La casa di Sasuke è
enorme. È stanze grandi, penombra e silenzio.
Ci sono pochi
oggetti fuori posto e molti altri polverosi nelle stanze in cui il
genio evidentemente entra ancora poco, poi ci sono invece ordine e
metodo negli angoli più frequentati. La cucina, ad esempio, è
illuminata e pulita come non si direbbe potesse essere quella di un
diciassettenne e nonostante sia chiaro, dalla grandezza della stanza
e dalla disposizione dei mobili, che quella è una cucina da
famiglia e non una da ninja, è ugualmente funzionale. Ci sono
un paio di larghi piani da lavoro, c'è il piano cottura, il
forno, il frigo e c'è il tavolo al centro della stanza con le
sedie che lo circondano. Inoltre è pieno di pomodori, lì.
Kiba arriva
trafelato, con un foglio in una mano e l'altra sulla milza.
Ovviamente gli vengono rivolti degli sguardi eloquenti, persino
Akamaru uggiola, portando una zampa sugli occhi.
“Dov'è
Chouji, a bersi il vino?” chiede il padrone del bue bianco
steso sotto il tavolo, guardandosi intorno alla ricerca
dell'amico.
“Ha detto che si informava da suo padre su quale
vino servisse per la torta di riso,” spiega Shikamaru,
accasciandosi su una sedia della cucina.
“Dov'è
l'imbecille, piuttosto?” s'informa Sasuke sulla sua dolce e
amata metà.
Inuzuka ride perché ha incontrato
Uzumaki per strada e si è guardato bene dall'aiutarlo con la
spesa, che per inciso avrebbero fatto tutti insieme,
teoricamente.
“Kiba...” si lagna Shikamaru che come al
solito, purtroppo per lui, ha capito tutto.
Per fortuna non c'è
tempo per nient'altro che Naruto arriva. O meglio: ad arrivare ce
l'ha fatta e, in realtà, questo è abbastanza normale,
mentre lo stato in cui verte quando appare non lo è affatto.
La porta si chiude con un tonfo ad indicare che è stata
sbattuta, probabilmente con un piede, e dopo poco il jinchuuriki fa
il suo ingresso in cucina.
“Siete... Siete...”
gorgoglia affannosamente nel tentativo di mandarli a cagare.
“Siamo
qui da un pezzo, dobe, sì.”
Naruto, il dobe, prende
il pacco della farina da una delle buste e la lancia a Sasuke che per
sua sfortuna ci vede male ma non così tanto.
“Ok,
cosa si deve fare per prima cosa?” chiede il padrone di casa,
osservando il pacco che ha tra le mani.
“...Pensavo aveste
la ricetta,” sorride Sai, che da quando sono a casa di Uchiha
non l'ha ancora fatto.
Kiba che si sta gingillando beatamente
sotto al tavolo con Akamaru, alza la testa di scatto.
“Ecco
a cosa serviva la mia deviazione!” dice, alzando la mano verso
Shikamaru.
Lui prende il foglio dalle dita altrui ed inizia a
scorrerlo con gli occhi. Sbuffa e arriccia il naso.
“Lo so
che è dura leggere, Nara, ma ci renderesti partecipi, per
cortesia?” celia Sasuke, dimostrando che ce n'è per
tutti.
“No,” risponde Shikamaru, passandosi una
mano sul codino, “Principalmente perché non ti servirà
a molto conoscere le dosi degli ingredienti se non ne conosci
l'ordine, ma anche perché non mi va di dirtele.”
La
casa è già abbastanza silenziosa di suo e
quell'improvviso scarto nel chiacchiericcio dei giovani la rende più
inquietante di quando non c'è nessuno.
“Eh?”
chiede Naruto, ché lui non è un genio e si è
perso al no.
Sasuke si prende un momento di raccoglimento e
se Kiba e Shikamaru non sanno cosa sia un mestolo, loro che hanno i
genitori, la mamma, loro che hanno avuto un'infanzia, allora sono
leggermente fregati, senza contare che Sai sembra esattamente quello
che è: l'uomo più inutile della storia.
“Io lo
so.”
Kiba ride e si attacca all'orecchio di Akamaru, che
viene momentaneamente sfigurato, per non cadere di schiena, anche se
è tutto vano perché il cane si volta e cerca di
mordicchiargli il polso. Cretino, mi fai male! dice Akamaru,
mentre il padrone si sbilancia ugualmente. Naruto sorride per la
scena, ma sono le parole di Sai che gli fanno avere quel tono, quando
inizia a parlare, quello di chi si trattiene dal lasciarsi andare ad
una risata di pancia come quella dell'amico ferino.
