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Autore: annalauraeffe    28/06/2011    1 recensioni
Ha il sarcasmo nelle vene, insieme a una buona dose di sfaggiataggine e un amore viscerale per ogni tipo di arte. I capelli striati di blu, gli occhi un pò a mandorla, e profuma di fragole e caffè. Leiche nasconde le sigarette e piange ancora -ma di nascosto-, è un pò giapponese e un pò americana, e deve ancora imparare a conoscersi.
Così crescerà, riderà, soffrirà, tra un passato doloroso, un presente pieno di incertezze, e tante opinioni sbagliate che cadranno sotto il peso di un sentimento nuovo.
"mi hai insegnato a fare l'amore, ti insegnerò ad amare."
capitoli totalmente cambiati e storia pronta ad essere aggiornata con regolarità. Voi però regalatemi un commento.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2- Just because somebody want to go out with you, doesn’t mean they like you. (part 1)

 

La macchina era già lì ad aspettarla e l’autista vedendola arrivare scese impeccabile dall’auto nera e si affrettò ad aprirle lo sportello “ciao Will”  “signorina Danexy” rispose l’uomo portandosi una mano al cappello in modo professionale, ma sorridendole. Will era un omaccione di 1 un metro e 90, con gli occhi scuri e un grande sorriso che nascondeva sotto una maschera di professionalità, ma saltava fuori quando era con quella ragazzina… era l’autista della famiglia Danexy-Saburou da quando si era trasferito lì dal Kenia con sua moglie. 

“scusa il ritardo, ma avevo una cosa molto importante da fare…” “Non si preoccupi signorina” no, non si doveva preoccupare… tranne che di sua madre e di suo padre  e di quello che la aspettava a casa per aver saltato uno di quei noiosi pranzi di suo padre, in cui il suo compito era vestirsi bene, fare silenzio e dare un’immagine perfetta della loro famiglia. Storse la bocca e si lasciò andare contro il sedile togliendosi stizzita la cravatta e slacciando quelle fastidiose scarpe.

 

Entrata in casa cercò di arrivare alla sua camera senza farsi scoprire, si avviò verso le scale che portavano al piano superiore ma non riuscì a fare un passo che venne chiamata da sua madre “Yuki” disse, col suo tipico tono di voce dolce e sommesso. Zara si girò sospirando “okaasan*” rispose inchinandosi un po’ verso la madre. Regola numero uno  per una buona convivenza con una giapponese conservatrice: mostrarsi educata e rispettosa. “ sei in ritardo Yuki. Tuo padre contava sulla tua presenza al pranzo di oggi. Non devi dimenticare i doveri di una ragazza verso la famiglia…” scollegò subito la mente. Aveva sentito e risentito quel discorso sui suoi presunti doveri, lo conosceva a memoria. E ogni volta che lo sentiva puntualmente ricadeva su di lei un senso di inadeguatezza… sua madre sì che era una perfetta donna di casa, devota al marito, impeccabile e silenziosa, accettava tutto.  Ma ogni volta che sentiva quel discorso aveva voglia di urlarle “e sarebbero questi i miei doveri?  Vivere all’ombra di un uomo?  Fare di pranzi e eventi benefici la mia ragione di vita? Portare avanti il buon nome della famiglia da brava mogliettina? Beh, puoi scordartelo! E non dovresti farlo nemmeno tu! Stai diventando l’ombra di te stessa..”  quindi non ascoltava più. Per stare zitta.  

Dopo essersi scusata con sua madre si preparò al secondo round. Suo padre. L’imprenditore Cristopher Danexy. Aveva sempre avuto un po’ di… soggezione verso suo padre. Ricordava che da bambina restava ore seduta sulla grande poltrona nera nel suo ufficio a guardarlo lavorare, a vederlo dare ordini ed essere rispettato. Era immerso in un’aurea di potenza, che la rendeva immensamente orgogliosa. Da grande voleva essere come il suo papà.   Ricordava anche le partite di baseball a cui la portava, e la favola della buona notte che le raccontava ogni sera. Per lui, lei era la sua principessa. Ma col tempo avevano iniziato a passare sempre meno tempo insieme e gli atteggiamenti dolci e accondiscendenti del padre avevano assunto delle connotazioni negative: si rendeva conto che in fondo il padre non aveva alcuna aspettativa verso di lei, voleva solo una figlia che non si cacciasse nei guai e non lo mettesse in imbarazzo, e in cambio poteva avere tutto quello che voleva, poteva divertirsi…     Scacciò quei pensieri con la mano ferma sulla maniglia dello studio. Ci ripensò, girò sui tacchi e salì in camera.

