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Autore: Stephanie86    27/06/2011    24 recensioni
[Questo racconto, scritto alcuni anni fa, è poi diventato il prologo di un romanzo che sto scrivendo. Ve lo propongo come One-Shot]
Molto tempo fa: Un prete siede nel suo confessionale, in preda a qualche brutto presentimento. Una giovane donna entra in chiesa.. in cerca di perdono o forse di una punizione. Nemmeno lei lo sa..
Citazione:
“Ho paura...”.
Nessun rumore in chiesa. Nessuno. Non udiva più neanche i bisbigli dell’ultima donna che era venuta da lui per confessarsi.
(...)
Ho paura”.
No, non era paura.
Era molto, molto peggio. Terrore. Un terrore viscerale, che si dimenava nel suo corpo come un serpente velenoso, stringendo lo stomaco in una morsa e accelerando i battiti del suo vecchio cuore. Un terrore mai provato prima.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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MOLTO TEMPO FA

 

Confessione

 

 

 

Ho paura.

Nessun rumore in chiesa. Nessuno. Non udiva più neanche i bisbigli dell’ultima donna che era venuta da lui per confessarsi.

Un silenzio soprannaturale. O almeno così sembrava a padre Mark che, seduto nella sua cabina dove soleva ascoltare i peccati dei fedeli, aveva le orecchie (e i nervi) tese. Intravedeva il bagliore delle candele, luci sospese nella penombra.

Ho paura.

No, non era paura.

Era molto, molto peggio. Terrore. Un terrore viscerale, che si dimenava nel suo corpo come un serpente velenoso, stringendo lo stomaco in una morsa e accelerando i battiti del suo vecchio cuore. Un terrore mai provato prima.

Anzi, no.

L’aveva già provato, ma da ragazzino, quando la vocazione non si era ancora fatta sentire. Un sentimento tipico dei bambini, che sopraggiungeva non appena la mamma aveva dato il bacio della buonanotte e si era chiusa la porta alle spalle, lasciando il figlio nell’oscurità completa. Allora c’era un’unica cosa che stuzzicava la mente, i sogni e provocava questo terrore: i mostri che sarebbero usciti dal grande armadio accanto al letto, i mostri che avrebbero allungato le lunghe braccia nere per trascinarlo in un luogo buio, senza nome, dove l’avrebbero dilaniato con i suoi artigli.

Erano stati anche una sua paura. Poi, però, era passata e aveva capito dove stava il problema. Di mostri ce n’erano tanti e avevano facce diverse. Gli uomini. Certi uomini che commettevano le azioni più abiette. Erano loro i veri mostri. Erano mostri quando allungavano le loro luride mani per uccidere un altro essere umano, erano mostri quando picchiavano una donna, un bambino. Erano mostri quando rinnegavano Dio per concedersi al Male.

Perché ogni essere umano conosce presto la tenebra...

Padre Mark si fece il segno della croce. Gli si erano drizzati i peli delle braccia.

Che cosa c’è?

Silenzio. Solo il silenzio. Tra qualche minuto avrebbe sentito i passi del chierico che faceva il giro come ogni sera per spegnere le luci e chiudere la chiesa.

Padre Nostro, che sei nei cieli...

(Devo andare via. E’ tardi)

...sia santificato il tuo nome...

Passi. Rumore di passi.

Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà...

 

 

***

 

 

La chiesa non era vuota.

La ragazza sedeva, immobile, su una panca. Era lì da almeno un’ora, ma nessuno aveva fatto caso a lei. Nessuno l’aveva disturbata. Forse pensavano fosse una fedele intenta a pregare.

Non lo era. E nemmeno sapeva perché era entrata in quel posto.

La ragazza si era quasi genuflessa all’ingresso e da qualche parte nella sua mente lo strano desiderio di mettere una mano nella bacinella d’acqua santa si era fatto strada, stordendola momentaneamente. Poi, ci aveva ripensato e si era infilata la mano nella tasca della giacca, dandosi dell’imbecille.

Dio non vive qui.

Questa voce aliena dentro di lei l’aveva fermata. La ragazza conosceva la verità. La ragazza non aveva paura. Forse sperava che, una volta entrata, avrebbe ritrovato quell’antico sentimento, quella fragilità, quella debolezza che ogni persona conosceva, che era parte integrante dell’animo umano. Ma era passato molto tempo da quando aveva provato paura per quell’aspetto superstizioso che accompagnava ogni fede religiosa. Un timore che risaliva alla sua infanzia. Un timore che non l’aveva colta quando aveva aperto la porta di quella modesta chiesa, né quando aveva deciso di sedersi su una delle tante panche di legno.

Le sue narici vennero pizzicate dall’aroma leggero che pervadeva l’aria immobile. Era rimasta sola. Sola in una chiesa che tra poco avrebbe chiuso i battenti. Sola con le statue dei santi, con gli affreschi sulle pareti, con i crocifissi che erano ormai l’immagine del nulla, del vuoto, della perdita, della vacuità dell’esistenza.

Ma no. Non sono sola.

