Fanfic su attori > Gerard Butler
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Autore: irene862    08/07/2011    2 recensioni
2015 --> REVISIONATA E CORRETTA!
Dal IX capitolo..
“Hai perfettamente ragione, sei stato uno stronzo. Un emerito, grandissimo stronzo! Non ti permettere mai più di rifare o ridire quello che hai detto e fatto. Perché te ne pentiresti! “ Non so dove presi il coraggio di minacciarlo. Ma fui contenta di avercelo ficcato da qualche parte.
“Non so con chi hai a che fare quotidianamente, nel tuo mondo patinato di super divi miliardari, ma qui è diverso. Siamo nel mondo reale bello! La gente merita rispetto!” Eravamo talmente vicini che i nostri abiti si sfioravano. Gli puntai un dito sul petto e lo pungolai. ” E non mi importa un fico secco se sei un attore Hollywodiano o che altro. Non credo ad una sola parola delle tue scuse di poco fa quindi non starmi tra i piedi ed andremo d’accordo! Non sono venuta fin qui da casa mia per farmi insultare da un maledetto idiota borioso, come te!”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce e delicata come il miele'
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Cap. 12

XII Capitolo

 

Diavolo! Quell’uomo mi manderà in fumo il cervello!

 

Ero affamata. Probabilmente Margaret aveva dimenticato le brioches. Avrei fatto altro per non pensare al buco che avevo nello stomaco.

Mi lavai e mi vestì in fretta. Jeans chiari strappati abbinati ad una maglia vecchia e larga. Avrei disegnato e lo avrei fatto fuori. Era una bella giornata e non mi andava di rimanere dentro con quell’impiastro di Gerard.

 Un bell’impiastro …

un impiastro affascinante …

un impiastro molto sexy e … basta!

Mi imposi di tenere a bada gli ormoni e preso tutto l’occorrente scesi le scale e uscii. Una veloce occhiata mi permise di tirare un sospiro. Lui non si vedeva, probabilmente era in salotto e continuava a leggere. Prima lo avevo interrotto. Non avrei mai pensato fosse uno che legge o che gli piacesse farlo.

Ed io che pensavo che i tipi Hollywoodiani come lui passassero tutto il proprio tempo davanti uno specchio a farsi belli o a congratularsi con madre natura per quanto fossero affascinanti!

Adesso stai esagerando mi ammonì una vocina interna.

Forse in questo modo potevo tenerlo a distanza di sicurezza.

 

 

 

 

Erano passati tre giorni da quando eravamo arrivate in Scozia e il posto mi aveva piacevolmente colpito. Quella terra era spettacolare, i colori così accesi e gli odori così autentici. Bianche nuvole spumose decoravano il cielo limpido. Odore di erba e fiori di campo si levava nell’aria. Ieri avevo fatto un giro all’esterno dell’enorme proprietà dei Butler ed ero rimasta incantata dal giardino. Era ricco di colori, di minuscoli insetti e vivacissime farfalle.

Mi accomodai su una delle panche da giardino con l’album da disegno sulle ginocchia. Ogni volta che disegnavo o dipingevo svuotavo la mente da tutto e mi rilassavo. Mi concentrai sui fiori, sul paesaggio che mi circondava, sui suoni che sentivo. Sorridendo mi lasciai andare e cominciai a far vagare la mano sul foglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ero alla finestra ad osservarla. Era seduta in giardino, tra fiori e farfalle e aveva in mano un quaderno su cui era chinata.

Si, avevo visto giusto. Era un artista. Ne aveva l’animo. Delicata ma tenace.

Il cellulare nella mia tasca prese a vibrare distogliendomi da lei. Era Bob, il mio manager.

“Hey, Bob”

“Ciao Gerard. Tutto ok?” mi domandò

“Si, tutto bene. Sono in Scozia da mia madre ora”

In realtà non penso gliene importasse molto.

Bob era un uomo simpatico ed intelligente ma, come tutti i manager, pensava prima agli affari e poi al resto, persone comprese.

