Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Mina7Z    26/06/2011    8 recensioni
Nowadays, ovvero oggigiorno. Chi sarebbero stati i nostri amati protagonisti di Versailles no bara se si fossero ritrovati a vivere nella nostra epoca
Aggiungo un elemento:e se ci fossero dei misteri da svelare? Se Francoise e Andrè non fossero chi dicono di essere e se qualcuno nascondesse loro un oscuro segreto??
Non ho mai amato particolarmente le storie ambientate ai nostri giorni, ma un pomeriggio, improvvisamente, questi personaggi hanno bussato alla mia mente e non sono riuscita a chiuderli fuori!!!
Genere: Erotico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
11
*************************************************************************************************
 
Pochi giorni dopo l’incidente dovemmo ripartire per lo Yemen perché quattro cittadini francesi, due coppie di giovani sposi, erano stati rapiti durante un viaggio, presumibilmente da una tribù di  ribelli sciiti.
Avevamo il compito di trovare il luogo dove fossero tenuti gli ostaggi  e dopodiché, per la loro liberazione,  avremmo dovuto chiedere il supporto delle milizie yemenite che erano apparse comunque brancolare nel buio per quanto riguardava la loro individuazione.
Arrivammo a Sana'a e fummo subito rapiti dalla bellezza del paesaggio che, nonostante la pericolosità dei luoghi, attirava da centinaia di anni migliaia di turisti.
Era un paese famoso sin dall’antichità, quando era la sede del regno della Regina di Saba, fiorito mille anni prima di Cristo. Un paese che, nemmeno negli anni d’oro del turismo, si era fatto trasformare dalle mode straniere.  Per molte persone, scrittori e intellettuali, era il paese più bello del mondo.
Iniziammo subito a spostarci verso Noshur, l’ultima città dove avevano dato notizie di loro, prima di sparire nel nulla e una volta giunti lì, iniziammo a comportarci come comuni turisti, cercando di interagire con la gente del posto e regalando caramelle ai bambini. Il piano di azione prevedeva che ci mettessimo in mostra, con il preciso intento di essere, a nostra volta rapiti.
Eravamo assolutamente consapevoli della pericolosità della missione che, molto più di altre missioni, metteva in pericolo le nostre stesse vite, ma nessuno di noi parve dare una particolare importanza al rischio che stavamo correndo.
La liberazione degli ostaggi era per noi la priorità.
Continuammo a gironzolare per le vie della cittadina, inoltrandoci lungo la strada che conduceva verso Saada, distante dodici chilometri.
Dopo cinque giorni, mentre stavamo percorrendo una strada polverosa, dalla quale si poteva ammirare il meraviglioso paesaggio di Saada in lontananza, una jeep ci superò e ci sbarrò la strada.
 
“Ci siamo” dissi cercando di mantenere il sangue freddo “attivate il segnale sui satellitari, ce li toglieranno subito ma non si accorgeranno che stanno trasmettendo la nostra posizione”.
 
Dalla jeep scesero quattro uomini col volto coperto e i mitra in mano che ci intimarono di scendere dal nostro fuoristrada.
Uno di loro afferrò Andrè che era al volante e lo trascinò bruscamente fuori dalla macchina In quel momento mi mancò il respiro e, per la prima volta da quando avevo iniziato a lavorare a Parigi, sentii che avremmo potuto non fare ritorno da quella missione.
Ci caricammo sulla jeep dopo averci bendati e sequestrato documenti e cellulari.  Sistemai in qualche modo sul sedile posteriore della camionetta, sentivo i corpi di Alain e Andrè a contatto con il mio che, diversamente da me, avevano le mani legate. Nessuno di noi parlava, ma senti il bisogno di posare una mano sulla gamba di Andrè nel tentativo di tranquillizzarmi attraverso il suo contatto e  al contempo di rassicurare lui.
Viaggiammo per un paio di ore, dopo avere percorso una strada in salita e poi la jeep si fermò e fummo fatti scendere.
Una volta percorsi alcuni passi, quando ebbi la sicurezza di sentire intorno a noi delle voci di sottofondo che non provenivano dai rapitori,  mi feci cadere per terra e all’uomo che mi sollevò tirandomi su malamente, chiesi dell’acqua rivolgendomi a lui in arabo.
 
