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Autore: CassandraLeben    03/07/2011    6 recensioni
La memoria del passato è la chiave per affrontare il futuro.
Ma se proprio questo passato su cui facciamo tanto affidamento venisse meno?
E se improvvisamente Bella si trovasse sola, sperduta in un mondo che non riconosce più?
Cosa succederebbe a lei, a Edward, ai Cullen se un giorno la pioggia portasse via con sé anche i ricordi di Bella?
Ff ambientata tra Eclipse e Breaking Dawn (ed ideata prima dell’uscita del quarto libro).
Dal 1° cap: Mi trovavo proprio in mezzo alla strada quando, improvvisamente, un’auto uscì da un incrocio a destra. Correva a tutta velocità sull’asfalto bagnato. Tutto durò una manciata di secondi appena. Troppo poco perché persino Alice potesse aiutarmi.
Venni accecata dall’auto per un istante. Cercai di tornare
indietro ma le mie gambe non rispondevano.
Feci appena in tempo a portarmi le braccia sopra al capo in un infantile tentativo di proteggermi e poi sentii un suono acuto e spaventoso. Il guidatore, accortosi di me, aveva cercato di sterzare.
Ma l’asfalto era bagnato e lui perse il controllo del veicolo.
E poi tutto divenne nero...
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve a tutte.
Esame fatto il 30 (non quello  che dovevo,sfortunatamente, ma un altro. Ragazze, organizzarsi è un lavoro duro!)
Roma è al contempo splendida e terribile. A parte il fatto che la casa della mia amica era affittata a lei e ad altre quattro persone, c’era un solo bagno e le finestre non avevano i vetri (i proprietari se ne approfittano troppo degli studenti. Era una casa inabitabile. Da servixio di igiene!) devo dire che mi sono trovata molto bene. Ecco, forse i mezzi pubblici lasciano un po’ (molto) a desiderare ma in compenso i taxi costano mille volte meno che a Milano. Sono stata costretta a prenderli e devo dire che li ho trovati davvero economici. E poi la gente! Erano tutti fantastici!
Vabbè, immagino che delle mie vacanze romane non vi interessi e avete ragione.
In questo periodo sono stata molto impegnata per via di alcune opportunità che non mi sono sentita di non cogliere ma ciò mi ha allontanato dalla scrittura. Sfortunatamente i giorni non hanno 36 ore.
Ma eccomi qui con un capitolo che, come preannunciato, è incentrato sul rapporto tra Edward e Isabella. Non potrebbe esserlo di più.
Ringrazio tutte voi che hanno recensito (non vi ho ancora risposto per problemi tecnici. Mentre ero a Roma non avevo il PC e, una volta tornata, non ho alzato il sedere dalla sedia della biblioteca neanche per un minuto. Odioso esame!) ma mi ci metto appena finito di postare.

Bene, vi lascio a questo capitolo che spero non turbi.
Ho cercato di essere delicata, soft e non morbosa in quello che scrivo (anche perché, concedetemi errori. Per me è solo teoria allo stato più sublimato dell’etere… vado di fantasia. Nel caso avessi detto fesserie, vi prego rendetemelo noto così da poter correggermi)

 Se ho dato fastidio a qualche lettore per i temi, mi dispiace. Ho cercato di abbassare il rating e sono andata giù con l’accetta a tagliare per non dover mettere rosso. Spero che nessuno trovi inadatto e spiacevole quanto scritto. Nel caso, comunicatemelo e provvederò ad autocensurare eventuali passi ritenuti troppo espliciti.

Ringrazio tutte per la passione che mi infondete e per le vostre recensioni.

