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Autore: I am NOT    23/06/2011    2 recensioni
Sangue. Non ne ero spaventata, come ogni candida mia coetanea , ne ero ammaliata. Il suo colore, il suo odore; anche il semplice contatto con la mia pelle richiamava in me ricordi che non mi appartenevano. Vedere il dolore dei feriti, il contorcersi delle loro membra , sentire il loro gemere rumoroso e scomposto…era come se mi riportasse in vita, come se scuotesse gli angoli più cupi del mio animo. TykixTease
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio , Tyki Mikk
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Saaalve a tutti :) ho deciso di ripubblicare questo capitolo unificandolo con il terzo per motivi pratici, spero non dispiaccia a nessuna delle mie vecchie lettrici che abbia eliminato i capitoli precedenti  ;_;  un po' di pazienza e li ri-pubblicherò a breve :)  Posterò i successivi a intervalli regolari (spero), apportando delle piccole modifiche  <3  per chi invece è per la prima volta alle prese con la mia FF beh, ancora buona lettura <3 Una piccola recensiooone sarebbe tanto gradita :'') Per qualsiasi cosa, soprattutto critiche, visto che ho davvero tanto da imparare :) 
Grazie mille a  redseapearl :) Sono felicissima che ti piaccia ^_^ e come ti avevo già scritto mi auguro che continuerai a leggere la mia storia :) Grazie mille ancora, davvero gentilissima  :* 
Red is the new Black.

Il sole bagnava con insistenza la mia pelle lattea. A breve avrei sentito la voce di Louise chiamarmi con dolcezza per la colazione. 
Iniziava una nuova giornata.  
Tempo di sistemarmi e fare colazione che i  miei passi frettolosi percorsero le scale come un fremito. Con un grande sorriso stampato in faccia posai due baci sulle guance di James e Louise e chiusi dietro di me la porta. Generalmente ero una ragazza dolce e solare, era stare in compagnia di quegli sguardi carichi di disprezzo che faceva comparire il lato cupo di me. Convivevo da sempre con questi miei due caratteri opposti. E’ come se in me vivessero sia un lato bianco che uno nero.   Probabilmente,ancora oggi, trovo divertente la vita appunto perché vi sussistono entrambi.
Anche quella mattina  quelle torbide occhiate non smettevano di avvelenarmi l’anima. Fortunatamente quella candida finestrella appartata mi offrì come sempre riparo.
  Come ogni giorno, da un po’ di tempo a questa parte, quella figura a me tanto familiare buttava il picco avanti a se con forza.
Era come se in un certo senso lo conoscessi, sentivo che i nostri animi erano simili. La cosa mi faceva ridere e non lo nascondevo. Che stessi perdendo la concezione della realtà?
“Hey , Tease, noi  dobbiamo trasferirci nell’ infermeria della cava più a nord, pare ci sia stata una frana, tu rimani qua, non si ferirà nessuno ma meglio non rischiare, resta  di  guardia, tanto ci saresti solo d’impiccio!”
Mi voltai  con calma, annuii silenziosa, inutile controbattere. Mentre mi voltavo per  tornare alle mie occupazioni però,notai che il mio svago prediletto stava discutendo animatamente con un compagno  tenendosi a stento la mano dolorante. Il compagno gli indicava l’infermeria. 
Che si fosse ferito?
Stava dunque arrivando! E io ero sola.
Il mio cuore batteva veloce, non sapevo nemmeno io il perché.
Quegli attimi che precedettero un bussare pacato furono interminabili. Mi specchiai più volte per controllare di essere presentabile e ogni volta trovavo inevitabilmente qualcosa fuori posto.
Prima di aprire sospirai per darmi forza, increspai un lieve sorriso e strinsi con forza la maniglia portandola a me.
“ Buongiooorno! Scusi se la disturbo ma mi sono tagliato la mano, avrei continuato volentieri a lavorare ma sa, con tutto questo sangue…”
Aveva la mano scarlatta.
La sua presenza, il suo profumo e tutto quel sangue mi inebriarono.
Mi venne quasi un capogiro e dovetti poggiarmi alla parete.
