Salve a tutte.
Esame fatto il 30 (non quello che
dovevo,sfortunatamente, ma un altro. Ragazze,
organizzarsi è un lavoro duro!)
Roma è al contempo splendida e terribile. A parte il fatto
che la casa della mia amica era affittata a lei e ad altre quattro
persone, c’era
un solo bagno e le finestre non avevano i vetri (i proprietari se ne
approfittano troppo degli studenti. Era una casa inabitabile. Da
servixio di
igiene!) devo dire che mi sono trovata molto bene. Ecco, forse i mezzi
pubblici
lasciano un po’ (molto) a desiderare ma in compenso i taxi
costano mille volte
meno che a Milano. Sono stata costretta a prenderli e devo dire che li
ho
trovati davvero economici. E poi la gente! Erano tutti fantastici!
Vabbè, immagino che delle mie vacanze romane non vi
interessi e avete ragione.
In questo periodo sono stata molto impegnata per via di
alcune opportunità che non mi sono sentita di non cogliere
ma ciò mi ha
allontanato dalla scrittura. Sfortunatamente i giorni non hanno 36 ore.
Ma eccomi qui con un capitolo che, come preannunciato, è
incentrato sul rapporto tra Edward e Isabella. Non potrebbe esserlo di
più.
Ringrazio tutte voi che hanno recensito (non vi ho ancora
risposto per problemi tecnici. Mentre ero a Roma non avevo il PC e, una
volta
tornata, non ho alzato il sedere dalla sedia della biblioteca neanche
per un
minuto. Odioso esame!) ma mi ci metto appena finito di postare.
Bene, vi lascio a questo capitolo che
spero non turbi.
Ho cercato di essere delicata, soft e non morbosa in quello
che scrivo (anche perché, concedetemi errori. Per me
è solo teoria allo stato
più sublimato dell’etere… vado di
fantasia. Nel caso avessi detto fesserie, vi
prego rendetemelo noto così da poter correggermi)
Ringrazio tutte per la passione che mi infondete e per le vostre recensioni.
Ora scusate ma devo andare a piangere
un po’ su un altro
Edward: Edward Elric. Sto facendo la maratona e guardando
l’anime (fma
broherhood) mentre scrivo i nuovi capitoli di questa storia.
Starei pensando a una RoyXRiza ma so già che rischierei la
fucilazione quindi, per ora, mi astengo. Se però volete un
bel manga, ve lo
consiglio. Io lo seguo dal primo numero e non ne sono mai stata delusa!
Ha, se percaso questo mio Edward congiunge le mani e tira fuori lance
dal pavimento... tiratemi una secchiata d'acqua e fatemi rinsavire...
oh... Edo....
Un abbraccio e a prestissimo, auguri a tutte le maturande!!!
Cap
26
Love don't give no indication, love don't pay
no bills.
L’amore
non da indicazioni, l’amore non paga I conti.
Ps: sono sicura che la canzone Love Kills di Freddie Mercuri dica DON’T anche se Love è singolare. Qualcuno sa spiegarmelo? Non so proprio se ho sentito male io o se è giusto o che altro…
Edward’s POV
Nuda,
davanti a me, arrossì.
Mi chinai per sfiorarle la gola con il naso. Reclinò la
testa, ansimando. Scesi
a sfiorarle il ventre, l’ombelico. Disegnavo linee
immaginarie con la punta del
naso, con la lingua… ad ogni mio tocco fremeva. Si
contorceva. Teneva le dita
incrociate alle mie mentre assaporavo il gusto della sua pelle.
Ansimava
il mio nome mentre
il mio corpo sfiorava il suo.
Ad un certo punto sciolse la
presa delle nostre mani. Portò le sue dietro alla mia
schiena alla quale si
aggrappò quasi disperata.
Sentivo l’anello premere
contro la mia pelle.
Quel contatto mi eccitava
oltremisura.
Ora che avevo le mani libere
le usai per carezzarla lì dove il mio tocco la faceva
fremere. Il suo seno
morbido e pieno, inturgidito sulle punte… le sue labbra
carnose, la sua
nascosta femminilità…
< Edward… > boccheggiò.
Le sue dita si aggrapparono
ai miei capelli, tirandomeli.
Chiuse gli occhi e strinse le
labbra. Dalla bocca socchiusa scivolarono gemiti e flebili ansiti.
Poggia il capo sul suo
ventre, le labbra sul suo ombelico.
