Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Shizue Asahi    25/06/2011    2 recensioni
{Seconda classificata al "2 giorni contest!" indetto da Aras sul forum di EFP}
Andromeda non ebbe il tempo di rimettersi in piedi, dirgli di non toccarla e di andarsene indignata come avrebbe voluto. Ted, infatti, si sfilò la sua sciarpa e gliela strinse attorno al collo, su quella che già indossava, poi la tirò su e le pulì il cappotto dalla neve. Il tutto mentre Charlaine e Penelope incantavano un paio di palle di neve, indirizzandolo a un gruppo di Tassorosso poco lontani da loro.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Andromeda Tonks, Famiglia Black, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autore: Shizue Asahi
Titolo: Un altro
Personaggi: Ted/Andromeda, Famiglia Black
Genere: Romantico, Introspettivo
Avvertimenti: One-short, Missing Moment.

NdA: il titolo è riferito sia a una battuta di Andromeda, sia al fatto che lei è un’altra Black, un'altra bruciatura sull’arazzo. Non so qual è la data di nascita né del padre di Luna, né di Ted, quindi ho dato per buona l’ipotesi che fossero nati nel 1953. Spero di non aver fatto pasticci con le date! >.<

 

Un altro

 

 

Hogwarts, 1 settembre 1964

 

I primini erano tutti allineati, schiacciati gli uni sugli altri, come a farsi forza. I più mingherlini faticavano per non essere schiacciati e alcuni si alzavano sulle punte dei piedi per sbirciare, oltre le teste dei loro compagni, la Sala Grande e i quattro tavoli che portavano gli stendardi delle Case di Hogwarts.

Il professor Silente li chiamava uno per uno, li faceva sedere e gli ficcava in testa il Cappelli Parlante.

Andromeda guardò curiosa l’oggetto lacero e smunto, chiedendosi se fosse vero che potesse leggerti nella testa. Bellatrix aveva detto di sì, ma, anche se aveva solo undici anni, sapeva bene che Bella si divertiva a prenderla in giro, per citare le parole della madre.

Con la coda dell’occhio individuò la chioma scapigliata della sorella, seduta al tavolo dei Serpeverde, intenta a commentare l’ultimo acquisto di Tossorosso: Mullicent Tod, una ragazzina piccola, estremamente bassa anche per la sua età, con i capelli rosso fuoco stretti in due treccine che le arrivavano a malapena alle spalle e la gonna della divisa troppo lunga, che le intralciava i movimenti.

Mentre Andromeda la osservava dirigersi verso il tavolo dei Tassorosso ebbe l’assoluta certezza che fosse una Nata Babbana. Nessun Purosangue camminava facendo ciondolare le braccia in quel modo assurdo!

Sbuffò, annodandosi un boccolo castano all’indice della mano destra. Non vedeva l’ora che Silente le facesse indossare il Cappello Parlante e che quell’affare la spedisse a Serpeverde. Sì, a Serpeverde, lei era una Black e tutti i Black finivano a Serpeverde.

Un altro ragazzino si alzò dallo sgabello e si diresse verso il tavolo di Grifondoro e poi Silente chiamò un altro nome, l’ennesimo, e non era lei. In quanti dovevano essere smistati?

Andromeda lanciò un’occhiata obliqua ai suoi compagni,  non erano più di una decina. Bene.

-Ciao.- le sussurrò un ragazzino all’orecchio e lei sussultò impercettibilmente.

Non rispose, limitandosi ad osservare dubbiosa il suo interlocutore. Era alto non più di dieci centimetri più di lei, aveva il volto paffuto, le guance rosee, i capelli di un biondo spento e l’aria di chi ha vissuto nella più completa bambagia fino a qualche istante prima.

-Io sono Ted Tonks.- insistette lui, sfiorandole una spalla con la mano.

-Andromeda Black.- rispose lei, sicura di metterlo a tacere con il suo cognome, ma così non fu.

-Vieni da una famiglia di maghi?- riprovò lui, sorridendole gioviale, mentre un ragazzino incredibilmente alto e sottile lo tirava per una manica del pullover grigio.

