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Autore: OpunziaEspinosa    03/07/2011    26 recensioni
E se Isabella Swan fosse la ragazza più popolare della scuola? Se fosse Edward Cullen il ragazzo nuovo in città? Chi dice che non sia LEI a doversi prendere cura di LUI? Breve FF su una semplice storia d'amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 7
 
Ci siamo. Sono le 7.13. Bella sarà qui tra poco più di un quarto d’ora.
Sarei voluto andare io a prenderla a casa, come si addice ad un vero uomo. Ma l’unico mezzo che abbiamo a disposizione in famiglia è un vecchio furgoncino scassato che i miei genitori usano anche e soprattutto per lavoro. Un mezzo decisamente poco adatto ad un’elegante festa in stile Hollywood anni cinquanta e ad un primo appuntamento. L’ho comunque proposto a Bella, ma lei ha storto il naso.
“Ne sei sicuro?” mi ha chiesto. “Davvero quel coso riuscirà a portarci fino a scuola?”
Ne ero sicuro, ovviamente. Quel coso non morirà mai. Dovesse estinguersi la specie delle automobili, il Chevy sarebbe l’unico mezzo a sopravvivere. Ma quel furgone non piace neppure a me. Puzza di vegetazione e non è neppure tanto pulito. Sarebbe una tragedia sporcare i nostri abiti eleganti di terriccio ed humus. Il noleggio dello smoking m’è costato un occhio della testa e, anche se i miei genitori sono stati più che felici di regalarmi il denaro, ho intenzione di restituire loro almeno i soldi della cauzione. Neppure voglio che Bella rovini il proprio abito, mi sentirei troppo in colpa. Inoltre tutti gli occhi saranno già puntati su di noi per ovvi motivi (tutti i liceali di Forks si chiedono se stiamo o no insieme). Non mi sembra il caso di attirare ulteriormente l’attenzione arrivando alla festa a bordo di un Chivey vecchio ed arrugginito e con la marmitta roboante.
Così sarà Bella a venire a prendermi a casa, come al solito.
Ammetto che la cosa comincia a pesarmi. Mi pesa il fatto che, tra di noi, sia lei a rivestire il ruolo del maschio. Lei mi salva dai prepotenti, lei mi presenta ai suoi amici, lei mi scarrozza in giro con la sua Volvo, lei mi chiede di uscire, mi confessa i suoi sentimenti, mi prende per mano e mi bacia sulla guancia per la prima volta…
E stasera, in occasione del nostro primo appuntamento, sarà lei a passare a prendermi.
Rose ha ragione, devo svegliarmi, darmi una mossa. È evidente che a Bella piaccio così come sono, ma non credo disprezzerà un briciolo di virilità in più da parte mia. Devo solo tirarla fuori. E magari, prima, capire dove l’ho nascosta.
 
