Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Mari087    03/07/2011    5 recensioni
Ho sempre amato d'amore viscerale "La rosa di Versailles", e ho sempre fantasticato sull'ipotetico futuro dei nostri protagonisti...poi, ho trovato voi e le vostre belle storie, e oggi ho deciso di cimentarmi!
Per ora, è un inizio piccolino piccolino... poi, chissà:-)
Spero vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le grandezze sono sempre relative
 
Grazie mille per i primi commenti! Essere letta fa molto piacereJ
Grazie ad Arimi_Chan e Medusa per l’apprezzamento, e Tetide per lo spunto!
Ho sempre pensato che, se davvero fossero sopravvissuti, i nostri eroi non si sarebbero persi alcuni avvenimenti storici rilevanti, almeno non quelli immediatamente successivi al 14 Luglio…
 
     Ritornano in piazza. La confusione non era ancora diminuita, e non accennava a farlo: la gente inondava la piazza e le vie circostanti.
    Era tutta là, quell’umanità inferocita dalla fame, intenta a riversare la bile accumulata per anni, che avevano accumulato in silenzio e che ora vomitavano, dopo secoli di patimenti e diseguaglianze, di fronte alla fortezza disarmata.
   E ora, Oscar guarda tutto quello che c’è intorno a lei con occhi nuovi: la gente le sembra diversa, e  anche la Bastiglia. Osserva quel monumento arreso, e si stupisce: non è poi così grande come la vedeva fino a qualche ora fa.[1]
    Cerca con lo sguardo i suoi soldati, e li trova appostati su di un lato: alcuni di loro sono troppo stanchi per entrare a liberare i prigionieri, altri sono già dentro le stanze della fortezza.
    Si dirige con passo lento, il biondo Comandante, verso quegli uomini in divisa… e spinge dolcemente il suo di uomo, quasi senza fargli notare che è lei a dare la direzione, e l’uomo la segue silenzioso, indeciso se soffrire profondamente o meno per il fatto di dover essere guidato fra la folla, e la certa consapevolezza che, in ogni caso, da quel momento in poi sarebbe stato sempre così, con Lei davanti e Lui immediatamente indietro, non lo aiuta a prendere la decisione.
   Durante tutta la battaglia era stato così: chi lo guidava dal lato destro, chi dal sinistro, chi gli diceva come mirare… E poi, un attimo dopo… François non c’era più, spento da una pallottola in pieno petto… e Lassalle lo seguiva timidamente morendo senza un grido, così come aveva vissuto.
   Pensieri lunghi una vita: e le dita dell’uomo si fanno nervose e stringono involontariamente la bianca mano che li guida, e la bocca si contrae su quel viso stanco, mentre l’uomo sente che il suo cuore perde un battito.
    Lo stesso lento movimento della testa, lo stesso spostamento di luce della chioma d’oro che sta di fronte a Lui, e gli occhi del Comandante donna incontrano il viso contratto del soldato: un momento breve, di quelli come ce ne sono tanti nella vita, ma che ti fanno capire l’importanza delle cose. Perché il biondo Comandante ora, in mezzo alla folla, sperimenta quanto sia forte il legame con quel soldato silenzioso: lo sapeva già, da sempre, ma lo scopre ogni volta. Oscar lo capisce. Oscar sa, senza parlare, quali sono i pensieri del suo Andrè. E se ne sconvolge, per l’ennesima volta. Ma bisogna andare avanti. “Coraggio. Alain e gli altri sono lì, raggiungiamoli”. Dice allora la donna, consapevole di non potersi fermare, anche di fronte a tanto dolore.
    Appena arrivati fra i soldati, per istinto, Oscar lascia la mano di Andrè: non è facile, non lo è ancora, ammetter davanti a tutti che è una stupida donna sentimentale che si bea del più semplice contatto col suo uomo.
    “Soldati…Compagni. Adesso per noi…” ma il comandante non riesce a terminare la sua frase: la Bastiglia sputa fuori tutta l’orda barbarica che l’aveva invasa, che porta fuori, trionfante, quello che è riuscita a trovare fra le viscere della prigione: sette prigionieri.[2]
    Gli ex soldati si riscuotono dal loro torpore fatto di stanchezza: c’è poco ora da chiedersi, bisogna solo seguire lo sciame umano che guida gli ancora attoniti prigionieri verso l’Hotel de la Ville, e bisogna sbrigarsi, a costo di ignorare le parole, qualunque esse fossero, del loro amato Comandante.
