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Autore: AthinaNike    08/07/2011    2 recensioni
Più di un pokémon, ma meno di una donna: la storia di Gaelle
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Era ancora estate quando mi svegliai dal mio letto e scesi il primo piede per terra. Girai la testa piano e notai Gardevoir che dormiva ancora avvolta nelle coperte bianche che profumavano di lavanda. No, non è come pensate. Dormivamo sempre insieme, era diventata un’abitudine da quando mi confessò di aver bisogno di sentire i miei pensieri prima di potersi addormentare. Quasi vivevamo in simbiosi ormai, lei aveva bisogno di entrare nella mia mente e io non la rigettavo mica. Era una presenza indispensabile per l’andamento della giornata. Sorrisi mentre alzavo la serranda lentamente e feci entrare qualche raggio di luce da fuori il Centro di Sciroccopoli. Avevo deciso di fare una piccola gitarella per vedere il parco giochi e Camelia, straordinaria capo palestra. Andai nel cucinino e mi versai un po’ di latte e lo bevvi lentamente. Avevo addosso solo una maglietta molto lunga. Scorsi Gaelle –beh non potevo continuare a  chiamarla Gardevoir!- che mi veniva incontro mentre si stropicciava gli occhi lentamente. Si sedette sulla sedia accanto al tavolo di legno e mi guardò. “Perché non stavi a dormire un altro po’?” chiesi prendendole dalla credenza un po’ da mangiare. Lei non rispose. Sentii solo il suo sguardo su di me. Cercai di entrare nei suoi pensieri ma mi sbarrò l’accesso. Le porsi il vassoio e andai di la per prendere le pokéball. Anche gli altri dovevano mangiare. “Aspetto che finisci e poi scendiamo” continuai io facendo finta di niente. Ancora nessuna risposta. Cosa avevo fatto stavolta di sbagliato? Le andai incontro e mi sedetti di fronte a lei. Guardava oltre la finestra. Le presi la mano e mi fissò. “Che hai?”
“Niente di importante”. No, non me la bevevo. Aveva qualcosa. In questo era molto simile ad una donna, bisogna solo capirci, noi non diciamo mai niente direttamente. “Dai dimmi.” la incoraggiai. Mi guardò arrossendo. Forse c’ero riuscita! Alzò la testa lentamente sospirando “Dobbiamo andare per forza da Camelia?” disse cercando di filtrare i pensieri. Alzai le sopracciglia. Non potevo crederci. Che fosse gelosa?! Ma di che? Bah alle volte era strana, ma davvero! Aprii la bocca senza dire niente e lei subito abbassò lo sguardo giocherellando con il bordo della scodella. No era troppo imbarazzata per risponderle duramente. “Va bene, ci andremo un altro giorno. Però sbrigati che anche gli altri stanno morendo di fame”. Lei mi rivolse uno sguardo stupendo, gioioso e solare, ma sapevo che era solo quello che voleva farmi vedere. Dentro non doveva essere poi così tanto allegra quel giorno. Dopo che mi preparai, scendemmo le scale e ci ritrovammo nella sala al piano terra. Feci uscire tutti quanti: Alex, Lia, Astrea e Vaporeon. Diedi una razione a tutti e carezzai tutti quanti. Alex e Lia continuavano ad azzuffarsi mentre Gaelle cercava di calmarli. Astrea saltellava un po’ tutt’attorno e Vaporeon riempiva le scodelle con dell’acqua. Alex e Lia iniziarono a farsi troppo rumorosi.
Decisi che non li sopportavo più feci spostare Gaelle e ordinai ad Astrea un tuononda su entrambi. Alle volte paralizzarli era l’unico modo per farli smettere. Mi chiedevo spesso come facessero un Charizard e un Serperior a litigare così tanto.
Mi sedetti al tavolo e guardai i miei amici mangiare. Gaelle era seduta invece sul tavolo che mi dava le spalle.
Mi controllava i pensieri. Lo sentivo. “Che vuoi fare oggi?”. Sussultò. Forse non pensava me ne accorgessi. Si girò verso di me e mi osservò dalla testa ai piedi. Si avvicinò e mi sistemò i capelli ricci arruffati e prese a guardare i miei vestiti, per vedere se avessi pieghe di vario genere. Non vestivo complicato: maglietta nera e jeans. Dopo che ebbe finito, mi sorrise e mi rispose “Penso che il Parco Giochi vada benissimo”.
