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Autore: slice    07/07/2011    6 recensioni
Fatta di fretta ma con il cuore, ecco il mio regalo di compleanno per tre fanciulle che meritano il meglio a discapito di quello che invece avranno. ^^'
Attenzione! Qui ci sono Sasuke e Naruto che s'intortano a fare una torta per il compleanno di Kakashi. Dovrei mettere 'non per stomaci deboli' perché secondo me non ne escono... u_ù
Auguri, tate! *__* Chu!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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La casa di Sasuke è enorme. È stanze grandi, penombra e silenzio.
Ci sono pochi oggetti fuori posto e molti altri polverosi nelle stanze in cui il genio evidentemente entra ancora poco, poi ci sono invece ordine e metodo negli angoli più frequentati. La cucina, ad esempio, è illuminata e pulita come non si direbbe potesse essere quella di un diciassettenne e nonostante sia chiaro, dalla grandezza della stanza e dalla disposizione dei mobili, che quella è una cucina da famiglia e non una da ninja, è ugualmente funzionale. Ci sono un paio di larghi piani da lavoro, c'è il piano cottura, il forno, il frigo e c'è il tavolo al centro della stanza con le sedie che lo circondano. Inoltre è pieno di pomodori, lì.

Kiba arriva trafelato, con un foglio in una mano e l'altra sulla milza. Ovviamente gli vengono rivolti degli sguardi eloquenti, persino Akamaru uggiola, portando una zampa sugli occhi.
“Dov'è Chouji, a bersi il vino?” chiede il padrone del bue bianco steso sotto il tavolo, guardandosi intorno alla ricerca dell'amico.
“Ha detto che si informava da suo padre su quale vino servisse per la torta di riso,” spiega Shikamaru, accasciandosi su una sedia della cucina.
“Dov'è l'imbecille, piuttosto?” s'informa Sasuke sulla sua dolce e amata metà.
Inuzuka ride perché ha incontrato Uzumaki per strada e si è guardato bene dall'aiutarlo con la spesa, che per inciso avrebbero fatto tutti insieme, teoricamente.
“Kiba...” si lagna Shikamaru che come al solito, purtroppo per lui, ha capito tutto.
Per fortuna non c'è tempo per nient'altro che Naruto arriva. O meglio: ad arrivare ce l'ha fatta e, in realtà, questo è abbastanza normale, mentre lo stato in cui verte quando appare non lo è affatto. La porta si chiude con un tonfo ad indicare che è stata sbattuta, probabilmente con un piede, e dopo poco il jinchuuriki fa il suo ingresso in cucina.
“Siete... Siete...” gorgoglia affannosamente nel tentativo di mandarli a cagare.
“Siamo qui da un pezzo, dobe, sì.”
Naruto, il dobe, prende il pacco della farina da una delle buste e la lancia a Sasuke che per sua sfortuna ci vede male ma non così tanto.
“Ok, cosa si deve fare per prima cosa?” chiede il padrone di casa, osservando il pacco che ha tra le mani.
“...Pensavo aveste la ricetta,” sorride Sai, che da quando sono a casa di Uchiha non l'ha ancora fatto.
Kiba che si sta gingillando beatamente sotto al tavolo con Akamaru, alza la testa di scatto.
“Ecco a cosa serviva la mia deviazione!” dice, alzando la mano verso Shikamaru.
Lui prende il foglio dalle dita altrui ed inizia a scorrerlo con gli occhi. Sbuffa e arriccia il naso.
“Lo so che è dura leggere, Nara, ma ci renderesti partecipi, per cortesia?” celia Sasuke, dimostrando che ce n'è per tutti.
“No,” risponde Shikamaru, passandosi una mano sul codino, “Principalmente perché non ti servirà a molto conoscere le dosi degli ingredienti se non ne conosci l'ordine, ma anche perché non mi va di dirtele.”
La casa è già abbastanza silenziosa di suo e quell'improvviso scarto nel chiacchiericcio dei giovani la rende più inquietante di quando non c'è nessuno.
“Eh?” chiede Naruto, ché lui non è un genio e si è perso al no.
Sasuke si prende un momento di raccoglimento e se Kiba e Shikamaru non sanno cosa sia un mestolo, loro che hanno i genitori, la mamma, loro che hanno avuto un'infanzia, allora sono leggermente fregati, senza contare che Sai sembra esattamente quello che è: l'uomo più inutile della storia.
“Io lo so.”