Le mie mani, dalle sue cosce,
scesero alle sue ginocchia. Le afferrai con delicatezza guidandola a
divaricare
le gambe.
A quel mio gesto rispose con
un singulto. Sentii il suo corpo bloccarsi come già era
successo in quella
strana notte.
Ciò mi preoccupava. Forse non
mi diceva la verità… forse non voleva che la
toccassi… proprio come con quel
Jason. Era a disagio? Non si sentiva pronta?
Senza scostare il volto dal
suo grembo caldo, le chiesi: < Bella, va tutto bene? Se vuoi mi
posso
fermare… se non sei sicura. >
Respirò profondamente per tre
volte prima di rispondermi. Cercò la mia mano tra le coperte
e, quando la
trovò, la strinse forte come se da quel contatto ne traesse
conforto.
< No, ti prego… non ti
fermare. >
Sentii la sua voce tremare.
Scivolai lungo il suo corpo fino a portare il mio viso davanti al suo,
per
guardarla negli occhi.
< Bella, dimmi cosa non
va, ti supplico. >
< Non c’è nulla che non
vada. >
< Non mentire, non ne sei
in grado… >
Chiuse gli occhi,
un’espressione di dolore dipinta sul volto. < Spero tu
ti stia sbagliando…
altrimenti sono nei guai. >
< Non preoccuparti. Te ne
tirerò fuori io. Ma devo sapere la verità. Sei
una pessima bugiarda. >
Cercò di allontanarmi ma
glielo impedii. < Bella, davvero, non c’è
nessun motivo per cui tu debba
avere paura o provare vergogna… dimmi
cos’è che ti turba. >
Era combattuta. Il suo labbro
inferiore tremava.
< Ti prego, aiutami. >
mi sussurrò stringendosi a me.
Ero addolorato e terrorizzato
da ciò che avrebbe potuto dirmi. D’altra parte,
volevo che si confidasse con
me, che si liberasse di quel fardello che sopportava da sola. Qualunque esso fosse.
< Lo farò. >
Prese un grande sospiro e,
come se fosse pronta a confessare un atroce delitto, mi
implorò di non adirarmi
nei suoi confronti. Le risposi che non avrei mai potuto. Per nessun
motivo.
Mi lasciai cadere sulla
schiena, alla sua sinistra. Le presi il braccio e cominciai a
percorrerle con
le dita i segni rossi che le deturpavano la pelle.
Trattenne il fiato per
un istante prima di scoppiare in lacrime
e coricarsi sotto alla mia ascella.
La strinsi a me passandole le
mani sulla schiena per confortarla.
Ma il fiume di parole che mi
aspettavo non arrivò. Con voce tremante mi
confidò soltanto:
< Edward… sono successe
tante cose mentre ero qui. Ma non ce la faccio a parlarne…
>
< Non c’è problema, né
alcuna fretta. Quando e se vorrai, me ne parlerai.
Una sola cosa ti devo
chiedere. >
Alzò il capo e mi rivolse uno
sguardo intimorito. Le presi di nuovo il braccio sinistro, martoriato.
Lei lo fissò e notai che
sospirò, come se fosse sollevata. Non capii quella reazione.
Se non aveva paura
di rivelarmi quello, le ferite che si era inferta, cosa mai poteva
temere?
< ti prego, non farti più
del male. Per nessun motivo. >
Il silenzio che si era creato
era per me doloroso. Volevo che mi parlasse, che si confidasse con me.
< Bella? >
< Quelli… erano dei
momenti di debolezza. Pensavo che non mi amassi più, che ti
fossi dimenticato
di me… ero così sola… e
Phil… >
Fu come se si fosse pentita di
quelle parole. Si zittì immediatamente e poi nascose
nuovamente il viso al mio
sguardo.
< Phil? >
< Niente… abbiamo
litigato. Non vado molto d’accordo con lui. Tutto qui.
È stato un brutto
periodo. Ho fatto alcune sciocchezze. Ma adesso è tutto
passato. >
< Se ci fosse qualcosa che
vorresti dirmi, sai che con me puoi parlare di tutto. >
Mi guardò e sorrise di un
sorriso così genuino, così autentico, che
cancellò tutto il dolore che le sue
parole non dette mi avevano suscitato.
Non riuscii a trattenermi e
la baciai. Incrociò le gambe intorno alle mie.
Non c’era alcun timore,
alcuna ritrosia nei suoi movimenti, in quel contatto umido.