******

 “Quindi, ripetimi esattamente le parole che ti ha detto” stesa sul letto, Zara stava raccontando al telefono, nei minimi dettagli, la conversazione avuta con Adam a Becky e Logan; con Becky super entusista e Logan super irritato “allora…” “mi spiegate perché devo ascoltare anche io questa conversazione? Non me ne frega niente se il tipo ha alzato il sopracciglio, ti ha passato la sigaretta con la sinistra o con la destra, e tutte queste cazzate qui… lo state analizzando come un topo da laboratorio e francamente, fate paura” la interruppe Logan. Ci pensò Becky a risponderlo per le rime “Perché ci serve un parere maschile! E dovresti sentirti onorato di poter sentire delle conversazioni che di solito sono off limits per i ragazzi… prendi appunti per il futuro” Zara sorrise al battibecco tra i suoi due amici. Ormai la sua vita sentimentale interessava più a Becky , perché a differenza della sua amica lei era convinta che dopo di lui non si sarebbe più innamorata davvero…                                         “ragazzi devo andare” tutto il divertimento era crollato sotto il peso dei ricordi  “aspetta! Facciamoci dire dal super-uomo qui, se Adam ti ha invitato ufficialmente o era solo curioso”  Logan sbuffò “che cosa ti ha detto?” “semplicemente "stasera c’è la festa sulla spiaggia, vieni?" ”“un invito- fatto da un uomo senza palle che ha paura di un rifiuto- ma pur sempre un invito, sì”  dopodiché, Zara chiuse la telefonata lasciando Logan in balia delle urla di Becky.                                                                                                                                                                                                                               Sentì bussare alla porta e ancora stesa sul letto a guardare il soffitto, mormorò “avanti”. Vide entrare suo padre, in tutta la sua imponenza e avvicinarsi piuttosto nervoso al letto.  “papà…” disse sedendosi di scatto “non ti sei presentata al pranzo, Zara. Posso sapere perché?”   “un impegno scolastico”  “ah, davvero? Il primo giorno di scuola? abbi almeno il coraggio di ammettere il tuo errore e scusarti!”   “mi dispiace, davvero… ma non capisco che importanza abbia la mia presenza a certi pranzi” Cristopher chiuse gli occhi e si massaggio le tempie come sotto il peso di una forte emicrania.       “Tesoro, io e tua madre non ti neghiamo niente, puoi avere quello che vuoi. Sono anche passato sopra a moltissime tue follie, ai capelli blu, a quel viaggio insensato a Montreal…ti chiediamo solo di andare bene a scuola ed essere presente per la tua famiglia. Puoi farlo?” e senza darle nemmeno il tempo di rispondere, riprese “ Stasera ceniamo con i Ramirez. Mi aspetto che tu ci sia.” E  chiuse il discorso con un tono che non ammetteva repliche.

Ma… quella sera c’era la festa…Maledizione


*******
"Dieci a quattro. ti ho stracciato" esultò Adam, allontanadosi dal biliardino e lasciandosi cadere sul divano.
"Non fa niente. Manila mi consolerà, non è vero?" rispose Joe avvininandosi alla ragazza seduta sinuosamente sul suo letto.
Si lasciò cadere al suo fianco, dirottando l'attenzione dal suo amico, per qualcosa di più divertente..
Adam alzò gli occhi al cielo e si avviò all'ingresso per prendere la sua giacca "dove vai?" " Ti vedo decisamente occupato, amico. Non vorrei rovinare la grande atmosfera" rispose Adam con ironia.
"figurati. Anzi perchè non chiamiamo l'amica di Manila e ci divertiamo tutti assieme??" ripose Joe con malizia " dolcezza, come si chiama quella tua amica, quella bruna??" " Stefy" sussurrò la ragazza "Esatto. Perchè non la..."  ma venne interrotto da Adam " lascia stare, davvero. Non ne ho voglia oggi."
Ma Joe Baker, nonostante vanti il titolo di superficiale dell'anno, presta attenzione ai suoi amici... " non sarà per quella ragazzina coi capelli blu?" chiese infatti. Un guizzo sul viso dell'amico gli diede la conferma " si chiama Zara." rispose soltanto Adam. " un nome strano tanto quanto lei" constatò Baker, guadagnandosi un' occhiataccia  "oh, non fare così. Lo dicono tutti. Gira voce che stesse con un tipo di trent'anni e che sia scappata con lui per settimane, prima che i genitori la riportassero indietro.... E poi è ovunque. Frequenta qualsiasi corso presente in quella scuola: teatro, giornalismo, arte... me la sono ritrovata anche a lettteratura straniera. Secondo me non è normale. E non ha una vita sociale. Penso che non troverà neanche il tempo di dartela."
 " non è vero. Partecipa sempre a tutte le feste ed è una delle prime a fare baldoria. Solo che tu sei troppo occupato a criticare i suoi capelli blu per accorgertene" 
" è vero, avevo dimenticato che tu hai molti meno preconcetti di me. Basta che ci stiano..."  "devo andare sul serio adesso." lo interruppe Adam infastidito.
Joe si mise a ridere " Stavo solo scherzando. Comunque, visto che è una ragazza che si diverte, non mancherà al falò di stasera giusto?"
" esatto. Ci vediamo lì. Torna pure al tuo divertimento" rispose, indicando con lo sguardo Manila.
L'avevo completamente dimenticata . Diede una pacca sulla spalla all'amico e tornò da lei.

******
Quando Becky lesse il messaggio di Zara e della sua impossibilità di partecipare alla festa quella sera, non sapeva se piangere, gridare o prendere a schiaffi la sua migliore amica.
ogni volta, ogni dannata volta che mi sembra pronta ad andare avanti, o si tira indietro o si fa mettere in gabbia dai genitori
Le dispiaceva che Zara soffrisse ancora per quello che era successo mesi fa, non voleva che succedesse anche stavolta la stessa storia.
Ci avrebbe pensato lei.

******
"Zara scendi. E' arrivata la macchina."
Yuki si portò una ciocca blu dietro l'orecchio, guardandosi nello specchio con aria affilitta. Poi si accarezzò con il dorso della mano il vestitino rosa pallido e fece una smorfia alla sua immagine riflessa. Non era proprio quella l'immagine che aveva sperato di avere quella sera.
Aveva pensato, sperato di indossare quel top blu semi-trasperente che aveva comprato la settimana scorsa e che aveva conservato per l'occasione... era blu come i suoi occhi.
Mi arrendo. Alzo bandiera bianca. Si vede che non era proprio destino.
E con un ultimo sospiro si avviò verso le scale.







*mamma in giapponese
grazie mille per aver letto, mi piacerebbe conoscere i pareri di quelli che passano di qui ^^

  
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