-Sì, e tu sei un Nato Babbano.- rispose noncurante, spostando lo sguardo sul tavolo dei Serpeverde, lasciando a intendere di non essere intenzionata a continuare la conversazione.

Ted si passò una mano tra i capelli biondi e fece per riaprire bocca quando Silente chiamò il suo nome.

Andromeda lo vide diventare paonazzo e avvicinarsi ciondolando allo sgabello. Sorrise interiormente quando il Cappello Parlante, troppo grande, gli si calò fino alla funta del naso tondo.

-Tassorosso!- sentenziò dopo qualche minuto il cappello.

Ted se lo tolse dalla testa, si girò a guardarla indirizzandole un sorriso di incoraggiamento e poi si diresse verso i suoi compagni di casa.

Dopo di lui fu il turno di Xenophilius Lovegood, un ragazzino magro e allampanato, dagli occhi incredibilmente vispi e il sorriso facile. Il cappello lo mandò a Corvonero e fu accolto da un applauso soddisfatto e da un paio di pacche sulle spalle.

-Andromeda Black.- recitò in fine Silente e la piccola Black si diresse verso di lui a piccole falcate, con le spalle dritte e lo sguardo fiero.

Silente sorrise vedendola tutta impettita e lasciò che il Cappello Parlante calasse sui suoi boccoli bruni con delicatezza.

Andromeda, seduta rigidamente sullo scomodo sgabello, era tentata di far dondolare un po’ i piedi, tanto per far scemare un po’ il nervosismo, ma si trattenne dal farlo. Tutti la stavano guardando, Bella la stava guardando.

Le sembrò che il cappello indugiasse più del dovuto su di lei e avvertì un rivolo di sudore gelido scenderle giù per la schiena.

Alla fine, con una vocina squillante e fastidiosa, le chiese in quale casa ritenesse di dover andare.

-Serpeverde.- rispose prontamente, così come aveva imparato a fare in undici anni di vita.

-E Serpeverde sia!- trillò il Cappello Parlante, di modo che tutti lo potessero sentire.

Sollevata si alzò dallo sgabello e si diresse verso il tavolo dei Serpeverde, poi si bloccò e avvertì le guance andarle a fuoco. Ripercorse i suoi passi, si sfilò dalla testa il Cappello e lo riconsegnò al professore.

Una volta al tavolo della sua casa incontrò lo sguardo della sorella e decise che per quella sera era meglio che le si sedesse lontana.

 

 

 

 

Hogwarts, 13  dicembre 1967

 

Gli stivaletti neri affondarono nella neve, mentre con passo spedito faceva ritorno al castello.

Le mani intirizzite infilate nelle tasche del cappotto e i boccoli castani schiacciati da un cappello di lana. La sciarpa, annodata un paio di volte attorno al colo esile dondolava ad ogni suo passo e la borsa sbatteva fastidiosamente contro la sua gamba.

Al suo fianco Charlaine  Harris e Penelope Hagges, entrambe Serpeverdi del suo stesso anno, si lamentavano, inveendo ferocemente contro il vecchio e, ormai, decrepito preside, chiedendosi perché diamine dovessero uscire dal castello con un tale gelo.

Andromeda contrasse le sopracciglia sottili, girando il capo. Avrebbe voluto dir loro che “dovevano fare Erbologia, per Erbologia servivano le serre e le uniche disponibili si trovavano al limitare della Foresta Proibita”, ma si trattenne dal farlo, probabilmente appariva una cosa ovvia solo per lei.

Strinse il più possibile i denti, nel tentativo di attutire il rumore che producevano battendo, ma non ce ne fu bisogno. Charlaine lanciò un grido indignato e prima che lei riuscisse a voltarsi per capire che cosa fosse successo, si ritrovò stesa per terra, con la faccia affondata nella neve gelida e un dolore sordo all’altezza dell’orecchi sinistro, come se fosse stata colpita da qualcosa di estremamente duro e freddo.