   E la donna soldato vede i suoi uomini scavalcarla senza tanto rispetto:si uniscono al grido inferocito della folla, le passano davanti urtandola e creando delle onde d’aria che fanno tentennare lievemente gli ormai inutili galloni della sua divisa.
    “E ora, che fanno?” e interrompe il suo silenzio Andrè, e muove un incerto passo avanti, e stringe nuovamente la mano della sua donna. “Non lo so, sembrano tutti in preda al furore. Seguiamoli… tieni stretta la mia mano Andrè: è molto facile perdersi, qua in mezzo”.
    Ma i due non sono soli: un altro uomo sembra resistere al furore cieco della massa, Alain.
   “Ehi, voi due… se non sono di troppo… ecco, mi pare di capire…” e ride, il gigante in divisa, mascherando il dolore sordo che lo prende nel vedere le mani dei due stringersi vigorosamente.
    “Alain, che dici! Non sarai mai di troppo, dopo tutto quello che hai fatto per noi!” ed è l’amico a parlare, Andrè, che sa che l’altro ama la sua donna, ma sa anche che è un uomo onesto,e non farà mai nulla per tradirlo.
    Ma per istinto riflesso, senza accorgersene, si avvicina ancora di più alla sua compagna, quasi a voler sottolineare quelle che sono le giuste distanza: Lui vicinissimo a Lei, unico detentore dello spazio vitale del suo corpo,uno spazio in cui  l’amico non avrà mai accesso.
    La donna soldato, però, non si accorge del gesto di possesso del suo uomo: è troppo concentrata a scrutare il movimento della folla.
    “Sbrighiamoci: stanno andando tutti verso il municipio. Presto, Andrè. Alain, seguici”.
    E se non fossero stati troppo occupati a cercare un’ipotetica vendetta, i parigini si sarebbero di certo stupiti nel vedere l’esile biondo soldato farsi varco stringendo la mano ad un altro soldato, quest’ultimo invece moro e più alto, a sua volta seguito da un altro soldato, ancora più alto e ancora più moro.
    Ma all’improvviso, la massa si bloccò di colpo.[3]
     Un uomo, che di umano in quel momento non aveva niente, aveva riconosciuto il governatore Launay e lo aveva scaraventato in mezzo alla folla. E come leoni affamati davanti ad una preda ancora viva, ora tutti si avventavano su di lui: chi lo riempiva di pugni allo stomaco, chi invece preferiva usare i piedi.
   Una violenza inutile: quell’uomo si era arreso, poco tempo prima, e con lui tutta la Bastiglia.
   E Oscar non può resistere di fronte a tanta inutile bestialità: un misto di frustrazione e rabbia l’assalgono, e sono sensazioni così forti che la spingono a lasciare la mano del suo uomo e tentare inutilmente di farsi avanti, quasi potesse, Lei sola, fermare il massacro.
   “Fermatevi! Non ha senso fare questo! Fer…” ma con una mano Andrè le tappa la bocca, e con l’altro braccio l’attira contro di sé:
 “Zitta! Ti faranno fare la stessa fine se ti sentono!”
    L’ex attendente non si sbagliava di certo: i parigini che erano attorno a loro si erano già infastiditi per lo strano impeto con il quale quell’ambiguo soldato difendeva quel bastardo di Launay.
    Un grido di gioia: Launay è morto, e la sua testa, ora, è un macabro trofeo da issare su di un palo, e da portare a capo di quella strana processione.
   Oscar, adesso, si è rilassata, sconfitta, contro il petto del suo uomo: e la mano che ancora le tappa la bocca è bagnata dalle lacrime di frustrazione che il comandante versa di fronte a quell’ingiusta crudeltà.
   Andrè la libera dal suo bavaglio, con un gesto rapido le asciuga gli occhi:
   “Purtroppo, temo che questo sia solo l’inizio”.
   “Non è giusto, Andrè…”
   “Lo so. Ma andiamo avanti. Dovrà finire questa giornata”.
    E i tre riprendono a seguire la folla, raggiante, che segue l’orrorifico totem che li guida.
    E Andrè aveva ragione: la giornata non era finita, e un’altra vittima attendeva la sua sorte.
    Intanto, la sete di sangue della folla sembrava essersi placata: molti si erano fermati, per asciugarsi il sudore del sole di luglio, qualcuno cercava già di commentare, altri si abbracciavano ancora commossi.
