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Ritornai nel mio appartamento nel cuore della notte.
Disseminai vestiti e biancheria lungo il corridoio che portava al bagno e, dopo avere aperto l’acqua, mi accovacciai dentro la doccia. Sentivo un disperato bisogno di lavarmi, di togliere dal mio corpo ogni traccia di Armand.
Alzai il viso per guardare le piccole gocce brillanti che invadevano il mio corpo.
Ero stata a letto con lui.
Gli avevo concesso il mio corpo per dimenticare quello di Andrè.
Gli avevo permesso di avermi, di godere di me, mossa da un’insana ricerca di vendetta e di espiazione.
Volevo farmi del male, farlo ad Andrè che non si era fatto scrupoli a ridere di me e dei miei sentimenti.
Volevo dimenticarlo, cancellarlo dalla memoria e dai sensi, volevo costringere il mio corpo e il mio cuore a accogliere un essere nuovo, estraneo, che potesse stordirmi e mettere fine al mio dolore.
Non avevo più fatto l’amore con nessuno, dopo Andrè, e in quel momento avevo creduto di potere trovare sollievo tra le braccia di un altro.
Ma ciò che ottenni fu solo la triste e cruda consapevolezza che la notte con Armand non aveva minimamente intaccato quel mare di sentimenti e emozioni che mi legavano ad Andrè e che mi portavano, nonostante tutto, a desiderarlo, amarlo e odiarlo allo stesso momento.
Perché adesso, a quel fiume di emozioni che mi avevano profondamente sconvolta, adesso si aggiungeva rancore, una rabbia che mi annebbiava la mente e che mi faceva tremare.
Cosa gli avevo fatto di tanto grave per provocare la sua reazione? Era riuscito nel suo piano di vendicarsi per il mio rifiuto o era la sua misera vendetta per avere infettato l’acqua. Mi odiava così tanto?
Aveva visto un cedimento da parte mia e aveva finito per infrangere la mia corazza?
Non riuscivo a spiegarmi tanta cattiveria da parte sua ma dopo un po’ arrivai a pensare che, in fondo, non avesse alcuna importanza la motivazione che aveva provocato il suo comportamento.
Quella serata aveva dimostrato, senza possibilità di replica, quanto fosse pericoloso, imprudente e azzardato, continuare a lavorare con Andrè.
Avevo sperato di mantenere sopiti i miei sentimenti, ma alla prima occasione avevo vacillato e mi ero aperta a lui. Non mi sarei mai più potuta permettere una cosa del genere.
Sarei stata una pazza e avrei inesorabilmente messo in pericolo la mia carriera.
Mi sdraiai sul letto ancora nuda.
Il mio rapporto con Andrè era orami irrecuperabile e anche la relazione con Alain era irrimediabilmente compromessa. Non avrei più potuto essere un comandante credibile e affidabile per quella squadra.
Presi l’unica decisione che mi sembrava sensata, e che stava diventando abituale negli ultimi tempi.
Scappare.
Avrei accettato qualunque missione mi avesse portata lontano da Parigi. Aspettai ancora qualche ora e chiamai Dupois chiedendo di affidarmi un nuovo incarico.
Non mi fece domande e mi affidò una missione nel sud della Francia.
Avrei avuto tempo per riflettere e per chiarirmi le idee.
Feci velocemente le valige e prima di partire guidai in direzione di Versailles. Volevo salutare mia nonna che non andavo a trovare da un po’.
“Françoise, che sorpresa, tesoro”.
“Sono venuta per salutarti nonna, parto per alcune settimane ma non andrò molto lontano questa volta e non sarò in zone di guerra. Quindi sta tranquilla”.
“Vai con la tua squadra, tesoro?”.
“No da sola. Vado da sola”.
Dissi quelle parole lentamente, pensando a quanta fatica avessi fatto per raggiungere un equilibrio con Alain ma soprattutto con Andrè. Tanta fatica sprecata perché adesso sarei scappata come una codarda.
“C’è qualche problema, cara?” chiese con tono preoccupato.
“No, è solo che devo allontanarmi per un po’, non è successo niente, ma probabilmente non tornerò più a lavorare con loro. Non è stata un’idea felice tornare a Parigi. Alcune cose sono andate per il verso sbagliato”.
