Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: monochrome    29/06/2011    2 recensioni
Albina Severi, Al per gli amici, stronza megalomane per tutti gli altri, ha poche certezze, certezze che l'aiutano a mantenere quella sicurezza di sè di cui fa sfoggio ogni giorno, quell'arroganza e quel sarcasmo che la contraddistinguono. Ma poi, piano piano, senza rendersene conto, si cresce, le situazioni cambiano, i rapporti cambiano e le certezze cadono una ad una.
***
Dal capitolo 7:
«Diamine Al! Sei così dannatamente fragile! Ti atteggi da dura, ma sei porcellana finissima che può rompersi alla prima caduta. Come potrei farti questo?»
Deglutii.
Non sapevo che dire, non sapevo che diavolo fare. Sapevo che avevo ancora voglia delle sue labbra e nessuna intenzione di rinunciare alla mia indipendenza per nessuno al mondo. Mattia sembrava il ragazzo perfetto per me, perfetto per darmi affetto e ricevere il mio, senza obblighi o etichette di sorta. Perché avrei dovuto rinunciarvi? Perché avrei dovuto lasciarlo andar via? Cosa mi tratteneva? Forse la consapevolezza che non sarebbe mai stato solo e unicamente mio?
Aderii nuovamente col mio corpo al suo, alzandomi in punta di piedi per sfiorare col mio respiro le sue labbra gonfie.
«Sono io che voglio farlo»
Fu lui a far combaciare le nostre labbra, gentilmente.
Mi vidi costretta a tirargli i capelli per fargli aprire quella dannatissima bocca!
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

All my Certainties

C'era una volta in America




Tenni fisso l’indice destro a premere quel campanello dal suono assordante. Ero in ritardo pazzesco e non mi sentivo per niente in colpa. Orribile a dirsi, ma credo che ormai si fossero tutti abituati. Tenevo nella sinistra una busta in plastica, contenente cinque o sei film a noleggio fra i quali avremmo dovuto scegliere quella sera. Sempre che qualcuno mi avesse aperto la porta prima che mi congelassi: era pieno inverno, gli spazzaneve avevano ammonticchiato quella che una volta era neve – e ora solo una poltiglia fangosa – ai lati di ogni strada, rendendo il paesaggio stranamente sporco e deprimente, e io, quella sera, avevo deciso di indossare degli striminziti pantaloncini filopassera. Gli stivali a mezza coscia non riscaldavano per niente.
Sentii un rumore di passi oltre il portone d’ingresso, così decisi di togliere il dito dal campanello, donando un po’ di pace alle orecchie dei poveri malcapitati all’interno della casa.
Mi arrivò un commento dall’altra parte della porta, relativo a quel mio gesto magnanimo. «Molto saggio da parte tua, Al.» Riconobbi la voce di Ivan, il padrone di casa, che però non si decise ad aprirmi. Avrei scommesso che mi stesse osservando dallo spioncino.
«Il mio culo sta congelando Iv.» sbottai, stizzita. Saltellai sul posto, stringendomi nel cappotto pur di riscaldarmi appena. Il mio respiro si trasformava in allegre nuvolette bianche, quasi a volermi sfottere.
La porta si aprì appena, lasciandomi intravedere gli occhi azzurrissimi del ragazzo e i suoi capelli ribelli che qualcuno, se non fossi stata presente, avrebbe definito neri. In realtà erano solo castano molto scuro.
Vidi le sue labbra carnose incresparsi in un sorriso strafottente e malizioso al tempo stesso. «Complimenti per la mise, cherie.»
Alzai gli occhi al cielo, ignorando la sua risata, e avanzai qualche passo per entrare in casa. Quando spinsi con la sinistra sulla porta, lui la bloccò col piede. Non gli risparmiai un’occhiataccia furente. Sapevo di essere tanto infreddolita da avere le gote arrossate e, con la mia stupida fissazione che toccare le cose indossando i guanti fa schifo, avevo le dita completamente insensibilizzate. Dovevo davvero decidermi a comprarlo un paio di guanti.
