20 .
New
classmates
Era
iniziata come una giornata normale… più o meno.
Insomma, un allenamento di
prima mattina non penso che farebbe piacere a nessuno.
Lasciando la manica della giacca di Akane
la guardai sorridendole come per scusarmi ed aprii la porta scorrevole.
«Scusi il rit-…», dissi, ma mi bloccai
immediatamente guardandomi attorno come se mi trovassi su un altro
pianeta.
Oltretutto la prima cosa che notai fu che
Ivan era arrivato prima di noi, il che mandava a quel paese ogni legge
della
fisica.
Poi ricordai che a scuola c’era
l’ascensore… sì, piuttosto logico.
«Okay… questo che diavolo significa?»,
sbottai rivolta a Reborn, appoggiato alla scrivania a braccia conserte
con il
suo solito charme da uomo misterioso ed irraggiungibile, mentre Akane
mi
sorpassava andando a sedersi sul suo banco e posandovi sopra anche la
borsa,
guardando prima me e poi il mio Tutor, come se stesse aspettando che
proprio
quest’ultimo aprisse bocca.
Il silenzio calò pesantissimo su di noi ed
alla fine fu una ragazza dai capelli insolitamente chiari a parlare.
«Come ma… non sa nulla?»,
domandò
sgranando i grandi occhi rossi. Rossi? No, sicuramente era uno scherzo
delle
luci al neon. Sbattei un paio di volte le palpebre e tutti gli sguardi
furono
in un decimo di secondo puntati su Reborn.
«Sa ciò che deve sapere», rispose lui.
Lasciai che la borsa mi cadesse dalla
spalla di proposito tanto per far notare a tutti che c’ero
anch’io, là dentro,
dato che sembravano essersene momentaneamente dimenticati.
«Non parlate come se io non ci fossi!».
Oltre alla sottoscritta, c’erano otto
persone in quella stanza, sette delle quali mi guardarono dritta in
faccia ed
una – Reborn, naturalmente – lo fece da sotto il
cappello.
Come sempre.
Stavo iniziando a pensare di tagliuzzarlo
in mille striscioline finissime e spedirglielo per posta.
«Qualcuno può spiegarmi qualcosa? Dove
sono finiti i miei compagni di classe? E tu come diavolo hai fatto ad
arrivare
prima di me?», esclamai rivolta a Reborn, ancora
tranquillamente poggiato alla
scrivania che sarebbe dovuta essere destinata al professore della prima
ora e
non… ad un Tutor con il compito di prepararmi a diventare un
Boss della mafia!
«Esistono cose chiamate automobili»,
rispose sintetico. Cosa che mi fece leggermente saltare i nervi. Mi ero
alzata
pensando che oltre all’allenamento non ci sarebbe stato
nient’altro di
insolito, ma a quanto pareva mi ero sbagliata alla grande.
Mi appoggiai allo sguardo della mia
migliore amica che si stava risistemando la coda tenendo
l’elastico tra i denti
e rivolgendomi un piccolo sorriso nello stesso momento, così
come stava facendo
Ray alla stessa maniera.
Non stavo capendo un accidenti di niente!
Ed il vedere Ivan seduto in fondo alla
classe sugli scaffali bassi che avevamo allestito per i progetti
artistici non
aiutò per niente. Specie se il suddetto mi stava lanciando
uno sguardo duro
come il marmo, che mi intimidì e non poco. Mi costrinsi a
forza a guardare da
un’altra parte e mi avvicinai lentamente al mio Tutor, le
scarpe che
ticchettavano leggermente sul pavimento.
«Sent-…».
La sua mano alzata in segno di fare
silenzio mi bloccò.
«So già che cosa hai intenzione di
chiedermi. Non ti farò aspettare oltre», disse
abbassando la mano e raddrizzando
la schiena, guardando tutti i presenti e facendo brevi cenni mano a
mano che
diceva i loro nomi.
«Akane e Ray li conosci già, immagino.
Saranno rispettivamente il tuo Guardiano del Sole e della
Pioggia».
Ed in quel momento compresi perché il giorno
precedente nel quartiere commerciale mi erano sembrati tanto diversi,
tanto
distanti da me ed allo stesso tempo sempre loro.