Ora scusate ma devo andare a piangere un po’ su un altro Edward: Edward Elric. Sto facendo la maratona e guardando l’anime (fma broherhood) mentre scrivo i nuovi capitoli di questa storia.
Starei pensando a una RoyXRiza ma so già che rischierei la fucilazione quindi, per ora, mi astengo. Se però volete un bel manga, ve lo consiglio. Io lo seguo dal primo numero e non ne sono mai stata delusa! Ha, se percaso questo mio Edward congiunge le mani e tira fuori lance dal pavimento... tiratemi una secchiata d'acqua e fatemi rinsavire... oh... Edo....

 

Un abbraccio e a prestissimo, auguri a tutte le maturande!!!

Cap 26  

Love don't give no indication, love don't pay no bills.
L’amore non da indicazioni, l’amore non paga I conti.

 

Ps: sono sicura che la canzone Love Kills di Freddie Mercuri dica DON’T anche se Love è singolare. Qualcuno sa spiegarmelo? Non so proprio se ho sentito male io o se è giusto o che altro…

Edward’s POV
 

Nuda, davanti a me, arrossì. Mi chinai per sfiorarle la gola con il naso. Reclinò la testa, ansimando. Scesi a sfiorarle il ventre, l’ombelico. Disegnavo linee immaginarie con la punta del naso, con la lingua… ad ogni mio tocco fremeva. Si contorceva. Teneva le dita incrociate alle mie mentre assaporavo il gusto della sua pelle.