Uscimmo dal Centro e ci incamminammo verso il Parco parlottando del più e del meno e godendoci quel venticello e l’odore degli alberi. Dopo un centinaio di metri incontrammo proprio Camelia che ci veniva incontro. Gaelle cambiò espressione di botto e venni attraversata da una leggera fitta alle tempie. Cercai di farla calmare. “Non ne ho bisogno!” mi urlò con la sua voce penetrante provocandomi un’altra fitta. Era proprio strana quando faceva così, dannazione. Salutai Camelia. Era a spasso con la sua Zebstrika.
“Tu sei con Gaelle vedo”  disse sorridendo mentre fermava Zebstrika che non vedeva l’ora di farsi una bella corsetta.   “Già! Percui non ci sei oggi in palestra?”
“Eh no, devo fargli scaricare un po’ le pile, altrimenti non mi farà dormire!” disse muovendosi i capelli biondi e corti con la mano. Si aggiustò un po’ il vestito attillato giallo e nero e il mio occhio cadde sui suoi tacchi per me vertiginosi. Provavo profonda ammirazione nei suoi confronti. Era una delle poche con cui avessi un rapporto di amicizia pseudo normale. Mi piaceva la sua compagnia. La salutammo e notai che anche quando lei era parecchio lontana, lo sguardo di Gaelle era duro e la sua mente vibrava, inoltre il suo corpo era rigido come un pezzo di legno. Decisi di lasciarla sbollire un po’, nella speranza che non sarebbe stata intrattabile per tutto il giorno. Arrivate al parco, una coppia di bambini corsero nella nostra direzione e mi chiesero della mia Gardevoir. Raccontai loro che era la mia compagna più fidata, e che era un pokémon estremamente raro, che ne capitava uno simile ogni mille anni circa. I piccoletti, alti poco più di un metro, avevano dei bei capelli biondicci e una pelle chiara. Gaelle sorrise e si abbassò per poterli accontentare e farsi toccare la testa. Stavolta venni presa io da un moto strano. Lei se ne accorse tanto che mi guardò compiaciuta nell’aver trovato forse la sua vendetta. “Piccoli fate piano…” sussurrai io mentre stringevo la mano. E lei che si faceva carezzare, che poco ci mancava facesse le fusa come un fottuto Glameow qualsiasi! Ma era la mia Gaelle! LA MIA! Stavo per scoppiare quando arrivò la madre dei piccoli che ci ringraziò e li portò via. Incrociai le braccia dopo averli salutati e cercai di eliminare in fretta quel sentimento assurdo e senza senso. Mi guardò con aria soddisfatta e un sorrisetto beffardo che odiai e amai allo stesso tempo. Lei mi prese al mano che avevo stretto prima, notò che poco mancava che arrivassi a farla sanguinare. “La prossima volta, anziché masochizzarti in questo modo assurdo, pensa a tutte le risposte che mi dai ogni qualvolta decidi di andare da Camelia” si girò di botto e riprese a camminare. Sorrisi amaramente. Tagliente. Era solo tagliente. Ma mentre la guardavo avanzare, con quel suo passo leggero, e l’eleganza della sua figura, non resistetti più e l’abbracciai. Si bloccò e portò le sue mani sulle mie braccia attorno alla sua vita stretta. Quell’abbraccio fece male a me e a lei, che ancora non avevamo il coraggio di ammettere quello che stava accadendo, che non avevamo gli occhi pronti per guardare con oggettività la realtà. La girai e la guardai negli occhi. Serrai la mia mente: sapevo che l’unica cosa che rimbombava era “baciami”. Questo desiderio mi corrodeva da dentro; ma cosa avrei potuto fare?! Farglielo capire? Dirglielo? Come un’eco terribile mi vibrava dentro in ogni singola cellula, in ogni neurone c’era solo quell’unico verbo unito al complemento oggetto. Bacia me, e nessun altro mai. Ama me come non amerai mai nessun altro. Cercavo in tutti i modi di togliermelo dalla testa. Era sbagliato su tutta la linea, non v’era modo di dire che in qualche maniera sarebbe stato possibile soddisfarmi. Anche lei aveva reso impossibile per me sentire i suoi pensieri, le sue emozioni. Si staccò da me con il viso rosso e lo sguardo basso. Il mio non avevo idea di che colore fosse. Non potevo lasciarla andare così. Non così. “Hai cambiato la mia vita!” le dissi ad alta voce e lei si immobilizzò di nuovo. “Credi veramente che svenderei te, per una qualsiasi persona o pokémon? Credi davvero che nel mio ordine di priorità qualcuno possa venire prima di te? Quel giorno, in cui mi hai preso la testa, ti sei scusata del dolore che ti causai io… quel giorno mi ripromisi che non ti avrei mai tradita per nessuno” continuai sperando di non dare spettacolo in giro, ma per fortuna in quel preciso istante non passava nessuno. Silenzio. Solo le foglie degli alberi facevano un rumore timido sotto il vento di Scirocco. Il vento le mosse le pieghe morbide della gonna leggermente violetta. Si mise di profilo e mi guardò. “Perché mi chiudi i pensieri?” mi chiese a voce alta. Sì, lo so cosa potete pensare. E’ un pokémon, ha un verso, non parla mica. Beh le parlavo molto io, e le insegnai la fonetica. Cosa volete che vi dica, era una mia fissazione, e poi lei aveva un cervello così sviluppato che apprese molto bene e in poco tempo. Insomma, ci riesce un Meowth, non ci può riuscire la mia Gardevoir?! Cominciai quando era ancora un Ralts. La vedevo proprio come un essere umano. Sarò stata una sciocca, una pazza, un’idiota, ma l’amavo; e quello era per me un modo per mostrarle il mio affetto, donandole la parola, l’arte della retorica. “Potrei farti la stessa domanda”. Ero decisa, anche se devo ammettere che mi tremavano le gambe e il cuore batteva forte. Vide una panchina e mi fece segno di sederci lì. Mi rilassai e ci sedemmo.