“Si, ok. Ascolta ho due proposte molto interessanti, due sceneggiature. Entrambi i registi non vedono l’ora di lavorare con te” aveva un tono spiccio

Bob oltre ad avere fiuto per gli affari, era un grande appassionato e conoscitore di film, quindi diverso tempo fa, in accordo, decidemmo che si sarebbe occupato anche delle mie scelte professionali.

Chiaramente l’ultima parola spettava a me, ma lui mi aiutava a “cestinare” le proposte scadenti. Perciò mi fidavo del suo parere.

“Si. Però vorrei valutarle attentamente prima di firmare il contratto” chiarì.

“Ma certo Gerard, come sempre. Abbiamo appuntamento per la prossima settimana a Londra. Parleremo con entrambi e valuteremo le loro proposte”

“Merda, Bob! Sono in vacanza. Non te lo ha detto Susy?!” mi lamentai a gran voce.

“Deve avermelo accennato, si, ma Gerard sono proposte importanti. Devi esserci!” continuò implacabile

Lo sapevo, l’ho sempre saputo. Per fare il mio lavoro si è costretti a fare delle scelte. Si arriva ad un punto in cui anche le cose importanti, come la famiglia, la propria privacy o la propria vita, vengono messe in secondo piano. Ora però mia madre aveva bisogno di me ed io sinceramente avevo bisogno di prendermi una pausa. Fino ad un paio di giorni fa ero convinto del contrario ma Susy mi aveva fatto ragionare.

“Bob, dobbiamo rinviare l’incontro” affermai deciso

“Impossibile Gerard! Hanno a disposizione poco tempo, anzi addirittura volevano vederti questa settimana” chiarì lui “Sono riuscito a organizzare il tutto per settimana prossima a fatica” spiegò quasi gongolando

In effetti Bob, era capace di intortarne parecchi. Anche per questo l’avevo scelto.

Imprecai ad alta voce, furioso con Bob.

“Lo so, lo so Gerard! Ma credimi se fossi riuscito a fare diversamente lo avrei fatto ben volentieri”

“E va bene, va bene. Mi devi due mesi di ferie, Bob!” ringhiai contrariato

“Benissimo! Chiamo subito Susy in modo che organizzi tutto. Ci risentiamo a fine settimana. Ciao Gerard”

“Ciao Bob”

Bella rottura di palle!

Sarei partito di nuovo fra tre giorni. Ed io che avevo intenzione di rilassarmi in po’. Tornai alla finestra e notai che Sophie era ancora lì, intenta e concentrata. Era al sole ma il suo viso rimaneva in ombra perché leggermente piegato verso il basso.

Ero curioso di sapere cosa stesse disegnando. Riposi il libro al suo posto e a grandi passi uscì di casa per raggiungerla in giardino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Mi copri la luce” si lamentò infastidita

In effetti volevo farlo. Era divertente farla arrabbiare o semplicemente farla innervosire.

“Oh, scusami” Non ero  dispiaciuto per nulla

 “Allora? Cosa fai? Ti sposti oppure rimani lì tutto il giorno?”

“Se non stai attenta potresti darmi l’impressione di non essere interessata alla mia compagnia” replicai fintamente offeso

“Ed io che credevo che non fossi intelligente … beh mi sbagliavo!”

Il suo sorriso era così luminoso che ci misi un po’ a capire che mi aveva appena insultato

“Comunque, credo che rimarrò qui” ribattei ghignando

Se pensava di allontanarmi … beh, si sbagliava di grosso!

Lei sbuffò spazientita  “Cosa vuoi Gerard? Non hai nessun’altro da infastidire?”

“No, in realtà no“ ammisi candidamente

“Ma come?! Nessuna modella o attrice dietro cui sbavare? Vai ad infastidire loro e lasciami in pace!”

“Ouch… che acidità! Era sarcasmo?“ continuai malefico “Sicuramente sei curiosa … come tutte le fan, vorrai sicuramente sapere delle mie innumerevoli conquiste amorose!”

“Guarda non me ne può fregare di meno, delle tue conquiste! E poi non sono una tua fan” ribattè lei risoluta

“Non dire bugie Soph … altrimenti lo dico alla tua mamma!” la stavo prendendo in giro

“Gerard, levati dai piedi! Mi copri la luce e non riesco a lavorare” chiarì decisa

Continuai a rimanere lì fermo sfidandola con lo sguardo.