Ansimava il mio nome mentre il mio corpo sfiorava il suo.
Ad un certo punto sciolse la presa delle nostre mani. Portò le sue dietro alla mia schiena alla quale si aggrappò quasi disperata.
Sentivo l’anello premere contro la mia pelle.
Quel contatto mi eccitava oltremisura.
Ora che avevo le mani libere le usai per carezzarla lì dove il mio tocco la faceva fremere. Il suo seno morbido e pieno, inturgidito sulle punte… le sue labbra carnose, la sua nascosta femminilità…
< Edward… > boccheggiò.
Le sue dita si aggrapparono ai miei capelli, tirandomeli.
Chiuse gli occhi e strinse le labbra. Dalla bocca socchiusa scivolarono gemiti e flebili ansiti.
Poggia il capo sul suo ventre, le labbra sul suo ombelico.
Le mie mani, dalle sue cosce, scesero alle sue ginocchia. Le afferrai con delicatezza guidandola a divaricare le gambe.
A quel mio gesto rispose con un singulto. Sentii il suo corpo bloccarsi come già era successo in quella strana notte.
Ciò mi preoccupava. Forse non mi diceva la verità… forse non voleva che la toccassi… proprio come con quel Jason. Era a disagio? Non si sentiva pronta?
Senza scostare il volto dal suo grembo caldo, le chiesi: < Bella, va tutto bene? Se vuoi mi posso fermare… se non sei sicura. >
Respirò profondamente per tre volte prima di rispondermi. Cercò la mia mano tra le coperte e, quando la trovò, la strinse forte come se da quel contatto ne traesse conforto.
< No, ti prego… non ti fermare. >
Sentii la sua voce tremare. Scivolai lungo il suo corpo fino a portare il mio viso davanti al suo, per guardarla negli occhi.
< Bella, dimmi cosa non va, ti supplico. >
< Non c’è nulla che non vada. >
< Non mentire, non ne sei in grado… >
Chiuse gli occhi, un’espressione di dolore dipinta sul volto. < Spero tu ti stia sbagliando… altrimenti sono nei guai. >
< Non preoccuparti. Te ne tirerò fuori io. Ma devo sapere la verità. Sei una pessima bugiarda. >
Cercò di allontanarmi ma glielo impedii. < Bella, davvero, non c’è nessun motivo per cui tu debba avere paura o provare vergogna… dimmi cos’è che ti turba. >
Era combattuta. Il suo labbro inferiore tremava.
< Ti prego, aiutami. > mi sussurrò stringendosi a me.
Ero addolorato e terrorizzato da ciò che avrebbe potuto dirmi. D’altra parte, volevo che si confidasse con me, che si liberasse di quel fardello che sopportava da sola.  Qualunque esso fosse.
< Lo farò. >
Prese un grande sospiro e, come se fosse pronta a confessare un atroce delitto, mi implorò di non adirarmi nei suoi confronti. Le risposi che non avrei mai potuto. Per nessun
motivo.
Mi lasciai cadere sulla schiena, alla sua sinistra. Le presi il braccio e cominciai a percorrerle con le dita i segni rossi che le deturpavano la pelle.
Trattenne il fiato  per un istante prima di scoppiare in lacrime e coricarsi sotto alla mia ascella.
La strinsi a me passandole le mani sulla schiena per confortarla.
Ma il fiume di parole che mi aspettavo non arrivò. Con voce tremante mi confidò soltanto:
< Edward… sono successe tante cose mentre ero qui. Ma non ce la faccio a parlarne… >
< Non c’è problema, né alcuna fretta. Quando e se vorrai, me ne parlerai.
Una sola cosa ti devo chiedere. >
Alzò il capo e mi rivolse uno sguardo intimorito. Le presi di nuovo il braccio sinistro, martoriato.
Lei lo fissò e notai che sospirò, come se fosse sollevata. Non capii quella reazione. Se non aveva paura di rivelarmi quello, le ferite che si era inferta, cosa mai poteva temere?
< ti prego, non farti più del male. Per nessun motivo. >
Il silenzio che si era creato era per me doloroso. Volevo che mi parlasse, che si confidasse con me.
< Bella? >
< Quelli… erano dei momenti di debolezza. Pensavo che non mi amassi più, che ti fossi dimenticato di me… ero così sola… e Phil… >
Fu come se si fosse pentita di quelle parole. Si zittì immediatamente e poi nascose nuovamente il viso al mio sguardo.
< Phil? >
< Niente… abbiamo litigato. Non vado molto d’accordo con lui. Tutto qui. È stato un brutto periodo. Ho fatto alcune sciocchezze. Ma adesso è tutto passato. >
< Se ci fosse qualcosa che vorresti dirmi, sai che con me puoi parlare di tutto. >
Mi guardò e sorrise di un sorriso così genuino, così autentico, che cancellò tutto il dolore che le sue parole non dette mi avevano suscitato.
Non riuscii a trattenermi e la baciai. Incrociò le gambe intorno alle mie.
Non c’era alcun timore, alcuna ritrosia nei suoi movimenti, in quel contatto umido.
Con un gesto che temetti essere troppo azzardato, sfiorai il suo inguine con il mio.
Arcuò la schiena.
Le sfiorai il seno, massaggiandolo con delicatezza.
< Mi fai impazzire… > sussurrò con la voce roca. Sentirla in quel modo mi faceva sentire come rinato.
Mi sembrava che nulla fosse accaduto tra noi. Nessun incidente, nessuna separazione…
Era come essere nella mia camera a Forks, i giorni prima del matrimonio. Quando giocavamo a quelle che chiamava “le grandi prove”.
Non ci eravamo mai spinti fino in fondo ma ci eravamo andati molto vicino più volte.
Sorrisi a quel ricordo.