Sasuke è
sul punto di buttarli fuori tutti, solo che uno dei suoi maggiori
difetti - crede, lui - è appunto un'immane curiosità;
cosa che, tra l'altro, gli fa venire in mente quanto si divertissero
suo fratello e sua madre a punzecchiarlo e a fargli innumerevoli
scherzi, puntando proprio su quella sua peculiarità, che poi
gli fa venire in mente che quei tempi non ci sono più e non
torneranno mai indietro, e gli ricorda che è stato lui ad
uccidere Itachi e che...
“Allora, Sai? Vuoi un invito
scritto?” gracchia, inacidito. Devono tutti ringraziare che
buttarli fuori significherebbe rimanere da solo con quei
pensieri.
“Bisogna far bollire un litro di latte, salarlo e
metterci duecento grammi di riso, poi mescolarlo fin quando non si
asciuga tutto,” enuncia Sai, con una punta d'orgoglio.
È
un evento strano, quello. Però in effetti viene da pensare che
con tutti i libri che legge, magari una volta lui abbia sbagliato e
se ne sia letto uno di cucina. Questo almeno è il motivo per
cui Kiba e Naruto sghignazzano. Shikamaru, invece, ha chiaro in testa
i concetti di abitudine e di educazione; è questione di
abitudine se Sai si affida ai libri per quanto riguarda altre sfere
che esulano dai sentimenti e i rapporti sociali, ma è per via
dell'educazione militare ricevuta che lui non ha potuto fare a meno
di cercarsi nozioni sterili sulle pagine esaustive dei manuali. Ed è
per questi due aspetti che adesso Sai riesce a rapportarsi meglio con
qualunque cosa se consulta un libro specifico, di conseguenza riesce
ad avere anche la giusta manualità. Legge, elabora e passa
alla pratica, per questo gli rimangono più impresse di quanto
facciano le informazioni sui rapporti umani.
Sasuke ha atteso che
qualcuno facesse qualcosa, ché con tutti quegli inutili idioti
nella sua cucina non avrebbe avuto senso fare da sé tutto il
lavoro, poi però si è accorto che appunto quella è
la sua cucina e che nessuno sa dove mettere le mani, così
si è affrettato a prendere il necessario e in poco tempo il
latte è sul fuoco.
“Mh, le dosi,” irrompe
Shikamaru, “Per quante persone volete che sia questa
torta?”
“Noi, più il sensei, no?” Naruto
strilla tanto che Akamaru scuote il testone, infastidito dagli
ultrasuoni.
Sai sorride. Sasuke sta brontolando con il latte
perché dopo ventisette secondi ancora non bolle. Akamaru si
lecca una zampa e Kiba appoggia il viso sulla mano, con quel dentino
fuori che lo rende buffo. Shikamaru sbadiglia, ma fa l'errore di
analizzare quello che il jinchuuriki ha detto proprio in mezzo a
quell'idillio, così gli tocca interromperlo. E se c'è
una cosa che proprio non lo fa contento è esattamente
interrompere uno sbadiglio.
“Diciamo,” comincia,
seccato, “Che noi vi diamo una mano perché siamo stati
trascinati qui.”
“Sei stato trascinato, tu?”
ridacchia Kiba, rivolto al cane, un secondo prima che questi gli
lecchi metà faccia.
“Però non serve che
partecipiamo,” continua il genio, pestando distrattamente un
paio di dita a caso, sotto al tavolo, “Avrà più
senso se alla consegna ci sarete voi del team sette.”
“Allora
cosa l'hai chiesto a fare, genio?” chiede Sasuke, ora che il
latte bolle e non può più prendersela con
quello.
Shikamaru sbuffa, non gli piace dover inserire le sue
pigre dita nelle altrui piaghe, però neanche gli piace che
Sasuke non si renda mai conto di quello che fa. O faccia finta di non
rendersene conto, ecco; che alla fine il risultato è lo
stesso.
“Lo so, Uchiha, che tu vuoi bene al tuo ritrovato
team e che includi tutti a priori, ma con il tuo sempreverde
comportamento da stronzo fai capire agli altri qualcosa di
drasticamente diverso, quindi a volte sorge spontaneo porsi domande.
Ad esempio, nell'immediato: ci vuoi anche Sai? E Sakura che non ha
fatto la torta?” spiega Shikamaru, che con Ino e Naruto ha
fatto scuola di comprendonio per ritardati ed è abituato a
spiegare anche perché mai l'acqua bagni. “Ecco che ho
chiesto: per quante persone deve essere questa torta?”
conclude, aspettandosi una risposta acida.
