13. Uomo di
latta, tatto di un Troll e ammissioni
L’infermeria
è sempre stata una meta a me gradita; ci sono
finita talmente tante volte in questi cinque anni che sono arrivata a
definirla
un secondo dormitorio. A differenza degli altri studenti di Hogwarts,
il suo
ambiente non suscita in me sentimenti negativi, al contrario. Mi da
quiete,
sicurezza; un’area del castello in cui riposare, in cui
rifugiarsi per
allontanarsi da tutto il resto.
Ma mentre sono
poggiata al muro di fronte alla sua porta, fissandola
con un’intensità tale da poterla abbattere se solo
lo volessi, ogni pensiero
positivo è come scomparso. I miei piedi sono così
incollati al suolo che non
riuscirei a muovermi nemmeno se lo volessi; e per la cronaca, non lo
voglio. Lì
dentro ci sono Teddy, un nuovo senso di colpa e una realtà
che vorrei non dover
affrontare.
L’unica
cosa a cui riesco a pensare è a quanto sono stata
stupida nel rivelargli la verità in quel modo, e al fatto
che mia madre,
probabilmente per la prima volta in vita sua aveva ragione: ho il tatto
di un
troll in un negozio di sfere di cristallo. Ha perso
l’incontro per colpa mia, è
stato schiantato a metri di distanza a causa mia e ora giace in un
letto solo
perché ho voluto liberarmi da quel peso il prima possibile.
Ma tolto quello,
se ne è aggiunto un altro. E’ forse più
pesante, un macigno gigantesco che preme sul mio stomaco,
schiacciandolo a poco
a poco. Continuo a sbagliare con lui, continuo a commettere passi falsi
e
deluderlo, quando invece lui non fa altro che l’opposto. Mi
è stato vicino in
questi mesi, mi ha aiutata quando ne avevo bisogno, un’ombra
discreta alle mie
spalle che mai mi lascia sola. Teddy è l’ appiglio
nella bufera della mia vita,
ed io una nuvola grigia nel suo cielo limpido ed incontaminato.
<<
Non entri? >>
Sobbalzo,
voltandomi. Presa com’ero dai miei vaneggiamenti,
non mi ero accorta dell’arrivo di Shecklebolt che ora, mani
in tasca e sguardo
dubbioso, mi fissa con un sopracciglio inarcato, indicando col mento la
porta
dell’infermeria. Abbasso lo sguardo, muovendo il capo in
segno di diniego. Lo
sento sospirare e muovere qualche passo, poggiando le spalle al muro,
accanto a
me.
<<
Weasley hai fatto una cazzata, e la cosa non mi
sorprende poi tanto. E’ triste che io non riesca nemmeno
più ad arrabbiarmi per
quello che tu ed Yvonne combinate, è come se le vostre
azioni scellerate
fossero ormai parte integrante di voi. Se aprite bocca, dite qualche
oscenità;
se muovete un dito, probabilmente qualcuno si farà male. Mi
stupirei se
avvenisse il contrario >>
Rialzo il capo,
osservandolo sciorinare i suoi pensieri. Di
solito la sua voce è strascicata e annoiata, come se gli
costasse uno sforzo
enorme replicare ad una qualsiasi affermazione. Ora è
diversa, sembra che pensi
davvero ciò che dice, benché non sia certa che si
tratti di una sorta di
consolazione; è come se cercasse di sminuire la
gravità della cosa, come se
stesse tentando di trovare un modo per scacciare il mio malumore,
adducendo
ragioni non del tutto errate.
<<
Non dovresti restartene qui impalata a fissare
quella porta, come se nascondesse, in qualche crepa, la soluzione ai
tuoi
problemi. Non so se Teddy sia arrabbiato o meno, non so cosa tu gli
abbia detto
di tanto terribile da scioccarlo a tal punto, ma… so che
vorrebbe vederti, ora. Puoi
scusarti con lui o puoi non farlo, può
cacciarti o può ascoltarti. In ogni caso ti suggerisco di
entrare ed
affrontarlo >>
<<
Come mai ti stai comportando come un essere umano?