Venni ridestato da quei miei pensieri quando sentii le sue manine calde sfiorare là dove sentivo pulsare. Erano tremanti.
Le afferrai il polso e portai la sua mano al mio viso, baciandone le nocche.
< Bella, non devi. Non è necessario. >
< Ma io voglio. > mi disse piccata.
Non potei trattenere un sorriso sbieco che le tolse il fiato.
< No… > le sussurrai e la vidi sconvolta ma io proseguii lungo la mia direzione.
< Io non ho ancora finito. Dopo, se ne avrai ancora voglia… non ti fermerò. >
Il suo sorriso malizioso mi spinse a osare quanto non avevo mai fatto.
< Va bene… aspetterò allora. > mi disse con voce sospettosa.
Le strinsi le mani e poggiai le mie labbra là, a baciarla dove fino ad allora l’avevo solo sfiorata timoroso.
Fu come se l’avessi torturata con la scossa elettrica. Non fosse stato per i gemiti di piacere, avrei detto che le stavo facendo male.
Cercavo di assecondare i suoi movimenti incontrollati. 
Ad un certo punto stinse le mani intorno alle mia braccia con tanta forza che, se fossi stato umano, avrei certamente provato dolore. Le sue gambe si intrecciarono strette intorno al mio busto.
Sentii odore di sangue fresco.
Certo che non provenisse da dove le mie labbra la lambivano, dal momento che non ne sentivo il sapore, alzai allarmato lo sguardo.  
La vidi come non l’avevo mai vista. Era a dir poco provocante. ringraziai di non avere nessuna costrizione, perché sarebbe stato impossibile trattenermi.
Cercai di ritornare lucido.
Tre gocce cremisi le scivolavano sul mento. Era passata una frazione di secondo da quando avevo alzato lo sguardo quando le dissi agitato: < Bella! >
Parve ridestarsi da un sogno.
< No, non smettere… > ansimò.
< Ma stai sanguinando! >
Ero sconvolto. Mi portai sopra di lei per guardarla in viso e il quella parte del mio corpo, così stranamente viva e recettiva come mai era accaduto, si poggiò lì dove sentivo il centro di Bella pulsare.
< Ohh… >
< Bella? > le poggiai il pollice sul labbro dove i suoi denti avevano premuto così tanto da ferirlo.
Sentii la sua lingua sul mio polpastrello. < Ti stai ferendo… >
La sua voce soffocata era terribilmente sensuale. < Non mi importa. È per non urlare. Non fermarti. >
Le sue frasi erano spezzate, non del tutto coerenti. Osservai ipnotizzato quelle minuscole goccioline addensarsi e scendere lungo il suo mento. La volevo, in ogni modo possibile. E di certo non avrei osato contraddirla. Voleva che continuassi? Era il mio stesso desiderio. Darle piacere mi appagava più del sangue che, goccia dopo goccia, sgorgando dal taglio, mi tentava.
Le baciai il collo. < Come vuoi. >
L’odore del suo sangue, la giugulare che pulsava… il suo cuore che palpitava tanto veloce che pareva impazzire… le sue mani strette intorno ai miei capelli… il mio viso tra i suoi seni profumati e caldi. I palmi delle mie mani sulle sue scapole…
L’eccitazione di entrambi era palpabile, tangibile.
E tutto fu per me così naturale, così semplice che a stento mi accorsi della smorfia di dolore che alterò il viso di Bella. Ma lei non disse nulla e io non mi fermai.
Ero talmente stordito dai profumi, dalle sensazioni, che ci misi qualche secondo per rendermene conto. Cercavo di muovermi lentamente, contrastando la fretta scalzante che era nata in me e che si cibava della mia esaltazione.
Il calore che si irradiava da quel punto così bagnato del suo corpo mi stava scaldando come mai era successo.
Quando sentii che i suoi gemiti erano mutati da ansiti di piacere a flebili lamenti di dolore mi immobilizzai. E in quel momento mi accorsi che il suo corpo aveva reagito in modo diverso da quanto mi fossi aspettato.
Era immobile, rigida.
I muscoli del suo ventre erano contratti. Come prima era distesa per accogliermi, ora era così irrigidita che sembrava che il suo grembo mi stesse respingendo.
Sapevo che non dovevo nemmeno pensarlo ma quella pressione era estremamente piacevole per me. Eppure, significava che soffriva.
Gocce diamantine le segnavano il viso. Il volto contratto in una smorfia sofferente.
< Bella? Bella? >
Le mie mani ansiose si spostarono immediatamente sulle sue gote rosse.
Gli occhi spalancati fissavano il soffitto.
< Non è nulla, Edward. Fa solo un po’ male… ma non è niente. >
< Ma cosa dici? > feci per allontanarmi da lei, sciogliendo il legame con cui ci eravamo uniti.
Le sue mani si aggrapparono alle mie spalle.
< No. Per favore. Resta. >
< Ma ti sto facendo male. > le rimarcai sconvolto. Le mie mani ansiose le carezzavano i lineamenti contratti.
< Adesso passa. Non preoccuparti. > La sua voce era flebile.
Incerto su cosa fare, rimasi fermo, adagiato sul suo corpo caldo e vibrante. La accarezzavo con delicatezza e dolcezza. All’orecchio le bisbigliai: < Rilassati… tranquilla e serena… >
ripetevo quelle parole come una nenia, modulando la mia voce. Volevo essere rassicurante.
Attesi che il suo respiro tornasse normale, che il suo volto si rilassasse.
< Fa ancora male? >
< No… è solo… strano. Un po’ fastidioso… forse.
Ma è anche… bello… sentirti così vicino. Però,per favore, resta fermo. Mi devo… abituare. >
La sua voce era affaticata. Sembrava stesse cercando di trattenersi dal gemere. Teneva i denti serrati.
Obbediente, l’unico movimento che mi concessi fu quello delle mie mani. Le facevo scorrere sul suo corpo.  
Sussurrai: < voglio che sia perfetta, questa tua, nostra prima volta… non voglio che tu soffra. >
A quelle mie parole notai i suoi occhi inumidirsi. 
 