Con un gesto che temetti
essere troppo azzardato, sfiorai il suo inguine con il mio.
Arcuò la schiena.
Le sfiorai il seno,
massaggiandolo con delicatezza.
< Mi fai impazzire… >
sussurrò con la voce roca. Sentirla in quel modo mi faceva
sentire come rinato.
Mi sembrava che nulla fosse
accaduto tra noi. Nessun incidente, nessuna separazione…
Era come essere nella mia
camera a Forks, i giorni prima del matrimonio. Quando giocavamo a
quelle che
chiamava “le grandi prove”.
Non ci eravamo mai spinti
fino in fondo ma ci eravamo andati molto vicino più volte.
Sorrisi a quel ricordo.
Venni
ridestato da quei miei
pensieri quando sentii le sue manine calde sfiorare là dove
sentivo pulsare.
Erano tremanti.
Le afferrai il polso e portai
la sua mano al mio viso, baciandone le nocche.
< Bella, non devi. Non è
necessario. >
< Ma io voglio. > mi
disse piccata.
Non potei trattenere un sorriso
sbieco che le tolse il fiato.
< No… > le sussurrai e la
vidi sconvolta ma io proseguii lungo la mia direzione.
< Io non ho ancora finito.
Dopo, se ne avrai ancora voglia… non ti fermerò.
>
Il suo sorriso malizioso mi
spinse a osare quanto non avevo mai fatto.
< Va bene… aspetterò
allora. > mi disse con voce sospettosa.
Le strinsi le mani e poggiai
le mie labbra là, a baciarla dove fino ad allora
l’avevo solo sfiorata
timoroso.
Fu come se l’avessi torturata
con la scossa elettrica. Non fosse stato per i gemiti di piacere, avrei
detto
che le stavo facendo male.
Cercavo di assecondare i suoi
movimenti incontrollati.
Ad un certo punto stinse le
mani intorno alle mia braccia con tanta forza che, se fossi stato
umano, avrei
certamente provato dolore. Le sue gambe si intrecciarono strette
intorno al mio
busto.
Sentii odore di sangue
fresco.
Certo che non provenisse da
dove le mie labbra la lambivano, dal momento che non ne sentivo il
sapore, alzai
allarmato lo sguardo.
La vidi come non l’avevo mai
vista. Era a dir poco provocante. ringraziai di non avere nessuna
costrizione,
perché sarebbe stato impossibile trattenermi.
Cercai di ritornare lucido.
Tre gocce cremisi le
scivolavano sul mento. Era passata una frazione di secondo da quando
avevo
alzato lo sguardo quando le dissi agitato: < Bella! >
Parve ridestarsi da un sogno.
< No, non smettere… >
ansimò.
< Ma stai sanguinando!
>
Ero sconvolto. Mi portai
sopra di lei per guardarla in viso e il quella parte del mio corpo,
così
stranamente viva e recettiva come mai era accaduto, si
poggiò lì dove sentivo
il centro di Bella pulsare.
< Ohh… >
< Bella? > le poggiai
il pollice sul labbro dove i suoi denti avevano premuto così
tanto da ferirlo.
Sentii la sua lingua sul mio
polpastrello. < Ti stai ferendo… >
La sua voce soffocata era
terribilmente sensuale. < Non mi importa. È per non
urlare. Non fermarti.
>
Le sue frasi erano spezzate,
non del tutto coerenti. Osservai ipnotizzato quelle minuscole
goccioline
addensarsi e scendere lungo il suo mento. La volevo, in ogni modo
possibile. E
di certo non avrei osato contraddirla. Voleva che continuassi? Era il
mio
stesso desiderio. Darle piacere mi appagava più del sangue
che, goccia dopo
goccia, sgorgando dal taglio, mi tentava.
Le baciai il collo. < Come
vuoi. >
L’odore del suo sangue, la
giugulare che pulsava… il suo cuore che palpitava tanto
veloce che pareva
impazzire… le sue mani strette intorno ai miei
capelli… il mio viso tra i suoi
seni profumati e caldi. I palmi delle mie mani sulle sue
scapole…
L’eccitazione di entrambi era
palpabile, tangibile.
E tutto fu per me così
naturale, così semplice che a stento mi accorsi della
smorfia di dolore che
alterò il viso di Bella. Ma lei non disse nulla e io non mi
fermai.
Ero talmente stordito dai
profumi, dalle sensazioni, che ci misi qualche secondo per rendermene
conto.
