Just
Friends
~
Capitolo 3: L’Idiota Innamorato ~
EDWARD
Sbirciai
l’ora sull’orologio appeso alla parete: le due in
punto.
Era
tardi. E Bella ancora non si era fatta vedere. Strano. Molto strano.
Non
era mai stata in ritardo quando dovevamo pranzare insieme alla tavola
calda.
Non mi aveva mai dato buca.
“Può
darsi che abbia avuto qualche contrattempo”, pensai.
“Magari doveva organizzare
un esame con un professore, oppure si era fermata un secondo in
biblioteca per
cercare un libro”. Comunque avrebbe potuto avvertirmi, senza
lasciarmi qui ad
aspettare come un deficiente, no?
Sospirai
affranto, guardando oltre la vetrata impolverata. Niente, non
c’era traccia di
Bella.
Decisi
che l’avrei aspettata comunque: tanto, non avevo molto da
fare quel pomeriggio.
Sfilai
dallo zaino il libro di architetture moderne che avevo comprato quella
mattina,
prima di dirigermi verso le lezioni. Cominciai a sfogliarlo e mi persi
nelle
curve e nelle forme che le varie parti assumevano secondo la
prospettiva con la
quale si guardavano.
Due
mani sbatterono sul tavolo dove ero seduto, facendomi sussultare e
ritornare
alla realtà. Alzai lo sguardo e incontrai i profondi occhi
di Bella che mi
fissavano. Notai immediatamente che c’era qualcosa che non
andava: i muscoli
del suo viso erano tesi, le palpebre ridotte a due fessure.
«Ho
un problema», esclamò lentamente, come se volesse
farmi assorbire per bene la
notizia.
Chiusi
il libro e lo riposi nello zaino. «Buongiorno, Bella. Mi fa
molto piacere
vedere che sei arrivata. Vuoi che ordiniamo qualcosa da
mangiare?», sorrisi.
«Sì,
sì, non fare lo spiritoso», si sedette nel posto
davanti a me. «È una cosa
seria».
Congiunsi
le braccia sul tavolo. «Spara».
«Ho
incontrato Jacob Black mentre uscivo
dall’università», confessò a
bassa voce, abbassando
lo sguardo.
Mi
irrigidii e strinsi i denti, sperando di non essere notato da Bella.
Quell’invertebrato!
Ancora non aveva intenzione
di lasciare in pace Bella, vero?!
Non
riuscivo a pensare a quanto le stesse rovinando l’esistenza
con quel
comportamento infantile. E non volevo nemmeno provarci.
Bella, perché ti
sei innamorata di quel tizio? Cosa aveva d’interessante? Ti
avevo anche
avvertito, cavolo! Perché non ti sei innamorata di
un’altra persona? Perché non
ti sei innamorata di… me?
Alzai
le spalle, mostrandomi un po’ disinteressato. «Non
è una novità».
«Non
è questo il punto, però», disse,
perforandomi le pupille con il suo sguardo.
«C’è un altro problema ben
più grande, adesso».
«E
quale sarebbe?», domandai confuso.
«Devo
trovarmi un ragazzo, al più presto»,
esclamò con voce tagliente.
Il
mio viso, come il suo, divenne una maschera di serietà.
«Dimmi cosa è successo.
Dal principio».
E
così mi raccontò nei minimi dettagli la loro
litigata, il tentativo di Jacob di
riallacciare i rapporti, la sua risposta tutt’altro che
garbata, il loro modo
di chiarire e, infine, quella specie di patto che era stato strappato
tra le
strilla.
«Questo
è quanto», chiuse il discorso, intristendosi un
poco.
«Quindi,
fammi capire», esclamai assorto. «Ti
lascerà stare solo quando gli presenterai
il tuo nuovo ragazzo, è così?».
Lei
annuì. «L’unico problema è
che non ho nessun ragazzo».
«Già,
questo è vero», assentii io.
Ci
fu un attimo di silenzio, nel quale entrambi ci guardammo in giro
pensierosi. Io
guardai lei, più che altro. La osservai mordicchiarsi il
labbro inferiore, in
cerca di una soluzione. Mi persi nei suoi occhi preoccupati, ma pur
sempre
profondissimi.
«Hai
già qualche idea?», domandai.
Scosse
la testa. «Mi ci vuole un po’ per elaborare i piani
diabolici», sorrise, ma con
una nota di preoccupazione. Ridacchiai nervosamente anche io.
Ordinammo
da mangiare i soliti piatti che prendevamo da quattro anni, ormai:
Bella il
solito piatto di ravioli, io un semplice hamburger. Mangiammo tutto in
silenzio,
ognuno nei propri pensieri.
“Cavolo,
ci mancava solo questo per far degenerare maggiormente quella
situazione già
precaria”, pensai. “Ci mancava solo quella geniale
trovata di Jacob per far
uscire ancor più di testa Bella”.
