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Autore: SeleneLightwood    01/07/2011    4 recensioni
Horace Lumacorno e Lord Voldemort a confronto.
[cit.]
Vedo un uomo, davanti a me, che non è più un uomo.
Il corpo è martoriato dagli Incantesimi, dalla Magia Oscura che reclama il suo prezzo.
L’anima è fatta a brandelli, divisa in sette pezzi.
Lo so che l’ha fatto, sono stato io a suggerirglielo.
Non ha capelli, e del naso non c’è traccia.
Alzo lo sguardo sui suoi occhi, e vi scorgo la sua vera natura.
Finalmente ora lo vedo.
Dietro quello sguardo color rubino c’è nient’altro che il male.
Le pupille sono verticali, come quelle di un serpente.
“Sei solo un vecchio.”, dice compiaciuto.
Giro la testa in modo da non guardarlo.
“Ricordi il discorso sulla sincerità che facesti una mattina, a lezione? Era ridicolo.”
Ormai è ad un millimetro dal mio viso, anche se è più alto.
La sua figura è imponente.
“Hai idea di come io sia arrivato a essere il più grande, il più potente, il migliore?”
Mi sfiora una spalla con la mano morta, lentamente.
Rabbrividisco.
“Il segreto del successo è la sincerità, Horace. Se riesci a fingerla, ce l’hai fatta.”
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nick: SeleneLightwood

Titolo della storia: E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.

Pacchetto scelto: Leiolepis

Rating: Verde

NdA: Il titolo scelto è tratto dal vangelo di Giovanni. Ho pensato che si adattasse molto al personaggio di Tom Riddle. L’episodio è immaginato durante l’ultima battaglia, ma si capisce ^_^

 

 

 

 

E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.

 

 

 

Mi sono sempre domandato cosa sarebbe successo se fossi stato un miglior insegnante per Tom.

Non solo di Pozioni.

Anche di vita.

Se gli avessi insegnato il significato del rispetto, o l’importanza dell’essere fedele.

Se solo gli avessi donato più affetto.

Se solo avessi capito cos’era prima che fosse troppo tardi.

Magari sarei riuscito a salvarlo da se stesso.

Magari non avrei potuto fare nulla.

Lui, in fondo, era Tom Riddle.

 

“Professore, potrei farle una domanda?”

Il tono è educato e formale, ma si vede che muore dalla curiosità di chiedermi qualcosa.

“Ma certo, Tom, chiedi pure.”

Mi domando perché sia in giro per un corridoio deserto all’ora di pranzo.

Ha così tanti amici.

Lo seguono ovunque.

Dove sono ora?

“Ecco, io non avrei ben capito cosa intendeva stamattina, quando ha spiegato la Bevanda della Sincerità.

Sbatto le palpebre un paio di volte.

“Oh, Tom! Andiamo, ragazzo mio, possibile? Non era una spiegazione difficile!” ridacchio, muovendo i baffoni neri su e giù.

“Vede, io ho capito perfettamente il procedimento. Ciò che non mi è chiaro è la sua spiegazione sulla sincerità.

Per un attimo rimango spiazzato.

Non mi aspettavo una domanda del genere.

“Ecco, Tom...la mia intenzione era farvi capire che non serve una pozione per ottenere la sincerità, o per essere sinceri sempre. Nemmeno il Veritaserum. Infatti ha delle limitazioni burocratiche. Semplicemente bisogna essere sinceri con l’altro, e aspettarsi la stessa cosa. Se sei sincero con gli altri hai vinto in partenza, Tom.

Il ragazzo per un po’ mi guarda negli occhi.

Lo vedo riflettere con attenzione su quanto ho detto e inizio a sentirmi a disagio.

Mi pare di scorgere sul suo viso un lampo di comprensione.

“Capisco.”, dice soltanto.

E io mi tranquillizzo.

Tom è un ragazzo così intelligente.

 

 

Un fruscio mi distoglie dal pensiero e lo vedo davanti a me.

Voldemort.

Quasi cado a terra per il disgusto.

Riesco a percepire l'infinita quantità di Incantesimi praticati su quella creatura.  

E’ come circondato da un’aura di Potere, Putrefazione e Morte.

Il colorito è marmoreo, ma sono perfettamente visibili le venature blu sul viso, sulle mani, sul collo.

Dentro pulsa sangue, ma ho la certezza che sia nero.

Come la sua anima.

“Professore. Che piacere rivederla.”, sibila.

La bocca sottile si apre come se fosse un taglio sanguinante.

Le labbra sono chiare, bluastre.

Come se fossero congelate.

 

La voce è la stessa, mi rendo conto con orrore.

 

Vedo un uomo, davanti a me, che non è più un uomo.

Il corpo è martoriato dagli Incantesimi, dalla Magia Oscura che reclama il suo prezzo.

L’anima è fatta a brandelli, divisa in sette pezzi.

Lo so che l’ha fatto, sono stato io a suggerirglielo.

Non ha capelli, e del naso non c’è traccia.