Puntò le mani per terra e cercò di rialzarsi, con pochi risultati. Digrignò i denti, intontita e poi si sentì sollevare, mentre una voce familiare borbottava parole incomprensibili.

-Mi dispiace, non vi abbiamo visto!- ripeté per l’ennesima volta Ted Tonks stringendole un braccio preoccupato.

Il viso rosso e paffuto, gli occhi accesi dalla preoccupazione e dalla vergogna.

Andromeda non ebbe il tempo di rimettersi in piedi, dirgli di non toccarla e di andarsene indignata come avrebbe voluto. Ted, infatti, si sfilò la sua sciarpa e gliela strinse attorno al collo, su quella che già indossava, poi la tirò su e le pulì il cappotto dalla neve. Il tutto mentre Charlaine e Penelope incantavano un paio di palle di neve, indirizzandolo a un gruppo di Tassorosso poco lontani da loro.

-Ah, beh, ora siamo pari.- disse pacata Andromeda alludendo a due degli amici di Ted stesi a faccia in giù nella neve.

-A quanto pare sì.- rispose sorridendo e per un secondo Andromeda si chiese se le sue guance fossero davvero così rosse per il freddo.

Ted si passò una mano guantata tra i capelli biondi e prima che potesse aggiungere altro  Penelope afferrò l’amica e la trascinò via per un braccio.

-Stupidi Tassorosso, usare un’ora buca per una stupida battaglia a palle di neve, manco fossero dei Grifondoro.- si lamentò Charlaine con voce così alta che coprì il saluto di Ted.

Il  Tassorosso le osservò allontanarsi in silenzio, concentrato sul curioso dondolare dei capelli di Andromeda. Si riscosse solo quando una delle palle di neve di Andrius Niggolse lo colpì in piena faccia.

Una volta nella sala comune dei Serpeverde Charlaine abbandonò le amiche per dirigersi verso Marcus Oddball, del sesto anno e Penelope si eclissò dicendo che doveva fare un salto in biblioteca.

Andromeda si ritrovò sola, in mezzo alla sala comune, con il cappotto e due sciarpe. Sorrise privando le mani bianche dei guanti. Poi sollevò lo sguardo e incontrò un paio di occhi identici ai suoi.

Bellatrix le lanciò un’occhiata indagatrice, sorridendole sarcastica, poi si voltò, chiamata da Narcissa.

Andromeda non perse tempo, si strappò la sciarpa di Ted dal collo, la piegò con cura e se la infilò sotto al cappotto, defilandosi nella sua stanza.

 

 

Hogwarts, 25 maggio 1969

 

La scuola era quasi giunta al termine e gli studenti si erano riversati fuori dal castello per godere dell’aria primaverile, c’era persino chi asseriva di sentire già la sabbia tra le dita dei piedi. Ma, dopo cinque anni, i suoi compagni di casa avevano imparato a non dare troppo retta a Xenophilius Lovegood.

Andromeda si spostò con una mano i ricci capelli dalla spalla destra e si maledì mentalmente per non essersi portata un codino. Faceva caldo, incredibile a dirsi, ma quell’anno non solo non tirava un alito di vento, ma l’estate aveva persino deciso di arrivare in anticipo, giusto in tempo per godersi i loro G.U.F.O.

Osservò scettica alcuni ragazzi del quinto anno di Corvonero intenti a sfogliare i loro appunti alla ricerca di qualche nota mancata o di qualche particolare sfuggitogli, mentre dall’altra parte della stanza due Grifondoro si strappavano i capelli e una terza mostrava loro come far fare le capriole a una tazzina da tè.

Charlaine si sporse oltre la spalla di Andromeda e individuò una ragazza di Corvonero che le doveva dare degli appunti. Si scusò con l’amica e si dileguò.

Andromeda la guardò allontanarsi, chiedendosi dove diavolo fosse finita Penelope, di solito era sempre la prima pronta davanti alla porta di una classe in cui si sarebbe tenuto un compito o un corso particolarmente impegnativo. Una provetta Corvonero se non fosse stato per la sua lingua tagliente ei suoi modi altezzosi.