“Tutto bene signorina?”
Quelle due spesse lenti si erano puntate su di me incuriosite
“ Si figuri, è solo che… tutto quel sangue…”
Per una volta mi finsi una comune ragazza provando un certo senso di rivincita nello sfruttare per una volta a mio vantaggio quel troppo stereotipato modello.
“Ahhh,capiscoo! Beh una ragazza carina come voi non dovrebbe lavorare qui, devono passare parecchie cose disgustose sotto i vostri occhi! “
La mia faccia, la sentivo bruciare. Odiavo i complimenti, fortunatamente erano alquanto rari data la mia fama, ma, quando piovevano inaspettati mi veniva estremamente difficile accettarli.
Corsi a prendere il necessario per una medicazione e suggerii al ragazzo di stare seduto per un po’. Avendo perso tutto quel sangue farlo tornare al lavoro sarebbe stato da incoscienti!
Senza contare che gioire della sua compagnia per un po’ non sarebbe stato certo un disturbo.
Parlammo del più e del meno, e con la mano libera mi insegnò alcuni trucchi con le carte.
Sentivo una particolare intesa, era come se tra i miei voli di fantasia avessi visto davvero qualche sfaccettatura della sua anima che per il momento si mostrava candida e radiosa.
Il momento più difficile fu quando dovetti cambiare la medicazione. La garza era completamente intrisa di porpora vivo. Cambiandola mi sarei inevitabilmente macchiata di tutto quel sangue.
Trattenni a stento un gemito. Di piacere, di trepidazione e terrore. Non saprei descrivere quella sensazione. Mi fece di nuovo girare la testa.
Non era certo la prima volta che curavo ferite simili ma non avevo mai provato nulla di anche vagamente paragonabile.
Intravidi nel riflesso delle sue lenti uno sguardo interrogativo.
Si chinò su di me quasi per sorreggermi mentre debolmente sortivo gli effetti di una sensazione così forte.
Sentivo le sue braccia sfiorarmi appena per reggermi e il suo respiro farsi vicino.
Lo fissai un attimo, dapprima si dipinse un espressione quasi preoccupata, pian piano si fece spazio una consapevolezza increspando su quella pelle dorata un sorriso malizioso.
“Scusi! Sa, come le  ho già detto il sangue mi fa questo effetto! Vado a sciacquarmi il viso, aspetti un attimo”
Neanche il tempo di fargli metabolizzare quello che avevo appena farfugliato che mi ero già diretta verso il rubinetto.
Ero imbarazzata e mantenevo forzato un debole sorriso.
E se avesse intuito? Intuito cosa poi? Ero terrorizzata ma al contempo elettrizzata. Il respiro si faceva pesante, avevo la pelle d’oca. Mi strinsi un attimo per darmi coraggio e far passare quella sensazione così simile a una febbre leggera.
Tornando dal bagno, imbarazzatissima, cambiai la medicazione scambiando qualche piccola battuta sarcastica di tanto in tanto ignorando completamente ciò che era successo poco fa.
“ Grazie mille, ora va molto meglio! Certo che è strano vedere un’infermiera con la fobia del sangue!”
Perfetto, non aveva intuito oltre.
“Sa, non ci sono abituata, lavoro qua da pochi mesi!”
Mentre aspettavamo che anche questa benda si impregnasse di sangue il rumore di un fiammifero spezzo quel silenzio  imbarazzante.
Il profumo leggero del tabacco avvolse la stanza.
“ Scusa, che maleducato, ti disturba per caso?”
“ Si figuri, anche mio padre fuma spesso, sono abituata!”
“ Ne vorresti una?”
“ Mi dispiace, ma alla mia età sarebbe ancora più dannosa!”
“ A-Alla tua età? “
Le lenti si abbassarono dallo stupore, cercai di sfruttare quell’attimo per cogliere quello sguardo così sfuggente ma invano.  
In quel momento la porta si aprì.
Le infermiere tornarono portando con loro chiasso e risa sguaiate. Non fecero troppo caso ne a me ne all’ospite che fulmineo scattò in piedi.