“Io sono incinta, gli dissi, ti prego, dammi dell’acqua da bere  e gettala anche sul viso, mi sento male, per favore”.
 
Evidentemente sorpreso dal fatto che mi rivolgessi a lui nella sua lingua, mi tirò via dal viso la benda e mi trascinò verso un pozzo.  Mi accasciai ai piedi della piccola struttura  circolare e aspettai  immobile che tirasse su dell’acqua che poi mi versò sulla testa. E fu in quel momento attuai la prima fase del mio piano.  Gettai nel pozzo una capsula che avevo nella tasca contenente un batterio che aveva il compito di infettare l’acqua.
L’uomo mi sollevò nuovamente da terra e mi trascinò verso la  piccola porta di una casa di argilla e pietra dove avevo visto portare Andrè e Alain.
Entrata nella casa,  trovai ad aspettarmi un uomo con una barba bianca molto lunga  che non avevo ancora visto e Andrè e Alain che senza le bende mi guardavano sollevati.
 
“Lei è mia moglie” disse Andrè e lui suo fratello, rispondendo in arabo alla domanda che gli aveva posto l’uomo”.
 
“Come sai l’arabo?” gli chiese l’uomo.
 
“Sono un dottore e ho lavorato in Algeria per alcuni mesi e ho imparto un po’ di arabo”.
 
Non mi chiesero invece come potessi conoscere la loro lingua, evidentemente non giudicando  la mia persona degna di ulteriori approfondimenti.
L’uomo con la barba bianca, che ebbi l’impressione essere il capo della banda, ordinò all’altro di portarci in un locale adiacente a quello in cui eravamo.
Ci condusse in una stanza più grande ma molto buia a causa della mancanza di finestre, e sentimmo subito delle voci provenire dal fondo della stanza.
L’uomo liberò i polsi di Andrè e Alain e chiuse la porta.
Dopo alcuni istanti, la nostra vista si abituò al buio e riuscimmo a percepire la presenza di altre persone.
 
“Chi siete?” dissi andando verso la loro direzione.
 
“Siamo stati rapiti  più di due settimane fa e voi? Siete francesi vero? Siete stati rapiti anche voi?” disse uno di due uomini che ancora era seduto per terra.
 
“Siete Jerome, Therese, Guillame e Amelie?” chiese Alain.
 
“Si, ma come lo sapete, ne stanno parlando in Francia?”.
 
“Si, stanno lavorando per liberarvi. Siamo qui apposta, state tranquilli. Siamo nei corpi speciali, vi tireremo fuor idi qui”.
 
“ Oh Signore grazie” disse una delle donne.
 
“Ascoltatemi attentamente” dissi “da questo momento nessuno deve più bere o mangiare niente. L’acqua è stata infettata con un batterio che nel giro di alcune ore si diffonderà in questa casa è all’interno di un villaggio e la malattia ridurrà la loro resistenza”.
 
Rimasero tutti attoniti ma fu Andrè a rompere il silenzio.
 
“Cosa hai detto? Chi ha contaminato  l‘acqua?”
 
“Io, mi sono fatta condurre ad un pozzo e ci ho buttato una capsula”.
 
“Che batterio è?” disse concitato
 
“XRR2” risposi
 
“Che importanza ha?”
 
Non capivo il senso delle sue domande.
 
“Siamo in un villaggio abitato da berberi qui, non hai sentito le voci dei bambini? Quando il batterio si diffonderà la gente si ammalerà con sintomi gastrointestinali che qui saranno letali soprattutto per i più piccoli. Perché non me l’hai detto?”
 
Andrè era agitato e iniziavo a mia volta ad innervosirmi.
Lo presi per un braccio e lo trascinai in un angolo della stanza.
 
“Non ero tenuta ad avvisarti e non sapevo  se avrei visto un pozzo oppure no. Ma non capisci? Se  chi ci ha rapito sta male, l’esercito yemenita non troverà molta resistenza quando arriverà? Avresti preferito una sparatoria tra la gente?”.
 