«Ivan» intimai. Se fossi riuscita a entrare non sarei stata decisamente né carina né gentile. Non lo ero mai, men che meno quando ero infreddolita e incazzata.
Lui sembrava divertirsi un mondo. Indicò con un cenno della testa la busta che tenevo nella mancina.
Sbuffai, passandogli tutti quei dvd.
Osservò ogni singolo titolo, per poi guardarmi in modo indecifrabile.
«Ho preso di tutto, nessuno può lamentarsi. Nemmeno quella palla di Cristina.»
Scosse la testa, decidendosi a farmi passare. Lo guardai malissimo, nell’oltrepassare la porta d’ingresso e lui rise di gusto.
«La mia ragazza non è una palla!» ribatté poi, spintonandomi gentilmente contro lo spigolo del tavolino. Soffocai un’imprecazione. «E si lamenterà. Qui non c’è niente che sia romantico.»
Mi massaggiai la coscia che aveva urtato poco gentilmente con la mobilia, seguendolo lungo il corridoio.
«Come non c’è? Non è una storia d’amore quella in Alien vs Predator? Alexa è innamorata di Sebastian!» argomentai, convinta. L’amorevole Cristina mi aveva chiesto di includere il “Titanic” nella lista dei film da noleggiare. Non avrei retto tre ore di film su Jack e Rose e se lo avessi preso ci sarebbe toccato sorbirci l’esecuzione di My Heart Will go on per praticamente tutto il film. Eventualità quantomeno agghiacciante.
Ivan mi guardò, evidentemente non convinto della mia brillante idea. Dopotutto la ragazza era la sua, mica la mia.
«Beh, magari Marla Singer rappresenterà il suo ideale di eroina romantica» borbottai, sentendomi improvvisamente colpevole.
Mi tolsi il cappotto, lanciandolo sulla prima poltrona che vidi, una volta arrivati nel salotto. Stavano aspettando tutti me, inutile dirlo.
Cristina, la biondissima ragazza di Ivan, con un perfetto naso alla francese che le aveva assicurato il soprannome Nasino a maiale, stava allegramente chiacchierando con Mel, che gesticolava come una matta come suo solito. Quest’ultima si era tagliata i capelli da poco: un taglio radicale. Aveva abbandonato i lunghi capelli lisci e pari che aveva avuto da quando l’avevo conosciuta, da bambina, per passare a un taglio molto corto, quasi un caschetto, che le rendeva il volto magro più dolce, più adatto a lei.
Seduti per terra, Lorenzo e Marco alzarono lo sguardo su me e il castano al mio fianco.
Il primo, i capelli lunghi fino alle spalle e leggermente ondulati, di un colore simile al mio, mi squadrò da capo a piedi con i suoi occhi nocciola.
«Dio, quanto diavolo sei alta?» sbottò. Il mio metro e settantatre non gli era mai andato a genio, soprattutto perché lui riusciva a superare il metro e settanta solo con la sua collezione di New Balance.
«Se sono più alta di te è solo perché tu sei basso» risposi, prendendo posto per terra, accanto a loro. Avevo deciso di lasciare il divano alla coppietta e a Mel, che speravo fosse la sola a sopportare quell’oca di Nasino a maiale. Ma non sapevo perché, avevo la sensazione di essere l’unica a non averla accettata. Sarà stato per quella sua aria da fighetta che non abbandonava mai; sarà stato per il fatto che, ogniqualvolta le era possibile, si appolipava a Ivan non facendolo respirare, anche quando noi eravamo presenti; sarà stato per il fatto che aveva tentato di trasformare uno dei miei migliori amici in un ragazzo anonimo, tutto moda, feste e mondanità, uguale a tutti gli altri. Cristina non mi piaceva, ma lei sembrava non averlo capito. Forse perché ero acida con tutti? Secondo me, non mi piaceva anche perché era incredibilmente stupida.
Una volta sedutami, lanciai uno sguardo al tavolino da salotto apparecchiato con la cena. Dannazione! Il fattorino del cinese era arrivato prima di me! Mi sentii improvvisamente in colpa. Dovevo decidermi a uscire di casa prima che scoccasse l’ora dell’appuntamento.
