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Autore: ElizabethLovelace    09/03/2006    4 recensioni
I Malandrini rimasti e chi è ora al loro fianco dovranno fare i conti con i ricordi divertenti e tristi del passato... le loro vite torneranno a intrecciarsi per decidere cosa fare una volta per tutte di ciò che è stato. La chiave? Elizabeth Lovelace... sospesa fra un passato ed un presente che Harry &Co. trovano indecifrabili: chi è, da dove viene? Come può essere... ciò che è?
Inserita quasi esattamente nel 5° e 6° libro della rowling.
GRAZIE per seguirmi ancora così tanto, prometto che oltre alle revisioni dei primi capitoli posterò prestissimo anche i tre conclusivi!!! Ma GRAZIE
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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***RIVEDUTO E CORRETTO***



Natale, 16.


27.
Bessie era nella sua stanza, ed era uscita sul balconcino per respirare l’aria notturna, fredda e pungente come aveva letto tante volte nei libri. Forse l’avrebbe risvegliata. Una seconda volta. Forse in realtà non l’aveva mai fatto davvero.
Si era avvolta uno scialle attorno alle spalle per non tremare, poi si era scoperta ancora una volta la piccola cicatrice che le era rimasta sul braccio e che aveva ricordato a Sirius poco tempo prima.

È soltanto un graffio, è di tanti anni fa ma lo sento anche adesso. Tutto quello che c’è stato fra di noi, Sirius, io lo sento al di là del tempo.
So che non è sopravvissuto, e forse mi sto solo girando intorno, guardando addosso. Ma fai parte di me, anche se cercassi di non amarti più. Continuo a stare in piedi, anche vedendoti correre, vedendoti gridare, e cadere dentro di me. Sarai qui, quando avrò perso tutto quanto? Mi mancherai anche quando avrò scordato tutto il resto?


Bessie viene trascinata da James lungo i corridoi di Hogwarts, una mano del ragazzo è ben posata sopra il viso di lei. “Non stai sbirciando, vero Bessie?”
“No James, no” replica lei spazientita. “Manca ancora molto?”
“Ci siamo quasi,” sorride lui senza che Bessie se ne possa accorgere. La guida attraverso passaggi e schivando persone, e lei si lascia guidare. La porta nella sala comune e controlla che lei non ci veda e le fa salire le scale, e lei inciampa in un gradino e allora lui l’afferra e la tiene più saldamente perchè non si faccia del male.
“Sirius mi ucciderebbe!” ride, come se fosse solo per questo che fa attenzione. “Non stai guardando, vero?” le domanda di nuovo, impaziente come un cucciolotto.
“James, per l’amor del cielo!!!”
La conduce nel dormitorio dei ragazzi, le lascia liberi gli occhi. Bessie li strizza un poco, per riabituarsi alla luce. Davanti a lei c’è Sirius, con una macchina... con la macchina: quella che lei stava cercando disperatamente di portare a termine per diffondere le bolle della formula perfezionata da Lily. La macchina è in funzione, la stanza si riempie di riflessi del sole, i mobili, gli specchi, tutto riluce. Bessie si porta le mani alla bocca. È talmente sopraffatta che la cosa più sensata che riesce a pensare è che James avrebbe anche potuto evitare di farle chiudere gli occhi due ore prima di arrivare al dormitorio.
Sirius ride. James ride. A Bessie viene da piangere.

Questo è un non-tempo, e ci siamo dentro solo noi. Esausti e invincibili, forse già in frantumi senza rendercene conto. Stiamo qui dentro, a dondolare su e giù come se non ci fosse un domani, non ci fosse la morte, come se non riconoscessimo quello che c’è.
Questa notte ho bisogno di ringraziarti per le volte in cui mi hai tenuto, anche se ora non ho più armi o carezze che possano esserti utili. Mi manca la tua schiena, ma ho scelto di non piangere.


Sirius fa la scale due a due, piomba nel dormitorio delle ragazze senza bussare, è entusiasta dopo le vacanze di Natale perché non vede Bessie da troppo tempo. O perché l’allenamento di Quidditch è andato particolarmente bene. O perché Piton è nei guai. Non si preoccupa nemmeno di appoggiare la giacca da qualche parte, la toglie e la lascia lì, per terra. Si piazza davanti a Bessie che sta leggendo seduta sul letto, ripassava con Lily che storce il naso. Guarda solo lei, vede solo lei; le sorride, e a Bessie sembra che il mondo si apra.
Un altro giorno, un altro momento. Sirius alza la voce, Bessie gli risponde; Sirius diventa aggressivo, le grida contro qualcosa di sgarbato indicando un ragazzo del settimo anno, le afferra un polso con forza. Poi arretra di un passo, spaventato da se stesso più di quanto lo sia lei. Lupin li raggiunge, cerca di calmare le acque, allora Sirius si allontana. Molla un pugno all’anta dell’armadio, sfondandola.