Lei sbuffò di nuovo alzando gli occhi al cielo. “Sei una piaga Gerard Butler!” ammise spostandosi poco lontano.

“Cosa disegni?” domandai curioso avvicinandomi e abbassandomi per sbirciare

“Niente di chè … Mr. Ficcanaso!”

Ora i nostri volti erano vicinissimi. Aveva un odore buonissimo, fresco e dolce. I nostri sguardi rimasero incatenati e dopo pochi secondi lei, arrossendo, si allontanò.

Ancora ghignando le sedetti accanto.

“Cosa diavolo vuoi Gerard?”

Non le risposi subito così tornò a disegnare. Guardavo la sua mano che decisa si muoveva sul foglio. Era brava, molto brava.

“Ho voglia di fare una passeggiata”

“E come mai sei ancora qui?”

La guardai accigliato “Sei troppo scortese e scorbutica per essere così carina!”

“Indovina un po’ di chi è la colpa?” replicò acida

 

Continuavo a guardarla. Era bella. Anche quando era arrabbiata. E farla innervosire era maledettamente divertente.

“Cos’è … hai bisogno del permesso per uscire dal cancello?”

Io non le avevo ancora detto nulla e continuavo a fissarla.

 “Va bene. Fai il bravo e ascolta le maestre. Non litigare e non fare a botte con gli alti bambini” aggiunse sempre più sarcastica

Mi stava deridendo e nemmeno tanto velatamente!

“No, non hai capito. Ho voglia di fare una passeggiata e voglio che tu venga con me”

Lei alzò lo sguardo “Voglio che tu venga con me!” ripeté scimmiottandomi  “Cos’è? Un ordine?”

“Non è un ordine. E’ solo un invito”

“Beh, ora sto disegnando, quindi ho altro da fare. Grazie ma no!”

Aveva un sorrisino furbo sulla faccia. Era stata gentile al contrario di me e forse credeva che le avrei usato la stessa cortesia.

Quanto si sbaglia!!!!

“Sophie, voglio che tu venga con me. In caso contrario continuerò a stare qui e a tormentarti finché non sbaglierai qualcosa. Non vorrai mica rovinare quel bel disegno, vero?”

Mi stavo comportando come uno stronzo e lo sapevo, ma la telefonata di Bob mi aveva fatto infuriare parecchio. Lei mi avrebbe aiutato a pensare ad altro e poi, in verità, volevo la sua compagnia. Volevo conoscerla meglio.

“E’ una minaccia, per caso?” ringhiò a denti stretti

Aveva appoggiato l’album al suo fianco e si era alzata per sovrastarmi. Ora mi guardava dall’alto verso il basso con i pugni sui fianchi. Gli occhi ridotti a due fessure.

Con un sorriso mi alzai anche io  “E’ un consiglio” replicai con finta dolcezza

Adesso la sovrastavo di una decina di centimetri. Avevo ribaltato la posizione e lei sembrò notare la cosa perché indietreggiò di un passo ma senza abbassare lo sguardo.

Adoro le donne decise!!!

“A me non pare proprio, Hollywood!” replicò infervorata

“Allora? Cosa hai deciso?”

“Non c’è molto da decidere. Mi stai ricattando per obbligarmi ad accompagnarti a fare questa dannatissima passeggiata!” rispose sbuffando come un toro.

Guardò il suo album e poi nuovamente me annuendo, infine, con la testa.

Sorrisi per la vittoria ottenuta.

“Togliti quel sorriso idiota dalla faccia, Hollywood! Non lo faccio per te, sia chiaro. Lo faccio solo per non vederti rovinare il mio lavoro!” ribatté infuriata

“Sapevo che avresti fatto la scelta giusta” ammisi ridendo.

Lei sbuffò ancora. Si diresse verso casa a grandi passi ignorandomi completamente.

“Vado a cambiarmi” annunciò ad alta voce quando ormai era rientrata.

L’avevo seguita ancora sogghignando.

“Bene. Ti aspetto qui ma non metterci molto. Sono impaziente e non sopporto i ritardatari!”

