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Autore: Flower of Eternity    13/03/2006    1 recensioni
Premessa: è una fan fiction particolare.
Zonami, contornata da brani di poesia di un unico autore, ma, ripeto, assai particolare: i nemici, gli amici, lo stesso contesto... qui tutto sfuma, divendendo indefinite ombre appena tratteggiate, lasciando spazio a ciò che maggiormente mi interessa: Nami e Zoro. Specialmente Zoro.
La lettura può risultare ostica, e mi scuso. Ma prima o poi una cosa del genere la dovevo scrivere, e non sapete che sollievo esserci riuscita. Presumo che si risolverà il tutto in tre capitoli. Se qualcuno volesse lasciarmi un consiglio, ovviamente mi farebbe un piacere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se spazio e tempo, a detta dei saggi,
son cose che non possono essere,
la mosca che vive un solo giorno
vive quanto noi.
Ma intanto viviamo finché possiamo,
mentre vita e amore sono liberi,
poiché il tempo è tempo, e fugge via
per quanto i saggi dissentano. *

Il tuo corpo dissacrato, martoriato, abbandonato. Il tuo corpo, da me desiderato, bramato, agognato.
Il tuo corpo.
Giace. Giaci. Cucciola di volpe; piccola creatura così lesta, così letale, così astuta. Qui, innanzi a me, terribile quadro grondante orrore, non più riapri i grandi occhi, scrutandomi con intelligenza. Non più sorridi beffarda, non più storci le belle labbra, criticandomi. Non più. Mai più.
L’uomo. Così infinitamente stupido, questo uomo, così immondo nella sua convinzione d’avere sempre del tempo a disposizione; dovresti sputare in faccia a codesto uomo, che s’inginocchia senza respiro di fronte a te, dovresti urlare lui che a nulla servono le lacrime, a nulla le carezze, a nulla il bacio sfiorato su una tua mano fredda come la pietra. Bianca come il marmo. Immobile, perché immobile.
Hai sofferto, vero? Lo squarcio, terribile, sanguinoso, inguardabile, che si spalanca sul tuo fianco è una orribile, eterna testimonianza dei tuoi ultimi istanti; terribile come il volto distorto, gli occhi chiusi, che, attraverso le palpebre abbassate, osservano la morte in faccia.
Dov’ero io, mentre accadeva questo? E dov’è il responsabile di tutto ciò? E dov’è l’incantevole colorito delle tue gote?
Non sorriderai mai più. Eri bella, quando sorridevi. No, che idiota. Eri meravigliosa, angelica, irritante, scandalosamente attraente quando sorridevi. Non te l’ho mai detto. Rimandavo. Sapevo di avere tempo…
Ti stringo a me. Cosa posso fare, mio dolce cigno, se non stringerti? Ondeggio, privo di contatti con la realtà, cullandoti pateticamente. Mugolo qualcosa, qualcosa di certamente molto stupido. Non sono mai stato bravo con le parole; tu eri brava.
Io… io comunicavo con le spade. Io cantavo poesie d’amore con le mie lame, proteggendoti a costo della vita. Io perdevo le mie serate bevendo ed evitandoti, e tu sei morta. Sì, morta. Un’idea che si conficca in me, trafiggendomi il cuore, distruggendomi l’anima, annullandomi ogni prospettiva.
Il tuo sangue macchia la stoffa dei miei abiti. Si mescola al mio, in una promessa d’amore mai pronunciata, né tanto meno mai appresa. Un fantasma di una promessa, ecco, che ebbe a malapena il tempo di vivere dentro di me, e mai di sfiorare te.
Un respiro? Un...?
Sbarro gli occhi, sorpreso, allontanandoti bruscamente da me, fissandoti con sguardo febbrile. Il tuo petto, il tuo bel petto, così invitante… l’ho sentito sollevarsi contro di me…? C’è un cuore che batte, lì dentro? C’è ancora? Nami…
Non è possibile. Il tuo sangue. Il freddo pallore del tuo corpo. Come puoi...?
Simile ad un demone, simile ad una creatura composta solo di ombre e di incubi, ti sollevo, oscuro in volto, ancor più tenebroso nel cuore. Ti sollevo, leggera e delicata come una libellula, e so che potrei romperti solo stringendo più del necessario. Gli dei non vogliano; se ci sono degli dei, che non vogliano.
Se ci sono, che permettano che la mia corsa disperata non sia vana. Che assistano questo uomo distrutto, che preservino l’alito di vita in quella che segretamente considera la sua donna.
Vorrei poter volare.

I fiori che ti mandai quando la rugiada
tremava sul pergolato
stizzirono prima che l’ape volasse
a succhiare la rosa canina.
Ma intanto affrettiamoci a coglierne ancora
e non rattristiamoci a vederli languire,
e per quanto i fiori della vita siano pochi
possano essere divini.


  
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