Sasuke, mestolo alla
mano, gira pigramente quella pappetta umida che son diventati il
latte e il riso, e siccome Shikamaru per lui può ciarlare per
ore senza che gli interessi niente di quello che dice, lo ignora,
vomitando astio per qualcos'altro.
“Io odio i dolci,”
dice, rimestando nella pentola a testa bassa.
Naruto, che è
tutto illuminato e ha un sorriso che acceca, gli si avvicina. Lo
guarda e Shikamaru si è già voltato dall'altra parte
quando lo strizza in un abbraccio assolutamente non richiesto.
“Dillo
ancoraaa!” trilla e strilla il jinchuuriki.
“Togliti,
dobe,” abbaia Sasuke.
“No, non quello,” e
dicendolo rafforza l'abbraccio.
Sasuke emette un suono strozzato e
il mestolo gli cade in terra. Poi sgrana gli occhi perché ha
capito cosa farnetica quello scemo. E lo infastidisce e preoccupa
molto il fatto di riuscire a comprendere, di essere al suo livello,
ma anche non poter respirare bene non lo fa felice.
“Per
cinque, la torta è per cinque, ok?” e viene finalmente
liberato, cosicché possa raccogliere l'utensile. “Idiota,”
borbotta, piegandosi.
Naruto rimane lì, fermo, mentre il
sorriso scompare e gli occhi gli cadono sul sedere del
compagno.
“Naruto...” lo richiama Shikamaru che si è
voltato nel momento meno opportuno. È condannato a vedere
queste cose, lui, e Kiba non aiuta. Il cagnaccio si alza e si piega
in avanti, mostrando il deretano.
“Sei geloso?”
ghigna, contento di rompere le balle. Akamaru abbaia perché
lui nei suoi modesti panni di canide sente l'odore della paura, della
felicità e quindi anche, come in quel caso,
dell'imbarazzo.
“Sai, ti prego, vai avanti,” propone
il genio con le dita premute sugli occhi, mentre Sasuke cerca di
tenere mani demoniache lontane dal suo sedere a colpi di
mestolate.
“Il riso va tolto dal fuoco e amalgamato con lo
zucchero e la scorza di limone,” comunica Sai, senza fare una
piega, come se non ci fossero due suoi compagni abbracciati, per come
la vede lui; come se non ci fossero due suoi compagni in lotta, per
come la vede Sasuke; come se non ci fossero due suoi compagni che
amoreggiano, per come la vede Naruto; ho fame e sonno, per come la
vede Akamaru.
“Quanto zucchero?” chiede Sasuke,
cercando di mutilare il compagno di team.
Sai vorrebbe rispondere,
però prima non aveva pensato alle dosi e allora rimane un
attimo smarrito tra grammi e litri.
“Un momento...”
frigna Shikamaru, che non gliene frega niente, ma lui stava anche
bene altrove e quel tono piagnucoloso è tutto quello che può
offrire sul momento. “Hai dato dosi per sei persone, quindi
sono duecento grammi di zucchero,” dice fiero del suo calcolo
veloce; perché, nonostante sia pigro come Shikamaru, è
anche intelligente come lui, lui.
“Grattugia la buccia di
limone qua dentro, tu, e piantala!” sbotta, Sasuke, porgendo un
piccolo recipiente a Naruto.
Lui sbuffa, ma si vede benissimo che
non è seccato. Forse gli scoccia un po', in effetti, non
potergli mantrugiare i fianchi e masticare le orecchie e ridere sulla
pelle nuda, però tanto sa che l'altro si sta trattenendo e
quando rimarranno soli sarà il primo a voler andare di sopra.
Perciò inciampa nella coda di Akamaru, pesta un piede a Kiba e
fa cadere una sedia, giacché è distratto da quegli
occhi neri, poi per fortuna riesce a trovare un angolino di tavolo
dove mettersi a grattugiare il limone.
Grattugiare,
comunque, è una parola che fa ridere, come pigiama o
pantofole, e finisce che lui e Kiba si guardano solo e poi
ridono, strizzando gli occhi a testa bassa, come gli scemi che
sono.
“Adesso va lasciato intiepidire,” continua Sai,
stoicamente, facendo notare che niente lo scalfisce, che potrebbe
passare di lì Konohamaru nudo e lui continuerebbe ad elencare
ingredienti e procedura.
Sasuke prende una tortiera che ha un
generoso strato di polvere in dotazione e dopo un attimo di
disappunto la pulisce nel lavello. Dopo passa accanto al forno e lo
accende per riscaldarlo, lascia il recipiente sul tavolo, prende il
burro dal frigo e torna al piano ligneo, solo allora si accorge di
avere sei occhi umani e quattro animali che lo fissano.