Mi do un’ultima occhiata allo specchio, sistemo il papillon, e faccio scorrere per l’ennesima volta le mani tra i capelli, nel tentativo di spettinarli ad arte, esattamente come nella foto 4a di pagina 25 del faldone Operazione Cullen.
È ridicolo, me ne rendo conto, ma subito dopo pranzo ho passato mezz’ora al telefono con Rose a discutere di come mi sarei dovuto pettinare. Mi ha chiamato lei, “colpita da una folgorazione,” ha detto.
Secondo Rose dovrei abbandonare l’effetto spettinato ed adottare un’acconciatura più formale, in classico stile anni cinquanta. Io le ho riso in faccia, facendole presente che capello composto, riga laterale, brillantina e spessi occhiali dalla montatura nera non mi avrebbero reso attraente, avrebbero solo ricordato in modo inquietante Clark Kent, l’identità segreta di Superman.
Godo di scarsa autostima ed ho imparato solo stamattina a mettermi il gel. Non ho nessuna intenzione di azzardare cose da passerella solo perché Rose è pazza e crede che io sia il suo Ken (o la sua Barbie?) in scala 1:1.
Tiro un bel respiro, infilo la giacca, e poi scendo le scale, le scarpe di vernice in mano – altro affare scovato da Rose non voglio neppure sapere dove.
Ho deciso che aspetterò Bella di fuori, sul portico, e non in casa, sotto lo sguardo compiaciuto dei miei genitori. Già credo di essere poco maschio e sono alla disperata ricerca della mia virilità. Proprio non me la sento di dar vita ad una scena da filmetto romantico in cui Bella mi aspetta all’ingresso, in compagnia  di mio padre e di mia madre, mentre io scendo le scale con il cuore in gola. Non sono mica la ‘Reginetta del Ballo’ !
Oltretutto, conoscendo mio padre, sono più che certo che, di fronte a Bella, se ne uscirebbe con una frase ad effetto, per dimostrare che è un tipo in gamba e al passo con i tempi, ma senza rendersi conto di risultare semplicemente fuori luogo.
Una frase del tipo: “Ragazzi, siate responsabili, non bevete e, non c’è bisogno che ve lo dica, prendete le dovute precauzioni.”
Devo ancora capire come riuscire a baciare Bella evitando di fare una figuraccia. Francamente, posso aver mai pensato alla prima volta in cui io e lei faremo l’amore? No!
Cioè… in effetti… magari… un pochino… ma, giuro, è un pensiero talmente imbarazzante e recondito che, generalmente, non lo ammetto neppure a me stesso… e poi non accadrà mai…
I miei genitori mi aspettano in cucina. Mia madre sta preparando la cena, mio padre sta apparecchiando la tavola.
Mi fermo sulla soglia e mi schiarisco la voce. Mia madre è la prima a voltarsi.
“Edward…”
Se ne resta ferma, con le carote in una mano ed un coltellaccio nell’altra, e mi fissa come se avesse visto un fantasma. Oddio… sono così brutto?
Mio padre ha più o meno la stessa espressione. Anche lui è congelato con stoviglie di vario tipo tra le mani e la sua bocca è spalancata in una O quasi perfetta.
“Allora, che ne dite?” chiedo arrossendo ed iniziando a grattarmi la nuca.
“Edward…” dice mia madre.
“Edward…” dice mio padre.
“Edward… sei… sei…”
Ok. Lo so come mi chiamo. Però vorrei un parere.
Niente, i secondi passano ed io comincio a temere per la salute dei miei. Gli ho forse provocato un colpo apoplettico?