”Mi spieghi che diamine ti prende oggi?”
“Non lo so, perdonami”.
Pausa di pochi istanti. Si girò di scatto verso di me e mi prese la mano. “Tu lo sai che morirei per te, vero?!” chiese con voce tremante.
“E tu lo sai che lo farei anche io?” risposi seria. Scosse la testa con forza lasciandomi e stavolta mi prese per le spalle e mi piantò un pugno leggero sullo sterno.
“NO! Tu non devi pensare queste cose! Sono io quella inutile, sono io quella che deve la propria vita a te. Sono io quella che hai trovato sotto la pioggia…”
Non ebbi il coraggio di risponderle, perché l’unica cosa che avrei tanto voluto fare era darle uno schiaffo per le cazzate che diceva. Ma chi gliele aveva messe in testa?! Un Gardevoir aveva mai fatto discorsi del genere?! Avevo un sacco di amici allenatori che avevano un esemplare, ma diamine, mai una cosa del genere. Notai con la coda dell’occhio che un mucchio di gente passava di lì proprio in quel momento. Mi decisi che quello non era posto per discutere e così feci uscire Alex, presi in braccio Gaelle e montai sul suo dorso. Gli feci spiccare il volo e andai lontano, lontano da quella città. “Claire! Mi spieghi che vuoi fare?!”. Continuai a non risponderle e diedi dei colpi di tacco sui fianchi del mio Charizard incalzandolo a sbattere le ali possenti più velocemente.
Atterrai vicino ad un boschetto dove sapevo che nessuno ci avrebbe messo piede mai e poi mai. Ripresi in braccio Gaelle e la feci scendere. Mi aspettò in piedi con le mani congiunte sulla gonna scossa dal vento provocato dal compagno pokémon. Una volta a terra, richiamai Alex nella sfera. Buttai la borsa a terra con foga e la guardai allargando le braccia. “Ora siamo sole. Spiegami per favore chi diavolo ti ha messo in testa queste stupide idee!” dissi con un certo impeto. Lei sentì le parole tutte addosso e restò in silenzio. Non riuscivo a capire. Ero giovane e di mentalità aperta, e lei era troppo complicata.
“Sono un pokémon Claire…” disse con un certo rammarico nella voce.
”Non capisco cosa c’entri”
“Tu non capisci mai!”
”Se non mi spieghi è ovvio!”
Urlavamo entrambe. Certo, già sentire un pokémon che parla è più unico che raro, aggiungiamo anche che litiga con il suo allenatore e che ha una colorazione diversa dal normale e sfociamo nell’assurdità. So che non mi crederà nessuno, so che nessuno mi darà importanza, ma questa è la mia storia. E mentre mi urlava in faccia la voglia di stamparle un bacio su quelle labbra sottili cresceva. Dio. Deve esser proprio strano sentire discorsi del genere, me ne rendo conto. Ma non è una finzione. L’amavo davvero, per me era tutto, era davvero la persona, perché per me era una donna, a cui avrei dedicato la mia vita.
“Se non lo faccio ci sarà un motivo, non credi?!” rispose avvicinandosi a me con lo sguardo adirato.
