Eccomi… io ora che pubblico sono arrivata qui… spero di essermi portata dietro qualche lettore e qualche bel commentino…
Altrimenti continuerò a postare comunque…
prima o poi un lettore lo troverò, no? :D
Spero di potervi far leggere al più
presto un capitolo 9, e che non vi siate annoiati… io sono fatta così, al
dunque ci arrivo pian piano… perché la vita è così che funziona!
Buona lettura…
CAPITOLO 8
PROTETTA DA TE
Kelly sospirò, ancora e ancora, come se sentire il
proprio respiro la rassicurasse che tutto andava bene. e si sentiva ridicola,
molto ridicola, accucciata in un angolo, al buio, a guardare il corridoio
vuoto, le orecchie ben aperte per non lasciarsi sfuggire il minimo rumore. Ma
nonostante questo, restava immobile, con le orecchie tese, gli occhi sbarrati,
il cuore che batteva forte e la pancia che le faceva male per l’agitazione. E
tra un sospiro e l’altro si mordeva le labbra, per essere certa che nulla
potesse farla scoprire. Remus sarebbe arrivato tra poco. Anche questo non
aiutava. Perché li avevano messi insieme? avrebbe preferito il silenzio privo
di significato tra lei e Peter che quello così colmo di parole che la divideva
da Remus. Aveva provato a sorridergli, a parlargli, ma lui…sembrava dimentico
di cio che era successo quella notte di ormai un mese prima. Sembrava aver cancellato,
rimosso. O forse, semplicemente, non voleva pensarci. Non gli interessava, e
adesso era in imbarazzo. Sì, Kelly sapeva che era così. Ma perché? Fuori dal
controllo della sua mente e ancor più da quello del suo cuore, le sue labbra
sorrisero al ricordo. Chiuse gli occhi un solo istante, e fu di nuovo li, tra
le sue braccia che premevano sui suoi fianchi, le mani del ragazzo sulla
propria schiena, mentre gli accarezzava i capelli con forza e paura, mentre
giocava con le sue labbra quasi volendo respirare attraverso di lei…e invece
no. era bastata una notte, una sola notte di veglia per chiudere cio che per
qualche istante, Kelly aveva creduto di aver aperto. Perché?
-Kelly,
dove sei?- eccolo, in piedi in mezzo al corridoio. I capelli gli accarezzavano
le guance scarne, pallide, il tono livido sotto i suoi occhi dava una certa
serietà al suo sorriso amaro. Vide correre lo sguardo del ragazzo lungo il
piccolo spazio e alla fine incontrare gli occhi della ragazza immersa
nell’ombra. –eccoti.- le si sedette accanto, con un sospiro. Kelly era certa di
poter sentire il battere del suo cuore, rapido, per la paura, forse, per la
corsa, se l’aveva fatta, per l’imbarazzo, di certo. O magari, era lei a farlo
battere così? Questo pensiero le bastò per accennare un sorriso in sua
direzione. –incontrato qualcuno?
Lui
scosse il capo. Come sempre quando si trovava al cospetto di quei due grandi
occhi scuri, di quel sorriso fresco e innocente, di quelle guance porpora e di
quel caschetto di capelli color cioccolato, Remus sentiva di non poter dire una
parola. Perdeva la voce, si nascondeva dentro la sua gola, accovacciandosi nel
suo petto al sicuro da quelle piccole orecchie a conchiglia.