Bizzarro che due professori universitari - due ricercatori -  siano rimasti senza parole.
“Mamma… che ne dici?” insisto. “Sono… presentabile?”
“Edward,” risponde mia madre mollando carote e coltellaccio sul bancone della cucina. “Tu non sei semplicemente presentabile,” continua pulendosi le mani nel grembiule mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. “Tu sei… tu sei…”
È così emozionata che non riesce neppure a concludere la frase. Così corre ad abbracciarmi.
“Il mio bambino…” dice mentre mi stringe forte. “Il mio bambino…” continua a ripetere mentre mi riempie di baci.
Io sono color melanzana. Non rosso. Melanzana.
“Mamma…” mi lamento cercando di liberarmi. Ma sono felice. So che per mia madre sono sempre stato il ragazzo più carino al mondo, ma vederla così commossa è una bella iniezione di fiducia ed autostima, anche se è stata lei a farmi nascere e mi amerebbe in ogni caso, anche se avessi delle orecchie da asino  e delle pinne al posto della braccia.
Nel frattempo mio padre si è ripreso. Mi osserva compiaciuto, con le mani in tasca, e mi sorride con occhi complici.
“Bella è molto fortunata,” dice. “Non poteva trovare cavaliere migliore, per questa festa.”
“Gra-grazie…” balbetto cercando di ricompormi dopo l’assalto di mia madre.
“A che ora dovrebbe arrivare, Bella?”
“Tra pochi minuti, papà.”
“A che ora avete intenzione di rientrare?”
“Non saprei…” rispondo. Perché è vero, non lo so.  So solo che la palestra chiuderà a mezzanotte. Ma so anche che Bella e gli altri, il sabato sera, fanno molto più tardi. Magari hanno intenzione di concludere la serata altrove. O magari, se le cose con Bella vanno male, potrei ritrovarmi libero per le nove, forse prima. Chi può dirlo.
“Non ti preoccupare, amore,” interviene mia madre. “Torna quando vuoi. Ci fidiamo.”
“Grazie, mamma. Cercherò di non fare tardi, comunque.”
“Prendetevi il vostro tempo,” dice mio padre. “E mi raccomando, Edward…” continua enigmatico.
“Cosa?” chiedo, pentendomene immediatamente.
“Cercate di essere…”
“Papà!”
“… prudenti…”
Ecco. Lo ha detto. Comincio a sospettare che non parli seriamente, però. Comincio a credere che mi prenda in giro. Insomma, non ne abbiamo mai discusso apertamente, ma credo sappia che tra me e Bella non c’è mai stato neppure un bacio. Come può pensare che al nostro primo appuntamento ufficiale noi… sì, insomma… noi… ecco… quella cosa lì. È pura fantascienza!
“Oh, Carlisle, lascialo in pace!” esclama mia madre. “Non credi sia già abbastanza nervoso?”
“Esme, i ragazzi devono poter parlare liberamente di…”
Oh, santo cielo... Non voglio che mio padre dica la parola sesso. Non voglio!
Così me ne vado.
“Ehm… Io esco sul portico ad aspettare Bella, ok?” lo interrompo lasciando bruscamente la stanza.
“Edward!” Lo sento chiamare il mio nome, ma io sono già sulla porta di casa, la mano sulla maniglia.
Mia madre mi è venuta dietro e cerca di tranquillizzarmi.
“Non dar retta a tuo padre,” dice sistemandomi la giacca. “Le sue parole hanno un senso, ovvio, ma forse non per questa serata, dico bene?”
Le faccio di sì con la testa, imbarazzato e riconoscente. Mia madre mi capisce al volo, certe volte.
“Forza, infila almeno le scarpe prima di uscire.”
“Va bene.”
Infilo le scarpe ed esco.
 