Kiba ride e si attacca all'orecchio di Akamaru, che viene momentaneamente sfigurato, per non cadere di schiena, anche se è tutto vano perché il cane si volta e cerca di mordicchiargli il polso. Cretino, mi fai male! dice Akamaru, mentre il padrone si sbilancia ugualmente. Naruto sorride per la scena, ma sono le parole di Sai che gli fanno avere quel tono, quando inizia a parlare, quello di chi si trattiene dal lasciarsi andare ad una risata di pancia come quella dell'amico ferino.
Sasuke è sul punto di buttarli fuori tutti, solo che uno dei suoi maggiori difetti - crede, lui - è appunto un'immane curiosità; cosa che, tra l'altro, gli fa venire in mente quanto si divertissero suo fratello e sua madre a punzecchiarlo e a fargli innumerevoli scherzi, puntando proprio su quella sua peculiarità, che poi gli fa venire in mente che quei tempi non ci sono più e non torneranno mai indietro, e gli ricorda che è stato lui ad uccidere Itachi e che...
“Allora, Sai? Vuoi un invito scritto?” gracchia, inacidito. Devono tutti ringraziare che buttarli fuori significherebbe rimanere da solo con quei pensieri.
“Bisogna far bollire un litro di latte, salarlo e metterci duecento grammi di riso, poi mescolarlo fin quando non si asciuga tutto,” enuncia Sai, con una punta d'orgoglio.
È un evento strano, quello. Però in effetti viene da pensare che con tutti i libri che legge, magari una volta lui abbia sbagliato e se ne sia letto uno di cucina. Questo almeno è il motivo per cui Kiba e Naruto sghignazzano. Shikamaru, invece, ha chiaro in testa i concetti di abitudine e di educazione; è questione di abitudine se Sai si affida ai libri per quanto riguarda altre sfere che esulano dai sentimenti e i rapporti sociali, ma è per via dell'educazione militare ricevuta che lui non ha potuto fare a meno di cercarsi nozioni sterili sulle pagine esaustive dei manuali. Ed è per questi due aspetti che adesso Sai riesce a rapportarsi meglio con qualunque cosa se consulta un libro specifico, di conseguenza riesce ad avere anche la giusta manualità. Legge, elabora e passa alla pratica, per questo gli rimangono più impresse di quanto facciano le informazioni sui rapporti umani.
Sasuke ha atteso che qualcuno facesse qualcosa, ché con tutti quegli inutili idioti nella sua cucina non avrebbe avuto senso fare da sé tutto il lavoro, poi però si è accorto che appunto quella è la sua cucina e che nessuno sa dove mettere le mani, così si è affrettato a prendere il necessario e in poco tempo il latte è sul fuoco.
“Mh, le dosi,” irrompe Shikamaru, “Per quante persone volete che sia questa torta?”
“Noi, più il sensei, no?” Naruto strilla tanto che Akamaru scuote il testone, infastidito dagli ultrasuoni.
Sai sorride. Sasuke sta brontolando con il latte perché dopo ventisette secondi ancora non bolle. Akamaru si lecca una zampa e Kiba appoggia il viso sulla mano, con quel dentino fuori che lo rende buffo. Shikamaru sbadiglia, ma fa l'errore di analizzare quello che il jinchuuriki ha detto proprio in mezzo a quell'idillio, così gli tocca interromperlo. E se c'è una cosa che proprio non lo fa contento è esattamente interrompere uno sbadiglio.
“Diciamo,” comincia, seccato, “Che noi vi diamo una mano perché siamo stati trascinati qui.”
“Sei stato trascinato, tu?” ridacchia Kiba, rivolto al cane, un secondo prima che questi gli lecchi metà faccia.
“Però non serve che partecipiamo,” continua il genio, pestando distrattamente un paio di dita a caso, sotto al tavolo, “Avrà più senso se alla consegna ci sarete voi del team sette.”
“Allora cosa l'hai chiesto a fare, genio?” chiede Sasuke, ora che il latte bolle e non può più prendersela con quello.
Shikamaru sbuffa, non gli piace dover inserire le sue pigre dita nelle altrui piaghe, però neanche gli piace che Sasuke non si renda mai conto di quello che fa. O faccia finta di non rendersene conto, ecco; che alla fine il risultato è lo stesso.
“Lo so, Uchiha, che tu vuoi bene al tuo ritrovato team e che includi tutti a priori, ma con il tuo sempreverde comportamento da stronzo fai capire agli altri qualcosa di drasticamente diverso, quindi a volte sorge spontaneo porsi domande. Ad esempio, nell'immediato: ci vuoi anche Sai? E Sakura che non ha fatto la torta?” spiega Shikamaru, che con Ino e Naruto ha fatto scuola di comprendonio per ritardati ed è abituato a spiegare anche perché mai l'acqua bagni. “Ecco che ho chiesto: per quante persone deve essere questa torta?” conclude, aspettandosi una risposta acida.