Cercavo di parlare sottovoce ma il mio tono evidenziava molta agitazione.
 
“Tu non sai cosa hai fatto, qui moriranno di disidratazione!”.
 
Continuava a stringere il mio braccio e iniziava a farmi male.
 
“Devo portare via di qui gli ostaggi e questo era l’unico modo per evitare perdite. E se ti ricordi bene, ci siamo anche noi tra gli ostaggi, Andrè. Il resto non mi riguarda”.
 
“Tu non ragioni, non puoi parlare seriamente. Ma non ce l’hai una coscienza, dei principi? Persegui il tuo obiettivo e non ti curi di chi ti sta intorno! Per salvare quattro sprovveduti rischiamo di provocare la morte di decine di persone. Ma certo, ci sono vite che contano più di altre, non è così?”.
 
“Qui comando io Grandier, non lo dimenticare”.
 
Sentimmo la porta aprirsi ed entrarono due uomini che ci gettarono i pochi bagagli che avevamo con noi.
Si soffermarono a guardarci e poi se ne andarono.
Alain si avvicinò a noi.
 
“Smettetela subito e vedete di recitare la parte degli sposini terrorizzati per essere stati rapiti, voi due, altrimenti questa missione va a puttane! Datevi una regolata!”.
 
Alain aveva ragione, guardai Andrè e smisi di ribattere. Non potevamo correre il rischio di mettere in pericolo la liberazione degli ostaggi e le nostre stesse vite. Avremmo rimandato la discussione una volta liberi.
 
 
 
Passarono alcune ore e giunta la notte, ci sdraiammo per terra nel tentativo di rilassare i nervi. Da una minuscola  finestra posta in un angolo della stanza, si intravvedeva l’oscurità della notte che aveva avvolto  quel piccolo pezzo di mondo dal  quale eravamo stati inghiottiti.
Accovacciata  in un angolo della stanza, guardavo nel vuoto, pensando al litigio con Andrè. Non mi ero neanche posta il problema di mettere in pericolo la vita degli abitanti del villaggio e adesso mi sentivo in colpa. Ero però convinta che non avrei potuto agire diversamente. Andrè era un idealista, a differenza mia e il suo timore per la vita dei bambini rispecchiava perfettamente la sua indole generosa e altruista.
Ad un tratto sentii un rumore e lo vidi sdraiarsi vicino a me.
 
“Gli sposini dormono vicini” mi disse.
 
“Non sei obbligato a rimanere qui”.
 
Mi pentii subito della mia frase.
 
“Temo di si, altrimenti Alain prenderà il comando della missione. Tuo fratello ha un brutto carattere, cara.
 
Sorrisi a quella frase, sperando di non essere vista.
 
“Si, ma anche mio marito non scherza” dissi girandomi verso di lui.
 
“Guarda cara, in quanto a brutto carattere temo che mia moglie non tema rivali”.
 
Sorrisi di nuovo.
 
“Ce l’hai con me, vero??”
 
“Un po’si. Sono preoccupato”.
 
“Siamo in gabbia, te ne sei accorto ?”.
 
“Vieni qui”
 
Tirò delicatamente il mio corpo verso il suo e passando un braccio sotto il mio busto mi strinse  a sé”.
 
Mi ritrovai tra le sue braccia, lui supino e io appoggiata al suo petto, esattamente nella posizione che ci aveva visto giacere tra le lenzuola dopo esserci amati  quella notte di luglio e il mio cuore ebbe un sussulto. Anche in quella drammatica situazione,  la mia attrazione per lui aveva il sopravvento.
Mi tenne stretta qualche minuto, senza parlare, disegnando dolcemente cerchi sulla mia pelle, fino a quando, improvvisamente lo sentii sciogliere il suo abbraccio e sollevare il corpo dal mio.
Vidi il suo viso farsi sempre più vicino e senti il calore delle sue labbra sulle mie e  poi  la lingua posarsi lentamente e farsi un varco nella mia bocca. Spalancai gli occhi, stupita da quel bacio che si stava facendo sempre più profondo.
Aprii sempre di più le labbra fino ad accogliere pienamente la sua lingua che mi stava sconvolgendo i sensi e procurando sensazioni tanto forti da fare cadere ogni mia difesa. E il sapore della sua saliva ebbe l’effetto di riportarmi con la mente a quella magica notte di luglio.
Il mio corpo immobile sotto il suo tocco, incapace di reagire, ma silenziosamente impaziente di sentire su di me il suo peso, la sua presenza.
Poi, improvvisamente, quando stavo per attirarlo ancora di più contro di me,  si ritrasse dalla mia bocca lasciandomi ansimante e disorientata.
 