“Credevo
che non ti piacessero i dolci...” dà voce alla domanda
di gruppo, Shikamaru.
“Beh, forse un tempo le facevo
anch'io, le torte,” risponde, con la stessa palese
disponibilità che potrebbe avere Morino, “Mai fatta una
torta con vostra madre?” sbuffa, retorico e infastidito.
Naruto
è verosimilmente poco avvezzo alla delicatezza; non è
tanto questione di maleducazione bensì una chiara mancanza di
educazione, in questo senso. Non ha chiari concetti come tatto e
forma perché se non sono cose utili che si imparano
all'accademia o che i suoi maestri gli hanno insegnato, allora non
possono essere poi così importanti. Tuttavia ha quel modo suo,
quella dolcezza schietta, veloce e fresca, che travolge il cuore e ti
fa venire voglia di abbracciarlo. C'è decisamente qualcosa di
davvero dolce, dolcissimo, dolcerrimo, nel suo modo goffo e per
niente velato di cambiare argomento, ad esempio.
A vederla fino in
fondo, poi, lui lo sa, non è vero che Sasuke odia i dolci, è
vero che questi gli ricordano sua madre che li faceva e lui e Itachi,
seduti scomposti in cucina a punzecchiarsi, che li mangiavano.
Quindi, fendente di katana, via una parte di doloroso passato e
benvenuto Sasuke a cui non piacciono i dolci.
“Sai, Sai...”
si blocca Naruto, accigliandosi un momento prima di scegliere di
soprassedere, “Potresti fare un dipinto per Kakashi sensei, che
ne dici?”
“È un'idea!” si stupisce, Sai,
che sa poco, ma poverino si chiama Sai... Che deve fare?
Sasuke
rovescia l'impasto nella tortiera imburrata e poi la mette nel forno,
regolando con maestria senza sapere il tempo di cottura.
“Quanto
deve cuocere questa schifezza?”
“Mezz'ora,”
sorride Sai, tirando fuori pennelli e tela.
“Dove li avevi
quelli?” ride Kiba.
“Avete una foto di Kakashi san, a
portata di mano?” glissa lui.
Nessuno si aspetta di vedere
quello lì, quello nero, cupo, quello che odia tutti, anche i
dolci, prendere una foto del team sette dal cassetto della cucina; a
portata di mano, come ha detto Sai. E invece, quando compie l'azione,
Sasuke è così rilassato, completamente a suo agio nel
mostrare quanto non si vergogni di essere sempre stato legato a
quella foto, a quelle persone, che sembra una cosa totalmente
normale. Sembra di averglielo già visto fare. Sembra che gli
dica che gli vuole bene anche se è un babbuino mestruato e non
sa dirlo, né dimostrarlo in altri modi.
Naruto sorride
perché non è stato lui a rompere giornalmente per
quella torta, ma c'è stato un tipo acido e rompiballe che gli
ha ripetuto per tutta la settimana qualcosa come 'Allora dobe,
vuoi farla o no, questa torta?' oppure 'Usuratonkachi, ma
quando vuoi farla questa torta? Io non ho tutto il tempo che...'
e bla bla bla, perché il succo è 'Lo so che non
recupero neanche un centimetro, ma anch'io voglio fare la torta per
Kakashi sensei!'.
“Adesso? È
pronta, adesso?” bercia Naruto, punzecchiando il dolce.
“No,
dobe, adesso ti bruci e basta.”
È davvero molto caldo
e nonostante siano state somministrate diverse bottiglie d'acqua
ancora soffrono come cefali arenati. Il sole sta lentamente calando, ma
questo significa solo che lì, in quella zona rialzata di
Konoha, i raggi arrivano arancioni e vivi come il fuoco
fin dentro le stanze, fin dentro la pupilla, arrivando a bruciare i
nervi ottici.
“Ma insomma, quanto ci vuole?” gracchia
Naruto, impaziente.
Sasuke ci riconosce lo stesso tono di quando
aveva cinque anni e sua madre sembrava impegnarsi molto per farlo
aspettare ogni volta di più, però lui aveva la scusante
dell'età, il dobe invece non ha scuse, è solo
dobe.
“Dobe...” inizia infatti, raccogliendo forze per
un insulto più articolato.
Il forno invece parteggia per
Naruto e suona appena l'ex nukenin apre nuovamente bocca.