«Maya e Georgia Takeuchi. Nuvola e
Tempesta. Sono le figlie di un importante membro di una Famiglia a noi
alleata».
Le ragazze fecero un cenno di saluto con
la mano al quale io risposi con un sorriso un po’ tirato. Ero
certamente a
conoscenza della presenza dei Guardiani attorno al Boss.
Così come mio padre aveva avuto i suoi, io
avrei avuto i miei ma incontrarli tutti così di colpo era un
po’
destabilizzante.
«Passiamo a Jin Fujihara, tuo Guardiano
del Fulmine».
Sempre continuando a masticare la gomma mi
rivolse un sorriso ed un cenno con il capo. Okay, il Guardiano del
Fulmine di
papà era stato… Lambo. Bambino di cinque anni la
maggior parte del tempo, che
all’occorrenza poteva scambiarsi con il suo sé
stesso di quindici o venticinque
anni.
Scossi mentalmente la testa – non
chiedetemi come – per togliermi l’immagine delle
fotografie dove Lambo era
soltanto un bimbo che non arrivava nemmeno al lavello senza sgabellino.
E che,
obiettivamente, per riuscire a “contribuire alla
causa” doveva entrare in un
bazooka. Ok, basta.
Forse.
«Soichiro Saito. Guardiano della Nebbia.
L’hai già conosciuto, è il cugino di
Akane, ma ritengo opportuno metterti al
corrente del fatto che sia la madre di Soichiro che la madre di Akane
hanno
fatto parte del CEDEF. Questo spiega
la loro connessione con i Vongola», disse
mentre il sopracitato Soichiro mi salutava con un elegantissimo cenno
del
busto.
Tutta quella formalità da parte sua mi
metteva in soggezione, ma confidavo nel fatto che a lungo andare quella
sensazione sarebbe scomparsa.
O almeno speravo.
Ed il silenzio calò di nuovo, inesorabile,
nella classe che fino al giorno prima era stata piena di chiacchiere,
risa,
battibecchi e voli di aeroplanini di carta.
E così tutti loro erano i miei Guardiani.
Istintivamente tirai un gran sospiro. Quelle sarebbero state le persone
che mi
avrebbero difesa a costo della vita e che io avrei difeso a mia volta a
costo
della vita. Ora come ora sentivo di non provare il sentimento esatto
che avrei
dovuto provare tranne che per Akane e Ray. Confidavo nel fatto che ci
sarei
riuscita.
«Scusate?».
Una mano si levò dal fondo della classe ed
Ivan scese dagli scaffali, ficcando le mani nelle tasche dei pantaloni
della
divisa della scuola. Incredibile che, con il suo temperamento, avesse
deciso di
indossarla comunque. Venne esattamente dritto verso me e Reborn dalla
fila
centrale tra i banchi. Non avevo dimenticato ciò che era
successo in biblioteca
né come mi aveva fatta sentire né tantomeno la
reazione che l’anello aveva
avuto.
Ma non potei fare a meno di arrossire
leggermente quando il suo sguardo si piantò insistentemente
nel mio.
E che cavolo c’era da guardare!? Voglio
dire, mica ero Miss Universo! E se continuava così
l’avrei denunciato per
stalking. Quando si fermò di fronte a me guardando solo me mi sembrò di essere
di nuovo in biblioteca, con la schiena
poggiata sulle coste dei libri antichi o meno che vi riposavano. Non
vidi
nemmeno la sua mano arrivare al mio collo fino a quando non sentii il
freddo
familiare della catenina spostarsi. Prendendola tra due dita,
l’aveva alzata di
modo tale da scoprire l’anello che portavo da quando Reborn
me l’aveva
consegnato. Dopo avermi mezza ammazzata sul colpo, guardò
con nonchalance il mio
Tutor.
«E questo come lo spieghiamo?», domandò,
allontanandosi e finalmente lasciandomi libera di respirare. Quando
l’anello
tornò sul mio petto aveva una pesantezza diversa. Di nuovo.
Cosa che mi
insospettì particolarmente. Avrei dovuto parlarne con
Reborn, anche se forse
avrei trovato la soluzione da sola.