Cercavo di muovermi lentamente, contrastando la fretta scalzante che
era nata
in me e che si cibava della mia esaltazione.
Il calore che si irradiava da
quel punto così bagnato del suo corpo mi stava scaldando
come mai era successo.
Quando sentii che i suoi
gemiti erano mutati da ansiti di piacere a flebili lamenti di dolore mi
immobilizzai. E in quel momento mi accorsi che il suo corpo aveva
reagito in
modo diverso da quanto mi fossi aspettato.
Era immobile, rigida.
I muscoli del suo ventre
erano contratti. Come prima era distesa per accogliermi, ora era
così
irrigidita che sembrava che il suo grembo mi stesse respingendo.
Sapevo che non dovevo nemmeno
pensarlo ma quella pressione era estremamente piacevole per me. Eppure,
significava che soffriva.
Gocce diamantine le segnavano
il viso. Il volto contratto in una smorfia sofferente.
< Bella? Bella? >
Le mie mani ansiose si
spostarono immediatamente sulle sue gote rosse.
Gli occhi spalancati
fissavano il soffitto.
< Non è nulla, Edward. Fa
solo un po’ male… ma non è niente.
>
< Ma cosa dici? > feci
per allontanarmi da lei, sciogliendo il legame con cui ci eravamo uniti.
Le sue mani si aggrapparono
alle mie spalle.
< No. Per favore. Resta.
>
< Ma ti sto facendo male.
> le rimarcai sconvolto. Le mie mani ansiose le carezzavano i
lineamenti
contratti.
< Adesso passa. Non
preoccuparti. > La sua voce era flebile.
Incerto su cosa fare, rimasi
fermo, adagiato sul suo corpo caldo e vibrante. La accarezzavo con
delicatezza
e dolcezza. All’orecchio le bisbigliai: <
Rilassati… tranquilla e serena…
>
ripetevo quelle parole come
una nenia, modulando la mia voce. Volevo essere rassicurante.
Attesi che il suo respiro
tornasse normale, che il suo volto si rilassasse.
< Fa ancora male? >
< No… è solo… strano. Un
po’ fastidioso… forse.
Ma è anche… bello… sentirti
così vicino. Però,per favore, resta fermo. Mi
devo… abituare. >
La sua voce era affaticata.
Sembrava stesse cercando di trattenersi dal gemere. Teneva i denti
serrati.
Obbediente, l’unico movimento
che mi concessi fu quello delle mie mani. Le facevo scorrere sul suo
corpo.
Sussurrai: < voglio che
sia perfetta, questa tua, nostra prima volta… non voglio che
tu soffra. >
A quelle mie parole notai i
suoi occhi inumidirsi.
Le mie labbra assaporavano la
sua pelle. Le sue anelavano aria.
Si incontrarono quando mi
spostai dal suo petto a lambirle il volto.
Dopo alcuni minuti, percepii
il suo corpo tornare a rilassarsi sotto alle mie dita.
Lentamente le sue membra si
distesero e sentii la presa dei suoi muscoli su quella parte
così recondita del
mio corpo attenuarsi.
Attesi ancora finché non fui
certo che la mia presenza dentro di lei non le creasse più
dolore, ripresi a
muovermi con lentezza e delicatezza.
Dovevo trattenermi. Non
potevo essere troppo impetuoso. Rischiavo di ferirla, di sbriciolarle
le ossa
con una presa troppo forte, con una carezza troppo potente.
Era tutta la notte che
cercavo di moderarmi. In ogni tocco
che le riservavo avrei voluto metterci il doppio, il triplo della
passione ma
non potevo…
La mia fronte era poggiata
sulla sua. Respiravo il suoi sospiri che io stesso interrompevo con i
miei
baci.
Quando i suoi gemiti e i suoi
ansiti si fecero sempre più forti capii che potevo osare di
più, muovermi con
più veemenza e passione, senza ovviamente esagerare.
La sentii inarcarsi sotto di
me. I suoi seni al contempo duri e morbidi sfregavano contro la mia
pelle
trasmettendomi sensazioni uniche.
Il cigolio del letto era un
suono così lieve che Reneé non lo avrebbe udito,
proprio come non avrebbe udito
i nostri ansiti.
Una minima, infinitesimale e
del tutto irrilevante parte della mia mente monitorava la situazione.
Reneé e
suo figlio dormivano. Bella aveva ragione. Da dove era lei non si udiva
alcun
rumore nonostante il silenzio della notte.