Lei sbuffò di nuovo borbottando qualcosa in un’altra lingua. In italiano, sicuramente. Mi piaceva l’inflessione e il suono delle loro parole.

Forse dovrei farmi insegnare qualche parola … così avrei capito quando mi insultava.

Dieci minuti dopo era di nuovo in cima alle scale. Indossava un paio di jeans scuri, molto stretti, stivali al ginocchio ed una camicetta a maniche corte, scura anche quella. Nonostante l’abbigliamento non fosse né appariscente né sexy, il suo corpo mi sembrò comunque molto provocante. Forse dipendeva dal modo in cui camminava o forse erano quei jeans che le fasciavano le cosce e il sedere. Appena giunta alla fine delle scale, notai che la camicetta le tirava un poco in corrispondenza del seno.

No, non mi ero sbagliato. Era decisamente abbondante. Avrei tanto voluto spogliarla tutta per guardare e magari accarezzare il suo corpo.

Lei mi guardava accigliata. Se avesse saputo cosa mi passava per la mente mi avrebbe di sicuro schiaffeggiato. Sorrisi al pensiero, scossi la testa e aprì la porta in modo da permetterle di uscire.

Mi affiancai a lei e, percorrendo il vialetto davanti casa, uscimmo dal cancello.

“Allora? Dove siamo diretti?” domandò ancora seccata.

“Non lontano, non preoccuparti.  Fortuna che hai indossato scarpe basse perché il terreno non è molto regolare.”

“Lo immaginavo. Per quanto io adori i tacchi non li avrei mai messi per una passeggiata in campagna. Sono estremamente goffa e avrei rischiato di inciampare e cadere più volte” ammise

“Ti avrei sorretto io”

“Magari l’ho fatto proprio per questo. Per non dover dipendere da te, Hollywood!” ammise con un sorriso beffardo  “E comunque mi piace essere autonoma ed indipendente”

“Chissà perché lo immaginavo”  risposi con un sorriso indulgente

Si era fermata e mi guardava seria con le mani sui fianchi.

 “Comunque, ora non preoccupartene. Piuttosto parlami un po’ di te”

“Perché?”

“Che domanda sciocca … perché mi interessa ragazzina!”

“Cosa vuoi sapere?” mi domandò sbuffando e distogliendo lo sguardo in modo da poter riprendere a camminare

“Qualsiasi cosa. Dove vivi? Studi o lavori? Cosa ti piace fare nel tempo libero?” le ero di nuovo di fianco e di tanto in tanto distoglievo lo sguardo dal sentiero per guardarla

“La mia vita è molto semplice e per nulla affascinante come la tua Hollywood”

“Questo lascialo giudicare a me. Forza, raccontami un po’ di te. Sono curioso”

Non volevo mollare, volevo conoscerla e ci sarei riuscito.

Lei sbuffò, si girò a guardarmi con il viso serio. Io la incitai con lo sguardo e finalmente la convinsi.

“Sono nata e cresciuta in Italia. Vivo insieme a mia madre e John, mio fratello. Ho da poco finito di studiare e mi sono laureata solo qualche settimana fa. Ora che ho tempo libero mi piacerebbe fare qualche viaggio e migliorare il mio inglese. Come hai sicuramente notato non è molto buono” disse tutto velocemente e con tono svogliato

“Beh, te la cavi piuttosto bene mi sembra. E comunque potrei aiutarti io” proposi

“Oh, ma che gentile … grazie ma preferisco di no” rispose acidamente

La afferrai per un braccio e mi fermai trattenendola

“Senti forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato. E magari ho sbagliato a comportarmi in quella maniera… entrambe le volte e …”

“Forse … magari … dì pure sicuramente! Ascolta, non m’interessano i tuoi sensi di colpa” m’interruppe  “Sinceramente pensavo fossi diverso ma mi sono sbagliata! Ho conosciuto tua madre e mi sarei aspettata altro da te, ma suppongo che i soldi diano alla testa alle volte e …”

 “Tu non mi conosci quindi evita di giudicarmi! Ora …” sospirai pesantemente

Era davvero difficile. Lei era difficile, avere a che fare con lei.