«Esattamente come in biblioteca…»,
sussurrai toccandolo attraverso la stoffa della camicia bianca.
«Come?»
«Ehm, nulla… pensavo a voce alta. Però
Ivan ha ragione e… no, un secondo…»,
dissi rivolgendomi proprio ad Ivan,
appoggiato ad uno dei primi banchi.
«Tu che cosa ci fai qui?», domandai
riducendo gli occhi a due fessure, fissando il ragazzo di fronte a me.
In
effetti lui non aveva motivo di stare là. Non aveva niente a
che fare con la
mafia. Non che io sapessi almeno. Ma le parole di Reborn furono
puntuali nel
dissipare ogni mio dubbio al riguardo.
«È merito di Innocenti. O meglio, del
nipote di Innocenti», disse nominando una persona di cui io
effettivamente non
avevo la minima idea di chi fosse.
«Innocenti è stato uno dei creatori del
Sistema CAI di tuo zio. Suo
nipote ha seguito le sue orme ed ha
scoperto un nuovo tipo di Fiamma. La Fiamma dell’Ombra. E la
affidiamo ad
Ivan», decretò infine tirando fuori dalla tasca un
anello e lanciandolo ad Ivan
che lo afferrò con una mano sola. Da quella distanza potei
soltanto vedere che,
dove sul mio anello c’era lo stemma dei Vongola, sul suo
c’era semplicemente…
il nulla. Un grande bollo nero.
«Un attimo, un momento solo, perché
proprio ad Ivan? Voglio dire…»
«Perché ho delle conoscenze piuttosto
altolocate nel mondo della mafia. Potranno essere d’aiuto. E
senza dubbio potrò
aiutarti in prima persona anche con lo studio. Se proprio vuoi saperlo
non
basta la passione per conoscere Shakespeare, tanto per dire»,
sibilò sapendo
perfettamente che mi avrebbe punta nell’orgoglio con quella
affermazione su
Shakespeare.
«Stai insinuando che non conosco
abbastanza Shakespeare?», chiesi, anche se in effetti non mi
stavo alterando
per quello, quanto più che altro per l’aria di
superiorità che aveva sempre nei
confronti del mondo intero. Se avrei dovuto essere il suo Boss avrebbe
dovuto
iniziare a cambiare atteggiamento nei miei confronti, altrimenti non si
ragionava.
«In effetti… sì. Ma non siamo qui a
parlare di questo, no?», domandò retoricamente,
fissandomi con un sorrisetto
strafottente che mi fece venir voglia di prenderlo a schiaffi.
Chi diavolo si credeva di essere per
arrivare da chissà che cavolo di posto nel mondo e dettare
legge? O comunque in
ogni caso pensare di buttarmi a terra così? Rimanemmo a
fissarci fino a quando
Akane non spezzò il silenzio pesante che si era andato a
creare.
«Ooookay, direi che può bastare così,
eh?
Abbiamo capito che voi due secchioncelli non potete stare a meno di
quattro
metri l’uno dall’altra», disse proprio
nel momento in cui suonò la campanella
di fine ora.
«Bene. Non chiedo di meglio», dissi
guardando tutti un’ultima volta e lanciando uno sguardo ad
Ivan prima di
scomparire dietro la porta ed avviarmi per il corridoio. Andavamo male
se
sarebbe dovuto essere il mio Guardiano. Molto male.
«Tutta sola sul tetto di una scuola. Fa
tanto ‘istinto suicida’ lo sai?».
Non ebbi bisogno di voltarmi per
riconoscere quella voce.
«Fossi rimasta un altro minuto in
quell’aula mi sarebbero venuti sul serio, gli istinti
suicidi. Anche per colpa
tua».
Ivan mi comparve improvvisamente accanto
guardando me che guardavo i petali di ciliegio mulinare
nell’aria. Ad un certo
punto il suo sguardo diventò impossibile da ignorare e
dovetti voltarmi ed
affrontarlo.
Okay, probabilmente “affrontare” non era
il termine giusto, ma fa niente.
«Senti, mi dispiace per prima».
