Just
Friends
~
Capitolo 2: Patto col Diavolo ~
BELLA
Quando
la mattina seguente mi alzai controvoglia dal letto, sembrava che un
branco di bufali impazziti mi avesse calpestato la testa fino a farla
scoppiare.
Guardai
l’orologio, poggiato sul comodino: le otto meno un quarto.
Miseriaccia,
sono in ritardo! O meglio, in ritardo pazzesco!
Balzai
giù dal letto e cominciai a raccattare i vestiti per la
stanza, vestendomi al volo con i primi indumenti che mi capitavano in
mano. Radunai in una borsa delle penne, alcuni fogli per gli appunti e
il libro di letteratura inglese.
Mi
precipitai giù per le scale, litigando con i lacci delle
scarpe da tennis.
Andai
a sbattere contro la schiena di mio padre. Entrambi cademmo per terra,
guardando l’altro più imbarazzati che mai.
«Scusa,
papà», mormorai, raccogliendo tutti gli oggetti
che, dopo lo scontro, giacevano sul pavimento
dell’anticamera.
«Siamo
di corsa stamattina, eh?», ammiccò lui, porgendomi
la mano e aiutando a rialzarmi.
«Già.
Effettivamente, sono un po’ in ritardo», abbassai
lo sguardo, dirigendomi in cucina con passo veloce. Agguantai un
biscotto e cominciai a sgranocchiarlo.
Raggiunsi
mio padre davanti alla porta d’ingresso. Raccolsi le chiavi
dal quadro, situato dietro la porta, e mi infilai la leggera giacca di
jeans. Nonostante la pioggia e l’umidità,
praticamente perenni, era primavera.
Salutai
con un cenno mio padre e mi diressi verso il mio caro e vecchio
pick-up.
Accesi
il motore addormentato, che rispose con un rombo infastidito, e mi
abbandonai alla dolce musica che la radio trasmetteva.
Mentre
guidavo alla velocità massima che il mio decrepito veicolo
poteva sopportare verso l’università di Seattle
che frequentavo, avevo una pallida ma fastidiosa sensazione che
continuava a ribollirmi in testa: sarebbe stata una giornata difficile.
Ancora non sapevo il motivo, ma lo sarebbe stata. Ne ero più
che certa.
L’ultima
lezione prima dell’uscita definitiva volò via
talmente in fretta che mi sembrò di non aver nemmeno trovato
la pagina giusta del libro che già fosse ora di riordinare
il proprio materiale; un momento prima il professor Harold parlava di
come la letteratura francese si fosse evoluta tra illuminismo e
romanticismo e un momento dopo ci diceva arrivederci e lasciava la
sala.
Guardai
imbambolata i miei compagni che radunavano velocemente i loro appunti.
Quando mi risvegliai dal mio torpore, mi affrettai, gettando dentro la
borsa tutti gli oggetti che avevo poggiato sul banco.
Percorsi
quei pochi metri che mi dividevano dall’atrio senza
particolari pensieri nella testa, solo con l’intento di
raggiungere il pick-up e dirigermi alla tavola calda dove, sin dal
terzo anno, io e Edward ci ritrovavamo per mangiare e chiacchierare in
tranquillità.
Mi
bloccai, però, quando vidi il suo
riflesso stampato sulle ampie porte a vetri d’entrata.
La
moto parcheggiata a fianco del mio pick-up, la maglietta striminzita
che metteva in mostra i muscoli. Non c’erano dubbi: era Jacob
Black.
Deglutii
rumorosamente. La mano che reggeva la maniglia si strinse
dall’ansia.
No,
non è possibile. Non anche qui. È solo un frutto
della mia immaginazione. Sto sognando, è un incubo.
“Bella,
calmati. Prendi un respiro profondo e pensa a una soluzione”.
Jacob
Black cominciò ad analizzare tutte le persone che gli
passavano a fianco, cercando di riconoscere i tratti del mio viso.
La
prima idea che mi passò per la testa fu la fuga. Dovevo
trovare un modo per svignarmela senza che lui mi vedesse. Cercavo
un’uscita alternativa: una finestra, una porta sul retro.
È
così che fanno i veri fuggitivi…
Scossi
la testa, tornando alla realtà.
“Non
puoi passare il resto della vita a fuggire da lui. Affrontalo, porca
miseria”, la mia coscienza sbottò.
«Facile
a dirsi, difficile a farsi», mormorai tra me,
impercettibilmente.
Ok,
basta, Bella, ce la puoi fare.
Presi
un respiro profondo e aprii la porta, preparandomi ad andare in pasto
alla mia peggiore palla al piede.
Camminai
a testa bassa, cercando di nascondermi il più possibile tra
la gente che come me percorreva quel tratto. Ma, purtroppo, tutti i
miei sforzi furono vani.
«Ciao,
Bella», tuonò non appena mi fui avvicinata
abbastanza al pick-up.
«Ciao»,
era una specie di ringhio soffocato quello che mi era appena uscito?!
Mi
fissò, mentre ripescavo le chiavi del pick-up dalla borsa.
«Perché
non hai risposto alle mie telefonate?», piegò la
testa da un lato, aspettando la risposta.
Strinsi
le labbra: avrei dovuto tirare fuori tutte le mie doti recitative per
nascondere la mia ennesima bugia.
Guai
a te se ti metti a ridere, Bella, e non provare ad arrossire!
Voltai
la testa verso di lui. Velai i miei occhi con una patina di stupore e
inconsapevolezza. «Telefonate?! Quali
telefonate?!».