    Quei momenti di breve tregua furono interrotti da diverse voci: chi aveva guidato il corteo, tornava a gridare “Al Municipio!” e la massa riprese a muoversi, e così fecero i tre soldati. Il loro passo è sempre più stanco, e i loro occhi si fanno sempre più vuoti.
    Arrivati davanti al Municipio, piazzati i pali della vittoria con le teste infilzate, gli oratori iniziano il loro discorsi: l’avvenimento è stato solenne, ed è ora di celebrarlo.
   Oscar sa che, tra quelli che prenderanno la parola, Bernard non potrà mancare:
“Andrè, chissà dove sarà…”
“Parli di Bernard?”
“Si”
    E Alain, che finora aveva osservato un silenzio religioso, prende la parola:
“Parlate del vostro amico, quello che parla sempre? È lì, in quell’angolo: ha già iniziato…”
    Ed era lì Bernard, circondato dai parigini che, come al solito, pendevano dalle sue labbra.
    E Oscar e Andrè si avvicinano alla folla di uditori: e ascoltano il loro primo discorsi da cittadini comuni.
   Ed è raggiante Bernard, quasi come se durante la giornata le strade di Parigi fossero rimaste pulite, e non zuppe di sangue come in realtà erano.
   “Cittadini! Questo è il premio del vostro splendido coraggio![4] Che gli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità acquistino da oggi nuovo valore! È questa la tua vittoria, popolo di Parigi…  essere entrato nella storia dell’umanità! Ma c’è ancora un neo che dobbiamo cancellare da questo giorno… Jacques de Flesselles[5], a cui noi abbiamo affidato la nostra città, ci ha tradito. Dimostriamo la nostra grande forza: consapevoli del valore della giustizia, portiamolo al Palace Royale, è lì sottoponiamolo a giusto processo! ”
   Ma ovviamente, la folla che aveva applaudito l’oratore, del valore della giustizia capì ben poco: e il povero de Flesselles venne trascinato al centro della piazza[6], e subì la stessa fine di Launay.
   Di fronte a questa nuova crudeltà, il Biondo Comandante non reagì nemmeno: era inutile gridare, e non avrebbe potuto far nulla nemmeno se avesse avuto a disposizione non una, ma cento spade.
   E dire che nella sua vita di sangue ne aveva visto tanto: ma non ci si abitua mai allo spettacolo della crudeltà.
 Il suo sguardo era ancora perso nel vuoto, quando senti una lieve pressione sul braccio: si girò, e incontrò gli occhi di Rosalie, ora Signora Chatelet, moglie di quell’uomo che smuoveva le folle, ma tanto diversa da lui, che se l’evidenza dei fatti non lo avesse negato, si poteva credere che un connubio del genere, fra due esseri così distanti tra loro, fosse praticamente impossibile.
  E fu Rosalie la prima a parlare:
“Monsieur Oscar! Come sono contenta di vedervi qui, con noi! Io lo sapevo, Monsieur… sapevo che sareste stato con noi in un giorno grande come questo”
   “Non credere Rosalie. Le grandezze sono sempre relative”.
E fu questa la strana risposta del Biondo Comandante.
 
  
 


[1] È vero: la Bastiglia era una prigione piccola e mal presidiata, il 14 luglio vi erano solo trenta guardie e diversi invalidi di guerra a protezione dell’ormai famoso baluardo.
[2] Eh già… all’epoca del 14 luglio la Bastiglia “ospitava” solo sette prigionieri, di cui quattro falsari, un incestuoso, un uomo ritenuto complice in un attentato al Re e un nobile caduto pazzo… e questo, va a confermare che, più che altro,durante il famoso giorno ad essere attaccato fu niente di più che un simbolo.
[3]“ Lungo la strada, in piazza de Grève, Launay fu preso dalla folla e linciato. Uno degli insorti lo decapitò e infilzò la testa su una picca” da Wikipedia, alla voce “Presa della Bastiglia”.
[4] Questa frase, in realtà, la dice Oscar in punto di morte, nel manga… il resto, lo sto inventando tutto io… ed è difficile essere all’altezza di chi fu un così grande arringatore! Speriamo di riuscirci!
[5] Era una sorta di “sindaco” di Parigi.
[6] In realtà, fu ucciso per strada del Palace Royal… ma mi sono presa una licenzaJ
  
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