Ad un certo punto, apparve un giovane biondo, in tunica bianca. In mano, reggeva lo spegni moccoli e con quello...

(uccideva)

...spegneva le luci.

La ragazza lo guardò. Lui anche, ma distolse subito lo sguardo e passò oltre.

Sorrise fra sé.

Passarono alcuni minuti. Sentì una mano che si posava sulla sua spalla destra. Che strano, non aveva neppure udito i passi che si avvicinavano. Di solito, era così attenta...

«Posso aiutarti, figliola?», disse il prete, un uomo alto, con i capelli ormai grigi, massiccio. Gli occhi chiari la osservarono. «Vuoi confessarti?».

«No», rispose la ragazza.

«C’è ancora tempo, se vuoi. E tu sei in ansia»

Anche il prete era in ansia. Qualcosa lo turbava.

Padre Nostro...

(signore delle tenebre)

«No, padre. Non posso confessarmi. Non posso». Scuoteva la testa da una parte all’altra. Non poteva davvero.

«Certo che puoi. Vieni con me, coraggio».

...che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome...

Venga il tuo...

Che sciocchezza. Avrebbe dovuto andarsene. Aveva la bocca secca e la gola che bruciava.

Tuttavia, lo fece. Seguì il prete ed entrò nella cabina di legno. Puzzava. Puzzava di vecchio. E non solo.

La ragazza si inginocchiò, scostò una ciocca di capelli neri che le era ricaduta sul viso stanco e pallido e si schiarì la voce, mentre il prete faceva scorrere il pannello divisorio.

«Beneditemi, padre, perché ho peccato...», cominciò lei, chinando il capo. Il legno sotto le sue ginocchia scricchiolò. Si diceva così, vero? Beneditemi, padre, perché ho peccato.

Cosa ci faceva lì? Che cosa le era saltato in mente? Voleva il perdono? Ma il perdono di chi, poi? Era impazzita?

... venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo...

«Dio ti perdonerà, figliola», sussurrò il prete, con la voce che tremava un po’.

Ha paura.

...così in terra... dacci oggi il nostro...

«Cosa ti deve perdonare Nostro Signore?».

Silenzio.

...il nostro pane quotidiano... e rimetti a noi i nostri debiti...

«Figliola, non temere la misericordia di Dio...».

«Omicidio, padre. Tanti omicidi».

Pausa. Il prete non rispose.

«E’ contento, padre? Omicidio. Ecco il mio peccato. Ho ucciso. Ho ucciso perché era... perché è la mia natura. Perché non riuscivo a controllarmi. Ho fatto del mio meglio. Ho cercato di aiutare le persone e spesso ci sono riuscita. Ma... oh, tutte quelle morti!».

Ancora silenzio.

«Può perdonarmi il Suo Signore?».

...come noi ti rimettiamo i nostri debitori...

«Cos’è questo, figliola? Uno scherzo? Ti stai prendendo gioco di me?» proruppe il prete, indignato e spaventato.

«No, padre! Se Dio è così misericordioso come dice, allora perché non può perdonarmi?» gridò la ragazza.

Perché non c’è nessun Dio. Proprio come pensavi.

L’uomo tirò indietro il pannello con un colpo secco e uscì dalla cabina. Lei non perse tempo e uscì a sua volta.

La chiesa era deserta, vuota. Il chierico si era ritirato.

«Sai come si chiama questo? Sacrilegio» le disse il prete.

«E lei sa chi sono?».

Si avvicinò a lui, lentamente, senza staccargli gli occhi di dosso. All’inizio, il prete non si mosse. La fissò, furente, digrignando i denti. Poi, all’improvviso, un barlume di consapevolezza si accese nel suo sguardo. Vide qualcosa nella ragazza, vide qualcosa di oscuro, un’aura nera, forse. Qualcosa che lo costrinse ad indietreggiare. Ma la giovane lo afferrò per un braccio. La sua mano era fredda, la presa molto salda.

«Lasciami! Lasciami andare, mostro!», gridò il prete, cercando di divincolarsi.

Lei lo afferrò per le spalle. Lo sollevò da terra.

«Ha detto che Dio perdona ogni cosa, padre. Ma non è così, vero? Stava mentendo. Anche lei ha peccato».

«Lasciami, ho detto. Demonio!»

La ragazza lo trascinò fra le panche e lungo il corridoio centrale della chiesa, fino ai gradini che salivano sull’altare. Su una pedana rialzata, c’era un leggio affiancato da vasi di fiori bianchi. Sulla parete, dietro al leggio, era appesa una croce.

E non ci indurre in tentazione...

«Cosa vuoi fare? Nella casa di Dio...». Gli occhi del prete sporgevano dalle orbite. La ragazza si chinò. Il suo sguardo nero fiammeggiava.

«Gesù...»

Quel nome riecheggiò nella grande chiesa, ma non trovò nemmeno un appiglio a cui aggrapparsi e si perse nel silenzio.

«No, padre. Non Gesù», rispose la ragazza.

E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male...

Liberaci dal male.

Liberaci da tutto.

Poi gli affondò i denti nel collo.

   
 
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