Ma nonostante questa
consapevolezza, Bella continuava a sforzarsi di non emettere suoni
troppo alti.
Io, dal canto mio, stavo
cercando di trattenere la mia veemenza e il mio ardore.
< Edward… Edw-ard… >
< Sì? >
< Ti amo. >
< Anche io. Ti amo,
Isabella. >
Per i seguenti minuti non
parlammo più, troppo intenti a ricercare l’uno il
piacere dell’altra.
Ad un certo punto la sentii
tendersi inarcandosi tra le mie braccia come non era mai successo
prima. Le sue
gambe, incrociate alle mie, strinsero la presa e lei, per smorzare i
suoi
gemiti di piacere, si morse di nuovo il labbro facendolo sanguinare,
riaprendo
la ferita che si era procurata.
Il suo respiro era totalmente
fuori controllo.
Ansimava in modo
indecorosamente sensuale.
Eccolo arrivato, l’acme del
piacere che io stesso le stavo procurando. Mi soddisfaceva anche il
solo
vederla così appagata, e sapere che ero stato io a donarle
quel sorriso pieno e
grato.
I movimenti del suo bacino
erano così coinvolgenti, incalzanti… che non
potevo fare a meno di seguirla.
Nonostante per tutta la notte avessi cercato di frenarmi, in quel
momento ogni
mia difesa crollò. Mi lasciai andare agli istinti
più umani che conservavo e
che Bella aveva risvegliato.
Sentii il mio corpo reagire
come non era mai successo. Una sensazione ineguagliabile mi pervase le
membra,
irradiandosi da lì dove ero congiunto con la donna che amavo.
Schiuse le labbra rosse. I
candidi denti serrati.
Feci il terribile errore di
baciarla. Volevo respirare il piacere che le sfuggiva dalla bocca sotto
forma
di ansiti. Sentii il suo sangue dolce sulla mia lingua.
Già totalmente annebbiato dal
suo profumo di donna, non riuscii a reagire con lucidità.
Quel contatto mandò
totalmente in confusione il mio cervello. Succhiai, avido, il suo
labbro
ferito. Sicuramente le avrei provocato una tumefazione.
Sentii il veleno
schizzare sotto la mia lingua
ed interruppi immediatamente il bacio. Deglutii quel dolce misto di
sangue e
veleno.
Lei non parve curarsene,
vinta dalle emozioni che, per la prima volta provava e che la
soprafacevano.
Senza volerlo, strinsi troppo
il suo polso. Me ne resi conto e lasciai immediatamente la presa.
Lei, che non si era accorta
di nulla, lasciò andare i miei capelli. Le braccia, ora
abbandonate sul
cuscino, erano spalancate come se mi invitassero…
Vidi sul suo viso la frenesia
e la smania fare spazio alla pace.
Attesi alcuni secondi, finchè
non aprì gli occhi.
Sorrideva. Era serena. I suoi
occhi lucidi erano emozionati.
< Grazie. > mimò con le
labbra.
Le disegnai con la punta
dell’indice un prego
sulla sua fronte
e lei rise.
Ed era così bella mentre gioiva.
Il suo corpo vibrava al ritmo delle sue risa.
Ancora allacciato a lei,
venni scosso dal medesimo tremore che lei stessa mi aveva trasmesso.
La sentii ansimare in
reazione ai miei movimenti. Ma era stanca. Sebbene desiderassi
continuare
all’infinito, sapevo che dovevo impormi di interrompere quel
contatto. Doveva
riposare…
Scivolai dolcemente fuori
dalle sue carni e mi sdraiai al suo fianco.
Entrambi, a quella nuova
condizione, reagimmo in modo negativo essendo venuto meno quel contatto
così
piacevolmente intimo.
Per ovviare al vuoto che
percepiva ora, si rannicchiò tra le mie braccia.
La sentivo inspirare il mio
odore. Io facevo lo stesso con il volto sui suoi capelli.
Teneva le gambe serrate e la
mano sinistra, con l’indice che portava l’anello,
stretta sull’inguine. Il viso
nascosto sotto al mio braccio.
< Ti fa male? >
Non rispose subito. Mi chiesi
a cosa fosse dovuto il suo temporeggiare.
< No. Non tanto. >
< Ma un po’ ti fa male
allora. >
Scostò il mio braccio e mi
rivolse uno sguardo peccaminoso. < Ne valeva la pena, sopportare
questo
piccolo dolore… adesso brucia solo un
po’… > e poi si sporse per baciarmi.
