Eravamo seduti sotto un albero.
Era estate.
Lei era bella, davvero, come poche cose nella mia vita, ad esempio mia madre, sempre raggiante e dolce qualunque fosse la situazione. Anche davanti la morte, quando venne investita da un auto, guidata da un ubriaco.
Lei, Marianne, aveva i capelli castani, come gli occhi, che quasi si confondevano con la corteccia dell’albero che ci riparava. Un melo, immagino.
Eravamo seduti fianco a fianco, mano nella mano, a goderci il vento estivo.
- Sai cos’è la libertà? - le faccio, girandomi verso di lei.
- La possibilità di andare dove vuoi? - risponde, con sguardo interrogativo ed un leggero rossore. L’avevo presa alla sprovvista e, nonostante la mia domanda stupida, lei mi aveva preso sul serio.
- No – feci alzandomi, continuando a tenerle la mano.
-Una persona è libera quando lo è il suo spirito! Tu puoi essere libera stando in catene ed incatenata nel mondo - la faccio alzare e la porto con me in un girotondo sull’erba. Siamo scalzi.
Sono felice.
- Sei libera se puoi immaginare un luogo sempre in pace. Sei libera mentre pensi a come sarebbe cavalcare un drago, in una battaglia. Sei libera se puoi pensare che chi ti governa è un idiota. Se puoi scrivere quello che ti passa per la testa in qualunque momento. Se puoi immaginare i tuoi aguzzini con una testa di rospo, a mangiare mosche.
E sarai libera ogni volta che riuscirai ad immaginare questo posto-
Le metto un dito sulla fronte.
-La tua libertà è qui, non ai tuoi polsi-
Lei sorrideva, innocente come una bambina.
 
Un fischio. L’ora dell’ispezione.
Sono in catene ma, diversamente dai miei carcerieri, io sono libero.