«Mangiamo?» domandai gentile, quasi volessi farmi perdonare.
Vidi Ivan e Lorenzo avventarsi voraci sugli involtini primavera, Mel lanciarsi sui ravioli al vapore, Marco accaparrarsi un intero vassoio di spaghetti alla griglia. Sorrisi dell’espressione scandalizzata di Nasino a maiale. Si schiarì appena la voce, tentando di portare al suo piatto un involtino primavera, prima che fosse divorato dal suo ragazzo.
Io, dal canto mio, mi assicurai la mia scorta di nuvole di gambero. Niente di meglio per farmi amare la serata e poi erano una delle poche cose che avrei potuto mangiare. Dio benedica la tapioca!
«Che film hai preso, Al?» mi domandò Mel, dopo aver ingoiato un intero raviolo. «La strega dai capelli ricci ha preso Fight Club, Alien vs Predator…» cominciò Ivan.
Sentii un «Fi pfeho mmo, l’ho fifto oartfo giofno» provenire da Marco.
«Bastardi senza gloria»
«Brad Pitt merita in ogni sua forma» esclamò convinta Mel.
«Inception»
«Mai capito nulla in quel film, anche se l’ho visto tre volte»
«Fast & Furious, X-Men: the origin»
«Anche Hugh Jackman merita in ogni sua forma!»
«E... C’era una volta in America.» così Ivan terminò l’elenco.
Io guardai Mel con complicità.
«Noodles, cos’hai fatto tutti questi anni?» domandai, recitando una battuta del film.
«Sono andato a letto presto.»
Nasino a maiale ci lanciò solo un’occhiata perplessa, evidentemente non capendo il gioco, per poi spostare lo sguardo su Ivan.
«Niente Titanic?» domandò, delusa. Mi avrebbe anche fatto pena, se solo avessi sopportato quel suo comportamento da principessina. Serata nostra, film nostri. Lei era solo un’infiltrata.
«Mi pare di capire che voi due vogliate C’era una volta in America, giusto?» domandò Marco, riferendosi a noi due, con un sorriso. Aveva le fossette quando sorrideva, gliele avevo sempre invidiate. Magari con le fossette sarei stata meno stronza. Avevo l’impressione che le persone con le fossette non riuscissero ad essere stronze.
«I vincenti si riconoscono alla partenza. Riconosci i vincenti e i brocchi. Chi avrebbe puntato su di te?» continuai quel giochetto con Melania, mentre Lorenzo scuoteva la testa divertito e Marco, passatosi una mano fra i corti capelli biondo cenere, si apprestava a inserire il film nel lettore dvd.
«Io avrei puntato tutto su di te»
Inutile dirlo, la biondina era andata a farsi consolare dal suo pseudo moro e aitante giovane fidanzato.
«E avresti perso», borbottai, lanciando uno sguardo ai due che si erano già abbarbicati sul divano. Con uno sguardo invitai Mel a sedersi accanto a me: era decisamente imbarazzante rimanere in quella stanza con loro due che si sbaciucchiavano come sanguisughe, figurarsi stargli seduti accanto a distanza ravvicinata.
Il film cominciò e io addentai una nuvola di gambero, sentendola scricchiolare deliziosamente sotto i denti. Il paradiso.
Lori, accanto a me, richiamò la mia attenzione con una gomitata. Lo vidi fissare con desiderio quella mezza nuvoletta fra le mie dita. Alzai gli occhi al cielo, esasperata, e senza guardarlo (i miei occhi erano fissi sul film, che, sebbene sapessi a memoria, non avevo la minima intenzione di non seguire) e gli piazzai quella pseudo patatina davanti alla faccia. Quando sentii qualcosa di umido e viscido succhiarmi le dita, ritrassi la mano, stizzita, senza reprimere un gridolino disgustato.
Udii Lorenzo ridere della mia reazione. Lo spintonai.