>>
<<
Non lo faccio per te, Weasley. Teddy è un buon
amico per me, e che tu creda o meno al fatto che io sia in grado di
provare dei
sentimenti, gli voglio bene. E lo conosco, so che ha bisogno di vederti
>>
Gli sorrido,
dandogli una pacchetta sulla spalla. Prendo un
profondo respiro e stacco le spalle dal muro, compiendo qualche passo
verso il
lato opposto del corridoio. Prima di aprire la porta
dell’infermeria, mi volto
un’ultima volta.
<<
Non importa che tu l’abbia fatto per Teddy, mi hai
aiutata comunque. E si, la voce che tu sia in realtà un uomo
di latta senza un
cuore, l’ho messa in giro io qualche anno fa. Ma non
lasciarti ridurre in
ferraglia, piuttosto accetta quel piccolo cuore foderato di seta che
solo una
persona può darti >>
Gli strizzo
l’occhio, dopo aver trattenuto un risolino alla
sua espressione sorpresa e confusa. Immagino che non conosca quella
vecchia
storia che zia Hermione amava raccontarmi da piccola, ma non credo che
gli sia
sfuggito il senso delle mie parole.
Mi chiudo la
porta alle spalle, intravedendo, poco distante,
una capigliatura di un poco rassicurante blu tempesta, risaltare nel
bianco
delle pareti e del modesto arredamento. Mi avvicino al suo letto e
quando mi
ritrovo a poca distanza da lui, lo vedo voltarsi. Restiamo a fissarci
per
diversi secondi, nessuno apre bocca. Sento lo stomaco attorcigliarsi e
un senso
di nausea assalirmi, ma presuppongo che vomitargli addosso non sarebbe
esattamente un modo per scusarmi.
Compio qualche
altro passo verso di lui, urtando nel
tentativo, il paravento posto accanto al letto. Lo afferro prima che si
sbilanci e mi cada addosso, reprimendo un’imprecazione tanto
sentita da far
accapponare la pelle vellutata di Fleur.
<<
Ops, scusa >>
<<
Ti scusi per la tua goffaggine, per il poco tatto
che hai avuto o per il poco interesse mostrato nei miei riguardi,
obliviandomi?
>>
Sbatto
più volte le palpebre, cercando di metabolizzare le
sue parole, pronunciate fin troppo velocemente. La sua voce non
è fredda o
distaccata, come potrebbe essere quella di Alastor. E da essa posso
chiaramente
capire che, più che arrabbiato, è deluso. Il che
è anche peggio.
<<
Mh, per tutte queste cose che hai elencato?>>
<<
Perché l’avresti fatto? >>
<<
So che può sembrarti assurdo in questo momento, ma
l’ho
fatto anche per te >>
<<
Per me? Mi avresti fatto un favore cancellandomi la
memoria? >>
<<
Esatto! Avresti dovuto vedere la tua faccia dopo…
dopo il bacio. Eri spaventato, disorientato, certamente stavi pensando
di voler
tornare indietro o stavi riflettendo su un qualsiasi modo per rimediare
a
quanto accaduto. Ti ho evitato di affrontare il problema
>>
<<
Non sono un bambino bisognoso di protezione,
Victoire. Avrei saputo affrontare la cosa anche senza il tuo intervento
>>
<<
Bhè io no! >>
Io che dovrei
restarmene buona ad ascoltare il suo
risentimento, accettare la sua indignazione senza batter ciglio,
esplodo
alzando la voce e pregando, al contempo, di non attirarmi anche
l’ira di Madame
Pomfrey. Reggo il suo sguardo, ora lievemente sorpreso, oltre che
accigliato.
<<
Non ero in grado di affrontare le conseguenze del
tuo bacio, il cambiamento che ne sarebbe derivato. Da poco ci eravamo
riavvicinati e sentivo che avremmo potuto essere davvero amici, ma tu
hai rovinato
ogni cosa >>
Ecco come
rigirare la frittata, pur non intenzionalmente.