“ Ancora grazie infermiera, ricevere cure da una così bella ragazza  è stato un onore, vedrò di ferirmi più spesso allora! “
Il suo sorriso mi avvolse come un abbraccio, ero come riscaldata da quelle parole malgrado sapessi quanto esse nascessero più da una certa formalità che da una opinione sincera.
Quella sera non ebbi troppo bisogno della mia finestrella, stetti per lo più accucciata a ripensare a tutto ciò che e era successo  che nella mia mente appariva quasi come un sogno.
Malgrado quegli sguardi affilati che mi puntavano il dito contro mi sentivo felice.
Il tempo per una volta sembrò volare.
 
 
Una mattina lucente, scintillante sotto gli occhi ancora impastati dal sonno, si svegliò piano.
La routine quotidiana guidò come sempre i miei gesti ormai quasi autonomi.
Il rumore della porta di casa veniva  coperto dall’ennesimo saluto per poi lasciare spazio a un cinguettare leggero e  ai rumori della natura ancora assonnata.
Avevo sonno, troppo sonno.
L’aria fresca, cristallina mi ripulì i polmoni da una torbida nottata di afa estiva passata in bianco a fissare il soffitto in cerca di un pensiero con cui cullarsi.
Il tuo nome rimbombò spesso nella mia testa durante il tragitto.
Prima con imbarazzo, poi con entusiasmo.
I miei passi spediti  scorsero sulla stradina lasciandomi però il tempo di riesaminare minuziosamente ogni nostra singola parola.
Ero in leggero anticipo, come solo poche volte mi era capitato.
Con discrezione entrai nel’infermeria per poi  sistemarmi nella mia piccola finestrella continuando a godere di quell’aria tanto fresca e pura che sapevo non sarebbe durata a lungo.
In poco tempo, quello spiazzo dapprima deserto, tornò a brulicare sporcando quel silenzio di centinaia di ritmici tonfi dei picchi sulla pietra.
Il mio sguardo corse subito a cercarti per individuarti poi poco dopo.
Un sorriso mi si dipinse sul volto vedendoti agitare giocosamente il braccio medicato in segno di saluto.
Mi accoccolai, ancora riscaldata da quel torpore che solo la tua presenza sapeva darmi, vinta dalla tentazione di far congiungere quelle palpebre tanto pesanti di sonno.
A svegliarmi fu solo una voce stizzosa:
“Stasera si esce prima, con questo caldo è pericoloso farli lavorare, i tuoi genitori mi hanno chiesto poi di avvertirti che stasera tarderanno un bel po’”
Un piccolo verso di assenso la mise a tacere.
Piano ripresi coscienza fissando i  miei occhi in quel pomeriggio  rovente.
Come un acquarello scarlatto la sera bagnò il cielo regalandoci qualche alito di fresco tanto inaspettato quanto piacevole.
-E io ora cosa faccio tutta la sera sola in casa?-
Sbuffando mi ritrovai a rimirare il tramonto.
Dischiusi leggermente la bocca per la meraviglia di quel fenomeno così banale per molti ma pur sempre così maestoso.
“Oggi siamo fortunati eh?”
Una mano mi sfiorò le spalle all’improvviso facendomi sobbalzare appena.
“ Oh scusa scusa, ti ho spaventata?”
“ Signor Tyki?”
Voltandomi lo vidi.
I capelli leggermente mossi  si abbandonavano ai radi aliti di vento, la pelle quasi dorata, umida appena di sudore, splendeva sotto il rimanente sole rovente.
La maglia impolverata,ora portata in spalla come un pesante fagotto, scopriva un fisico asciutto e tonico.
“ Signor Tiky? Questa è bella! Continuerai ancora per molto a darmi del lei?”
Arrossì, non era nella mia indole dare confidenza a persone più grandi.
“ Che caaaaldo! Devi proprio ringraziare tuo padre, Tease, così sarei morto per davvero!”
Risi sottovoce un po’ imbarazzata, non mi sarebbe stato facile entrare nell’ottica di una simile familiarità.
