Di nuovo per Roxanne
Potter,
che ormai si diverte a mettermi in
difficoltà.
I can’t be her.
Urla
di orrore, vani strimpelli di voce, provenivano dal ritratto di Walburga Black.
Lei, nobile purosangue, non era mai riuscita a sopportare la vista di tali
abomini in casa sua. Non bastava il figlio rinnegato, un lupo mannaro, la prole
della traditrice Andromeda. Bisognava aggiungere lei.
“Sporca
mezzosangue, via da casa mia… via!”.
Solita
solfa, certo, ma quello che Walburga non sapeva, era che anche una ragazzina di
appena quindici anni poteva avere modo di ribattere in maniera adeguata.
“Sa,
lei è davvero sconveniente”, le aveva
detto un giorno, e quegli occhi fiammeggianti di disappunto avevano zittito il
ritratto della donna. Aveva sicuramente continuato per giorni ad urlarle contro
insulti anche peggiori, ma con un’intensità ed una furia man mano più fievoli.
Una
tale ragazzina poteva incuterle timore?
No,
Walburga non aveva paura di nessuno, nemmeno di una sanguesporco
in grado di poter proferire locuzioni ricche di spregio, seppure con una
pacatezza propria di un nobile.
Lei poteva rimanere affascinata dalla
sua sfrontatezza?
Può
darsi, sebbene Walburga ritenesse che fosse indecoroso per una donna di alto
ceto, quale lei era.
“Una
sanguesporco non è degna di rimanere nella mia
dimora”, si arrischiò a dire Walburga il giorno successivo, e la giovane,
voltatasi, non parve turbata dal ribrezzo espostole, o forse ne era ormai
abituata.
Dischiuse
le labbra con una lentezza snervante, pensando a lungo a cosa dire.
“Non
sarebbe ora di smetterla? Le ricordo che lei è soltanto un dipinto, ergo la casa non le appartiene”.
Furono
queste le parole che ebbe in risposta e furono parole che si accinsero a
ferirla.
Ma
Walburga non si lasciava intimidire e, figurarsi, offendere. Lei era superiore.
Lei poteva passare al di sopra di quelle frasi. Non l’avrebbero nemmeno scalfita.
Walburga era forte. Walburga era combattiva. Walburga era…
“Io
non sono Walburga”.
Per
giorni le urla furono di dolore, non più di odio verso i suoi inquilini. Gli
occupanti di quella casa spesso si domandarono il perché, da qualche giorno, ai
piedi della tenda che ricopriva il ritratto, ci fosse sempre una pozza d’acqua,
finché un giorno Ron Weasley
non disse la sua.
“Sai,
Hermione, questa stanza sembra il bagno di Mirtilla
Malcontenta ultimamente”.
Il
ragazzo dai capelli rossi scosse la testa e poi se ne andò di sopra, dove
probabilmente sarebbero arrivati meno decibel di quelle urla.
La
ragazza, cui Ron aveva fornito quell’illuminazione,
aggrottò le sopracciglia, si avvicinò alla tenda e la spalancò, senza pensarci
due volte. La donna del dipinto aveva una pila di fazzoletti affianco ed era
impegnata a soffiarsi il naso con uno di essi. Si bloccò, le mani ancora
intente ad armeggiare col pezzo di stoffa bianco e gli occhi ora spalancati,
nel vederla lì.
Hermione sospirò.
“Non
ne faccia una tragedia”, disse quieta. “Dopotutto lei è l’essenza di Walburga Black”.
La
bocca di Walburga si spalancò, mentre la ragazza andava via.
Era
stata consolata… consolata da una sanguesporco.
Ma
Walburga non avrebbe mai e poi mai approvato la pietà del nemico. L’avrebbe
ucciso all’istante, pur di non sentire parole di conforto da un essere tanto
impuro. Walburga avrebbe preferito morire piuttosto di essere la protagonista
di quella scenetta glicemica. Walburga avrebbe chiamato il suo fedele Kreacher pur di non vedere più il viso di quella stupida
nata babbana. Walburga…
Le
sue labbra si contrassero in una smorfia molto simile ad un sorriso.
“Ma
io non sono Walburga”.
Walburga Black/Hermione
Granger
~