Non ho il diritto di aggredirlo o incolparlo di quanto accaduto, ma le
parole
escono dalle mie labbra senza il minimo controllo. E quando mai
c’è stata
connessione tra il mio cervello e la mia bocca?
<<
Questo non giustifica il tuo comportamento >>
Sospira,
passandosi una mano tra i capelli e distogliendo lo
sguardo. Sembra stanco, davvero esausto e presumo che non lo sia solo
per
l’incontro ravvicinato con la parete nell’aula
duelli. Sono io a spossarlo, a
creare caos nella sua vita prima fatta di ordine e
tranquillità. Sono un
elemento di disturbo nella sua quiete.
<<
Signorina Weasley è il caso che lei vada, ora. Il
Signor Lupin ha bisogno di riposo dopo quanto accaduto. Dovrebbero
abolirli
quei duelli, è inconcepibile che… >>
Madame Pomfrey
continua a borbottare qualcosa contro la
pericolosità del Torneo e la poco lungimiranza dei
professori. Annuisco
distrattamente, riposando lo sguardo su Teddy che mi guarda appena;
alzo una
mano, muovendola piano per salutarlo. Risponde con un misero cenno del
capo,
prima che io mi volti e lasci l’infermeria.
***
<<
Almeno non ti ha cacciato via a calci nel sedere,
cosa che io avrei fatto! >>
<<
Teddy non è quel genere di persona, non avrebbe
potuto >>
<<
Io continuo a non capire cosa diavolo tu gli abbia
fatto di tanto grave >>
<<
Presumo che Teddy me lo dirà, ma sono curioso.
Cos’è successo? >>
Mi fermo,
smettendo di camminare avanti e indietro per la
Sala Comune. Osservo uno ad uno i miei compagni di casa, seduti chi sul
divano,
chi sulle poltrone, intenti ad assecondare il mio stato confusionario.
Yvonne e
Marie, alla domanda di Shacklebolt, mi fissano, sostenendomi. Dylan mi
guarda
con un sopracciglio inarcato e la curva delle labbra lievemente piegata
all’insù. Scommetto che, conoscendomi, immagini
che si tratti di qualcosa di
estremamente esilarante.
E probabilmente
dal loro punto di vista, potrebbe esserlo.
Dal canto mio, mi rendo conto dell’assurdità della
cosa solo ora. Solo dopo
aver letto la delusione negli occhi di Teddy, l’amarezza
nella sua voce e lo
sconforto nelle sue parole. Sospiro, accasciandomi sulla poltrona,
poggiando le
braccia sui braccioli rotondi e le gambe sul tavolino basso.
<<
L’ho obliviato dopo che mi aveva baciata >>
Silenzio.
Rialzo lo
sguardo per sincerarmi delle loro reazioni; se non
fossi in una situazione decisamente tragica, scoppierei a ridere. La
faccia di
Shacklebolt è qualcosa di indescrivibile, ha gli occhi
sgranati e la bocca
dischiusa, come a voler parlare, ma trovandosi completamente incapace
di farlo.
La bocca di Dylan invece è completamente aperta, tanto che
Yvonne,
ridacchiando, gliela richiude con poca delicatezza.
<<
Non l’hai fatto sul serio >>
<<
Questo… questo supera qualsiasi congettura io
avessi osato fare e credimi, addentrarmi nei meandri oscuri di una
mente simile
alla tua, è indiscutibilmente faticoso >>
Storco il naso
all’affermazione di Alastor, sbuffando e
assumendo sulla poltrona, una posizione più umana che
scimmiesca.
<<
Ero confusa e spaventata, d’accordo? Ho agito senza
riflettere >>
<<
Io trovo che tu abbia fatto la cosa giusta >>
Tutti ci giriamo
verso il ritratto della Signora Grassa da
cui sbuca il dentone. Mi volto nuovamente verso il camino, del tutto
intenzionata ad ignorarlo, sebbene lui continui ad aprire la sua bocca
da
trota, troppo sproporzionata per un essere umano.