“ Concordo! Anche questa divisa è un vero forno! Il problema e che adesso non so proprio cosa fare per non annoiarmi…“
“ Beh vieni con me! Sono sicuro che a Ease farà piacere conoscerti!”
Asserì con naturalezza ignorando il catastrofico effetto che quelle parole avrebbero da li a poco sortito sulle mie gote già duramente messe alla prova dalla sua presenza e quel torso nudo.
“ Non c’è bisogno, non voglio certo disturbarvi! Con il poco tempo libero che avete non voglio certo intralciarvi!”
“Figurati,  in queste giornate così  torbide non c’è davvero nulla da fare anche per noi, se proprio dobbiamo annoiarci, facciamolo assieme, no?” 
 “ Ne siete…ehm, ne sei certo?”
Guardai un ultima volta quel sorriso giocondo cercando eventuali tracce di menzogna.
Non trovandone sorrisi.
“ E va bene, grazie mille allora!”
“ E di cosa? Ti spiace se fumo?”
“Prego!”
Una boccata di fumo denso e grigiastro invase l’aria.
“Ahh, niente di meglio di una bella sigaretta dopo una giornata di lavoro! Ne vuoi una anche tu?”
“ N…”
“Ah! Come non detto, come non detto! Mi stavo quasi dimenticando!”
Sorrisi divertita, mi faceva piacere che si ricordasse di queste piccole cose.
La loro piccola casa non era troppo distante dalla miniera.
Definirla “casa” era  un po’ avventato, si trattava più correttamente di quattro pareti e di un tetto.
In una sola stanza vi era tutto il necessario:  tre letti, un tavolo, una piccola cucina.
Per quanto fosse spartana quella abitazione sembrava accogliente.
“Tyki! Tyki! Sei tornato!”
La voce cristallina di un bambino si sovrappose alle nostre, impegnate in altri discorsi.
“ Ease! Hai visto? Oggi siamo tornati prima!”
“Hey Tyki! Ma quanto ci hai messo?!”
“ Già idiota di un Tyki! Ci hai fatto preoccupare!”
“ Eh? Frank, Momo! Non vi facevo così premurosi!”
“ Razza di idiot…ehy! Ma quella non è la figlia del signor Dibbets?”
“Esatto, Frank, Momo, Ease: vi presento la signorina Tease!
Ero rimasta qualche passo indietro, così, portandomi un po’ avanti potetti scorgere i due omoni che erano soliti girare con Tyki.
Guardai le loro facce sbigottite e, imbarazzata, mi decisi finalmente a presentarmi:
“ S-S-Salve! È un vero piacere conoscervi !”
“Piacere Nostro!”
Risposero all’unisono con una piccola riverenza impacciata.
“ Scusate se irrompo qua in casa vostra ad arrecarvi così tanto disturbo ma Tyki è stato così gentile da invitarmi qui e…”
“ Ah-ah! Tyiki-Tyki! Ma non vedi che è un po’ troppo carina per uno come te?! “
E questa affermazione seguirono le nostre risate più sincere, tranne una, sostituita da un certo sguardo scherzosamente offeso.
“Spiritoso come sempre Frank!” 
“Comunque, signorina , per quanto mi riguarda potete anche trasferirvi qui! Siamo più che onorati di averla come nostra ospite per questa sera! Si fermerà anche a cena spero, non è vero?”
Ero sinceramente entusiasta di una così calorosa accoglienza ma purtroppo mi vedevo costretta a declinare.
“ Oh, vorrei tanto! Credetemi! Ma credo che sarei di fin troppo impiccio qua!”
“ Beh, abbiamo ben poco da offrirvi, ma credeteci, non siete affatto d’impiccio! Il cibo diviso tra più persone sarà anche di meno, ma molto più gustoso!”
“ Su Frank, la signorina Tease è abituata a ben altre delizie, come speri che possa gradire questa brodaglia insapore?!”
Tyki cerco il mio sguardo a supportare la sua tesi.
In effetti aveva ragione, ma non mi sarebbe pesato affatto, anzi, ero quasi curiosa di assaggiare quel sapore particolare di cui parlava Frank poco prima.
“ Ragazzi, siete estremamente gentili, ma  davvero non posso accettare!”