A quelle parole sbattei un paio di volte
le palpebre, incredula, e lo fissai. Era stato davvero lui a dire
ciò? Un
semplice “mi dispiace” che bastò per
farmi cambiare almeno un po’ opinione nei
suoi confronti. O quantomeno a farmi capire che non era uno stupido
automa
creato apposta per rovinarmi la vita ogni giorno che passava.
«Già. Immagino però che
anch’io non sia
stata di grande aiuto rispondendoti in quel modo», ammisi
sorridendo
amaramente. Dall’espressione che gli vidi fare capii di
averlo preso alla
sprovvista e feci spallucce.
«Beh, che c’è? Mi hanno insegnato ad
ammettere i miei errori. E lo faccio».
Anche perché trovavo perfettamente inutile
fare il contrario e volersi ostinare continuamente a voler avere
ragione a
tutti i costi. Insomma, se non la si aveva non la si aveva, punto. E
che non
provasse mai più a dirmi che non conoscevo Shakespeare.
«Beh, è notevole. Non conosco molte
ragazze di sedic’anni…»
«Diciassette», lo interruppi io.
«Diciassette anni»
«Oh, ehm… ok, di diciassette anni che
ammettano di sbagliare», si corresse. Io tornai a guardare di
fronte a me il
mondo diviso in rombi dalla rete di protezione. Mi voltai dandole la
schiena e
mi lasciai scivolare fino a quando non mi ritrovai seduta a terra. Ivan
mi
seguì poco dopo.
«Né che ammettano di avere un casino in
testa», disse probabilmente riuscendo a decifrare il mio
sguardo. Non mi posi
subito il problema di come diamine ci fosse riuscito. Non erano tante
le
persone che riuscivano a capirmi semplicemente da uno sguardo e quella
cosa mi
colpì, anche perché spesso non ci riusciva
nemmeno mia madre.
«Ti va di parlarne con il tuo peggior
nemico?», domandò con una gentilezza che non mi
aveva mai rivolto. Lo guardai
con un mezzo sorriso per una volta davvero sincero, sorprendendomi di
quanto
fosse facile stare con lui così, sul tetto della scuola
semplicemente a
parlare.
«Beh sai… essere destinata ad essere un
Boss della mafia a soli diciassette anni non è proprio il
massimo», sorrisi.
D’altronde lui poteva capirmi almeno un po’,
facendo parte a sua volta in un
modo o nell’altro del mondo della mafia. Di qualsiasi mafia
si trattasse. Senza
nemmeno rendermene conto le parole cominciarono a riversarsi come un
fiume
dalle mie labbra e mi trovai a parlare con lui di mio padre, di come
l’avevo
perso, del Clan che ben presto ci avrebbe attaccati e del fatto che
sarei
dovuta essere pronta per allora.
«E ancora non lo sono neanche
lontanamente», sbuffai ricacciando indietro le lacrime di
rabbia che avevano
cercato di farsi strada per i miei occhi ma che non c’erano
riuscite. Per fortuna,
perché non volevo che lui mi vedesse piangere. Altrimenti
avrebbe avuto un
altro pretesto per prendermi bellamente per i fondelli,
perché mi rendevo conto
che quello che stavamo avendo là sarebbe stato soltanto un
momento nel tempo
che avremmo passato assieme. Una stella solitaria di
serenità in un circolo
vizioso di caos continuo. Ivan si alzò sospirando e dal
basso mi sembrò ancora
più alto di quanto già non fosse.
Dopodiché mi tese la mano ed io la presi dopo
un secondo di incertezza.
«Lo sarai. Credimi. E ti aiuteremo. Sai
che puoi contare su tutti noi», disse deciso ma con una
dolcezza negli occhi
che mi fece dimenticare che l’avevo odiato dal primo momento
che l’avevo visto,
con quell’aria strafottente, quel passo sicuro, quella faccia
da schiaffi,
quegli occhi così verdi da sembrare quasi finti…
Scossi la testa abbassando lo sguardo.
Dannazione
Lilian! Va bene, sei un’adolescente, ma non ti puoi
permettere di farti
incantare da un paio di occhi verdi!