-neanch’io.-
sussurrò lei. –chissà dove sono Lily e James…
lui
si strinse nelle spalle e rantolò un roco –boh…
la
sentì sospirare, quasi sbuffare. Voltò il viso per scorgere quello di lei,
latteo nell’ombra. Le sue dita sottili correvano tra le ciocche scure del suo
caschetto, cercando in quel vellutato contatto un qualche conforto. Remus
sapeva com’erano morbidi quei capelli. Sapeva che sentirseli tra le dita,
avrebbe confortato anche l’animo più inquieto. Il suo. Quella notte…non
riusciva a cancellarla dai suoi pensieri. Il bacio irruente, spavaldo, crudele,
che aveva posto su quelle piccole labbra morbide e tenere, il modo irato e
prepotente con il quale aveva violato il suo piccolo corpo, toccandolo come
nessuno aveva mai fatto, trasportato dal brusio di voci nella sua testa, dal
lupo che in lui ruggiva e dall’alcol che in lui tuonava, furente, di non
permettere a nessuno mai più, di sbattergli la porta in faccia. Quella porta,
lui l’avrebbe sfondata. E invece, aveva sbagliato tutto. la porta che Kelly
aveva costruito intorno al suo cuore sarebbe stata d’acciaio, così come quella
che tutti gli altri avrebbero eretto tra loro e lui, il mostro, il lupo. Questo
era quello che aveva sentito quando aveva aperto gli occhi la mattina dopo. E
invece no. invece, quel bacio…dolce, amaro, una chiave per quella porta di
pietra che solo lui aveva levato intorno a se, vellutato, timido, delicato,
possedeva qualcosa che nei baci con Lily Remus non aveva mai trovato: il
bisogno che non finisse mai.
-ho
qualcosa sul viso?- la voce di Kelly irruppe nei suoi pensieri. –mi stai
guardando in modo strano.
Lui
scosse il capo. –no, no, tutto bene.
-che
ore sono?
Lui
le mise davanti al viso l’orologio, e Kelly annuì, alzandosi. –vado a vedere da
Peter se va tutto bene…
Sirius
si protese verso Dani, ma Dani si scostò.
-che
c’è, volevo solo baciarti.
-e
io non voglio.
-perché?
Lei
sbuffò. –ti sembra il momento, eh?
Lui
scosse il capo, abbassando gli occhi e sedendosi a qualche centimetro di
distanza. L’atrio era vuoto, deserto. Persino l’aria spostandosi sembrava fare
un rumore. Sirius sentiva che tutto dentro di lui rimbombava, come per rivelare
a tutti la sua presenza imposta a quella notte solitaria. I quadri
sonnecchiavano, irrequieti, o almeno così gli parve.
Danielle
lo studiò di sottecchi. I profondi occhi neri, i capelli scuri che gli
solleticavano il collo, quell’accenno di barba sopra le labbra serie. Sorrise,
certa che quello fosse il più bell’uomo del mondo.
-Si’?
-dimmi.
-ho
paura…per Lily e James. Dove sono?
Lui
si strinse nelle spalle, e poi allargo le braccia. Lei vi si tuffò,
nascondendosi nel suo petto, dove sapeva che nulla poteva raggiungerla. Persino
la preoccupazione che aveva dentro si divincolò e scappò via da quella stretta
tranquilla e forte, volando lontano.
-hai
sentito i tuoi?- chiese.
Il
ragazzo fece una risata leggera, come casuale. –figurati.
-forse
dovresti.
-perché
mai?
lei
gli si strinse addosso un po’ di più. –perché…sono i tuoi genitori.
Sirius
rise ancora. –ti assicuro che così non si possono definire.
-e
non vorresti…sistemare le cose?
Lui
non rispose, e Danielle continuò ad aspettare. Sentì il cuore del ragazzo
accelerare il suo battito contro il proprio orecchio, ma non si mosse, restando
ben ancorata a lui, nascosti nell’ombra.
-…Sirius?
Sentì
la presa del ragazzo diventare più leggera sul suo corpo, più sfuggente, come
se le permettesse di allontanarsi pure, quando alla fine rispose. –credo che a
un certo punto dovrò scegliere, e farlo per davvero. Se la mia famiglia, con
tutto quello che ne fa parte…Voldemort incluso…o…
-o?
le
mani di Sirius si allontanarono dai fianchi di Danielle, e lui sospirò.
-o
voi, e le vostre idee…con tutto cio che fa parte di voi, senza Voldemort…ma con
te.
Danielle
si morse il labbro, le lacrime che le pungevano gli occhi.
-e
che cosa sceglierai?
E
Sirius si voltò a guardarla. I capelli neri circondavano il suo viso dai tratti
duri e dolci insieme, i suoi occhi chiari come il vetro che parevano lasciar
passare la luce, le sue labbra serie, il suo piccolo broncio quasi un
vezzo…sentiva il calore del suo corpo sul proprio da una parte, e il gelo del
suo corpo solitario dall’altra. Le sorrise, stringendola nuovamente con la sua
forza piena di coraggio.