“ Te lo prometto Tease, quando avrò abbastanza soldi ti porterò in un Tre stelle a fare una cena come si conviene!”
Risi cortese a quelle parole pronunciate con teatralità dal portoghese, provando però una vena di tristezza nel capacitarmi che, con una paga misera come quella che percepiva, quel giorno non sarebbe mai arrivato.
“Come preferisce signorina Tease! Se ha bisogno di una qualsiasi altra cosa però, non esiti a chiedere!”
“ Certo graz…”
Mentre ancora impacciata rispondevo con garbo una piccola manina mi aveva afferrato la gonna.
“ Signorina Tease, giochiamo?”
Il bambino mi fissava con uno sguardo giocoso e sorridente.
Sarebbe sembrato un angelo se non fosse per quei cenci e la mascherina.
“ Ma certo piccolo! A cosa vorresti giocare di bello?”
Mi chinai su di lui sorridendo.
“ MMM… vediamo… Tyki, Tyki! Giochiamo alla famiglia!”
Così dicendo andò ad afferrare un lembo dei suoi pantaloni ancora impolverati.
“ Ehi Ease! Fai piano!”
“ Allora Tyki, tu sei il papà, la signorina Tease farà la mamma!”
“ E  Frank e Momo?”
“ Loro faranno gli zii!”
“ Ok, ok… come sempre no?”
Notai un filo di rassegnazione nella voce dell’omone che però sparì velocemente nel vedere, o perlomeno intuire, il sorriso divertito del bimbo.
Giocammo per quasi tutta la sera, Ease era davvero dolcissimo.
Era una delle prime volte che giocavo con qualcuno, i bambini del villaggio mi escludevano sempre dai loro giochi, a me spettava guardare, seduta poco distante.
Per quanto il tempo di quei giochi fosse abbondantemente trascorso per me, quelle poche ore di svago mi fecero davvero stare meglio e più volte mi balenò in testa che infondo una famiglia così, non mi sarebbe dispiaciuta.
Vista ormai anche l’ultima scaglia di sole andò a nascondersi dietro ai monti mi sovvenne che il tempo a mia disposizione era ormai esaurito. 
“Si è fatto tardi, i miei genitori saranno  ormai tornati a casa, credo che inizieò ad incamminarmi.”
“ Di già signorina Tease? Tornerà a giocare ancora con me e Tyki?”
“Ma certo Ease, quando vuoi! “
Non si trattava di una semplice frase di cortesia, ma di una sincera promessa.
“ Su,ti accompagno, non si lascia tornare a casa da sola una damigella a quest’ora tarda!”
L’ animella rovente della sigaretta rischiarò un po’ la strada tinta ormai dalla notte.
“ Che bel cielo stellato…”
Parlai quasi senza pensare alla vista di tutte quelle gemme luccicanti incastonate nel cielo.
“ Nulla in confronto allo spettacolo che si intravede dalla rocca abbandonata giù in città, ci sei mai stata?”
“ N-No… veramente, scendo radamente in paese…”
Non sapevo fin dove la premura delle comari avesse seminato decisi di non spingermi oltre con futili dettagli.
“ Allora, il giorno in cui ti porterò a cena fuori, ti farò anche vedere il cielo da lassù!”
“Dici sul serio?”
“Certo!”
Sorrisi entusiasta, cullarmi in quella piccola illusione anche questa volta fu un a tentazione fin troppo grande da vincere.
In breve tempo tornai a casa, con un saluto fugace chiusi dietro di me il pesante portone.
Louise e James non erano ancora tornati.
Portai le mie gambe stanche su per le scale, per poi buttarmi rumorosamente nel letto, ancora inebriata dal profumo di Tyki e dalle sue promesse vane.
Il sonno mi abbracciò calorosamente per sciogliere la presa solo la mattina seguente.
Nei giorni che seguirono non furono poche le occasioni di onorare la mia promessa fatta ad Ease.
Spesso e volentieri mi trattenni con loro, oppure semplicemente, Tyki e gli altri si offrivano di riaccompagnarmi a casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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