“Vorrei sistemare le cose con te perché sembri essere una ragazza intelligente e parecchio interessante. Posso solo dirti che mi dispiace” dichiarai risoluto

Lei rimase a bocca aperta, sicuramente stupita delle mie parole.

“Ti stai scusando?” domandò colpita

“Si, esatto. Questa è la seconda volta che lo faccio per te ma non ti ci abituare. Ora, vogliamo metterci una pietra sopra e ricominciare dall’inizio?”

Lei mi guardò per qualche secondo. Forse non credeva alle mie parole. Dopo poco annuì e con gesti lenti si liberò dalla mia presa.

Continuammo a passeggiare per qualche minuto in silenzio

“Ti potrei aiutare veramente con l’inglese, se ci tieni. Sono piuttosto bravo con la lingua” le proposi nuovamente

M’interruppi perché mi accorsi del piccolo lapsus. Il mio tono non voleva essere malizioso ma lei non se ne accorse. Mi guardò e poi scoppiò a ridere.

“Dimmi un po’…  ma fai sempre così?”  domandò ridendo

“Così come?”

“Sei sempre così malizioso? Fai battute con doppi sensi a tutte le ragazze?”

“No, affatto, e non volevo esserlo! Voglio aiutarti davvero” ammisi.

Lei mi guardò intensamente per diverso tempo per poi annuire positivamente. Tornando seria cambiò discorso.

“Disegnare e dipingere mi rilassa, per questo lo faccio spesso. Adoro leggere, uscire con gli amici, ballare e andare al cinema o guardare film sdraiata sul divano di casa” continuò lei

“Film, eh? Che genere di film ti piacciono?” domandai curioso e divertito

“Adoro le commedie, i film romantici ma anche quelli d’azione. Un po’ meno invece i film d’horror o i thriller”

“E quali sono i tuoi attori preferiti? “ domandai ancora

“Mi piace molto Johnny Depp e Matt Damon. La mia attrice preferita è Sandra Bullock. Mi piace moltissimo anche Katherine Heigl” affermò

“E il tuo attore preferito?” ora volevo proprio provocarla

“Boh, non saprei” rispose con tono vago. Stava tergiversando e guardava ostinatamente a terra.

“E di me cosa ne pensi? Ti piacciono i miei film?” domandai andando al sodo

“S-si, un po’ ” borbottò senza guardarmi.

Così le presi un braccio per fermarla. Volevo che mi guardasse.

“Cosa c’è?”

Io alzai entrambe le sopracciglia senza dire nulla. Volevo che rispondesse alla mia domanda, ero curioso. Lei sbuffò e con gentile fermezza si liberò dalla mia presa.

“Si, mi piacciono molto i tuoi film. Sei uno degli attori che preferisco” ammise riprendendo a camminare. Sorrisi contento e in poche falcate la affiancai

“Davvero?” domandai con un sorriso sincero

“Si, davvero Hollywood. Ora però non ti montare la testa”

Risi apertamente ma proseguì domandando ancora

“Continua … dimmi qualcos’altro di te.”

Volevo sapere tutto di lei. Sembrava una ragazza singolare ed intrigante. La curiosità mi divorava.

“Beh, mi piace cucinare e il mio piatto preferito è la pizza”

“Piace molto anche a me, la pizza” le confidai allegro

Sophie alzò un sopracciglio come se fosse stupita.  “Dove l’hai mangiata?” chiese

“A New York” risposi sicuro.

Lei sorrise e scosse il capo “Allora non è vera pizza. La pizza devi mangiarla in Italia e se proprio sei un intenditore, a Napoli la fanno super” annunciò solare.

Il suo sorriso era bellissimo. Aperto e luminoso.

Ora che eravamo fuori, all’aria aperta, mi soffermai a guardarla con attenzione.

Aveva la pelle chiara e luminosa, lucenti capelli dorati con riflessi rossi e un sorriso incantevole. I suoi occhi erano chiari, brillanti e scintillavano ogni volta che sorrideva.

“Molto bene. Allora mi porterai a mangiare la pizza quando verrò a trovarti in Italia”

“Ok.”

“Il tuo colore preferito?”