«Dio, che schifo! Giuro che non ti offro più nulla.» sbottai sottovoce. Lui rise più forte, fino a quando una mia gomitata ben piazzata non lo zittì.
Passò una buona mezz’oretta di film, durante la quale gli uomini spazzolarono tutto tranne il mio pollo in salsa al limone e Mel e io continuammo a recitare sottovoce le battute del film, guadagnandoci infamate da Ivan, che nel frattempo aveva consolato Nasino a maiale a sufficienza e trovava irritante quel nostro chiacchiericcio. Se Iv non si fosse incazzato probabilmente avremmo smesso, ma vedere quelle labbra carnose borbottare imprecazioni era impagabile.
Marco era l’unico a guardare il film senza fiatare. Non si lasciava innervosire da me e Mel, non si distraeva come Lori, che continuava a punzecchiarmi il fianco da ormai dieci minuti, e decisamente non mi guardava insistentemente, come invece stava facendo quell’oca giuliva di Cristina.
Non sapevo se mi stesse guardando con astio, con curiosità o magari con semplice indifferenza, fatto sta che fin quando avessi continuato a guardare il film, avrei potuto ignorarla allegramente. Sempre che lei non mi avesse chiamato.
«Albina…» Usando il mio nome intero per giunta. Niente di più sbagliato per richiamare la mia attenzione.
«Chiamami Al» borbottai, ben poco propensa alla conversazione.
«Ma è così maschile…» osservò lei, seriamente convinta che nessuna ragazza avrebbe voluto un soprannome che potesse farla sembrare un maschio. Se anche lei si fosse chiamata Albina, avrei scommesso che qualsiasi soprannome che non avesse richiamato quello scempio del suo nome l’avrebbe accontentata.
Probabilmente non colse il mio sbuffo, perché continuò, impedendomi di concentrarmi sul film e ignorarla. «Comunque, volevo proporti una cosa.»
«Non puoi farlo dopo? Stiamo guardando un film.» soffiai, incrociando le braccia al petto.
«Oh, ma lo hai già visto almeno 20 volte!» ribatté, e se non fosse stata lei, avrei convenuto che perdermi cinque minuti di film non era poi così straziante. Ma era lei, e sapevo che avrei dovuto puntare i piedi per evitare una stupida conversazione su non so che diavolo di marca di smalto o chissà cos’altro. Una conversazione che, in ogni caso, sapevo di dover evitare.
Mi girai, con uno sguardo che non doveva essere troppo amichevole, a giudicare dal tono della mia voce. Lorenzo aveva smesso di punzecchiarmi, sentendo odore di guai. Molto intelligente da parte sua.
«Senti Cristina…» cominciai. Ma poi intercettai lo sguardo supplicante di Marco, che voleva davvero vedere il film e lo sguardo implorante di Ivan, che mi chiedeva di assecondarla e cercare di andarci d’accordo. Sospirai, sentendomi improvvisamente colpevole, non so bene nemmeno per quale motivo. Mel mi aveva ripetuto tante volte di dare una possibilità a Nasino a maiale. Magari se lei riusciva a trovarla simpatica, avrei potuto riuscirci anche io…
«Andiamo di là.» sospirai, alzandomi per precederla verso la cucina. Intravidi l’occhiata riconoscente di Ivan e il sorrisetto soddisfatto di Nasino a maiale, prima che si alzasse per seguirmi sui suoi tacchi altissimi. Quando mi affiancò lungo il corridoio, mi chiesi quanto si sarebbe fatta male se l’avessi spinta accidentalmente.
Arrivati nel cucinotto mi versai un bicchiere d’acqua, come se fossi a casa mia, senza chiederle se ne voleva. La mia gentilezza si era esaurita nel portarla a litigare da un’altra parte.
«Allora? Che c’è?» domandai, con un tono neutro. Davvero non riuscivo ad essere carina con lei. A dir la verità, mi era difficile essere carina col mondo.
La vidi sorridere, il tipico sorriso da reginetta di bellezza, che nelle foto avrebbe prodotto uno sbrilluccichio.