<<
E credo che qualcun altro avrebbe dovuto seguire il
tuo esempio >>
Con la coda
dell’occhio lo vedo guardare insistentemente
nella direzione di Yvonne che, schiarendosi la voce, distoglie
rapidamente lo
sguardo.
<<
C’è chi considera un bacio un semplice sfioramento
di labbra, sminuendo totalmente il suo significato. In questo modo si
tende a
baciare chiunque, per le ragioni sbagliate >>
<<
Veramente non credo che… >>
<<
Sono certo che la ragione che ha spinto Teddy a
baciare la Weasley non
sia sbagliata
>>
<<
Ah, no? Immagino che tu abbia ragione, del resto
sei il suo migliore amico e lo conosci meglio di chiunque altro.
Inoltre mi è
parso un ragazzo a posto, diverso da chi bacia qualcuno per gioco,
dimenticandosene il giorno successivo perchè ha una
sottospecie di ragazza da
cui tornarsene >>
Yvonne
è letteralmente sbiancata, ha lo sguardo basso e
stringe la stoffa della gonna quasi a volerla strappare. Dylan dondola
nervosamente la gamba, suo marchio quando inizia a perdere le staffe e
Marie,
sorprendendomi non poco, fissa Perrow come se volesse mandargli un
Avada
Kedavra con gli occhi, del resto il colore è lo stesso.
Shacklebolt
sembra tranquillo, continua a restarsene seduto
sulla sua poltrona rossa, mantenendo lo sguardo su Vincent, dinanzi a
lui.
Quest’ultimo gli sorride sfacciatamente, dondolandosi sulle
gambe, gongolando
senza il minimo ritegno. Se
non fossi
stanca e provata da quanto accaduto con Teddy, gli darei un calcio in
bocca,
tanto forte da fargli cadere tutti i trecentosessantadue denti che si
ritrova.
<<
Diverso anche da chi cerca di essere benvoluto da
tutti, quando è solo un viscido verme >>
<<
La conversazione sta prendendo una piega
decisamente interessante. Vedi Shacklebolt, l’unico motivo
per cui mi detesti è
a causa del mio rapporto con Yvonne e sinceramente la cosa mi
sorprende. Perché
fingi che t’importi di lei, quando sei il primo a farle del
male? >>
<<
Parli di cose che non conosci >>
<<
So quello che mi è stato detto, quello che ho
visto. Yvonne è innamorata di te da anni e in tutto questo
tempo tu ne sei
sempre stato al corrente, ignorandola comunque. Ma poi decidi di
giocare con
lei... ti avvicini, ti allontani. Prendi il suo cuore, per deriderla
perchè, e
credo che tutti convengano con me, il tuo comportamento, nel tempo, non
è da
definirsi propriamente quello di un gentiluomo >>
Ammetto che le
sue parole non mi risultano del tutto
insensate, evidentemente anche le trote mostrano un cervello, di tanto
in
tanto. Alastor sembra pietrificato, continua a fissarlo, ma dubito che
stia
vedendolo davvero. Probabilmente ciò che ha appena udito, ha
sortito un effetto
su di lui. E qualche minuto dopo si rialza, incamminandosi verso il
proprio
dormitorio, senza degnarci di un’occhiata.
Alastor
può essere il misogino più odioso che io conosca,
può aver commesso degli errori e può risultare
terribilmente irritante a volte,
ma è un mio amico, sebbene mi ci sia voluto diverso tempo
per capirlo. E solo
poche ore prima, lui mi ha aiutata, nel suo modo bizzarro, ma
l’ha fatto.
Mi rialzo,
parandomi di fronte ad un Vinz ancora sorridente e
dall’aria soddisfatta.
<<
Tu prova a rivolgerti in questo modo a lui e ai
miei amici ancora una volta, ed io farò in modo che tu non
possa più sederti
per il resto della tua vita >>
<<
Mi sculaccerai? >>
<<
No, ti infilerò una scopa su per il c…
>>
<<
Va bene, ora basta! >>
Dylan si rialza,
afferrandomi un braccio e allontanandomi
delicatamente da Perrow, rivolgendomi un’occhiata quasi
supplichevole a cui,
sfortunatamente, non sono in grado di oppormi. Poi si rivolge a Vinz,
guardandolo in modo decisamente poco amichevole.