-l’unica
famiglia di cui m’importa, la sto già abbracciando.
Danielle
sorrise, felice, tranquilla, si sporse verso di lui e gli offrì le sue labbra.
Sirius vi si appoggiò, annegando in quel bacio, dolce e coraggioso, certo che
mai, avrebbe dovuto privarsene.
L’aria
era gelida, mentre tremanti, le stelle ammiccavano dalla loro posizione
privilegiata al di sopra delle cime innevate delle montagne. L’erba sottile si
preparava a un lungo riposo invernale, e in quella notte d’autunno, il suo
fremere sembrava dovuto alla loro stessa paura. un sottile spicchio d’argento
tagliava la tela scura dell’oscurità con la sua pallida luce, illuminando i
campi quasi con timidezza.
James
avanzava a grandi passi, che lasciavano Lily indietro di un paio di metri. Lily
si sentiva in colpa, infelice. E improvvisamente, intirmorita. Il Platano
Picchiatore sembrava un’immensa ombra aquattata nel buio. I suoi rami si
dimenavano con forza, con prepotenza, sferzando l’aria gelida e segnando il
loro territorio. Solo quando furono sul confine della portata dei rami, James
si fermò girandosi verso la ragazza. Per un attimo, i suoi occhi furono ancora
infuriati con lei, ma poi incontrò il suo sguardo. Per la prima volta vide
tremare le sue palpebre e i suoi occhioni verdi riempirsi di sincerità, di
timidezza, di quel puro sentimento che lui non poteva definire ma che già una
volta le aveva visto emettere, quasi irradiandolo. Sorrise. –aspetta che blocco
i rami…okay?- sussurrò. Lei annuì, piano, quasi impercettibilmente.
Sotto
il suo sguardo vigile e timoroso, James si sfilò la maglietta. La luce bianca
della luna si rincorse sui suoi addominali abbozzati, sulla sua pelle che
rabbrividiva. Lui si voltò e le sorrise con un velo d’imbarazzo, ma lei non
spostò gli occhi, con una piega di rinnovato coraggio nel sorriso, quasi una
sfida a continuare. E lui l’accolse. Si sfilò i jeans e li abbandonò ai propri
piedi, coperto solo da un paio un po’ largo di boxer a righe, tornò a guardare
il viso della ragazza, con un sorriso spavaldo sulle labbra. Sapeva che lei
odiava quel sorriso, e vi aggiunse un pizzico d’ironia. Ma lei non si mosse, e
non virò nemmeno lo sguardo, tenendolo fisso sugli occhi di lui, senza
arrossire per la sua seminudità offuscata nella notte. e lentamente, lo vide
trasformare. Mentre un alone di luce lo sfiorava, il suo corpo cadde a terra
con eleganza, le sue gambe furono culminate da un paio di zoccoli lucenti, tra
i suoi indomabili capelli sorsero un paio di fiere corna che si protesero verso
il cielo, quasi a voler abbracciare la notte.
-Ramoso…-
sussurrò lei. E Ramoso sorrise, anche se lei non poteva vederlo, sotto il suo
manto nocciolato, i brividi di freddo furono sostituiti da brividi di
desiderio. La osservò, con i suoi occhi da cervo, raccogliere i vestiti del suo
corpo umano, piegarseli in grembo. –credo che potrei…- disse, lentamente. Si
scoprì rincuorato dall’opportunita di non parlare, di non rovinare niente, di
non mettersi in pericolo, nascosto nel maestoso corpo dell’animale. Lei non
concluse la frase, come se anche Lily avrebbe preferito non dover affatto
parlare. Gli si avvicinò e accarezzò il suo pelo liscio, pulito, lucente. Si
guardarono per un secondo, e Lily seppe che stava per fare la cosa giusta. Si
attaccò al suo collo e si fece scivolare lungo la sua schiena, tenendosi forte
e senza far cadere a terra i vestiti ancora caldi di lui. con le sue narici più
grandi, Ramoso sentì il profumo fresco della ragazza, e le sue dita sottili
scivolare sotto il suo pelo, accarezzando la sua pelle calda. Sorrise e si
lanciò sotto i rami scalpitanti, sentendola avviluppata su di se, come se non
dovesse lasciarlo mai.