Porto con me talmente poche certezze che non è una consolazione rivederti. Sapere che potrei toccarti di nuovo, ora che non lo faccio, mi sembra che consumi più in fretta il tempo che ho a disposizione. Non smette di avanzare, non smette di consumarsi, anche in un giorno qualunque. E c’è sempre qualcosa che mi manca.
Sei solo di passaggio, Sirius?


Sirius e Bessie sono soli, e non sono mai stati così soli. Si guardano negli occhi, sono vicini, si cercano. La mano di Sirius s’intrufola impaziente tra i vestiti di lei, con ansia e voluttà, e Bessie scoppia a ridere. È nervosa, è la prima volta che sono soli, è la prima volta che tiene così disperatamente a qualcuno, e ride.
“Mi fai il solletico”, dice. Sirius la guarda sbalordito.

Tutte quelle barricate, sono diventate ruggine? Tutta quella gioia.

Sirius appoggia bene la testa a terra e si solleva sulle braccia, le gambe in aria a mantenersi in equilibrio. Bessie riesce a vedere i confini di ogni muscolo del suo torace sotto sforzo, gli addominali che resistono come durante i suoi estenuanti allenamenti di pugilato. Tutte le ragazze che ammiravano il suo corpo sarebbero sorprese di scoprire quanta rabbia gli è costato. Quanta forza nel senso più umano della parola.
Si siede a terra, le ginocchia incrociate come una specie di bambolina rotta. Inclina il capo cercando di guardarlo negli occhi, l’osserva incuriosita.
“Qual è la strada più breve per arrivare alla Testa di Porco, Sirius?”
Lui strabuzza gli occhi per mezzo secondo; poi una risata, una specie di latrato caldo ha la meglio e allora i muscoli rigidi si afflosciano di colpo e lui evita una testata fenomenale solo grazie alle braccia. “Vivi qui da quando sei nata,” protesta. “Come Cristo fai a sembrare tutto il tempo così irreparabilmente straniera?”
Lei rimane ad osservarlo mentre lui si dedica alle flessioni. Vorrebbe toccarlo, tanto per controllare che ci sia. A volte ha questo dubbio. Anche quando si abbracciano, pensa Bessie, si cercano ogni volta con quel costante timore di non trovarsi.
Forse dovrebbe morderlo.
“Non hai niente di meglio da fare?” domanda lui con il sudore che gli gocciola lungo il naso. Lei gli lancia una lunga occhiata soddisfatta che lo percorre da capo a piedi, soffermandosi più a lungo sulle spalle e sui capelli che spiovono appiccicandosi alla fronte.
“Meglio di questo?” obietta come se parlasse a qualcuno che scherza, e appoggia il mento alle ginocchia sollevate. Lui scuote la testa.
Pochi minuti più tardi Sirius è seduto a terra, divarica le gambe e alza le braccia dietro la testa. Inspira ed espira profondamente una, due, tre volte, poi si allunga a toccare prima un piede e poi l’altro. Bessie, senza preavviso, gli afferra entrambi i polsi costringendolo a terra.
“Devo lavorare più tardi, lo sai,” sospira lui precedendola.
“Conosco svariati modi per trattenerti.”
Sirius non riesce a reprimere un sorriso. Vorrebbe passarsi una mano sulla fronte, ed è incredibile come lei riesca ad intuire ed anticipare il suo movimento tergendogliela con due dita. “Per questo ti sto chiedendo clemenza,” prova. Lei non molla la presa, concentrata come un ninja alle prime armi.
“O me o l’orologio, Sirius,” è il suo ultimatum.