Jacob
divenne rosso di rabbia. «Sì, Bella. Ti ho
lasciato quasi duemila messaggi in segreteria. E tu non hai mai
risposto. Né mi hai mai richiamato».
«Oh,
già», abbozzai, stringendo le chiavi tra le dita.
«Il mio cellulare deve essere morto o qualcosa del
genere».
Ci
fu qualche secondo di silenzio.
«Perché
mi eviti, Bella?», mi strinse per i fianchi, lasciandosi
andare al tono più ammaliatore che conosceva.
Mi
dimenai dalla sua presa. «Jacob, ti ricordo che noi ci siamo
lasciati già da un bel po’. Io non ti devo
più niente. E adesso lasciami andare», sbottai
convinta.
«Non
sai quanto mi manchi, Bella. I nostri momenti insieme, le nostre
uscite, i nostri baci. Mi manca tutto di te, sul serio», mi
sfiorò la guancia destra ed io rabbrividii. «Non
potremmo… riprovarci? Rimetterci insieme e vedere come va
questa volta?», propose. I suoi occhi erano diventati due
grosse palle adoratrici. Ma non avevo intenzione di cascare nella
trappola come un’ingenua.
«Jacob
Black, ascoltami bene, perché non voglio ripetertelo mai
più, non ho intenzione di ritornare con te. Questo
è quanto, ora lasciami vivere la mia vita»,
infilai le chiavi nella portiera, cercando di aprirla.
«Cos’è,»,
lui mi bloccò la mano, costringendomi a guardarlo mentre
parlava. «Sei già impegnata,
signorinella?».
Sussultai,
strabuzzando gli occhi. Signorinella? Che coraggio aveva di chiamarmi
signorinella?
Signorinella
era il termine che usava lui per definire le ragazze che lasciano
passare, uno dopo l’altro, tutti i ragazzi
dell’università nel proprio letto e, chiamandomi
in quel modo, aveva capito male. Proprio male. Decisamente male.
Lasciai
scivolare un respiro profondo fuori dalle labbra. «Signorinello»,
ringhiai, puntando un dito sul suo petto. «Mettiamo in chiaro
una cosa, non ti ucciderò in un luogo pubblico
perché non ho intenzione di finire in prigione per colpa
tua, però, se non la finisci di molestarmi, ti stacco
l’amichetto e lo appendo nell’aula magna
dell’università, ci siamo intesi? E adesso,
ARIA!». Mi voltai verso la portiera, aprendola con un colpo
secco.
«Quindi,
è così? Ti sei già messa con un altro,
eh?!», ridacchiò lui.
«Non
sono affari tuoi, Jacob!», urlai dal finestrino aperto.
«Non
me ne andrò di qui finché non me lo avrai
confessato», disse, parandosi davanti al pick-up, impedendomi
di fare manovra.
A
quel punto, la soluzione migliore sarebbe stata stenderlo come una
sardina, ma, come avevo già puntualizzato, non ci tenevo a
finire in gattabuia.
«Sì,
Jacob, d’accordo. Mi sono messa con un altro ragazzo, sei
contento, adesso?», sentii la mia voce rimbalzare
all’interno dell’abitacolo.
«Perfetto»,
disse, tirando un pugno sulla portiera. «Voglio
conoscerlo».
«Cosa?».
«Voglio
conoscerlo. Voglio conoscere questo tizio. Solo allora ti
lascerò in pace», mi lanciò un
sorrisetto ironico.
«Okay,
allora», i miei occhi si fecero due fessure. «Lo
conoscerai».
«BENE!»,
gridò.
«BENE!»,
gridai a mia volta.
Uscii
dal parcheggio e mi diressi verso la superstrada con decisione. Le mani
stringevano il volante duro con forza e ancora tremavano dalla rabbia.
Però,
più mi allontanavo dall’università,
più mi rendevo conto di una cosa: avevo confessato a Jacob
di stare con un ragazzo. Ma c’era un unico problema: io non
avevo un ragazzo.
Deglutii
rumorosamente.
Ora
non avevo solo il pensiero di togliermi Jacob di torno, ma anche quello
di trovarmi un ragazzo. E alla svelta.
__________Aggiornamento veloce, questo. Due giorni in anticipo. Perchè? A mia madre è venuto in mente solo adesso di dirmi che domani mattina dobbiamo partire per un mini viaggetto. Non ritorneremo prima di lunedì e, siccome non ho intenzione di aggionare in ritardo sin dal secondo capitolo, ho deciso di fare questa piccola "sorpresina"... Ta-dan.
In questo capitolo si ha la prima apparizione reale di Jacob. Che ne pensate? Un po' troppo rompipalle? Dai, dai, sono curiosa di sapere che impressione vi ha fatto ^^
Piccola anticipazione, il prossimo capitolo sarà POV Edward *w* La prima occasione per entrare un po' nella mente del migliore amico. Non state più nella pelle, vero?? LOL
Sto facendo un po' di corsa, quindi chiedo scusa per eventuali errori, sia nel testo, sia nella presentazione - cercate di comprendermi T.T
Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente, e le 7 meraviglie che hanno lasciato una piccola recensione. Mi hanno fatto commuovere, lo ammetto! Non mi era mai capitato di ricevere così tante recensioni, mai, e sapere che c'è davvero gente che mi segue mi ha reso euforica! Spero di non deludervi ;)
So che è tardi, ma una piccolissima recensione me la lascereste lo stesso? *occhi da cucciolo* PLEASE!
Ora mi eclisso, in attesa dei primi pareri.
Buona serata!!
S.