 “Perché l’hai fatto?” chiesi.
 
“Un giorno te lo dirò” mi disse.
 
“E meglio che tu riposi un po’ Françoise, penso io a sorvegliare la situazione.
 
“Andrè, gli ho detto che ero incinta”.
 
“Va bene. Dormi” sussurrò.
 
Lo vidi girarsi dandomi le spalle e dopo un po’ mi girai anch’io e sentii le nostre schiene aderire. Mi aveva baciato e in quel’istante, ogni pensiero, ogni preoccupazione era svanita nel nulla. Rimasi immobile, con gli occhi persi a fissare il buio, attirata solo dal rumore del suo respiro,  finché percepii di nuovo i suoi movimenti e mi sentii abbracciare. Ora la mia schiena aderiva al suo torace e le sue braccia avvolgevano il mio corpo. Il suo viso perso tra i miei capelli, il suo alito bollente sul mio collo, la sua gamba intrecciata con le mie. 
Trascorsi tutta la notte stretta a lui  e mi sentii così al sicuro che riuscii a riposare per un paio ore.
 
 
La luce flebile  che entrava dalla minuscola finestra segnò il nostro risveglio. Il rumore sordo della porta aperta e subito chiusa da uno di rapitori che imbracciava un mitra ci fece trasalire.
 
“Sei un dottore tu, vero?” disse rivolgendosi ad Andrè e al suo cenno affermativo, lo afferrò per la camicia e lo spinse verso l’uscita.
 
Mi avvicinai ad Alain e insieme cercammo di valutare come agire. Il batterio stava evidentemente iniziando a diffondersi tra gli abitanti e c’era la necessità di cure.
Andrè non avrebbe potuto fare molto per loro, vista la mancanza di farmaci e in considerazione  che la malattia era solo alla fase iniziale della diffusione.
 
“Tra poche ore potrebbero essere qui, ormai ci avranno individuato, non possiamo rischiare che Andrè non sia qui al momento dell’arrivo dell’esercito” dissi.
 
Restai accanto a lui in silenzio, sperando di rivedere Andrè il prima possibile. Dopo un tempo che mi sembrò interminabile lo ricondussero nella nostra piccola prigione.
 
“Non ho medicine, non posso fare niente per loro. Alcuni bambini stanno già male”.
 
“Non è del tutto vero. Vieni”.
 
Lo portai verso la borsa  che ci avevano gettato dopo averla perquisita nella erano rimasti alcuni dei miei indumenti e gli mostrai che, nascosti dietro una cucitura, c’erano delle pillole bianche”.
 
“Queste erano per noi, nel caso ci fossimo infettati . Puoi dare la mia parte a un bambino. Per le altre, non voglio decidere io”.
 
Mi guardò stupefatto e rimase in silenzio.
 
“Alain, tu cosa dici di fare? gli chiese.
 
“Dà pure al mia parte ai bambini, non ti preoccupare di me. Tanto qui stiamo crepando di sete, tanto vale aiutare qualcuno”.
 
Andrè urlò per attirare l’attenzione degli uomini di guardia che, aperta la porta  lo ricondussero via di nuovo.
 
“L’amore a volte fa fare cose impensabili, vero?” disse Alain rivolgendosi a me.
 
“Cosa?”.
 
“L’amore, per un uomo, per dei bambini sconosciuti, l’amore in genere, insomma”.
 
Non risposi ma abbassai lo sguardo e non potei evitare di pensare che avesse ragione.
 