-Ciao.- le sussurrò una voce all’orecchi e Andromeda sussultò impercettibilmente, non riconoscendola.

Si voltò facendo dondolare i boccoli castani e frustando così il viso tondo di Ted Tonks.

-Ahi!- si lamentò lui sfiorandosi il naso –Non volevo spaventarti.- proseguì  facendo casualmente cadere l’occhio sulla scollatura della camicia della Black.

-Non mi hai affatto spaventata!- si difese Andromeda indispettita dall’occhiata del ragazzo. Assottigliò gli occhi grigi e osservò di sbieco la figura del Tassorosso. Era diventato più alto ed erano finiti i tempi in cui la superava di soli dieci centimetri, ora gli arrivava a malapena al mento; le guance si erano un po’ sgonfiate, ma mantenevano comunque il loro colorito purpureo e i capelli gli stavano dritti sulla testa, manco li avesse incantati. Inoltre aveva cambiato voce dall’ultima volta che le aveva rivolto la parola.

-Ti è saltato un bottone.- disse a un tratto Ted, sfoderando la bacchetta. Fece un piccolo movimento col polso e il bottone tornò al suo posto, rammendato e infilato nella sua asola.

-Grazie.- borbottò Andromeda sentendosi avvampare.

Cadde il silenzio e Ted ripose con calma la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni scuri della divisa.

-Sei nervosa, per gli esami, intendo?- le chiese a bruciapelo, strofinandosi la nuca con la mano destra.

-No.- rispose pacata Andromeda, cercando con gli occhi Charlaine –Sono brava con gli incantesimi.-

-Ah, beata te, io sono un disastro, so fare giusto quelli per rammendare i vestiti. Vitiuos è convinto che farò saltare per aria gli esaminatori.- scherzò lui, con una vena di preoccupazione.

Andromeda lo fissò negli occhi, facendogli diventare le guance ancora più scure.

-Sono sicura che non accadrà.- disse alla fine, pacata. Poi individuò Penelope, intenta a parlare con un ragazzo di Tassorosso di cui non conosceva il nome.

Fece un cenno di saluto a Ted, gli voltò le spalle e si allontanò.

 

Hogwarts, Stesso giorno

 

-Allora, signor Tonks.- disse gentile Alabastar Galouye  – Sarebbe così gentile da far fare una capriola a questa teiera- e gli allungò una grossa teiera di porcellana finemente lavorata.

Ted ingoiò un paio di volte a vuoto, osservando il riflesso della luce sulla superficie panciuta dell’oggetto.

Sono sicura che non accadrà.” La voce pacata di Andromeda gli tornò alla mente e sorrise sicuro di sé.

Agitò la bacchetta, farfugliò qualche parola confuse e poi lanciò l’incantesimo.

Galouye gridò, mentre entrambi venivano violentemente sbalzati all’indietro.

Ted atterrò con la schiena  per terra e, mentre il dolore del colpo lo rintontiva, pensò che anche quella volta aveva avuto ragione Vitiuos.

-Fuori! Fuori!- inveì l’esaminatore al suo indirizzo, tirandosi velocemente in piedi e sistemandosi la lunga tunica celeste che, nell’impatto, si era sollevata mettendo in mostra i suoi mutandoni. –Fuori!- gridò una terza volta e Ted reputò cosa poco saggia farselo ripetere di nuovo. Afferrò la sua bacchette e lasciò velocemente l’aula.

Una volta chiusa la porta lanciò un’occhiata sconsolata a Mullicent Tod e imboccò uno dei corridoi laterali, diretto verso il suo dormitorio.

“Ah, e chi se lo sarebbe sentito, il Frate Grasso!”  pensò tra sé, mentre la sua attenzione veniva catturata da una chioma castana e si andava a schiantare contro una delle armature disseminate per il castello.

 

Andromeda Black si fermò in mezzo al corridoio, avvertendo un fragoroso rumore.

-Che c’è?- le chiese Penelope nervosa. Oggi era strana, troppo strana, ed era la giornata sbagliata!