«Beh, Ivan mi ha detto che non hai mai avuto un ragazzo…» cominciò, convinta di aver cominciato nel modo giusto. Io mi accostai all’isola solo per non saltarle addosso. Avrei davvero voluto spingerla accidentalmente.
«Ah-ah» mormorai, tentando di non risultare aggressiva. Almeno riuscii a contenere un ringhio decisamente poco amichevole «E ti ha detto anche il motivo?»
«Secondo me è solo perché sei un po’ timida»
Io mi sarei definita piuttosto stronza sociopatica. Non ero timida, odiavo semplicemente le persone.
«Comunque» continuò, ignorando la mia espressione scettica «Voglio darti una mano. C’è questo mio amico che sarebbe molto…»
Non le lasciai finire la frase. Non mi sarei lasciata incastrare in un appuntamento al buio. Non da Nasino a maiale.
«Lo conosco?» domandai, fredda come il ghiaccio.
«Beh, non credo. Direi di no, non è che tu conosca molte persone…»
La ringraziai mentalmente per la frecciatina. Se era una strategia per convincermi ad accettare, non aveva decisamente funzionato.
«E come farebbe, questo tuo amico, ad essere molto interessato? Magari nemmeno mi ha mai vista…»
«Massì che ti ha vista. Gli ho fatto vedere le tue foto di facebook!»
Avevo finalmente capito perché Cristina non mi piaceva. Era una dannata impicciona che non sapeva farsi i fatti suoi, una ragazzina tutta trucchi e ragazzi che non meritava nemmeno la mia attenzione. Incarnava alla perfezione lo stereotipo della bionda e stupida. Era insignificante e Ivan meritava decisamente di meglio.
«Il mio profilo è privato, solo gli amici possono vedere le mie foto.» osservai, calma. Volevo farle confessare che non era il suo amico ad essere interessato, ma che era stata lei a voler combinare la cosa, solo per uscire con i suoi amici e Ivan. Aveva capito da tempo che il suo ragazzo non sopportava la compagnia della sua combriccola di modaioli e aveva pensato di rendergliela più piacevole includendovi anche me. Mel era occupata, altrimenti avrebbe decisamente combinato l’appuntamento a lei. «E tu nemmeno ci sei fra i miei amici»
Lei sospirò, visibilmente a disagio. Traballò sui tacchi alti, mordicchiandosi le labbra piene grazie al lucidalabbra al cioccolato bianco.
«Sono entrata con l’account di Ivan.» ammise poi, senza guardarmi. «Ma ti giuro che gli piaci davvero. Uscite insieme solo una volta. Ivan ha detto che avresti accettato.»
Stava piagnucolando. Uno spettacolo patetico. Avevo la nausea di lei, dei suoi amici e di quella stupida serata. Mi aveva rovinato il sabato sera. Se solo avessi potuto bere qualcosa, magari mi sarei sentita meglio, ma l’unica birra presente in quella casa non era per celiaci.
«Ivan ha detto così eh?» borbottai, soppesando le alternative. Sapevo che Ivan mi voleva bene, ma se non avessi cominciato ad essere carina con Nasino a maiale, probabilmente avrebbe smesso di portarla alle nostre cene, e non sarebbe più venuto nemmeno lui. Mi era incomprensibile come quella ragazza potesse piacergli, ma gli piaceva, e tanto anche. Conoscendolo, voleva che andassimo tutti d’accordo, altrimenti si sarebbe allontanato. Dall’altra parte c’era la combriccola di amiche sceme di Cristina, con questo misterioso ragazzo, che al 99% delle possibilità si sarebbe rivelato un idiota, ma che, all’1%, avrebbe anche potuto piacermi.
«Quanto ci tiene Ivan a questa cosa?» domandai, in crisi.
Lei sorrise, certa di aver fatto centro. L’aveva capito anche lei che l’amicizia è il mio punto debole, ma come avrebbe potuto essere altrimenti?
«Tantissimo!»
Sospirai.
«E va bene» borbottai, decisamente controvoglia «Quando sarebbe questo fatidico appuntamento?»





   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: monochrome