Andai a cercare la sua mano
sinistra e, dopo averla presa dolcemente, la strinsi. Il dorso della
mia mano
la sfiorava nel punto in cui provava bruciore. Poggiai la mia pelle per
alleviare, con il freddo del mio corpo, quel fastidio. < domani
andrò a
comprarti una crema. >
< non ti imbarazza? >
< Cosa? > le domandai
sorpreso.
< beh, forse preferisci
che vada io, in farmacia… sai, magari ti da fastidio dover
comprare quel genere
di cose… > farfugliò quelle parole nel
più completo imbarazzo.
< Bella… non mi importa
nulla! Voglio solo che tu stia bene… > e mi chinai a
baciarle il sorriso che
le era nato sulle labbra.
Fu un bacio lento, dolce,
puro e innocente.
Quando vi posi fine si
strinse nuovamente al mio corpo. Era così piccola…
< Edward… >
< Sì? >
< Ormai sarà mattina. >
< Lo è. >
< Non voglio che tu te ne
vada, ora. >
La rassicurai. < Non me
andrò. >
La sentii ridacchiare e le
domandai fingendomi irato: < Cosa vi trova di divertente in
quanto ho detto,
signora Cullen? >
Sentendosi apostrofare in
quel modo si zittì. Percepii l’odore del sangue
che era corso a irrorarle le
gote.
< Edward, se mia madre ti
trova qui, nudo nel mio letto… >
< Sì, forse hai ragione.
> asserii affranto. < Temo sia meglio che recuperi i miei
vestiti e torni
di sotto. >
Feci per allontanarmi ma lei
me lo impedì.
< Bella, amore… >
La guardai in faccia e notai
che sul suo volto era comparsa l’ombra della tristezza, della
solitudine e del
dolore che vi avevo scorto il giorno precedente.
< Ti prego, Edward, resta.
Ho paura. Resta, almeno finchè non mi sarò
addormentata… >
Baciandole la punta del naso,
la tranquillizzai: < Certo che resto. Finchè non ti
sarai addormentata… ma
prima… > senza che potesse rendersene
conto sciolsi la sua presa e mi misi in piedi. Recuperati i suoi
indumenti
glieli feci indossare. Fu un gioco innocentemente sensuale. Mentre le
infilavo
i vestiti la baciavo, la carezzavo.
La avvolsi nelle coperte e,
prima che potesse addormentarsi, le chiese: < Non avevi freddo,
prima? >
Scosse il capo. < No… tu
sei un po’ freddo, in effetti. Ma non era fastidioso. Anzi,
l’ho trovato…
eccitante. > ammise vergognosa.
Sorrisi e pensai che,
nonostante tutto, non avrei potuto mai essere più felice.
La cullai tra le mie
braccia finché non si fu
addormentata.
A differenza di quanto le
avevo promesso, me ne andai solo quando sentii il piccolo svegliarsi.
Di lì a
poco avrebbe svegliato Reneé.
Dopo
averle lasciato un bacio
sulla fronte e un biglietto sul comodino, raccolsi i miei abiti da
terra.
Inspiegabilmente intontito
dalle emozioni travolgenti che avevo vissuto, andai a sbattere contro
il comodino di
Bella, facendo cadere la sua
consunta copia di “Cime Tempestose”
Fortunatamente lei non si era
svegliata.
Raccogliendo il libro
sorrisi. Non era cambiata, dopotutto.
Quando lo sollevai da terra
mi accorsi che un foglietto rettangolare era scivolato sotto al letto.
Tastai il pavimento finché
non lo trovai. Quando ritrassi la mano lo girai, sentii il mio cuore
morto
animarsi di vita per un istante.
Era una foto. La foto che
aveva scattato con l’autoscatto il giorno prima che partissi
da Forks.
La foto in cui lei, a
tradimento, si sporgeva per baciarmi.
L’aveva sempre tenuta con sé,
per tutti quei mesi in cui credeva che l’avessi abbandonata.
Perché
Bella, proprio come
me, non aveva mai realmente smesso di credere nel nostro amore.
Pps: A volte (sempre) mi vergogno di quello che ho scritto e per questo procrastino il momento in cui posto. è infantile, lo so, ma sappiate che per tirar fuori il coraggio di questo capitolo ho dovuto iniettarmi coraggio in vena!
Ho sbagliato il titolo del capitolo scorso. provvederò al più presto a correggerlo con quello che avevo scelto (li ho confusi...)