Sasuke, mestolo alla mano, gira pigramente quella pappetta umida che son diventati il latte e il riso, e siccome Shikamaru per lui può ciarlare per ore senza che gli interessi niente di quello che dice, lo ignora, vomitando astio per qualcos'altro.
“Io odio i dolci,” dice, rimestando nella pentola a testa bassa.
Naruto, che è tutto illuminato e ha un sorriso che acceca, gli si avvicina. Lo guarda e Shikamaru si è già voltato dall'altra parte quando lo strizza in un abbraccio assolutamente non richiesto.
“Dillo ancoraaa!” trilla e strilla il jinchuuriki.
“Togliti, dobe,” abbaia Sasuke.
“No, non quello,” e dicendolo rafforza l'abbraccio.
Sasuke emette un suono strozzato e il mestolo gli cade in terra. Poi sgrana gli occhi perché ha capito cosa farnetica quello scemo. E lo infastidisce e preoccupa molto il fatto di riuscire a comprendere, di essere al suo livello, ma anche non poter respirare bene non lo fa felice.
“Per cinque, la torta è per cinque, ok?” e viene finalmente liberato, cosicché possa raccogliere l'utensile. “Idiota,” borbotta, piegandosi.
Naruto rimane lì, fermo, mentre il sorriso scompare e gli occhi gli cadono sul sedere del compagno.
“Naruto...” lo richiama Shikamaru che si è voltato nel momento meno opportuno. È condannato a vedere queste cose, lui, e Kiba non aiuta. Il cagnaccio si alza e si piega in avanti, mostrando il deretano.
“Sei geloso?” ghigna, contento di rompere le balle. Akamaru abbaia perché lui nei suoi modesti panni di canide sente l'odore della paura, della felicità e quindi anche, come in quel caso, dell'imbarazzo.
“Sai, ti prego, vai avanti,” propone il genio con le dita premute sugli occhi, mentre Sasuke cerca di tenere mani demoniache lontane dal suo sedere a colpi di mestolate.
“Il riso va tolto dal fuoco e amalgamato con lo zucchero e la scorza di limone,” comunica Sai, senza fare una piega, come se non ci fossero due suoi compagni abbracciati, per come la vede lui; come se non ci fossero due suoi compagni in lotta, per come la vede Sasuke; come se non ci fossero due suoi compagni che amoreggiano, per come la vede Naruto; ho fame e sonno, per come la vede Akamaru.
“Quanto zucchero?” chiede Sasuke, cercando di mutilare il compagno di team.
Sai vorrebbe rispondere, però prima non aveva pensato alle dosi e allora rimane un attimo smarrito tra grammi e litri.
“Un momento...” frigna Shikamaru, che non gliene frega niente, ma lui stava anche bene altrove e quel tono piagnucoloso è tutto quello che può offrire sul momento. “Hai dato dosi per sei persone, quindi sono duecento grammi di zucchero,” dice fiero del suo calcolo veloce; perché, nonostante sia pigro come Shikamaru, è anche intelligente come lui, lui.
“Grattugia la buccia di limone qua dentro, tu, e piantala!” sbotta, Sasuke, porgendo un piccolo recipiente a Naruto.
Lui sbuffa, ma si vede benissimo che non è seccato. Forse gli scoccia un po', in effetti, non potergli mantrugiare i fianchi e masticare le orecchie e ridere sulla pelle nuda, però tanto sa che l'altro si sta trattenendo e quando rimarranno soli sarà il primo a voler andare di sopra. Perciò inciampa nella coda di Akamaru, pesta un piede a Kiba e fa cadere una sedia, giacché è distratto da quegli occhi neri, poi per fortuna riesce a trovare un angolino di tavolo dove mettersi a grattugiare il limone.
Grattugiare, comunque, è una parola che fa ridere, come pigiama o pantofole, e finisce che lui e Kiba si guardano solo e poi ridono, strizzando gli occhi a testa bassa, come gli scemi che sono.
“Adesso va lasciato intiepidire,” continua Sai, stoicamente, facendo notare che niente lo scalfisce, che potrebbe passare di lì Konohamaru nudo e lui continuerebbe ad elencare ingredienti e procedura.