Era quasi giunta nuovamente la sera quando la situazione precipitò. Senza bere e mangiare, iniziavamo a sentirci  piuttosto deboli e il timore di non essere pronti per la liberazione si insinuò nelle nostre menti.
Chiusi senza possibilità di liberarci all’interno della nostra buia prigione, avvertimmo  un susseguirsi di spari, urla e poi di nuovo spari. Poi non sentimmo più nulla e iniziammo allora a urlare  per segnalare la nostra presenza.
Tutto andò come previsto e il piano ideato per la liberazione fu un successo anche se in fondo, qualcosa dentro di me, mi turbava nel profondo. Forse Andrè aveva ragione, mi ero comportata come una persona senza principi.
Non seppi più nulla delle sorti di quella gente.
Tornammo a Parigi con un aereo militare ma durante il viaggio notai che Andrè si teneva a distanza da me.
Pensai che ci sarebbe voluto un po’ di tempo per dimenticare quello che era accaduto. Probabilmente, in questo momento io ero ai suoi occhi una persona orribile. La mia mente tornò improvvisamente a quel bacio inaspettato  che  aveva voluto darmi nel fondo della nostra prigione.
 

*

 
Alcune sere dopo essere rientrati a Parigi  ci ritrovammo in uno dei soliti affollati  locati per festeggiare l’esito positivo della missione.  Tutti i telegiornali del mondo parlavano della liberazione degli ostaggi francesi.
Ero arrivata nel posto in compagnia di Alain e quando vidi Andrè fui nuovamente colta da un vortice di emozioni che premevano come una morsa sullo stomaco e che mi sconvolgevano i sensi.
Essere stata di nuovo tanto vicina a lui, averlo baciato,  aveva inevitabilmente alimentato il mio desiderio a tal punto che pensai che non valesse più la pena di rinunciare a lui, che in fondo, l’unica cosa che davvero contava nella vita era amare e essere amati.
Erano questi i pensieri che occupavano la mia mente quando mi si avvicinò sorridendo porgendomi un drink.
Ci ritrovammo a parlare in una parte del locale al riparo da occhi indiscreti. Tra di noi una sintonia quasi palpabile.
 
 “Ce la siamo vista brutta questa volta, accidenti!”.
 
“Si, siamo stati i turisti più sprovveduti della terra” disse ridendo.
 
“Verissimo, non vedevamo l’ora di essere rapiti!” continuai io per sdrammatizzare la situazione “potremmo scrivere un manuale per i perfetti rapiti”.
 
“Si, e invece di un albergo, consigliamo l’hotel “prigione buio pesto” continuò Andrè strappandomi un’altra risata.
 
“Andrè mi spiace per l’acqua, io ho eseguito gli ordini….”
 
“Non ti preoccupare, J, tu non hai colpa"
 
Smisi di parlare e presi a fissarlo negli occhi. Era talmente bello da non sembrare reale e mi sentivo così agitata che faticavo a mantenere un ritmo regolare nel respiro.
Mi avvicinai ancora di più a lui e posai la mia mano sulla sua, stringendola piano.
Mi sorrise e dopo avere a sua volta stretto la mia mano, sentii le sue dita insinuarsi con dolcezza tra le mie per poi chiudersi in una morsa dalla quale non avrei mai più voluto liberarmi.
Il suo corpo sempre più vicino al mio, i nostri visi visibilmente in fiamme sembravano toccarsi. Il calore del suo alito aveva annullato qualunque mia  resistenza e non nascosi il fremito che la sua vicinanza suscitava al mio corpo.

“Andrè” sussurrai soffermandomi vicino alla sua  bocca.
 
“Françoise, tu mi farai impazzire”.
 
“Sto impazzendo anch’io, Andrè, sto impazzendo”.
 
Nella mia frase una preghiera suadente.
 
“Andiamo via, J”.
 
Non risposi e iniziai a seguirlo lungo i corridoi di quel locale affollato, mano nella mano, incurante che qualcuno potesse accorgersi della nostra intimità.
Ma fu proprio lungo i pochi metri che ci separavano all’uscita che accadde qualcosa di così assurdo a cui sembra impossibile  trovare una ragione.



   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Mina7Z