7.30
Bella dovrebbe essere qui a momenti.
7.35
Bella è in leggero ritardo.
7.40
Bella non è ancora qui. Comincio a stare male. È successo qualcosa o mi ha dato buca? Oddio mi ha dato buca…
Ho passato quasi due settimane a rifarmi il guardaroba, mi sono tagliato i capelli e conciato come un pinguino, e lei mi ha dato buca…
Sto male.
7.41
Squilla il cellulare.
È Bella… è Bella!
“Bella?”
“Edward, sto arrivando, sto guidando, non ti posso parlare, ciao.”
E riattacca.
Bella sta arrivando. Bella è semplicemente in ritardo, non mi ha dato buca… Meno male.
 
Dopo un paio di minuti sento il rombo di un motore e dei freni stridere in lontananza.
È Bella. Riconoscerei la sua Volvo ovunque.
Mi alzo dal dondolo, mi passo nervosamente le mani sulle gambe dei pantaloni per togliere qualche piega, mi sposto verso i tre scalini che conducono al portico, e mi fermo lì, come una sentinella, ad aspettare la ragazza che amo.
Mi batte forte il cuore ed una morsa mi ha chiuso la gola, al punto che fatico a respirare. Ma non vedo l’ora di incontrarla.
Chissà cosa penserà Bella, vedendomi. Chissà se le piacerò con lo smoking ed il nuovo taglio di capelli. Non potrei sopportare l’idea di non piacerle. Devo piacerle. Ormai ci sono troppo dentro. Ormai ho deciso, stasera la bacerò. Non posso baciare una ragazza che non si sente attratta da me.
Comincio a sentire dei passi veloci sulla ghiaia. E poi eccola, sbucare da dietro la siepe. Un angelo, una visione celestiale. È lei. È Bella, la mia Bella, ed io sono talmente felice che potrei morire, ora, e non mi importerebbe.
Resto lì, fermo, a contemplarla mentre si avvicina.
Indossa un abito bianco, con un corpino stretto, senza spalline, impreziosito da piccole stampe floreali rosa e rosse, ed una gonna ampissima, a ruota, lunga pochi centimetri oltre il ginocchio. Tiene i capelli raccolti in uno chignon stretto e basso, come una ballerina, ed il trucco leggerissimo – solo un filo di rimmel ed un velo di lucidalabbra rosso - mette ancora più in risalto i suoi lineamenti minuti e delicati.
È la creatura più bella che io abbia mai visto. Anche se indossa le scarpe da ginnastica (perché indossa le scarpe da ginnastica?).
Bella cammina tenendo lo sguardo basso e solo quando è in prossimità della casa alza la testa.
Non appena mi mette a fuoco si blocca. Sgrana gli occhi e spalanca la bocca, come se non riuscisse a capire chi diavolo si trova di fronte.
Sicuramente, visti dall’esterno, sembriamo due scemi. Io l’osservo incantato senza muovere un muscolo. Lei mi osserva esterrefatta ed impietrita.
“Oh, cazzo…” la sento dire. “Edward?”
Mi guarda da lontano, senza abbandonare l’espressione stupita. Io mi stringo nelle spalle, non sapendo bene cosa fare. Così faccio quello che so fare meglio: arrossisco e comincio a grattarmi nervosamente la nuca.
“Ciao…” le dico.
“Ciao…” mi dice. Ma non si muove.
Così prendo io l’iniziativa (sono o non sono un uomo?). Scendo i tre gradini e mi avvicino lentamente. “Mi sono… io ho… ho tagliato i capelli…”
“Lo vedo…” balbetta.
Ora sono di fronte a lei. Un solo passo ci separa. E continuiamo a fissarci in silenzio.
“Rose mi ha… mi ha preso questo smoking…” tento di nuovo.
Bella annuisce, ma non aggiunge altro. I suoi occhi non mollano i miei, ed i miei non mollano i suoi.
“Ti prego, di’ qualcosa…” la imploro. Sono teso come una corda di violino; potrei spezzarmi da un momento all’altro.
Bella sbatte le palpebre, come se stesse cercando di riprendersi da uno shock tremendo, ed io non capisco se è un buon segno o un cattivo segno.
“Faccio così schifo?” le chiedo, perché comincio ad essere seriamente preoccupato dalla sua reazione.
“Cosa?!”
“Faccio… faccio schifo?” ripeto, sempre più nervoso.
“Edward… tu sei… tu sei…” Si interrompe di nuovo e poi mi sorride. “Sei bellissimo…”
“Be-bellissimo…” ripeto balbettando. Non ci credo. Bella mi trova bellissimo. È un sogno. Sto vivendo in un sogno.
“Bellissimo,” ripete un’altra volta, con più convinzione.
Non posso fare a meno di sorridere a mia volta. “Grazie, anche tu… anche tu sei bellissima… davvero… sei… sei meravigliosa.”
Vorrei trovare un aggettivo adatto a descrivere quanto è straordinaria, ma non lo trovo. Non ci sono parole, a dire il vero.
Bella rivolge uno sguardo scettico a ciò che indossa ai piedi. “Anche con le scarpe da ginnastica?”
Eccola qui, la mia Bella. Divertente ed autoironica. Non smetterò mai di amarla. Mai.
“Ehm… quelle forse… magari…” Poi mi faccio coraggio e glielo chiedo: “Tieni delle altre scarpe in macchina, vero?”
Ora, due settimane con Rose non mi hanno trasformato in un esperto di moda, ma pure io capisco che quelle scarpe non c’azzeccano nulla!
Bella scoppia a ridere. “Certo, sciocchino! Tacco dodici. Ma non so guidare con i tacchi… Anzi, già che siamo in argomento…”
“Cosa?” le chiedo leggermente preoccupato dal suo sorriso sornione.
Bella alza un braccio e fa dondolare le chiavi della Volvo ad un palmo dal mio naso. “Non vorresti accompagnarmi tu alla festa?”
“Cosa?!” esclamo esterrefatto. “Vuoi farmi guidare la tua macchina?”
“Ce l’hai la patente, giusto?”
“Sì…”
“E allora tieni.” Bella mi prende la mano destra e ci lascia cadere le chiavi. “La Volvo è tutta tua.”
“Wow…”
Contemplo le chiavi per un attimo, e non posso fare a meno di sorridere. Sono un secchione, un nerd e non ne capisco nulla di motori. Ma ciò non toglie che l’idea di guidare un’auto simile è davvero elettrizzante.
“Ok… ok… va bene…” accetto alla fine.
Bella mi sorride compiaciuta. Io ricambio il sorriso. Poi le prendo la mano. “Sei pronta?” le chiedo.
Lei osserva le nostre dita intrecciate per qualche secondo, forse sorpresa da tanta audacia da parte mia. Per una volta sono stato io a cercare una forma di contatto fisico, per quanto casto.  Non è stata lei, e chiaramente non se lo aspettava.
Quando Bella rialza la testa, il suo sguardo è cambiato. Mi osserva in modo diverso. Non saprei dire come, ma i suoi occhi brillano di un’altra luce. Mi aveva sempre guardato come se fossi un cucciolo da difendere, prima. Ora no. Ora mi guarda come se fossi un uomo. Che sensazione straordinaria.
 