Sasuke prende una tortiera che ha un generoso strato di polvere in dotazione e dopo un attimo di disappunto la pulisce nel lavello. Dopo passa accanto al forno e lo accende per riscaldarlo, lascia il recipiente sul tavolo, prende il burro dal frigo e torna al piano ligneo, solo allora si accorge di avere sei occhi umani e quattro animali che lo fissano.
“Credevo che non ti piacessero i dolci...” dà voce alla domanda di gruppo, Shikamaru.
“Beh, forse un tempo le facevo anch'io, le torte,” risponde, con la stessa palese disponibilità che potrebbe avere Morino, “Mai fatta una torta con vostra madre?” sbuffa, retorico e infastidito.
Naruto è verosimilmente poco avvezzo alla delicatezza; non è tanto questione di maleducazione bensì una chiara mancanza di educazione, in questo senso. Non ha chiari concetti come tatto e forma perché se non sono cose utili che si imparano all'accademia o che i suoi maestri gli hanno insegnato, allora non possono essere poi così importanti. Tuttavia ha quel modo suo, quella dolcezza schietta, veloce e fresca, che travolge il cuore e ti fa venire voglia di abbracciarlo. C'è decisamente qualcosa di davvero dolce, dolcissimo, dolcerrimo, nel suo modo goffo e per niente velato di cambiare argomento, ad esempio.
A vederla fino in fondo, poi, lui lo sa, non è vero che Sasuke odia i dolci, è vero che questi gli ricordano sua madre che li faceva e lui e Itachi, seduti scomposti in cucina a punzecchiarsi, che li mangiavano. Quindi, fendente di katana, via una parte di doloroso passato e benvenuto Sasuke a cui non piacciono i dolci.
“Sai, Sai...” si blocca Naruto, accigliandosi un momento prima di scegliere di soprassedere, “Potresti fare un dipinto per Kakashi sensei, che ne dici?”
“È un'idea!” si stupisce, Sai, che sa poco, ma poverino si chiama Sai... Che deve fare?
Sasuke rovescia l'impasto nella tortiera imburrata e poi la mette nel forno, regolando con maestria senza sapere il tempo di cottura.
“Quanto deve cuocere questa schifezza?”
“Mezz'ora,” sorride Sai, tirando fuori pennelli e tela.
“Dove li avevi quelli?” ride Kiba.
“Avete una foto di Kakashi san, a portata di mano?” glissa lui.
Nessuno si aspetta di vedere quello lì, quello nero, cupo, quello che odia tutti, anche i dolci, prendere una foto del team sette dal cassetto della cucina; a portata di mano, come ha detto Sai. E invece, quando compie l'azione, Sasuke è così rilassato, completamente a suo agio nel mostrare quanto non si vergogni di essere sempre stato legato a quella foto, a quelle persone, che sembra una cosa totalmente normale. Sembra di averglielo già visto fare. Sembra che gli dica che gli vuole bene anche se è un babbuino mestruato e non sa dirlo, né dimostrarlo in altri modi.
Naruto sorride perché non è stato lui a rompere giornalmente per quella torta, ma c'è stato un tipo acido e rompiballe che gli ha ripetuto per tutta la settimana qualcosa come 'Allora dobe, vuoi farla o no, questa torta?' oppure 'Usuratonkachi, ma quando vuoi farla questa torta? Io non ho tutto il tempo che...' e bla bla bla, perché il succo è 'Lo so che non recupero neanche un centimetro, ma anch'io voglio fare la torta per Kakashi sensei!'.



Adesso? È pronta, adesso?” bercia Naruto, punzecchiando il dolce.
“No, dobe, adesso ti bruci e basta.”
È davvero molto caldo e nonostante siano state somministrate diverse bottiglie d'acqua ancora soffrono come cefali arenati. Il sole sta lentamente calando, ma questo significa solo che lì, in quella zona rialzata di Konoha, i raggi arrivano arancioni e vivi come il fuoco fin dentro le stanze, fin dentro la pupilla, arrivando a bruciare i nervi ottici.
“Ma insomma, quanto ci vuole?” gracchia Naruto, impaziente.
Sasuke ci riconosce lo stesso tono di quando aveva cinque anni e sua madre sembrava impegnarsi molto per farlo aspettare ogni volta di più, però lui aveva la scusante dell'età, il dobe invece non ha scuse, è solo dobe.
“Dobe...” inizia infatti, raccogliendo forze per un insulto più articolato.
Il forno invece parteggia per Naruto e suona appena l'ex nukenin apre nuovamente bocca.