Le mie labbra assaporavano la sua pelle. Le sue anelavano aria.
Si incontrarono quando mi spostai dal suo petto a lambirle il volto.
Dopo alcuni minuti, percepii il suo corpo tornare a rilassarsi sotto alle mie dita.
Lentamente le sue membra si distesero e sentii la presa dei suoi muscoli su quella parte così recondita del mio corpo attenuarsi. 
Attesi ancora finché non fui certo che la mia presenza dentro di lei non le creasse più dolore, ripresi a muovermi con lentezza e delicatezza.
Dovevo trattenermi. Non potevo essere troppo impetuoso. Rischiavo di ferirla, di sbriciolarle le ossa con una presa troppo forte, con una carezza troppo potente.
Era tutta la notte che cercavo di moderarmi. In ogni tocco che le riservavo avrei voluto metterci il doppio, il triplo della passione ma non potevo…
La mia fronte era poggiata sulla sua. Respiravo il suoi sospiri che io stesso interrompevo con i miei baci.
Quando i suoi gemiti e i suoi ansiti si fecero sempre più forti capii che potevo osare di più, muovermi con più veemenza e passione, senza ovviamente esagerare.
La sentii inarcarsi sotto di me. I suoi seni al contempo duri e morbidi sfregavano contro la mia pelle trasmettendomi sensazioni uniche.
Il cigolio del letto era un suono così lieve che Reneé non lo avrebbe udito, proprio come non avrebbe udito i nostri ansiti.
Una minima, infinitesimale e del tutto irrilevante parte della mia mente monitorava la situazione. Reneé e suo figlio dormivano. Bella aveva ragione. Da dove era lei non si udiva alcun rumore nonostante il silenzio della notte.
Ma nonostante questa consapevolezza, Bella continuava a sforzarsi di non emettere suoni troppo alti.
Io, dal canto mio, stavo cercando di trattenere la mia veemenza e il mio ardore.
< Edward… Edw-ard… >
< Sì? >
< Ti amo. >
< Anche io. Ti amo, Isabella. >
Per i seguenti minuti non parlammo più, troppo intenti a ricercare l’uno il piacere dell’altra.
Ad un certo punto la sentii tendersi inarcandosi tra le mie braccia come non era mai successo prima. Le sue gambe, incrociate alle mie, strinsero la presa e lei, per smorzare i suoi gemiti di piacere, si morse di nuovo il labbro facendolo sanguinare, riaprendo la ferita che si era procurata. 
Il suo respiro era totalmente fuori controllo.
Ansimava in modo indecorosamente sensuale.
Eccolo arrivato, l’acme del piacere che io stesso le stavo procurando. Mi soddisfaceva anche il solo vederla così appagata, e sapere che ero stato io a donarle quel sorriso pieno e grato.
I movimenti del suo bacino erano così coinvolgenti, incalzanti… che non potevo fare a meno di seguirla. Nonostante per tutta la notte avessi cercato di frenarmi, in quel momento ogni mia difesa crollò. Mi lasciai andare agli istinti più umani che conservavo e che Bella aveva risvegliato.
Sentii il mio corpo reagire come non era mai successo. Una sensazione ineguagliabile mi pervase le membra, irradiandosi da lì dove ero congiunto con la donna che amavo.
Schiuse le labbra rosse. I candidi denti serrati.
Feci il terribile errore di baciarla. Volevo respirare il piacere che le sfuggiva dalla bocca sotto forma di ansiti. Sentii il suo sangue dolce sulla mia lingua.
Già totalmente annebbiato dal suo profumo di donna, non riuscii a reagire con lucidità.
Quel contatto mandò totalmente in confusione il mio cervello. Succhiai, avido, il suo labbro ferito. Sicuramente le avrei provocato una tumefazione.
 Sentii il veleno schizzare sotto la mia lingua ed interruppi immediatamente il bacio. Deglutii quel dolce misto di sangue e veleno.
Lei non parve curarsene, vinta dalle emozioni che, per la prima volta provava e che la soprafacevano. 
Senza volerlo, strinsi troppo il suo polso. Me ne resi conto e lasciai immediatamente la presa.
Lei, che non si era accorta di nulla, lasciò andare i miei capelli. Le braccia, ora abbandonate sul cuscino, erano spalancate come se mi invitassero…