“Il nero. In assoluto.” rispose subito  “Mi piace moltissimo lo stile dark-gothic. Ah, dimenticavo … adoro fare shopping!”

“Chissà perché me lo aspettavo” dichiarai con un sorriso

“Il tuo colore preferito?”  

“Il blu, direi. Ma dipende molto dall’occasione, anche il grigio non mi dispiace”

 

 

 

 

 

 

 

 

Eravamo arrivati a destinazione. Mi fermai e lei, che in quel momento mi guardava, si voltò e rimase a bocca aperta per lo stupore.

L’avevo portata davanti l’abbazia di Paisley. Uno dei luoghi più interessanti e affascinanti della città.

“Mio Dio ma … è bellissima” esclamò stupita

“Ti piace?”

Sapevo già quale sarebbe stata la sua risposta. Glielo si leggeva in faccia.

“Se mi piace … certo! E’ una costruzione stupefacente. Ti prego raccontami la sua storia.”

La presi per mano e, con finta disinvoltura, cominciai ad avvicinarmi per farle fare un giro all’esterno. Sophie, docile, mi guardava con occhi scintillanti di aspettativa.

E in quel momento, appena le strinsi la mano, una strana sensazione s’impossessò di me. Un calore, un tepore così piacevole che ne fui deliziato. Si dilatò dalla mano al braccio, fino a raggiungere il petto e poi più in basso sino alle gambe. Ne fui investito in pieno.

La condussi verso il sentiero che segnava il perimetro della costruzione

“Questa è l’abbazia della città ed è la diocesi della chiesa di Scozia. In precedenza è stata luogo di sepoltura di parecchi re dal XIII al XV secolo. Come puoi vedere è situata nel centro della città ed è una dei posti che preferisco, qui”  spiegai cercando di ricordare ogni particolare della sua storia

“Parli troppo veloce. Non ti capisco. Ti prego, potresti ripetere?”

“Se me lo chiedi così dolcemente” sussurrai divertito

Lei arrossì subito. Ripetei tutto piano e usando parole più semplici. Alla fine mi sorrise e m’incitò a continuare.

“Secondo la tradizione il primo a fondare una comunità in questa zona, fu il monaco irlandese Mirren nel VII secolo. Devi sapere che Mirren, il monaco, amava suonare un piccolo flauto e si racconta che lo facesse in maniera davvero meravigliosa. Componeva da se musica e parole. Di notte molti raccontano che passando da qui si riesca a sentire il suono di quel flauto. Una musica bellissima e così dolce che incanta chiunque l’ascolti“

“Davvero?” domandò Sophie.

Gli occhi le scintillavano di curiosità ed allegria. E per un momento mi persi in quello sguardo così puro e dolce

“Così dicono”

“Non sai quanto mi piacerebbe assistere e vederlo di persona” mi confidò guardando ancora verso l’edificio

“Sei una patita di fantasmi?”

“No, affatto. Però sarebbe un’esperienza unica assistere ad eventi del genere”

“Beh, se ti piacciono le leggende qui ne troverai moltissime. La Scozia è un posto magico e leggendario“ la guardavo ancora “La stessa aria che respiri è intrisa di storie e racconti popolari, antiche poesie e vecchi miti”

“Tu ne conosci qualcuna? Di storie, miti o magari solo poesie? Mi piacerebbe tanto sentirne qualcuna”

“Si, si può fare” annuì sorridendo

Lei si avvicinò a me e m’incitò a continuare.

“Comunque, il monastero fu fondato nel 1163 ed acquisì lo status di abbazia nel 1245. Una serie di incendi e crolli durante il XV ed il XVI secolo lasciò l'abbazia in stato di rovina. In stile neogotico vi sono la porta settentrionale e il campanile, lassù” ed indicai il punto più alto.

“E poi?”