-ehi,
Evans…Evans?
La
sua voce, roca, spavalda. Eccola, irrompere dentro di lei, nell’intimità dei
suoi pensieri, nel silenzio delle sue palpebre abbassate.
-cosa
vuoi Potter?
Risposta
acida, cattiva, come se non ci fosse niente da dire. E invece di cose ce
n’erano. Aprì gli occhi, e arrossì. Ecco cosa voleva. Senza che se ne
accorgesse, erano precipitati a terra, lungo il piccolo tunnel che già una
volta aveva attraversato, e ora giacevano a terra, al suolo freddo e
impolverato sotto il Platano. E lei lo abbracciava forte da dietro, mentre il
corpo di Ramoso era tornato quello di James. Le sue dita fredde erano posate
sul petto caldo di lui, nudo sotto il suo tocco leggero, e le gambe della
ragazza legavano ancora il bacino del cervo, anche se ora era tornato a essere
un giovane uomo. Lily si staccò con un gesto quasi isterico, ridendo,
coprendosi il viso con la mano per non mostrare il rossore o per non vedere
ancora quello che stava stringendo fino a un secondo prima. Anche lui,
imbarazzato, si spostò, prendendo i vestiti da terra e rimettendoseli in
fretta. Lily si alzò e lo seguì nel tunnel buio, in silenzio. Cosa le era
passato per la mente? Lo sapeva. Lo sapeva ma non voleva ammetterlo.
James,
benchè imbarazzato, non riusciva a togliersi di dosso quel sorrisino
compiaciuto. Tornare umano tra le sue braccia era stato bellissimo, come mai
tornare umano era stato in passato. non c’era stato il dolore nell’essere
privato degli zoccoli o delle corna, non il rimpianto della sua parte di cervo
di essere soppressa, non la prepotenza del suo corpo di voler restare libero in
quello di Ramoso. Solo una quieta tranquillità nel sentirsi trasportare
lontano, mentre quelle dita innocenti gli accarezzavano il petto, all’altezza
del cuore, la timida speranza di rivedere ancora nei suoi occhi
quell’espressione, quel sentimento indecifrabile di affetto e odio, quel misto
senza nome che era il loro rapporto, li, nei suoi occhi, tra loro. E tornare
indietro era stato solo come ripercorre un viaggio bellissimo, sotto l’attenta
vigilanza di Lily.
-James?
Lui
si voltò verso la sua voce, sorridendo appena.
-cosa?
-quanto
manca?
James
scosse il capo, come a dire che non lo sapeva, un po’ deluso.
-non
lo so…
-okay…
il
silenzio fu breve. Infilarono le scale, e lui aprì la porta che dava sul
salotto della Stamberga. –dove credi che l’abbia lasciato Ewan?- chiese lei.
James intuì che non sopportasse il silenzio.
-non
so…sarà nell’ingresso… dubito si sia avventurato fin qui.
-e
dov’è l’ingresso?
-seguimi.
Lei
annuì, arrancando dietro di lui, infagottata dal buio e da quella strana
sensazione. Avrebbe voluto non sentire più nelle narici l’aroma acre della
pelle di James, quel miscuglio di corpo umano e animale, di erba e sapone. E
non sentirsi al caldo e al comodo mentre la sua guancia accarezzava la sua
schiena e le sue dita la sua pancia ben scolpita, o perlomeno non possederne
più alcun ricordo. Quel brivido leggero che le aveva pervaso lo stomaco, quando
aprendo gli occhi aveva sentito con la parte conscia di se, di essere
abbracciata a…James.
L’ingresso
era spazioso, rovinato dal tempo e ferito dalle tante e consecutive lune piene
che aveva ospitato. Squarci profondi tagliavano la carta da parati, ferite
fresche e vecchie ma mai rimarginate solcavano il legno del portone,
sanguinando segatura, imprignando l’aria di un alone di ricordi, di momenti
passati, di sangue, di risate, di lacrime, della sofferenza d’un ragazzo e
della crudeltà della luna.
I
loro occhi corsero lungo il corridoio fiocamente illuminato, e alla fine James
esclamò: -che ne dici di questo?