-Hai sentito?- le disse, girando la testa nella direzione di un corridoi laterale.

-Sarà Pix che si diverte come al solito. Andiamo.- borbottò la Serpeverde liquidando lì la cosa e afferrando l’amica per un braccio, trascinandosela dietro.

Andromeda lanciò un’ultima occhiata alle sue spalle. Nessuno aveva riso, si era sentita solo un’imprecazione. Non era stato Pix!

 

 

Hogwarts, 16  febbraio 1971

 

Parlava, parlava e parlava ancora. Dalla sua bocca usciva una fiumane di parole apparentemente non collegate tra di loro e Andromeda si stupiva si se stessa. Non aveva mai parlato tanto in vita sua, né tantomeno riso. Anche perché, come sua madre non mancava mai di sottolineare, la sua risata somigliava al grugnito di un maiale.

Ted sembrava pendere praticamente dalle sue labbra e la sollecitava a continuare ogni volta che si fermava per riprendere fiato.  E Andromeda gli raccontava di sua sorella, di sua madre, del suo elfo scorbutico, di suo cugino che si rifiutava di dire che sarebbe diventato un Serpeverde, di come Charlaine si fosse invaghita di un Corvonero del settimo anno e di Penelope che si rifiutava di parlarle perché non le aveva passato il compito durante l’ora di pozioni, facendole prendere un cattivo voto.

Poi gli spiegò la gerarchia che vigeva nella sua famiglia, accennandogli alla scomparsa di Marius, e all’arazzo con il suo albero genealogico che ornava il salotto di sua zia Walburga. Di sua nonna che vi aveva personalmente cancellato il nome del suo secondogenito, un magonò, un disonore per la famiglia!

Ted ascoltava in silenzio, ammaliato dalle piccole labbra vermiglie di Andromeda, che si piegavano, socchiudevano, assottigliavano, distendevano seguendo il ritmo del suo discorso.

-Però.- disse alla fine –E io che pensavo che mia madre fosse una tiranna.- scherzò.

-Le madri babbane devono essere incredibili!- aggiunse a un tratto la Black, spiazzandolo.

-Perché?-

-Beh, lavano, stirano, si occupano di marito, figli e casa senza magia!- spiegò come se fosse una cosa ovvia.

-Sì, davvero incredibili.- sussurrò Ted osservando la piccola bocca di Andromeda.

Premette le sue labbra su quelle di lei, in un bacio delicato e timido. Si ritrasse dopo qualche secondo, vergognandosi di quello che aveva fatto.

-Scusami!- farfugliò mentre le orecchie gli si infiammavano.

Andromeda spalancò gli occhi, avvampando.

Cadde un silenzio imbarazzante e Ted prese a passarsi la mano tra i capelli.

-Un altro!- esclamò a un tratto Andromeda.

-Eh?-

La Black si sporse in avanti facendo sfiorare i loro nasi, in un impacciato tentativo di rendersi accattivante.

-Un altro bacio.- gli soffiò sulle labbra.

 

 

Paiolo Magico, 17 novembre 1971

 

Era tardi e i clienti si stavano tutti ritirando nelle loro stanze o tornando a casa.

Tom, il gestore del Paiolo Magico, dietro al bancone, lucidava una grossa caraffa di vetro, il viso rugoso contratto in un cipiglio assorto e i baffoni candidi arruffati.

Una strega dalla voce stridula lo salutò, lasciò una grossa moneta d’oro sul bancone e uscì dal locale.

Seduto ad un tavolo un uomo dalle spalle larghe e la testa lucida si dondolava pigramente sulla sedia, facendo ciondolare le lunghe gambe, mentre fumava la pipa e riempiva l’abitacolo dell’odore pungente del tabacco.

-Maledizione!- borbottò a mezza voce Andromeda guardandosi in giro.

-Stai calma, va tutto bene.- cercò di rassicurarla Ted sistemandole meglio sulla testa il cappuccio.