«Ehm…
credo che… dovremmo andare, no?»,
domandai retoricamente allontanandomi da lui come una qualsiasi
ragazzina
innamorata. Cosa che NON ero, chiaro? No,
precisiamolo eh. Precisiamolo e
sottolineiamolo.
«E fa attenzione, Carter. Domani potresti
diventare il mio nuovo bersaglio per il tiro a segno». [cit.]
Dato che con quello di carta avevo fatto
fiasco…
«Oh, eccovi», disse Reborn assolutamente
pacato e tranquillo attirando l’attenzione anche dei miei
altri due Tutor che
ci raggiunsero immediatamente. In modo molto più veloce
Reborn fece nuovamente
le presentazioni.
«Bene,
ragazzi. Diciamo che quello di oggi sarà un allenamento
leggermente diverso da
quello che tu, Lilian, hai affrontato fino ad ora», disse
rivolgendosi
direttamente a me.
Qualche
minuto più tardi ci ritrovammo tutti seduti in cerchio, gli
occhi chiusi e gli
anelli al dito. Fong camminava in circolo, le mani intrecciate dietro
la
schiena, spiegandoci esattamente con voce flebile e morbida che cosa
avremmo
dovuto fare. Concentrazione era la parola d’ordine, a farla
breve. E così feci.
Mi concentrai ad occhi chiusi, tentai di visualizzare una fiamma
arancio tenue
che si sprigionava dall’anello, una fiamma che mi apparteneva
di nascita ma che
anch’io come mio padre avrei dovuto imparare a controllare e
sviluppare. Un
brivido mi attraversò la pelle mentre l’immagine
di papà nella mia stessa
posizione si materializzava nella mia mente. Non era nulla,
semplicemente
un’immagine, ma dovette aiutarmi davvero parecchio. Sentii
improvvisamente un
gran calore che tuttavia non bruciava partire dalla mia mano per poi
raggiungere il mio braccio e tutto il mio corpo, tornare indietro ma
lasciare
comunque dietro di sé quel piacevole calore e quella
sensazione di forza che
non se ne andarono non appena aprii gli occhi trovandomi di fronte una
piccola
fiamma sfavillante sulla sommità dell’anello.
Guizzava sopra il metallo come
fosse stata viva e sembrava quasi darmi il benvenuto. Sorrisi alzando
poi lo
sguardo verso i miei Guardiani. Tutti c’erano riusciti ed
osservavano la
fiammella nello stesso modo in cui la osservavo io. Tutti tranne Ivan,
la cui
fiamma era l’unica ad essere completamente nera. Era tuttavia
un nero che non
spaventava. Un nero che anche nel suo colore sinistro poteva risultare
positivo.
Fong
mi posò le mani sulle mie spalle e mi sorrise nel suo solito
modo molto, molto
tranquillo, guardando poi anche tutti gli altri.
«Molto
bene. Ci siete riusciti tutti al primo tentativo e ciò non
può essere che
notevole»
«Già,
però c’è ancora uno step da affrontare
prima di iniziare il vero allenamento»,
prese la parola Lal facendo un cenno a tutti noi. Cenno che io non
compresi
fino a quando non vidi tutti alzarsi ed andare verso le loro borse,
dopodichè
tornare con delle piccole scatoline cubiche dello stesso colore delle
loro
fiamme. Le osservai sentendomi improvvisamente estranea quasi quanto
Ivan.
Eravamo gli unici a non avere una Box tra le mani. Reborn la
consegnò subito a
lui – una piccola Box nera – poi si
avvicinò a me, inginocchiandosi e
porgendomene una.
«Questa
è la tua», disse. Presi la piccola scatolina
delicatamente, stupendomi della
sua leggerezza ma prima che potessi fare qualsiasi altra cosa lui me ne
porse
un’altra, esattamente uguale a quella che avevo tra le mani,
ma dall’aria più
vissuta.