Il
jinchuuriki, che è tanto vicino al forno da poterci entrare
dentro, si spaventa e finisce con le chiappe per terra, goffo e buffo
come solo lui sa essere. Shikamaru si sveglia di soprassalto e
rischia di cadere dalla sedia. Kiba si stira, mentre Akamaru alza la
testa e tira fuori la lingua, ansimando. È una scena ridicola,
di quelle che racconti agli amici assenti, ma allo stesso tempo di
solito non ride nessuno perché dalle loro parti con quegli
elementi lì, quel jinchuuriki lì, sono abituati a cose
del genere.
“Ora puoi tirarla fuori,” concede Sasuke,
porgendogli il guanto da forno.
“Eccomi, amore, sono a
casa!”
Per Naruto è la seconda volta che prende una
culata, ma la prima che si ustiona. Urla, mandando a cagare tutti i
Daimyo che conosce e i loro stupidi gatti sperduti. Poi decide di
incolpare il nuovo venuto per tutte le sue sciagure, passate,
presenti e future, e si volta a vedere chi lo ha deconcentrato con
quell'estrema facilità.
“Ino...” geme
Shikamaru, ché a lui basta dire il nome di una persona per
rimproverarlo di tutte tutte tutte le sue immani fatiche.
“Yamanaka,
Konohamaqualcosa non è qui, quindi sloggia.”
“Sei
geloso, Sas'ke!” miagola lei, deliziosamente sarcastica, “Sono
qui per salvarvi il culo, larve,” continua, spietata, e la
stanza si riempie dei suoi colori e del suo ottimo umore.
“Ovvero?”
chiede Kiba.
“Ovvero non parlo con uno sdraiato sotto al
tavolo come un cane!”
“Woof!” abbaia
letteralmente Kiba, facendo penzolare fuori la lingua. Akamaru
scodinzola, pigro, ché stare accanto a Shikamaru fa male.
Il
genio sciolto sulla sedia, l'ammonisce ancora, con quel suo tono che
implica 'Oh su, ti prego, non infierire'.
“Sono
venuta ad assaggiare questa fantomatica torta,” rivela lei,
finalmente, lisciandosi la coda bionda con le dita sottili.
“Forse
mi sbaglio,” comincia Sai, cauto, “ma non dovreste
regalarla intera, la torta?”
C'è un attimo di sincero
smarrimento in cui Shikamaru si sente scivolare nel sonno, poi Ino,
che sa come funzionano i suoi meccanismi, gli urla nell'orecchio
qualcosa che neanche era rivolto a lui.
“Sì, ma
questa è la prova, il compleanno di Kakashi non è oggi,
e nemmeno domani.”
Sasuke ha un mancamento e deve sedersi,
senza pensarci tanto si siede proprio accanto a Sai, ignorando di
essergli tanto vicino che Naruto, dall'altra parte della stanza,
storce il naso. Shikamaru decide in quel momento di murarsi vivo in
casa così da non venire disturbato per la seconda torta. Kiba
ride, perché era già quasi un'ora che non lo faceva, un
record per i suoi standard. E in tutto questo ci sono due tizzi
biondi con gli occhi azzurri che assaggiano la torta, usando le dita
come coltello, paletta e forchetta.
È in quel momento che
arriva Chouji al grido di 'Ce l'ho fatta, ho il vino giu...!', grido
che si interrompe quando entra in cucina e trova una torta squartata
sul tavolo. Poi decide che finire la frase non è così
importante come aiutare a finire la torta.
Scar,
mi dispiace. u_u' C'è tutta la mia buona volontà. C'è,
*la cerca* giuro che c'è!
Non amo questa coppia perché
Naruto si merita di meglio e Sasuke dovrebbe imparare che il manga si
chiama NARUTO e non gira tutto intorno a lui. Quella poi è
Megan Gale, tutt'al più. Però ammetto che in un certo suo,
tremendo e brutale, qual modo è stato anche un pizzico
divertente. Mi consolo con Kiba che ride sguaiatamente, ooc da
morire, Sai che parla di torte, ooc da morire, e Shikamaru che dorme
ovunque... ic, credo. Credo inoltre che il titolo originale di questa cosa
fosse “Fallimento” all'inizio, in tutti i sensi, tra
l'operazione torta fallita e il mio altrettanto fallito tentativo di
SasuNaru, ma poi ho preso altre strade, ecco.
Comunque.
C'è tutto il mio impegno e il mio affetto in questa cosa,
quindi vi prego accontentatevi.
Scarlett, tanti tanti auguri di
buon compleanno! E sappi che è stato un piacere conoscerti,
adesso posso dire di sapere com'è un tuo sorriso, dal vivo,
quindi dimmi quando sorriderai così me lo immaginerò e
saremo pari! Uh? XD
Chu!
I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.