-Va tutto bene? Stai scherzando, non è vero? Non mi sarei dovuta lasciar convincere!  Appena lo verranno a sapere ti uccideranno!- esclamò accalorandosi e stringendogli così forte la mano da fargli male, ma lui non si lamentò.

-Devono prima trovarci, no? Fino a quel momento va tutto bene!- disse pacato, sorridendole.

Andromeda si schiacciò sulla sedia che occupava, osservando di sbieco la porta del locale. Bellatrix si sarebbe divertita un mondo a darle la caccia e a bruciare il suo nome sull’arazzo!

Rimasero in silenzio per quasi un’ora e Tom servì loro due boccali di burrobirra, osservandoli con sguardo paterno. Non erano di certo i primi ragazzini che si ritrovava tra i piedi, indecisi sul da farsi, scappati di casa e senza un piano.

-Piacerai tantissimo a mia madre, non vede l’ora di conoscerti!- sussurrò a un tratto Ted, attirando l’attenzione di Andromeda.

Questa lo fissò sconvolta –Sei impazzito?- gli chiese cauta, quasi come se non fosse sicura di aver sentito bene.

-No, certo che no, non ancora, almeno!- scherzò, arruffandosi i capelli biondi.

Andromeda lo osservò sospettosa. Si era lasciato crescere un filo di barba che gli dava un’aria più matura, ma il viso era rimasto tondo come la prima volta che le aveva rivolto la parola.

Si infilò una mano nel cappotto che indossava e ne tirò fuori una scatoletta.

-Andromeda Black.- esordì –Mi faresti l’onore di diventare mia moglie?- disse diventando completamente rosso.

La ragazza emise un suono strozzato, mentre lui le mostrava un piccolo anello di fidanzamento, molto semplice, tutto quello che era riuscito ad acquistare con i suoi risparmi.

Per poco Andromeda non si strozzò con la burrobirra e ne sputacchiò un po’ sul tavolo.

-Tu stai tentando di uccidermi!- esclamò, mentre lui le infilava all’anulare l’anello.

Lui le sorrise, arricciando il naso tondo.

-E non ti ho ancora detto di sì!- si infervorò.

-Allora è un no.- Ted si rabbuiò e allungò una mano verso l’anello.

Andromeda si ritrasse –Non essere stupido, certo che non è un no!- disse indignata posando le labbra sulla guancia di lui e pungendosi con la barba.

 

 

Casa Black, 18 novembre 1971

 

Il sole era spuntato da poco e l’elfo domestico si stava affrettando a preparare la colazione per i suoi padroni quando Druella Rosier cacciò un grido che svegliò gli altri abitanti della casa.

Cygnus Black, il marito, si precipitò fuori dalla loro camera matrimoniale e venne imitato dalle due figlie nel giro di qualche secondo. E così quasi tutta la famiglia si ritrovò riunita sul pianerottolo.

-Che cosa ti prende, donna?- chiese con voce dure infilando il braccio destro nella manica della vestaglia.

-Se n’è andata, tua figlia non c’è!- sbottò mentre i capelli biondi le ricadevano sul viso pallido.

Bellatrix sorrise velenosa osservando la porta aperta della camera di Andromeda, mentre Narcissa impallidiva, sapendo che cose stesse per dire.

-E’ scappata con quel mezzosangue!- sputò, infatti, velenosa.

Cygnus non si scompose, limitandosi a corrucciare le folte sopracciglia nere.

-Non so di cosa tu stia parlando, donna, le mie figlie sono tutte qui.- asserì glaciale, sfiorando una guancia pallida di Narcissa e scoccando un’occhiata ambigua a Bellatrix. Poi voltò le spalle alla moglie e si diresse verso la sala da pranzo, al piano inferiore. Bellatrix, invece, impugnò la bacchetta e andò verso la stanza dell’arazzo.

Druella seguì il marito, dopo qualche minuto e Narcissa rimase sola, davanti alla stanza della sorella.

Guardò la porta aperta e la stanza vuota e un senso di angoscia le strinse la gola.

Se ne era andata, se ne era andata davvero!

 

 

[3.273]

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Shizue Asahi