Vidi sul suo viso la frenesia e la smania fare spazio alla pace.
Attesi alcuni secondi, finchè non aprì gli occhi.
Sorrideva. Era serena. I suoi occhi lucidi erano emozionati.
< Grazie. > mimò con le labbra.
Le disegnai con la punta dell’indice un prego sulla sua fronte e lei rise.
Ed era così bella mentre gioiva. Il suo corpo vibrava al ritmo delle sue risa.
Ancora allacciato a lei, venni scosso dal medesimo tremore che lei stessa mi aveva trasmesso.
La sentii ansimare in reazione ai miei movimenti. Ma era stanca. Sebbene desiderassi continuare all’infinito, sapevo che dovevo impormi di interrompere quel contatto. Doveva
riposare…
Scivolai dolcemente fuori dalle sue carni e mi sdraiai al suo fianco.
Entrambi, a quella nuova condizione, reagimmo in modo negativo essendo venuto meno quel contatto così piacevolmente intimo.
Per ovviare al vuoto che percepiva ora, si rannicchiò tra le mie braccia.
La sentivo inspirare il mio odore. Io facevo lo stesso con il volto sui suoi capelli.
Teneva le gambe serrate e la mano sinistra, con l’indice che portava l’anello, stretta sull’inguine. Il viso nascosto sotto al mio braccio.
< Ti fa male? >
Non rispose subito. Mi chiesi a cosa fosse dovuto il suo temporeggiare.
< No. Non tanto. >
< Ma un po’ ti fa male allora. >
Scostò il mio braccio e mi rivolse uno sguardo peccaminoso. < Ne valeva la pena, sopportare questo piccolo dolore… adesso brucia solo un po’… > e poi si sporse per baciarmi.
Andai a cercare la sua mano sinistra e, dopo averla presa dolcemente, la strinsi. Il dorso della mia mano la sfiorava nel punto in cui provava bruciore. Poggiai la mia pelle per alleviare, con il freddo del mio corpo, quel fastidio. < domani andrò a comprarti una crema. >
< non ti imbarazza? >
< Cosa? > le domandai sorpreso.
< beh, forse preferisci che vada io, in farmacia… sai, magari ti da fastidio dover comprare quel genere di cose… > farfugliò quelle parole nel più completo imbarazzo.
< Bella… non mi importa nulla! Voglio solo che tu stia bene… > e mi chinai a baciarle il sorriso che le era nato sulle labbra.
Fu un bacio lento, dolce, puro e innocente.
Quando vi posi fine si strinse nuovamente al mio corpo. Era così piccola…
< Edward… >
< Sì? >
< Ormai sarà mattina. >
< Lo è. >
< Non voglio che tu te ne vada, ora. >
La rassicurai. < Non me andrò. >
La sentii ridacchiare e le domandai fingendomi irato: < Cosa vi trova di divertente in quanto ho detto, signora Cullen? >
Sentendosi apostrofare in quel modo si zittì. Percepii l’odore del sangue che era corso a irrorarle le gote.
< Edward, se mia madre ti trova qui, nudo nel mio letto… >
< Sì, forse hai ragione. > asserii affranto. < Temo sia meglio che recuperi i miei vestiti e torni di sotto. >
Feci per allontanarmi ma lei me lo impedì.
< Bella, amore… >
La guardai in faccia e notai che sul suo volto era comparsa l’ombra della tristezza, della solitudine e del dolore che vi avevo scorto il giorno precedente.
< Ti prego, Edward, resta. Ho paura. Resta, almeno finchè non mi sarò addormentata… >
Baciandole la punta del naso, la tranquillizzai: < Certo che resto. Finchè non ti sarai addormentata…  ma prima… > senza che potesse rendersene conto sciolsi la sua presa e mi misi in piedi. Recuperati i suoi indumenti glieli feci indossare. Fu un gioco innocentemente sensuale. Mentre le infilavo i vestiti la baciavo, la carezzavo.
La avvolsi nelle coperte e, prima che potesse addormentarsi, le chiese: < Non avevi freddo, prima? >
Scosse il capo. < No… tu sei un po’ freddo, in effetti. Ma non era fastidioso. Anzi, l’ho trovato… eccitante. > ammise vergognosa.
Sorrisi e pensai che, nonostante tutto, non avrei potuto mai essere più felice.
 La cullai tra le mie braccia finché non si fu addormentata.
A differenza di quanto le avevo promesso, me ne andai solo quando sentii il piccolo svegliarsi. Di lì a poco avrebbe svegliato Reneé.