Dove siamo, Sirius?
Cosa diavolo sta succedendo?
È perché è già successo, è qualcosa che sta per succedere?
Il nostro inizio, nonostante le sofferenze, è stato meraviglioso. Adesso sono qui a desiderarti con tutta la forza che porto nel cuore, con tutta la notte che porto nel cuore. Sono qui a volerti con ogni confessione profonda, con tutte le unghie, così tanto che mi spaventa.
Scapperai di nuovo, Sirius, o è qualcosa che semplicemente deve succedere?
Ai miei piedi ha iniziato a raggrupparsi la polvere, come vecchi momenti felici. Sulle mie braccia hanno iniziato a formarsi delle macchie come vecchi momenti di pianto.
Quegli anni... erano qui un momento fa.
Le parole escono sconclusionate dalla tua bocca, come emozioni scomposte... diventano lividi sulla mia pelle, ma non me ne andrò per difendermi da te. Scusa se ho insistito così tanto, devo essere stata difficile da sopportare. Scusa se qualche volta ho riso per nascondere l’imbarazzo, ma non è stato facile per me. Continuerò a fingere. Non so se valgo ancora qualcosa, sento solo il mio cuore contorcersi.
Cos’è tutto questo, hai deciso tu ancora una volta di cosa abbiamo bisogno? Sirius, dovrei crederti?
T’importa?
Eppure, anche questa
è ancora
la mia vita.


La notte pungeva ancora come un ago quando Bessie si era riscossa dai suoi pensieri. Sirius era uscito nel balcone di fianco al suo, quello della sua stanza. L’aveva guardata a lungo, costante sofferenza nei suoi occhi di buio.
“Ti ho disturbata?”
“No,” aveva sorriso lei.
“Oggi... è stato bello sentirti.”
Bessie aveva sorriso di nuovo.
“Stavi, fa -- male?” aveva concluso lui, zoppicante, ed aveva indicato il graffio che poco prima lei si era scoperta. Bessie si era affrettata a lasciar scivolare giù la manica per celarlo di nuovo, ed era rabbrividita appena, rendendosi conto solo in quel momento che la sua mano era gelida.
“Non fa male. Mi serve.
“Io... davvero, mi sembra di averti disturbata. Sarà -- sarà meglio che torni dentro...”
“Sirius.” Bessie non aveva smesso un attimo di sorridere, come se fosse stata lontana, a diecimila miglia da lì “Non ti mettere scrupoli di questo tipo, quelli sono esclusiva mia, lo sai.” Era spuntata una nota serafica nel suo tono, e Sirius si era voltato a guardarle gli occhi.
“Beh,” aveva sorriso inizialmente, pronto a risponderle sullo stesso tono; di colpo però si era fatto cupo. “Aspetta... che significa, Elizabeth? Tu hai -- in tutto questo tempo... hai sempre avuto paura di disturbarmi?”
Bessie aveva continuato a sorridere come se nulla la potesse toccare davvero. Lui si era sentito profondamente angosciato, sull’orlo di un dirupo di cui non poteva vedere la fine; la sua voce aveva preso un’autentica sfumatura d’urgenza.
“No, non è così!!! Sbagli! Non... Elizabeth, tu... anche oggi--”
“Oh, lascia stare oggi. Mi dispiace. Non so a cosa stavo pensando.”
“Elizabeth, no, Cristo santo! Tu non devi... non devi--” si era impigliato fra le parole, ed il sorriso fatalista di Bessie aveva aumentato la sua agitazione. Non la smetteva di stare lontana, e forse lo spazio fra di loro non gli sarebbe bastato per esprimersi. D’improvviso, senza nemmeno rendersi conto di quello che stava facendo, Sirius aveva scavalcato la ringhiera ed era saltato verso l’altro balcone, quasi scivolando mentre Bessie lo fissava inorridita, urlandogli di fare attenzione.
“Tu sei pazzo!”, l’aveva sgridato non appena aveva posato i piedi in salvo; ma Sirius non la sentiva, del tutto compreso nel discorso che aveva iniziato. Le aveva preso il volto fra le mani come in quella notte di tanti anni e tante lacrime prima. L’aveva guardata, lo sguardo acceso di paura e tenerezza. Le mani gli si erano impigliate con dolcezza fra i suoi capelli, il respiro con quello di lei.
“Tu non devi...” aveva proseguito “...fraintendere i miei sentimenti!”
L’istante dopo avevano valicato il tempo. Avevano valicato i confini del dolore e dei dubbi e del passato che pesava sulle loro spalle come un macigno. Sirius l’aveva baciata, stringendola fra le braccia come se non avesse voluto lasciarla andare mai più.
Forse, quella notte aveva smesso di ferire.






“Baby I've been here before
I've seen this room and I've walked this floor
I used to live alone before I knew you.
I've seen your flag on the marble arch
But love is not a victory march
It's a cold and it's a broken hallelujah…”


Jeff Buckley – Hallelujah



  
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