«Questa
è…», deglutii guardandolo negli occhi,
sentendomi come una bambina di fronte ad
un professore universitario. Non disse nulla, si limitò a
rialzarsi e ad
allontanarsi. Uno alla volta tutti aprimmo le nostre Box. Dalla Box
rossa di
Maya uscì una maestosa pantera nera che le si
accucciò accanto come fosse un
gattino. Da quella viola della sorella, Georgia, si
materializzò un bellissimo
pavone bianco. Fu la volta di Jin, dalla cui Box verde
fuoriuscì una bellissima
anguilla trasparente volteggiante nell’aria che
incredibilmente sembrava non
aver bisogno d’acqua per sopravvivere. Dalla Box blu di
Soichiro apparì un
grande lupo bianco dagli occhi azzurrissimi mentre dalla Box di Ivan
esattamente il contrario, un maestoso lupo nero. Dalla Box gialla di
Akane
apparve tra le sue mani un piccolo adorabile usignolo cinguettante. Ray
ce la
fece subito, materializzando dalla sua Box azzurra un cavallo bianco
dalla
criniera e dalla coda nere con dei curiosi riflessi blu
all’interno. C’era da
aspettarselo dato che sapevo che aveva praticato equitazione per
diversi anni,
da bambino. Fu il mio turno. Feci un gran sospiro e mi concentrai
nuovamente
per far scaturire la fiamma dall’anello, dopodichè
lo misi in contatto con la
Box che tremò leggermente tra le mie dita, facendo
materializzare subito dopo
un gattino che mi osservò dal basso, miagolando. Mi abbassai
sorridendogli ed
accarezzandogli il manto color sabbia, dopodichè mi
concentrai sull’altra Box.
Seguendo lo stesso procedimento che avevo attuato con l’altra
la sentii tremare
un pochino di più prima di far uscire…
«N…
Natsu!?».
PAP
– Piccolo
Angolo Pazzo
Ciaossu!
Bene
bene, eccoci arrivati anche al Ventesimo capitolo. Capitolo che
immagino possa
essere il capitolo conclusivo del “primo arco” se
vogliamo. O la fine del primo
tempo, ecco. Come avete potuto notare c’è stata
una svolta, Lilian ha
conosciuto tutti i Guardiani, tutti sono riusciti a creare le
rispettive fiamme
e ad aprire le rispettive Box. Anche Ivan, che con la sua Fiamma
d’Ombra (lo
ammetto, me la sono inventata di sana pianta, ma volevo qualcosa che
potesse
essere relazionabile con ciò che lui effettivamente
è) non è proprio felice
felice come abbiamo potuto vedere. A proposito di Ivan, sembra che lui
e Lily
stiano andando un pochino più d’accordo. Vedremo
che cosa succederà nei primi
capitoli del secondo arco!
Ringrazio
Glox (hihi) in primis. Certo che
diciotto capitoli tutti in una volta è una bella maratona!
Ma sono contenta che
la fic ti piaccia così tanto! E come potrei non esserlo? I
“contenuti” delle
Box sono stati svelati e… wow, non pensavo che Ivan potesse
piacere a qualcuno
xD Pure mia sorella lo odia a morte, ma sono comunque contenta di aver
creato
un cattivo che possa piacere **
E naturalmente
non posso non ringraziare la mia Fel-chan!
Eh si, in effetti possiamo dire che Akane e Ray sin
dall’inizio sono stati una
certezza. Insomma, non potevo certo lasciar fuori dai giochi i migliori
amici
di Lily, no? Per quanto riguarda gli Anforti… diciamo che
momentaneamente non ho
in programma di dar loro un punto di rilievo nella storia, ma non si sa
mai. Sono
contenta che ti piacciano sia Jin che Soichiro, ma in particolare
quest’ultimo.
Non posso dire di aver fatto uno studio vero e proprio sul suo
personaggio, ma
l’ho pensato a lungo. Non che con gli altri non
l’abbia fatto, ma Soichiro è
stata davvero una sfida. Spero di essere riuscita a renderlo come avrei
voluto
^^ Per quanto riguarda Ivan/bersaglio per il tiro a segno lo potrebbe
davvero
diventare se non la pianta con sto atteggiamento, anche per
ciò che Lilian ha
detto, citando te hihi Grazie mille mia cara! Come sempre, spero che
anche
questo ti sia piaciuto!
A
presto!
xoxo
Niki