<<
Sebbene non condivida pienamente l’intenzione di
Vicky di deplorarti a quel modo, la penso esattamente come lei sul
primo punto.
Sei qui da poco Vinz, ma non ti sei guadagnato la simpatia di nessuno,
eccetto
la mia e quella di Yvonne. Alastor è uno stronzo e su questo
non ci piove, ma è
un mio amico ed io solo posso prenderlo a pugni o insultarlo, in caso.
Se vuoi
che continui a starti accanto, devi riconsiderare il tuo atteggiamento.
In caso
contrario, puoi tornartene da dove sei venuto >>
E
così Dylan è capace di minacciare qualcuno anche
senza
sbraitargli contro e urlargli le peggiori imprecazioni? Mi chiedo
perché non
usi la stessa flemma e diplomazia anche con me, sul campo di Quidditch.
Perrow resta a
fissarlo ancora per qualche secondo, prima
stupito, poi con espressione risentita. Rivolge una rapida occhiata ad
Yvonne
che lo ricambia con una decisamente gelida. E quando ha finalmente
lasciato la
Sala Comune, Marie balza in piedi, portando le braccia al collo di
Dylan e
baciandolo con una veemenza decisamente non da lei. Inutile dire che
Wood
afferra al volo l’occasione di sbaciucchiarsela e stringerla
in uno dei suoi
abbracci da boa constrictor.
Intanto
raggiungo Yvonne, abbracciandola e ridacchiando alla
disgustosa scenetta che si presenta dinanzi ai nostri occhi,
consapevoli che,
per pochi istanti, possiamo accantonare i nostri dilemmi. Tra qualche
ora si
ripresenteranno, più agguerriti che mai.
***
<<
Vicky, i tuoi continui borbotti mi stanno
distraendo dal copiare il compito di Marie! Quindi ti intimo di
piantarla
all’istante >>
<<
No! >>
<<
Sei fastidiosa, ne sei consapevole? >>
<<
Sei un’insensibile, Yvonne… per niente partecipe
del mio dolore! Teddy mi ha praticamente ignorata oggi, limitandosi a
tristi
cenni col capo sia a pranzo che a cena >>
<<
Bhè, ma cosa pretendevi? Che ti ringraziasse per
avergli rimosso la memoria? >>
Balzo in piedi,
voltandomi verso la mia migliore amica,
seduta sul tappeto della Sala Comune e intenta a fregarsene della
sottoscritta.
Marie ci lancia occhiate esasperate, limitandosi a rialzare gli occhi
al cielo
di tanto in tanto.
<<
Nessuno comprende il mio tormento! Me misera e
insofferente… ora uscirò e vagherò
sotto la pioggia, sola col mio dolore
>>
<<
Non sta piovendo >>
<<
Vedete? Non me ne va bene una! >>
E mentre mi
sbraccio, saltellando da un piede all’altro col
broncio e l’aria insofferente, il ritratto della Signora
Grassa si apre,
lasciando passare un Teddy sorridente, seguito da Dylan. Ma non appena
lo
sguardo del primo incrocia il mio, il sorriso sulle sue labbra muore
per
lasciare posto ad un’ espressione mesta. Non riesco a
sopportarlo; chiunque
posi gli occhi su di me, spontaneamente ride, è una
verità inalienabile.
Ridi
Teddy, guardami in faccia e scoppia in una fragorosa risata.
Non lo fa e dopo
un misero saluto rivolto a tutte, si
incammina verso i dormitori maschili. Ed
io sento il bisogno di fermarlo, di urlargli che sono una stupida, che
mi
dispiace di averlo deluso, ancora una volta. Ma naturalmente
ciò che esce dalla
mia bocca, avrebbe fatto molto meglio a restarsene lì.