Chiusi gli occhi e seduta con i gomiti sulle ginocchia presi la testa tra le mani. Mi scoppiava.
“E’ accaduto qualcosa con Andrè, vero?”.
Le parole di mia nonna mi fecero sobbalzare ed ebbero l’effetto di scuotermi nel profondo.
“io non posso più stragli vicina, è troppo difficile,” bisbigliai coprendomi il viso con le mani.
“Cosa è successo cara?”.
“Ho conosciuto Andrè una sera di luglio a Versailles e sono stata subito molto presa da lui, c’è stato qualcosa di speciale tra di noi ma io non gli ho detto la verità sul mio lavoro e su chi fossi. Tornata a Parigi, l’ho trovato nella mia squadra e non ho più saputo gestire la situazione. Ho preferito chiarire subito che tra di noi non avrebbe potuto esserci niente e lui l’ha accettato, fino a quando io stavo per rivedere la mia posizione, ma a quel punto mi ha deluso profondamente. Credo che ce l’abbia con me per una cosa che è accaduta durante l’ultima missione, non so, ma non posso più lavorare con lui”.
“Oh cara, ma questa è una coincidenza incredibile. Ti innamori di un uomo e mesi dopo te lo ritrovi come collega”.
Aveva ascoltato il mio racconto in silenzio osservandomi con attenzione.
Poi, ad un tratto, si fece più vicina e sussurrò “Non ti preoccupare, tutto si sistemerà, vedrai. Ogni tassello andrà al posto giusto”.
“Cosa? Che vuoi dire?” esclamai confusa più di prima.
“Abbi fede, bambina, ma ricordati che scappare non serve a nulla, tesoro. Non è scappando che lo dimenticherai, non servirebbe a nulla”.
“Io devo andare via, devo, non ho scelta a questo punto!”.
“Vedrai che vi chiarirete, non si può scappare deal proprio destino, Françoise”.
Non capivo a cosa si stesse riferendo e preferii lasciare perdere. Del resto, ogni tanto mia nonna si perdeva in strani discorsi sentimentali e io non ero solita affrontare liberamente argomenti così personali.
La salutai e mi rimisi in macchina, mi aspettava un viaggio piuttosto lungo ma decisi di fermarmi nell’unico posto dove avrei trovato un po’ di conforto.
Percorsi Boulevard Saint Antoine fino a che in Avenue de Trianon mi fermai. Iniziai a camminare lentamente lungo il piccolo sentiero che, immerso nel verde, conduceva al palazzo, finchè mi ritrovai in prossimità della parte esterna.
Rallentai ancora di più i miei passi, alzai lo sguardo e mi soffermai ad ammirare la piccola costruzione di fronte a me.
Sospirai.
Non ero più stata lì dal giorno in cui avevo incontrato l’uomo che mi aveva rubato l’anima.
Sospirai di nuovo.
Non riuscii a muovere un altro passo verso il Trianon, non avrei potuto rivedere quel luogo, non avrei sopportato di trovarmi, di nuovo, dinnanzi a quello specchio e in cuor mio, sapevo che mi sarei diretta proprio lì.
Dissi addio a quel luogo e me ne andai.
Eccomi di ritorno: alcune di voi, leggendo l’ultimo capitolo hanno manifestato molta perplessità, chiedendo all’autrice di spiegare le ragioni di un risvolto considerato poco coerente con il personaggio di Andrè, sempre gentile, educato e perennemente innamorato.
Non c’è molto da spiegare, in realtà, è una questione di sensibilità personale. L’attendente di Madamigella Oscar, in uno dei momenti più tragici della sua vita, si ritrova a strapparle la camicia e a rubarle un bacio.
Questo Andrè, disorientato, geloso, e poi ubriaco cerca vendetta nel modo che ritiene semplicemente il più crudele in quel momento.
Non giudicate lei adesso, perché lo so, è di nuovo in una spirale autolesionista dalla quale sembra faticare ad uscire, ma la sua reazione è seppur da immatura, la più ovvia.
Apprezzo tutti i vostri commenti, positivi e negativi, quindi continuate ragazze e grazie 1000 per il tempo che dedicate alla mia storia.