“Cos’è siamo diventate ironiche adesso?” sbottai dando un calcio ad un sasso vicino a me. Lei sbuffò rumorosamente facendo un movimento con la mano e girandosi di una decina di gradi. Mi calmai e mi misi seduta. “Voglio solo sapere dov’è la mia Gaelle, che si addormenta tra le mie braccia, che chiude gli occhi sotto le mie carezze, che discute con me di come accudire i miei pokémon…”. Si avvicinò a me e mi si sedette accanto. Mi buttai all’indietro e caddi su un soffice strato di fiori. Lei mi guardava seduta sulle ginocchia. Si sdraiò anche lei e si mise supina al mio fianco, con il braccio sinistro sul mio petto. Strinse forte gli occhi. “Vedi è tutto sbagliato… quello che voglio io… quello che penso”
“Se non mi dici cosa pensi, se non mi fai vedere quello che vuoi come posso decidere se sia giusto o sbagliato?” dissi dolcemente carezzandole l’orecchio mettendomi seduta con lei tra le mie gambe e la sua testa poggiata sul mio sterno. Abbassai le mie barriere mentali e sentii la sua entrare lentamente, quasi timidamente. Restammo per un bel po’ in quel modo, senza chiedere né dire nulla. Il silenzio lo ruppe lei “Pensavi davvero quello che mi hai detto poco fa?”.  Le presi il viso e provai ancora quella sensazione. Stavo per farla uscire dai miei pensieri, presa dalla paura che potesse andarsene scoperto quello che mi passava per la testa, quando mi saltò addosso e mi buttò a terra urlandomi “Ferma! Non farmi questo!”. Cercai di disciplinare i miei pensieri, ma non riuscendoci continuai a cercare di farla uscire dalla mia testa, ma lei reagì ed entrò forzatamente. Un dolore atroce. ”Dimmi cosa vuoi sapere!” le urlai mentre cercavo di liberarmi da quella morsa mentale. In pochi secondi ebbe scansionato tutta la mia mente, con tanto di pensieri e desideri. Ne uscì lentamente e quando il dolore finì mi sentii svuotata da tutto, la vergogna mi invase tanto che la sensazione di essere nuda e sporca non mi abbandonava. Ma lei era sempre sopra di me che mi tratteneva per i polsi. Non se ne era andata. Non ebbi il coraggio di guardarla, si spostò in modo tale che mi potessi mettere seduta. Pensavo solo nero, nient’altro. Le mie emozioni erano ridotte a un forte senso di inadeguatezza e stupidità, oltre che schifo nei miei confronti. Ecco: mi facevo schifo. Ero stata una pessima allenatrice, avevo trattato male la mia Gaelle. Le avevo promesso gioia e felicità e le avevo soltanto dato dolore.
Mi sentivo le labbra sigillate, la lingua incollata al pavimento orale, i muscoli indolenziti.
Rieccola. Era tornata nella mia mente. “apri gli occhi”. Non avevo intenzione di farlo. Preferivo restare nel buio della mia stupidaggine, preferivo vedere nero per sempre. In quel momento pensai che il posto più adatto per me fosse l’inferno. “Claire… apri gli occhi” solo quello balzava nelle pareti della mia testa irrimediabilmente svuotata da ogni pensiero di significato compiuto. Sentii le sue mani sul mio volto.
Mi decisi che non era quello il modo di risolvere i problemi, che non era quello il mio carattere e che gli Squirtle non mi erano mai piaciuti. Tirai fuori la testa dal mio guscio e aprii le palpebre. Vidi il suo volto sorridente rigato dalle lacrime. Le asciugai le lacrime. “Guarda… che stupida che sono… ti tratto malissimo… io non ti merito” dissi con la voce che mi aggrediva la gola con denti aguzzi. Mi ero rivista tutti i giorni felici passati insieme svaniti nel nulla, pensavo che non il nostro rapporto non sarebbe stato più lo stesso. Ma lei avvicinò la testa alla mia. Mi carezzò la guancia e mi baciò le labbra. Mi staccai subito. “Stupida! che fai!? non devi.. Non devi solo perché lo vorrei!”. Venni investita da una valanga mentale. Erano i suoi ricordi… no: ricordi di pensieri, di sogni. Erano i suoi. Fin da quando era un ralts… e poi Kirlia… e infine i suoi sogni più recenti. Mi abbracciava, mi carezzava, mi baciava. Quando finirono mi disse solo “Ora stai zitta e baciami”. Fui inondata da un profumo che mi ricordò le rose, e un sapore simile al gelo di anguria.
Senza dubbio ora posso dire che la sensazione migliore, anche rispetto al volo a dorso di un Charizard e una cavalcata con un Rapidash, è baciare un Gardevoir.

  
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