<<
L’altro ieri mi sono spiaccicata in una
pozzanghera! Ero ricoperta di fango dalla testa ai piedi, ne avevo
così tanto
tra i capelli, che sembravo castana… inoltre puzzavo da
morire! >>
Lo vedo fermarsi
e restarsene impalato per qualche secondo,
prima di voltarsi verso di me e lanciarmi un’occhiata
confusa. Sento
chiaramente le risate malcelate di Yvy e Dylan e i sospiri di Marie. Lo
vedo
scrollare le spalle e replicare alle mie parole con un tono piatto e
annoiato,
prima che vada via.
<<
Mi dispiace per te >>
Questo non mi
basta; non mi accontento di vedere le sue
spalle e mi uccide la distanza che mette tra noi due. Non posso
permettergli di
allontanarsi da me e cancellare in un battito di ciglia tutto quello
che
avevamo faticosamente costruito, dopo anni.
<<
Puzzi ancora Vicky >>
Ignoro il
commento di Dylan e le risate di Yvonne, fiondandomi
su per le scale del dormitorio, spalancando la porta della sua camera,
prima
che Teddy possa chiuderla alle sue spalle. Si volta verso di me,
sgranando gli
occhi e indietreggiando.
<<
Ti dico che puzzo e tu vai via? >>
<<
Non mi sembra che tu… oh, ma di cosa stiamo
parlando? >>
<<
Del fatto che non puoi ignorarmi! >>
<<
Non lo sto facendo, ho solo bisogno di qualche
giorno per metabolizzare la cosa >>
<<
Ma io non lo sopporto! >>
Mi rivolge
un’occhiata che definire penetrante sarebbe usare
un eufemismo, prima di scuotere il capo e
sedersi sul proprio letto. Mantiene lo sguardo basso,
posando i gomiti
sulle ginocchia e congiungendo le mani. Ha assunto la solita
espressione
accigliata e pensierosa, come se stesse ponderando su chissà
quale dilemma
esistenziale.
<<
Ci siamo ignorati cordialmente per anni, Victoire.
Che differenza vuoi che facciano un paio di giorni? >>
<<
La differenza c’è… >>
Rialza il capo,
guardandomi negli occhi, attendendo che io
parli ancora. Io invece abbasso lo sguardo, incrociando le dita e
torturandole
come solo Yvonne sa fare.
Cosa
fare?
Cosa
dire?
Spero solo di
non sparare l’ennesima cazzata del giorno
perché nemmeno io la sopporterei e credo fermamente che lo
stesso Teddy, per
quanto tranquillo ed educato, mi sbatterebbe fuori a calci. Yvonne mi
direbbe
di sputar fuori la prima cosa che mi viene da pensare, Marie mi
suggerirebbe di
fermarmi a riflettere sulle conseguenze che, qualsiasi mia parola,
possa avere.
Ma io decido di essere Victoire, per l’ennesima volta, e
rivelargli quella
verità che da poco ho compreso.
<<
E’ che ora so cosa vuol dire far parte della tua
vita, Teddy… e non voglio rinunciarci >>
E’
stato un sussurro, ma sono certa che lui l’abbia udito,
pur non azzardandosi ancora a replicare.
E rialzo lo sguardo, osservando la sua espressione. Non
sembra sorpreso,
infastidito o felice all’idea che io lo voglia accanto a me;
non sembra niente
di niente, è come se fosse assente. Mi fissa, ma non sono
sicura che riesca a
vedermi.
E poi sembra
destarsi, scuotendo il capo e sospirando. Con
una mano sfrega il viso pallido, riabbandonando il braccio sulle
ginocchia.