Sorrisi  “Beh, non c’è molto altro da dire. La parte occidentale dell’edificio è in stile gotico e risale al XII secolo. L'organo è datato al 1872, fu costruito dal francese Cavaillé-Coll. L'abbazia è il luogo di sepoltura dei primi Stuart ed ospita oggi anche la Barochan Cross, una croce celtica che risalente al X secolo. Basta, non so nient’altro.” conclusi

“Beh, ne sai moltissimo. Sembri quasi una guida turistica” ridacchiò Sophie

“E’ un complimento, questo?“

“Direi proprio di no … ma ti ho dato dell’acculturato Hollywood!”  rise ancora

“Mmm … mi piace! Ma ti assicuro che non sono poi così erudito. Il fatto è che crescendo qui non si può fare a meno di venire a conoscenza di una piccola parte di storia di questi monumenti così  vecchi.”  

“Si può entrare? Mi piacerebbe tanto vederla dentro” domandò con occhi dolci

La guardai e annuì soddisfatto

“Certo. Vieni”  e ci accingemmo ad entrare dal portone centrale.

Lo sapevo. Sapevo che in sua compagnia la rabbia sarebbe sfumata. Ora ero sereno e averla così vicina mi faceva sentire strano.

Visitammo l’interno in religioso silenzio. Lei guardava ad occhi sgranati a destra e a sinistra. Aveva lo sguardo luminoso e curioso dei bambini. Sembrava voler registrare ogni cosa vedesse. Quando uscimmo era ormai ora di pranzo.

“Ti va di mangiare fuori, oggi?” domandai guardandola.

La vidi tastarsi le tasche dei jeans e poi voltarsi voltò verso di me

“Non ho portato soldi con me. Non lo avevo previsto” sembrava quasi dispiaciuta.

“Oh che peccato! Vorrà dire che dovrai farti offrire il pranzo dal sottoscritto” ghignai divertito

“Oh, no!!!” esclamò con finto orrore portandosi una mano davanti alla bocca

“Sarai in debito con me, ragazzina!” esclamai divertito

“Guarda che mi tocca fare per poter mangiare! Questi si che sono veri e propri sacrifici” replicò sempre sorridendo

“Dove andiamo?” domandò dopo qualche passo

“Un mio vecchissimo amico gestisce una piccola taverna, qui vicino. E’ un posto minuscolo ma si mangia bene ed è riservato. Ti piacerà, vedrai”

“Perfetto” era stranamente accondiscendente e la cosa non mi dispiaceva affatto

 

Arrivammo in pochi minuti ed entrammo.

“Gerard? Sei proprio tu?”

“Ciao George. Come stai?” gli tesi la mano e lui la strinse con forza abbracciandomi subito dopo

“Quanto tempo è passato? E’ tanto che non ti fai vedere …  cos’è, il successo ti ha dato alla testa?” mi chiese tirandomi un pugno sulla spalla

Soph era rimasta un passo indietro.

“Niente di tutto questo, ti assicuro. Oggi sono in dolce compagnia”

Posai una mano sulla schiena di Sophie e la invitai gentilmente ad affiancarmi

“Buongiorno” salutò educata tendendogli una mano

“Buongiorno a te dolcezza”

George posò lo sguardo su di lei, poi su di me e poi nuovamente su lei soffermandosi sulla sua figura. Le fece il baciamano facendola arrossire sino alla radice dei capelli

Aveva lo sguardo da marpione!

“Vacci piano George” lo avvertii

Posai il braccio intorno alla vita di Sophie, sul suo fianco e alzando un sopracciglio lo guardai con aria di sfida. Era un gesto di possesso e sperai che lo interpretasse così.

“Ho capito, è proprietà tua. Cazzo, amico come fai ad avere sempre donne bellissime al tuo fianco?” aveva alzato le mani in segno di resa e scuoteva la testa

“Sarà per il mio bel faccino!”  risposi sorridendo allegro

Sophie guardava prima l’uno e poi l’altro con un sopracciglio alzato. Forse non aveva capito bene le nostre battute. In effetti dovevo riconoscere che George aveva un accento molto forte, a volte incomprensibile persino per me. Tipicamente scozzese.

“Non dire stronzate perché tanto ci credi solo tu!” ribatté ancora ridendo

“Venite, vi faccio strada” continuò e lo seguimmo verso un tavolo.

Stavo per sedermi quando mi voltai verso Sophie. George le scostò la sedia e la fece accomodare come un perfetto gentiluomo.

E questa novità cos’era?

  
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