Lily
si avvicinò, per vedere meglio quello che il ragazzo aveva raccolto da un
ripiano. Era un involucro di carta marrone e di pezzi di giornale. Sembrava
pesante, e con un pennarello qualcuno vi aveva scritto a grandi lettere:
“ECCOLO”.
-eccolo!-
disse lei. James ridacchiò.
-che
bravo che sono.
-già…dai,
andiamo. Fammelo prendere.- tese le mani per impadronirsene, ma lui lo tolse
dalla sua portata.
-no…
-sì!
Dai!
Lui
scosse il capo e le rivolse il suo sorriso strafottente.
-James,
per favore…- lei decise di ignorarlo.
-prima,
mi devi dire perché hai voluto che venissi…
lei
sgranò gli occhi, sentendo lo stomaco accartocciarsi e le guance arrossirle.
Già…per tutta la serata aveva saputo che prima o poi lui gliel’avrebbe
chiesto…ma con tutto quello che era già successo…sentiva che dicendoglielo lui
si sarebbe illuso su di loro. O forse, a illudersi…
-allora?
Lo aveva promesso ciccina.
Lei
lo guardò, pronta a ribattere con l’acidità che riservava alla sua
strafottenza, ma quel sorriso era sparito dalle labbra di James, sostituito da
uno diverso.
Mise
le mani sul pacco. –James…io…
-cosa?
-ti
sembrerà ridicolo, ma quest’anno…io, te lo volevo dire, ma poi, sai
com’è…questa sera l’hai rifatto.
-cosa?
-di
essere un esibizionista bastardo.
-oh
-e
invece in questi mesi tu…sei stato dolce, gentile, simpatico a modo tuo…un
amico.
Lui
sorriso, amaro e dolce insieme. –davvero?
-sì,
davvero. Anche prima del tuo discorso volevo dirti che apprezzo il tuo
cambiamento…qualunque sia il motivo che ti ha portato a farlo.
-sei
tu il motivo.- serio, senza ombra di sorriso, ma con sicurezza. E sincerità. E
Lily si sentì sprofondare.
-no,
no. è che sei cresciuto, James, cresciuto davvero.
-è
per questo che mi hai portato qui?
Lei
scosse il capo, come una bambina che deve confessare un pasticcio. E un po’
bambina, Lily si sentì.
-allora
perché?- la voce del ragazzo era paziente, gentile, roca e vellutata con
dolcezza. Lei non ebbe coraggio di guardarlo negli occhi, perché sapeva che
quello che avrebbe visto le avrebbe fatto battere il cuore, e lo sapeva perché,
si rese conto, era già successo in passato.
-perché…la
notte di Remus…bhè quando mi ha presa e portata qui…io, ho creduto che sarei
morta…
James
non capiva cosa centrasse. Aveva nascosto quel ricordo infondo nella sua mente,
dove non poteva vederlo. Lo odiava, perché per la prima volta aveva capito
quanto Remus contasse per Lily, e viceversa, anche se sapeva di quello che era
successo con Kelly, in un modo o nell’altro.
Si
comstrinse ad ascoltarla, nonostante sapesse che quello che avrebbe detto
sarebbe stato doloroso. Annuì leggermente, per dirle di continuare.
-quando
ti ho visto che ci correvi dietro, io…
la
sentì deglutire, e vide le sue guance rosse, e le sue piccole labbra tremanti.
Non poteva essere così male, forse…
-mi
sono sentita tranquilla. Ho sentito che non mi sarebbe successo nulla, che tu
l’avresti impedito…
la
vide chiudere gli occhi, come per rievocare quel momento. E anche a lui parve
di sentirlo li, nell’aria fredda e intrisa di passato, con le urla che
l’avevano caratterizzato, quel ricordo, quella notte…
Lily
li riaprì, e li alzò su James, riempendolo del suo sguardo cristallino.
-ho
saputo che solo quando ci sei tu mi sento al sicuro…e questa notte avevo
bisogno di essere protetta…protetta da te…
lui
lasciò andare il pacco e lei se lo ritrovò tra le mani, più leggero di quanto
avesse immaginato, proprio come il suo piccolo cuore, improvvisamente allagato
da una tenera felicità fatta di dubbi e certezze.