<<
Sai bene che non potrei mai escluderti dalla mia
vita, Victoire >>
<<
Perché sono la nipote del tuo padrino >>
<<
Perché non ci riuscirei, perché ti sei
appropriata
di ogni pezzo del mio cuore e credimi se ti dico che da qui, non andrai
mai via
>>
Lo dice
toccandosi il petto, fissandomi con occhi sinceri e
quasi supplichevoli. E nemmeno ora mi do tempo di pensare, quando corro
verso
di lui, abbracciandolo. Mi siedo sulle sue gambe, stringendogli le
braccia al
collo e affondando il viso tra i suoi capelli. E’ urgente il
bisogno che ho di
sentirlo vicino, di riprendermelo dopo tutta la distanza che ha messo
tra noi.
Distanza che non sono in grado di sopportare, comportandomi
probabilmente da
ragazzina ostinata e irragionevole.
Rivoglio
il mio Teddy.
<<
Victoire >>
Mi allontana
delicatamente da sé, posando le mani sulle mie
braccia e scostandole dal suo collo. Avverto un freddo improvviso
gelarmi le
ossa e nemmeno il suo sguardo riesce a scaldarmi. Se non posso essere
tra le
sue braccia, niente può darmi calore.
<<
Victoire >>
Ripete il mio
nome, e la sua sembra una supplica. Sta
pregandomi di stargli lontana, di arrendermi al fatto di averlo perso?
Non lo
farò mai. Balzo in piedi, non accennando a distogliere gli
occhi dai suoi, può
leggermi dentro e capire quanto io sia sincera.
<<
Ti ho chiesto scusa, ti ho supplicato di perdonarmi
>>
<<
E l’ho fatto, sono sincero >>
<<
Ma allora… >>
<<
Non è per questa ragione che… >>
Si rialza,
passandosi una mano tra i capelli e sbuffando,
agitato. Fissa un punto imprecisato della stanza e poi nuovamente
guarda me. Ed
ogni secondo che passa, sono sempre più frastornata. Non
sono in grado di
capirlo, non sono brava nell’afferrare i sentimenti di
qualcun altro.
<<
Sebbene tu abbia cancellato quel bacio, non toglie
che ci sia stato. E mi ha ferito che tu non vi abbia dato la minima
importanza.
Non l’ho fatto per gioco, e quello che provavo allora, provo
adesso >>
<<
Io… >>
<<
Non mi basta più esserti solo amico, non mi
accontento di restare dietro di te a sorreggerti, voglio essere al tuo
fianco,
Victoire >>
Pensavo che
volesse cacciarmi dalla sua vita a calci nel
sedere, che volesse ignorarmi e andare avanti come aveva sempre fatto,
circondato da quelle poche persone che rientravano perfettamente nei
suoi
schemi, che
condividevano il suo essere
semplicemente perfetto. E che desiderasse disfarsi dell’unica
nota stonata
nella sua perfezione: io.
Siamo
così diversi io e lui, cosa condividiamo?
Un’infanzia
volata via, un passato in comune e un futuro incerto. Lui sa cosa
vuole, mentre
io annaspo ogni giorno per prendere anche la più piccola
decisione. L’unica
lezione che ho imparato, di tutta questa storia, è che non
mi sento alla sua
altezza.
Ma ora
è qui, dinanzi a me, fissandomi come se con una mia
parola potessi condannarlo o salvarlo; c’è attesa
nel suo sguardo e speranza.
Di
qualcosa Vicky, qualsiasi cosa.
Digli
che è importante per te, che gli vuoi bene, che…
<<
Forse è meglio che tu vada, ora >>
O
non
dirgli nulla, annuisce e vai via.
Non odiatemi per aver concluso a questo
modo il capitolo! Nel prossimo ci sarà molto altro! :D
C’è molto Teddy/Vicky
qui… era
inevitabile visto il guaio in cui la nostra Weasley si era cacciata!
Non so se pubblicherò un altro p.o.v, se
lo farò riguarderà Marie e non si
incastrerà con questo capitolo, come sono
abituata a fare! Vi avviserò nella mia pag face book, nel
caso in cui ci sarà…
A questo proposito, il link del gruppo delle
mie ff su face:
http://www.facebook.com/groups/129830763768816?id=129847793767113¬if_t=group_activity
Se vi va, unitevi… ci saranno spoiler e
quant’altro!
A presto fanciulle!
:*