Spiai
il suo viso assorto, i suoi movimenti decisi ma distratti, persi nella
ricerca
di qualche nuova idea. Riconobbi, però, nei suoi occhi un
qualcosa.
Rassegnazione? Già, probabile.
Okay,
dovevo fare qualcosa. La dovevo aiutare questa volta, proponendo
qualcosa che
avrebbe messo fine a tutto definitivamente. Non potevo permettermi che
accettasse di sopportare per sempre quel rompipalle. Lo facevo per il
suo bene,
alla fine.
Pensa, Edward…
Mi
ridestai quando vidi entrare la squadra di football della mia scuola.
Omoni
contro i quali sarebbe stato meglio non mettersi contro, per chiunque.
L’idea
mi raggiunse come un colpo di frusta. Scossi la testa, contrariato.
No, Edward, non
puoi proporre una trovata del genere a Bella. È un fattore
di principio. Sia
per te, sia per lei. No, no, lascia perdere.
Eppure
l’idea di togliersi dai piedi quel tipo era troppo
allettante…
«Ho
un’idea», esordii. Mi sarei pentito di quello che
stavo per fare, ne ero certo.
«Comincia a guardarti in giro, a trovare il tipo giusto che
potrebbe far
perdere a Jacob le speranze».
«Tipo?»,
domandò lei confusa ma evidentemente attratta dalla
proposta.
«Non
so», alzai le spalle, osservando la gente che occupava i
tavoli accanto ai
nostri. «Prendi qualcuno come Emmett Cullen, per esempio;
sicuramente Jacob non
oserebbe andare a sbattere il muso contro un tipo come
quello».
«Già,
questo è poco ma sicuro», ridacchiò.
Iniziai a ridere, evitando di non prestare
attenzione al fatto che Bella mi stesse fissando.
Fa come se non
fosse niente…
«Edward»,
mi richiamò con dolcezza.
«Sì?»,
la voce uscì a fatica.
«Grazie»,
mormorò. Mi venne ad abbracciare e sentii il mio cuore
scalpitare come un
puledro.
Non
appena il suono del motore della mia Volvo mi travolse, mi sentii
subito
meglio. Mi lasciai andare all’odore famigliare dei sedili in
pelle, mescolato a
quello un po’ più forte del deodorante per auto.
Lasciai
scivolare via un sospiro e chiusi gli occhi.
Non
potevo credere che la mia proposta, stupida e senza senso, fosse stata
accettata da Bella con grande entusiasmo. Mi aspettavo una reazione del
tipo:
«Edward, stai scherzando? Non posso andare giro a chiedere
chi vuole diventare
il mio finto ragazzo!», oppure, «No, Edward, non se
ne parla neanche. Per
quanto questa situazione possa avermi esasperato, non
scenderò mai così in
basso!». E invece…
Feci
cascare la testa sul lato superiore del volante, sbattendo la fronte
contro la
superficie rugosa.
Perché,
perché ero così idiota? Non l’avevo
già persa abbastanza spesso?
Un’altra
testata contro il volante.
Sono innamorato di
Bella, già. Per chi non se ne fosse accorto.
E, se proprio ci
tenete a saperlo, sono innamorato di lei da quattro anni. In pratica,
da quando
ci siamo conosciuti.
Quattro anni. Sono
quattro anni che il mio cuore comincia a battere
all’impazzata quando la vedo
arrivare, che trattengo la voglia di abbracciarla, di baciarla.
Come dite? Sono
un’idiota? Bhe, mi sembrava di avervelo già detto,
no?
No, lei non lo sa.
E nemmeno se n’è accorta. Ma, da un lato, va bene
così.
Dovrei farmi
avanti, è vero, ma non ne trovo il coraggio. Ogni volta che
riesco a mettere in
piedi uno straccio di discorso, ogni volta che riesco a racimolare un
po’ di
convinzione per presentare il mio amore, arriva lei, col suo sorriso,
col suo
viso, e tutte le mie certezze crollano come dei castelli di sabbia al
vento.
Sono un cazzone. Un
cazzone innamorato. Il che è peggio.
Rialzai
la testa dal volante e lasciai che il piede sinistro cadesse
sull’acceleratore.
La macchina partì con un balzo e in un attimo mi ritrovai
sulla strada di casa.
Evitai
di pensare e mi concentrai sulle righe bianche al centro della
carreggiata.
Mi
ritrovai nel vialetto di casa mia in un secondo. La fissai, quella
piccola
casetta bianca che mia madre aveva ristrutturato da sola
l’estate dopo che mio
padre era scappato con un infermiera dell’ospedale dove
lavorava.