Alzo lo sguardo sui suoi occhi, e vi scorgo la sua vera natura.

Finalmente ora lo vedo.

Dietro quello sguardo color rubino c’è nient’altro che il male.

Le pupille sono verticali, come quelle di un serpente.

Mi giro di scatto dall’altra parte per non vedere il mostro che ho davanti.

“Ti faccio ribrezzo, Horace?” chiede, muovendo lentamente una mano artigliata.

Il mantello nero segue il movimento con nebbiosa fluidità.

“Temi ciò che sono diventato?”

Fa un passo avanti, e io indietreggio impercettibilmente.

“Vedi, Horace, io ho scoperto grandi cose.”, dice, ed estrae la bacchetta.

E’ la stessa di tanti anni fa.

“Come fare a brandelli la carne, mutilare lo spirito. Mi sono spinto più in la di qualsiasi altro Mago. Sono il più potente Mago mai esistito. E tu fai bene a temermi. Ma non ti ucciderò stanotte. Lord Voldemort è misericordioso. Torna al castello, combattimi.

Lo fisso allibito, incapace di rispondere. Non riesco nemmeno a respirare.

“Voglio vedere il passato insorgere alle mie spalle”, mormora. “Così posso distruggerlo fino in fondo, e mettere fine a quello che ero. Io sono Lord Voldemort, null’altro. Il più grande Signore Oscuro che il mondo abbia mai visto.”

Cerco di biascicare qualcosa, ma la voce non esce.

“Come dici, Horace? Parla, andiamo! Non avrai paura di me!”

La sua risata fredda risuona tra gli alberi.

Siamo al limitare della foresta.

Il buio ci circonda.

“Tom”, riesco a dire, accorato. “Cosa ti sei fatto? Sei sempre stato così intelligente, così sincero…”

Le parole mi muoiono in gola.

Sorride.

Ed è il sorriso più folle che io abbia mai visto.

Sembra animato da un improvviso ardore.

“Sei solo un vecchio.”, dice compiaciuto.

Giro la testa in modo da non guardarlo.

“Perfino quando avevo dodici anni, avevo capito molto più di te come andava trattato questo mondo”, sibila, avvicinandosi.

“Ricordi il discorso sulla sincerità che facesti una mattina, a lezione? Era ridicolo.

Ormai è ad un millimetro dal mio viso, anche se è più alto.

La sua figura è imponente.

“Sai come ho ottenuto tutto ciò?”

Indica se stesso, accarezzando al contempo la bacchetta.  

“Hai idea di come io sia arrivato a essere il più grande, il più potente, il migliore?”

Mi sfiora una spalla con la mano morta, lentamente.

Rabbrividisco.

“Il segreto del successo è la sincerità, Horace. Se riesci a fingerla, ce l’hai fatta.”

Sposto lo sguardo sui suoi occhi da serpente con uno scatto.

Lo fisso con orrore, si, ma non riesco ad imprimere il disgusto nel mio sguardo.

E’ solo colpa mia.

Se è diventato tutto ciò, è solo e semplicemente perché io non l’ho impedito.

“Sai cosa dice la Bibbia, Horace? E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce. E’ il Vangelo di Giovanni. Io sono stato in grado di ottenere l’Oscurità più nascosta. Tu non sei mai stato altrettanto intelligente. Sei un uomo sprecato, un vecchio sfinito dagli anni e dalla morte che incombe. Solo io sono Padrone della Morte. Io non posso morire.

Si rigira la bacchetta tra le mani, soddisfatto.

“Ora vattene.”, ordina. “Dì loro che Harry Potter deve essere mio entro mezzanotte, o non risparmierò la vita a nessuno.

La sua voce è gelida.

Ha ripreso il controllo.

 

Mi alzo, incapace di stare davvero in piedi sulle mie gambe, e arranco verso il Castello, lasciando la creatura a guardarmi, mentre fuggo dal mio errore più grande.

Dentro c’è Harry Potter, ma non dico nulla.

Quel ragazzo è la nostra unica salvezza e io non posso permettermi un altro stupido errore.

 

Dentro di me si fanno strada le sue parole e con un moto di orrore e disgusto comprendo che ha ragione.

 

Il segreto del successo è la sincerità, Horace. Se riesci a fingerla, ce l’hai fatta.

 

Mi accorgo di come è riuscito ad ingannarmi, quand’era ancora giovane.

E’ sempre stato ciò che ora si vede anche esternamente.

Quella è solo la sua anima, che riflette la sua diabolica e oscura natura sul corpo.

Ha sempre finto la sincerità, e io mi sono solo illuso che fosse un bravo ragazzo, diligente, studioso, destinato a grandi cose.

 

Ma lui è stato destinato a grandi cose, penso. Ha messo in ginocchio il mondo magico con un colpo di bacchetta.

 

 

Tom, è come se ti avessi ucciso, penso. Non sono stato in grado di insegnarti a vivere.

Di insegnarti a non fingere.

 

 

 

 

 

SeleneLightwood

 

   
 
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