Raggiungiamo la Volvo, le apro lo sportello, l’aiuto a salire, poi mi dirigo verso il posto di guida. Finalmente posate le mani sul volante, mi ricordo che in frigo tengo un bouquet da polso per Bella. Non so se si usa fare regali simili, ma mi sembrava un’idea carina. E me ne stavo per dimenticare.
“Che idiota!” esclamo.
“Che c’è?”
“Ho una cosa per te...” E senza aggiungere altro scendo dall’auto.
“Edward, dove vai?” La sento urlare alle mie spalle. Ma io sono già lontano.
Quando torno le mostro il mio regalo. Un piccolo bouquet da polso, composto da alcuni boccioli di rosa bianchi, che ho fatto preparare da mia madre alla serra.
“Oh, mio Dio… Edward, è bellissimo.”
Bella mi guarda con occhi sognanti mentre glielo infilo, ed io non posso fare a meno di sentirmi orgoglioso per questo mio piccolo gesto.
“Ti piace sul serio?” le chiedo. “Non lo trovi troppo ‘sdolcinato’ ?”
“Edward, no… è perfetto.”
Bella mi da un bacio sulla guancia e poi metto in moto.
 
Due  minuti più tardi la sorprendo mentre mi osserva dubbiosa.
“Che c’è?” le chiedo.
Lei mi guarda, poi guarda fuori dal finestrino, poi mi guarda ancora.
“Ehm… nulla…” dice, ma non mi pare convinta.
“Bella, sul serio. Che c’è?” insisto.
“È solo che…”
Sembra stia trattenendo a stento una risata, ed io comincio a sentirmi a disagio.
“Bella…”
“Ho appena visto una tartaruga sorpassarci a gran velocità,” dice. “In sella ad una lumaca,” continua seria. “Ha pure alzato il dito medio…”
“Cosa?” Bella mi sta forse prendendo in giro per la mia guida?
“Te lo giuro, ci ha mandato a quel paese…”
Ragazzina impertinente... Mi sta decisamente prendendo in giro per la mia guida!
Non so se offendermi o meno. Poi guardo il tachimetro. Effettivamente 38 miglia orarie non sono un granché.
“E così la tua amica tartaruga ci ha mandato a quel paese…”
“Sì.”
“Ha alzato il dito medio verso di noi…”
“Oh, sì.”
“Bene,” dichiaro convinto. “Ora passo in quarta, la raggiungiamo, la sorpassiamo, e sarai tu a farle il dito!”
Ci guardiamo per un attimo, poi scoppiamo a ridere.
Siamo due scemi.
Credo che questa sarà la serata più bella della mia vita.



 

   
 
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