Uscii
dall’auto e mi diressi verso la porta, spalancandola appena
me la trovai
davanti. L’odore di zucchero e di impasto mi travolse. Mia
madre stava
cucinando.
«Ciao,
mamma», abbozzai, levandomi la giacca.
«Oh»,
vidi il suo viso tondo e arrossato sbucare fuori dalla porta della
cucina.
«Ciao, Edward». Mi sorrise cauta, ma con un sorriso
travolgente.
Mi
avvicinai alla cucina e il calore che il forno ancora emanava mi
colpì dritto
in viso. Mi sedetti su uno dei tanti sgabelli, situati lungo il
bancone.
«Cosa
stai preparando?», domandai, allungando lo sguardo.
«Biscotti
allo zenzero», trillò.
Mi
venne da sorridere, pensando a quanto stare ai fornelli la rendesse
felice o
come fosse spensierata quando controllava le sue piante nella piccola
serra che
le avevo costruito qualche estate prima. Infondo, riusciva a distrarsi
con poco
dal dolore che ancora viveva in lei.
Per
quanto cercava di nasconderlo, mi rendevo conto che essere stata
tradita
dall’uomo che più amava non la rendeva di certo al
settimo cielo, anzi. Eppure
davanti a me non si era mai abbandonata a pianti isterici o a urla
disumane;
aveva sempre cercato di mantenere un aspetto normale, decoroso, come se
tutto
andasse bene. Per proteggermi, forse.
Non
avevamo mai affrontato l’argomento, ma sapevo che entrambi
odiavamo quell’uomo
apertamente. Come era giusto che fosse.
Allungai
una mano per afferrare uno dei manicaretti appena sfornati. Sentii il
manico di
legno del mestolo sbattere contro il mio polso.
«Ahi»,
urlai, esaminando il segno rosso che aveva lasciato.
Mia
madre sorrise. «Sei sempre il solito, Edward. Forza, non fare
il bambino».
Restammo
qualche minuto in silenzio.
«Come
è andata oggi?», domandò un
po’ imbarazzata.
«Bene»,
risposi. Io e lei non eravamo dei confidenti intimi, proprio no, e
domandarci
queste cose l’un l’altro ci metteva un
po’ a disagio.
«Vado
in camera mia», dissi, raccogliendo lo zaino da terra e
dirigendomi verso il
corridoio. Mia madre iniziò a canticchiare una canzone che
non riconobbi.
Entrai
in camera, sbattendo la porta dietro di me. Abbandonai il libro di
architettura
tra la pila disordinata di progetti intrapresi e abbandonati. Rimasi a
fissare
fuori dalla finestra il nulla, rimuginando un po’ sui miei
pensieri.
Pensai
a quello che avevo passato poco prima con Bella. Non potevo credere che
quelle
parole fossero uscite veramente dalla mia bocca, eppure era
così.
Ora
dovevo solo aspettare l’ennesima scelta di Bella per capire
quale altro
sentimento represso avrei dovuto rispolverare. Rancore verso il tizio?
Rabbia
per un’altra scelta stupida di Bella?
Ma
una cosa era certa: avrei dovuto continuare a stare buono in un angolo,
continuando a nascondere i miei sentimenti. Come sempre.
“Avanti,
Edward”, mi disse una parte di me. “Non fare il
melodrammatico. Infondo, sei
bravo a reprimere le tue emozioni”.
Già, sono bravo.
__________Ed eccolo qui, il famoso primo capitolo POV Edward. Dite la verità, non vedevate l'ora di leggerlo, eh?! XD
Che dire, spero che la situazione di Edward si sia capita abbastanza... Per lui non è facile stare così vicino a Bella così, senza dirle niente e, credetemi, le cose diventeranno ancora più difficili, dopo che Bella prenderà la sua decisione. Ma non credete che le cose miglioreranno tanto velocemente! Ci vorrà ancora un bel po' prima che i due ritrovino la serenità!
Ed ora tocca a voi, cari lettori! Che ne pensate di questo personaggio? Come ve lo eravate immaginato nel corso dei precedenti due capitoli? Quello che ho descritto è tanto diverso da ciò che vi aspettavate? Sì, lo so, è parecchio differente da quello della saga, ma spero che non vi dispiaccia.
E dopo tutto questo, cosa succederà, secondo voi?! Sono curiosa...Vediamo fin dove si spinge la vostra immaginazione (:
Voglio fare un immenso ringraziamento a tutti quelli che hanno recensito questa storia, tutti quelli che l'anno inserita tra le preferite/seguite/ricordate. So che non è molto in confronto a quello che si trova sul sito, ma per me questo è davvero tantissimo. Grazie a voi sto iniziando ad acquistare la sicurezza che non ho mai avuto. ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Vi andrebbe di lasciare una recensione, anche piccola-piccola?! <3
Un grosso bacio a tutti!
Buon pomeriggio!
S.