Il jinchuuriki, che è tanto vicino al forno da poterci entrare dentro, si spaventa e finisce con le chiappe per terra, goffo e buffo come solo lui sa essere. Shikamaru si sveglia di soprassalto e rischia di cadere dalla sedia. Kiba si stira, mentre Akamaru alza la testa e tira fuori la lingua, ansimando. È una scena ridicola, di quelle che racconti agli amici assenti, ma allo stesso tempo di solito non ride nessuno perché dalle loro parti con quegli elementi lì, quel jinchuuriki lì, sono abituati a cose del genere.
“Ora puoi tirarla fuori,” concede Sasuke, porgendogli il guanto da forno.
“Eccomi, amore, sono a casa!”
Per Naruto è la seconda volta che prende una culata, ma la prima che si ustiona. Urla, mandando a cagare tutti i Daimyo che conosce e i loro stupidi gatti sperduti. Poi decide di incolpare il nuovo venuto per tutte le sue sciagure, passate, presenti e future, e si volta a vedere chi lo ha deconcentrato con quell'estrema facilità.
“Ino...” geme Shikamaru, ché a lui basta dire il nome di una persona per rimproverarlo di tutte tutte tutte le sue immani fatiche.
“Yamanaka, Konohamaqualcosa non è qui, quindi sloggia.”
“Sei geloso, Sas'ke!” miagola lei, deliziosamente sarcastica, “Sono qui per salvarvi il culo, larve,” continua, spietata, e la stanza si riempie dei suoi colori e del suo ottimo umore.
“Ovvero?” chiede Kiba.
“Ovvero non parlo con uno sdraiato sotto al tavolo come un cane!”
“Woof!” abbaia letteralmente Kiba, facendo penzolare fuori la lingua. Akamaru scodinzola, pigro, ché stare accanto a Shikamaru fa male.
Il genio sciolto sulla sedia, l'ammonisce ancora, con quel suo tono che implica '
Oh su, ti prego, non infierire'.
“Sono venuta ad assaggiare questa fantomatica torta,” rivela lei, finalmente, lisciandosi la coda bionda con le dita sottili.
“Forse mi sbaglio,” comincia Sai, cauto, “ma non dovreste regalarla intera, la torta?”
C'è un attimo di sincero smarrimento in cui Shikamaru si sente scivolare nel sonno, poi Ino, che sa come funzionano i suoi meccanismi, gli urla nell'orecchio qualcosa che neanche era rivolto a lui.
“Sì, ma questa è la prova, il compleanno di Kakashi non è oggi, e nemmeno domani.”
Sasuke ha un mancamento e deve sedersi, senza pensarci tanto si siede proprio accanto a Sai, ignorando di essergli tanto vicino che Naruto, dall'altra parte della stanza, storce il naso. Shikamaru decide in quel momento di murarsi vivo in casa così da non venire disturbato per la seconda torta. Kiba ride, perché era già quasi un'ora che non lo faceva, un record per i suoi standard. E in tutto questo ci sono due tizzi biondi con gli occhi azzurri che assaggiano la torta, usando le dita come coltello, paletta e forchetta.
È in quel momento che arriva Chouji al grido di 'Ce l'ho fatta, ho il vino giu...!', grido che si interrompe quando entra in cucina e trova una torta squartata sul tavolo. Poi decide che finire la frase non è così importante come aiutare a finire la torta.















Scar, mi dispiace. u_u' C'è tutta la mia buona volontà. C'è, *la cerca* giuro che c'è!
Non amo questa coppia perché Naruto si merita di meglio e Sasuke dovrebbe imparare che il manga si chiama NARUTO e non gira tutto intorno a lui. Quella poi è Megan Gale, tutt'al più. Però ammetto che in un certo suo, tremendo e brutale, qual modo è stato anche un pizzico divertente. Mi consolo con Kiba che ride sguaiatamente, ooc da morire, Sai che parla di torte, ooc da morire, e Shikamaru che dorme ovunque... ic, credo. Credo inoltre che il titolo originale di questa cosa fosse “Fallimento” all'inizio, in tutti i sensi, tra l'operazione torta fallita e il mio altrettanto fallito tentativo di SasuNaru, ma poi ho preso altre strade, ecco.

Comunque. C'è tutto il mio impegno e il mio affetto in questa cosa, quindi vi prego accontentatevi.
Scarlett, tanti tanti auguri di buon compleanno! E sappi che è stato un piacere conoscerti, adesso posso dire di sapere com'è un tuo sorriso, dal vivo, quindi dimmi quando sorriderai così me lo immaginerò e saremo pari! Uh? XD
Chu!





I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.



  
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