acqua. Vestito con un semplice completo viola bordato di fili dorati, dal volto coperto con un lungo cappuccio dello stesso colore, quel bambino dalla pelle abbronzata quasi come la sua lo fissava senza dire niente, come se aspettasse una parola dal rude uomo.
“Ah capisco...” sussurrò Jecht rovesciando la testa e tornando ad immergere i capelli nell'acqua tiepida del mare “Ieri sera ci sono andato giù pesante un'altra volta, gia! Già, questo è proprio il tipo di sogno che faccio dopo una sbronza... il mare, la fortezza… i bambini volanti…”
“Un sogno?” chiese il bambino con voce quasi irridente mentre si chinava per avvicinare il volto coperto allo sguardo di Jecht “Chissà, forse sarai proprio tu quello che porrà fine a questa fantasia...”
Così come era comparso il bambino era sparito; con un sonoro sbuffo Jecth girò su se stesso iniziando a nuotare senza fretta alcuna in quell'acqua blu zaffiro baciata dai raggi del sole che splendeva allo zenit nel cielo sopra di lui. Beh, si disse Jecht con un mezzo sorriso, se il sogno era tutto lì non era poi così male! Mancava solo una palla da Blitzball e, magari, qualche essere umano con cui fare conversazione, dopodiché sarebbe stato un bellissimo sogno! Però, strano, non riusciva proprio a ricordarsi come fosse finito ad addormentarsi... tra una bracciata e l'altra Jecht tentò di ricollegare tutti i ricordi frammentati che aveva prima di essersi ritrovato in quello strano sogno così reale: era uscito da casa per andare a bere qualcosa insieme ad un compagno di squadra, aveva sbeffeggiato quel piagnucolone di suo figlio che tentava di riprodurre il Sublime Magnifico Tiro Jecht III, aveva raggiunto il suo locale preferito e... e poi? Da quel punto in poi non ricordava più nulla, solo un vaghissimo ricordo di urla soffuse; poi si era svegliato in quel sogno.
“Diamine...” sussurrò Jecht “Devo aver bevuto tantissimo se non ricordo nemmeno come sono uscito da quel locale!”
Non ci mise tanto a raggiungere la riva, una volta poggiati i piedi sulla sabbia fine e bianca, Jecht spese qualche secondo a guardare le mura di quella che sembrava una città fortificata e finì per riflettere ancora sulla stranezza di quel sogno così vivido. Dopo qualche attimo di riflessione fece spallucce e si incamminò lungo un sentiero che attraversava la scarna vegetazione e che aveva tutta l'aria di condurre verso la città. Scuotendo i suoi lunghi capelli continuò a camminare mentre, lentamente, un piccolo campanello d'allarme iniziava a farsi sentire sempre più forte nella sua testa. Che sogno strano, gli diceva una voce dentro di lui, sembra tutto così vero... quando calpesto la sabbia mi sembra di calpestarla veramente e quando puntò gli occhi sul sole il calore dei raggi mi brucia proprio come nella realtà! Possibile che...
“Altolà!”
Non ci aveva nemmeno fatto caso e già era arrivato alla fine del sentiero, davanti ad un magnifico portone che si apriva in una delle sezioni delle altissime mura scarlatte della città fortezza. A intimargli di fermarsi era stata una guardia vestita con una leggera armatura di acciaio e armata di un rudimentale fucile.
“Oh… salve” salutò Jecht cordialmente facendo un passo avanti “Avevo giusto bisogno di qualcuno con cui parlare!”
“Non fare un passo in più!” ordinò una seconda sentinella uscendo da una piccola guardiola per poi puntare il suo fucile contro Jecht “Chi sei?”
“Il mio nome è Jecht” rispose conciliante l'uomo mentre alzava le mani con fare arrendevole.
“Da dove arrivi?” chiese ancora la sentinella lanciando un rapido sguardo al compagno di ronda.
“Beh... da Zanarkand, direi” rispose l'uomo con una leggera risata.
La reazione dei due uomini non fu certo quella che Jecht poteva aspettarsi: uno di essi abbassò il fucile di scatto e si voltò a fissare incredulo il suo compagno che fissava l’uomo di Zanarkand a bocca aperta. Dopo qualche attimo di sgomento i due si ripresero e, puntando entrambe le loro armi su Jecht, tornarono a parlare.
“Non fare lo spiritoso! Dimmi da dove arrivi e che cosa ti porta qui a Bevelle!” urlò la prima guardia.
“Vi ho detto che vengo da Zanarkand!” rispose Jecht seccato “Andiamo, non è così strano sentire di qualcuno che arriva da Zanarkand! Santo cielo… per essere un sogno è estremamente simile alla realtà...”
“Straparla...”commentò una delle guardie lanciando uno sguardo al compagno.
“Non è possibile che tu venga da Zanarkand, ci hai preso per idioti?” urlò la seconda sentinella avvicinandosi all'uomo e appoggiando la canna del fucile al suo petto muscoloso e abbronzato.
“Impossibile?” chiese di rimando Jecht con un mezzo sorriso, convintissimo che presto quel sogno sarebbe finito “Sono di Zanarkand e gioco nei celebri Zanarkand Abes! Avanti, ragazzi, sono famoso! Il mio Sublime Magnifico Tiro Jecht III è conosciuto in tutto il mondo, anche gente che non segue assiduamente il Blitzball dovrebbe averne sentito parlare!”
Si si, quello doveva essere uno di quegli strani sogni che traspongono nel regno onirico le paure generate dal proprio Inconscio… Jecht ne aveva sentito parlare da un suo amico che aveva studiato qualcosa a riguardo.
“Chiamo rinforzi, deve aver subito qualche tipo di trauma” commentò la prima sentinella mentre si avvicinava alla guardiola.
“Aspetta un secondo, ehi!” urlò Jecht scostando rudemente il fucile e tentando un passo avanti.
Quella storia stava prendendo una brutta piega e, anche se era un sogno, non sopportava l’idea di non essere conosciuto e di essere trattato in quel modo da due… pezzenti in armatura!
“Questo è un sogno! Un dannatissimo sogno! E’ il mio sogno e non…”
Le parole gli morirono sul nascere quando la guardia che lo teneva sotto tiro gli colpì la nuca con un forte colpo del calcio del suo fucile. Jecht grugnì e stramazzò a terra mentre la vista gli si annebbiava e la bocca gli si impastava rendendogli molto difficile l'uso della parola.
“Perchè l'hai fatto?” come se provenissero da un luogo lontano Jecht udì le parole della prima sentinella “Potevi ammazzarlo...”
“E' pazzo, probabilmente molto pericoloso!” stava rispondendo la seconda “Chiama rinforzi, bisogna rinchiuderlo prima che si riprenda”
“Fermi...”sussurrò uno stordito Jecht tentando di alzare debolmente la testa “Non sono pazzo... io... io voglio solo...”
La testa gli ricadde a terra e la vista gli si oscurò mentre tutto, intorno a lui, cadeva nel baratro del silenzio. Prima che anche i suoi pensieri si spegnessero pregò con tutte le forze di riaprire gli occhi e di risvegliarsi a casa sua, nella sua Zanarkand, probabilmente con un mal di testa post sbornia atroce, ma a casa sua...
Quello non era un sogno.
Era un dannato incubo.
  
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