Dopo averle lasciato un bacio sulla fronte e un biglietto sul comodino, raccolsi i miei abiti da terra.
Inspiegabilmente intontito dalle emozioni travolgenti che avevo vissuto, andai a sbattere contro il  comodino di Bella, facendo cadere la sua consunta copia di “Cime Tempestose”
Fortunatamente lei non si era svegliata.
Raccogliendo il libro sorrisi. Non era cambiata, dopotutto.
Quando lo sollevai da terra mi accorsi che un foglietto rettangolare era scivolato sotto al letto.
Tastai il pavimento finché non lo trovai. Quando ritrassi la mano lo girai, sentii il mio cuore morto animarsi di vita per un istante.
Era una foto. La foto che aveva scattato con l’autoscatto il giorno prima che partissi da Forks.
La foto in cui lei, a tradimento, si sporgeva per baciarmi.
L’aveva sempre tenuta con sé, per tutti quei mesi in cui credeva che l’avessi abbandonata.

Perché Bella, proprio come me, non aveva mai realmente smesso di credere nel nostro amore.

 
 

Pps: A volte (sempre) mi vergogno di quello che ho scritto e per questo procrastino il momento in cui posto. è infantile, lo so, ma sappiate che per tirar fuori il coraggio di questo capitolo ho dovuto iniettarmi coraggio in vena!

Ho sbagliato il titolo del capitolo scorso. provvederò al più presto a correggerlo con quello che avevo scelto (li ho confusi...)

  
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